al piano di sopra

Al piano di sopra vive un infermiere gay libanese – ne ho già scritto – che fino al 2001 per colpa di suo padre politico importante libanese non aveva mai indossato un paio di jeans (libanesi, a sto punto). Uno che dichiara che lui non mangia quando è da solo, che per la tristezza preferisce saltare il pasto, e te lo dice stringendoti la coscia e confermandoti (casomai non l'avessi capito) che sei tanto tanto sweet. Ha due amici libanesi probabilmente altrettanto gay, e un armadio umano francese e ciccioso lui certamente gayissimo.

 

L'unica volta che sono stato a casa loro l'ho salutato (l'armadio) e poi non ci ho parlato più. Un armadio di carne bianchiccia e le tempie sudate e i polpacci enormi. Sono sempre stupito dalla gente con i polpacci enormi, saranno le mie gambe magre che mi fanno sembrare alieni tutti gli altri. L'ho ascoltato raccontare le differenze regionali della lingua araba in Nord Africa, e sul fatto che tali differenze si acuiscono se si parla di cibo. Poi niente più. Mai più visto, mai più sentito. Per settimane.

 

Poi stamattina trovo un biglietto infilato sotto la porta. Dice:

 

“Ciao, sono il ragazzo francese che hai conosciuto a casa di <nome dell'infermiere>. Lascio la sua casa, vado a vivere con degli italiani. Quindi se vuoi, ci possiamo sentire. Ti lascio il mio numero.”

 

Ed io che, a proposito di francesi, speravo di svegliarmi invece nel 1976, e di trovare sotto la porta un biglietto di Aurore Clément com'era nel 1976 in Caro Michele di Monicelli – c'è solo una foto disponibile e non rende neanche l'idea.

 

Ultimamente se resto in casa c'è il sole, se esco piove.

 

Oggi sono uscito, ho presto tantissima acqua. Però ho visto un re (cit).  

più o meno come sempre

E quindi l'altra mattina come sempre ho imboccato la via che taglia il bosco per andare al lavoro, come sempre mi sono guardato nello specchietto per scovare non so quale segnale, come sempre lungo la strada ho ascoltato i Baustelle, come sempre ho parcheggiato vicino agli alberi, come sempre ho detto buongiorno non mi ricordo se in inglese o in italiano o in barbaro, come sempre ho acceso il mio computer e preparato un caffé annacquato che ormai – ammettiamolo – mi piace, come sempre ho letto le prime email e preso due appunti, come sempre ho guardato fuori dalla finestra i pavoni che cercano il cibo fra i cespugli, come sempre mi sono alzato dalla mia sedia, come sempre ho bussato ad una porta per poi chiedere: posso entrare?

 

E poi mi sono licenziato.

pannella

Quello che mi inquieta e’ la vaghezza. Tre, Quattro uomini. In che senso Tre – virgola – Quattro? Mica hai detto cento, centodieci che ti puoi anche sbagliare. O Tre o Quattro. In quella virgola tra i due numeri c’e’ racchiuso tutto un mondo che si puo’ solo molto lontanamente immaginare. Il non ricordare con precisione. Che cosa puoi aver fatto per non ricordare? In che condizione eri? In quali nebbie ti muovevi?

poi uno dice gli alieni

Dice che sono soltanto dettagli, pero’ esite una fetta di esseri umani che comprano camicie con il collo alto e la decorazione all’interno, il collo che svetta fuori dalla giacca coi fiorellini nella porzione interna.

Esistono.

Eppero’ non c’é nessuno tra le mie conoscenze italiche ed estere che lo faccia. Cioe’, queste persone esistono per davvero, ci sono le prove, eppure non ho nessun contatto con loro. Non ho il numero di telefono ne’ l’indirizzo email di nessuno di questi. Eppure esistono. Sono tra noi. Poi uno dice gli alieni. Poi uno dice che sono solo dettagli, poi uno dice il colore della pelle, la religione, la politica, e si dimentica delle camicie.

ogni tanto penso

Ogni tanto penso a cosa potrei fare invece di fare quello che faccio. Per lavoro voglio dire. Siccome non lo so concretamente, un pensiero costante è “meno male che non faccio questo”. Spio i commessi nei negozi di telefonia che parlano coi clienti illustando le tariffe e premendo tastini sui telefonini in esposizione e penso, meno male che non faccio questo. Sono stato per sbaglio ad un congresso in Germania – per sbaglio nel senso che il motivo per cui ci dovevo andare non c’era più, ma la mail di notifica mi è finita nello spam ed io cretino ci sono andato lo stesso – e guardavo gli ingiaccati cravattati che promuovevano sorridendo i loro prodotti e regalavano gadget inutilizzabili, e pensavo, meno male che non faccio questo. Gli italiani ai congressi internazionali li riconosci a chilometri di distanza. Sei in Germania? Ti vendono un weiss wurst! Che non lo sapevi? Se te lo compri non è che poi ti siedi di fronte a chi te lo ha venduto e chiami al telefono in Italia per raccontare tutto schifato del wurstelone arrostito che hai nel piatto. Ti mangi un tramezzino e amen, sennò. Sei in Germania, mica al finto oktoberfest a Casalecchio di Reno. Il Nordreno Westfalia ha un cielo che più brutto non si può, però la gente nasce si riproduce e muore anche lì, in linea di massima. Alcuni di loro vendono perfino telefonini.

poi uno dice che i creativi sono tutti ricchioni

No, capiamoci. La campagna pubblicitaria per "sensibilizzare" il popolo nei confronti dei cambiamenti climatici del globo funziona cosi’: ci sono delle modelle prima tutte imbacuccate nei cappottoni, che a causa del caldo (leggi: surriscaldamento globale del pianeta) si fanno vento, si spogliano, si spogliano, si spogliano, fino a restare in mutande e reggiseno. Ora, sta cosa in teoria dovrebbe far riflettere sui danni dei cambiamenti climatici, dovrebbe smuovere le coscienze,  dovrebbe.


cliccare sull’immagine per godere della genialata

dicevo

Poco fa la Meisje mi raccontava quanto sarebbe bello secondo lei fare l’attrice ammirata e bravissima, che sarebbe davvero la cosa più bella del mondo, ed io le ho detto Sì certamente è vero, ma metti il caso che ti impegni e non ce la fai, come pensi di venirne a patti? Perché va benissimo dire che bisogna sempre provare sennò i rimpianti eccetera eccetera, che sennò poi ti mordi i gomiti che potevi provarci eccetera eccetera, ma ti ricordi quella comparsa in quella fiction italiana che abbiamo visto di sfuggita in televisione giù in Salento qualche giorno fa? Che recitava tutto agitato e compresso? Sì me la ricordo, ha detto lei.

Ecco, quello lì – ci ho pensato mentre andavo al bagno alzandomi dalla sedia di fronte al televisore acceso sulla fiction italiana – quello lì è lo stesso attore che faceva quella pubblicità negli anni 80 che cominciava ad uscire acqua dalle mura e dalle pareti e lui metteva un piede una mano e poi l’altra mano per bloccare l’acqua, e poi alla fine primo piano sulla sua faccia, e l’acqua che lgi esce dalle orecchie. Che eravamo piccoli – ti ricordi? – e quello gli usciva l’acqua dalle orecchie, siamo diventati grandi, e quello adesso fa la comparsa sulla fiction italiana.

in acciaio inox 18/10 e cambio shimano

Il logo per il rilancio del turismo in Italia, dice il ministro, é stato messo appunto da Mr.B stesso, che si é preso una pausa dal lavoro sulla ricostruzione delle case in Abruzzo, e ci ha messo del suo. A questo punto, il mio pensiero torna un momento ai poveri terremotati di Abruzzo, per nuovi e inquietanti motivi. Cliccando sulla foto, i commenti  sul logo, unanimi– una volta tanto – da parte dell’intera popolazione (sembra il logo di una televendita!). Io da qui ho solo una considerazione da fare. Usare l’inglese per promuovere l’immagine dell’Italia é da ignoranti. Detto senza pregiudizi. Da ignoranti. La lingua italiana é uno degli aspetti che fanno apparire piú “cool”l’italiano all’estero. Del tipo che ti fermano per strada e ti chiedono ( mi é successo qui in Paese Basso) : che lingua é questa che parli? É stupenda! Usare poi l’inglese in questo modo – magic? In che senso magic? – sa tanto di uno che l’inglese lo conosce appena, per cui un “magic italy” gli pare pure innovativo. Ah gia’, dimenticavo. E infatti poi con i terremotati se ne é uscito con il misterioso lemma “new town”. Che il Signore li abbia in gloria, davvero.   

adesso piove ed hanno anche aperto le finestre

Adesso piove ed hanno aperto anche le finestre. Ma poco fa non si respirava. Sono dieci giorni che qui non si respira, piú o meno da quando ha iniziato a fare piú caldo. Il mio vicino di tavolo, uno studente francese che è qui per un tirocinio, ogni giorno verso le due del pomeriggio comincia ad emanare puzzo di sudore. Ogni giorno verso le due di pomeriggio. Non è che posso girare la sedia – ce l’ho ad un metro e trenta di distanza – e dirgli simpaticamente che puzza. Non sta bene, non è simpatico. Voglio dire, con amici cari e parenti potrei farlo, ma con lui proprio No. È giá timidissimo di suo, bofonchia le parole e inframezza le frasi con lunghissimi Eeeee, Oooooo che tra l’altro, trattandosi di un francese, non sono da intendersi come i nostri Eeee, Ooooo, ma un po’ diversi, perchè sapete che i francesi c’hanno ste vocali che stanno lì nel mezzo, non sono proprio come le nostre, sono degli ibridi che vai a capire come si scrivono, dovendole scrivere.    

Ma dicevo, è troppo timido, e se gli faccio notare una cosa del genere io giá me lo vedo che muore sulla sedia. Io giá me lo vedo che mi arrossisce tutto e poi mi esplode davanti preceduto da una serie di Eeeeee, Oooooo che ho giá detto non so come si scrivono, insomma avete capito, quelle vocali lá.       

La collega mi ha raccontato che il capo ha percepito il puzzo, mentre passava da queste parti, ma ancora non ha identificato il responsabile. Quindi adesso c’ho pure sto problema che devo fare capire a tutti che non sono io, l’emanatore di puzzo delle due del pomeriggio. La collega giá lo sa, spero che sparga la voce. Nel frattempo, per evitare fraintendimenti, quando vedo qualcuno avvicinarsi al mio tavolo diretto verso di me, io balzo in piedi e mi allontano, così se proprio vogliono parlarmi devono farlo in una zona neutrale esente dal puzzo, dove io magari mi avvicino il piú possibile per fare capire che, insomma, non sono io che puzzo.          

A proposito, questa è vecchia di due anni, la fanno anche in Italia? Fa ridere anche alla seconda visione, e mica è poco.  

ogni scarrafone

Scrivere, la scrittura – e di conseguenza la lettura – sono fra le cose che mi interessano di piú. Ne avevo parlato anche ai tempi dell’anatema moccioso, no? Ecco, magari a leggere tutti questi accenti sbagliati si potrebbe benissimo dire il contrario. La colpa in realtá è delle tastiere straniere che non contemplano gli accenti e che facilitano questi errori. E comunque l’ordine esatto sarebbe l’inverso. Dovrei dire: leggere, la lettura – e di conseguenza la scrittura – sono fra le cose che mi interessano di piú. Il blogghe in un certo senso è un esercizio di stile continuo che serve a lubrificare il flusso, a mantenerlo liscio e sbrilluccicoso come piace a me. Ma questa è un’altra storia.   

Dicevo, scrivere.  

Quante righe servono per giudicare male uno scritto? Credevo fosse un’operazione complicata dove ti devi armare del miglior oggettività possibile. E invece No. Per giudicare uno scritto bastavano davvero poche righe. Io non ci credevo, e invece.     

In questi giorni la Repubblica ha lanciato un’offerta chiamata ilMioLibro.it, dove chiunque può farsi stampare la sua operetta (dal libro di cucina al romanzo nel cassetto, annunciano). I romanzi nel cassetto fanno la parte del leone, a quanto pare. Io consiglio vivamente di farci un giro, si possono scaricare le anteprime dei libri in pdf e leggere le prime pagine. Facciamo a meno dei giudizi. Facciamo che copio e incollo qualche titolo e poi le anteprime – se proprio vi interessa l’argomento- ve le leggete voi. Io per una volta mi sento come Nanni Moretti e mi viene da urlare che le parole sono importanti, che le parole sono importanti, che insomma, per diamine, le parole sono importanti.

Per esempio. Per esempio. O per esempio.

decisioni prese in fretta

Micheal, uno studente americano di 17 anni, ha deciso di diventare una donna. La scuola lo vuole punire e allora i suoi compagni di scuola per solidarietá decidono di travestirsi tutti da donne. Bello. Commovente. Una buona notizia.  Micheal si infila la gonna, si annoda le perline verdi attorno al collo, e drammaticamente dimentica le sopracciglia.

avendoci solo raiuno a disposizione, sanremo

Quanto mi sta simpatico sto ragazzo, quando canta stonato Oh! Voglio una vita tranquilla LaLaLa, perchè da quando sono nato/che son spericolato OH! In particolare mi piace quando fa OH! e LaLaLa. E poi pazienza che è stonato, che a forza di cantanti perfetti ti dimentichi pure che sono degli esseri umani.

 

Update: nei commenti esce fuori spesso il nome del grande carciofo Fabrizio Moro. C’è poco da dire su di lui, quest’anno. Canzone sufficiente, uno stile troppo sfacciatamente Vasco. Se la scopiazzatura non è reato, allora va benissimo così.  Piuttosto, il premio Banalità di quest’anno – che l’anno scorso andò al Carciofo – va a ad una nuova giovane promessa (speriamo di No) della musica italiana. Io ancora mi chiedo come sia possibile arrivare a scrivere cose del genere. Sulla musica lasciamo pedere, c’è poco da dire, è una questione di gusti. Parliamo dei testi, perchè la Banalità è un concetto universale. Sono fuori gara tutti i testi che parlano di amore, perchè tanto sono tutti allo stesso livello, e una volta che ti metti a scrivere di Sensazioni, Occhi, Labbra, Battito del Mio Cuore finisce che si assomigliano tutti. Non puoi dire nulla, alzi le braccia e ti arrendi.

Il testo Banalità del 2008 va a quel fungo di Valerio Sanzotta, autore di un classico pezzo compilation (anche il nostro Carciofo Moro è bravissimo nei pezzi compilation) cioè uno di quei pezzi dove copi un po’ di qua e un po’ di là. Questo genio crea una accozzaglia di De Andrè,Guccini, De Gregori, Bob Dylan e qualcos’altro che non mi viene in mente. Il povero Sanzotta, essendo troppo giovane per affrontare con cognizione di causa le tematiche degli artisti a cui si ispira, crea un minestrone iperconcentrato e ci mette dentro di tutto, l’intera storia d’Italia degli ultimi cinquant’anni.  Qui il video. Ma noi non lo ricorderemo solo per questo. Rimarrà nei nostri cuori per gli stupendi versi che recitano: 

tra la luce che barbaglia e la casa che bisbiglia 
un sogno scolorava tra le ciglia
   

Io barbaglio di rabbia, ma cerco di non darlo a vedere. Lo stereotipo del giovane impegnato che si indigna con il libro di storia aperto sulla scrivania. Una menzione speciale anche a quei bravi ragazzi che si fanno chiamare “La Scelta” che avranno buone dosi del mio astio solo per il fatto di essersi presentati sul palco con un bongo a tracolla non amplificato, tanto per fare scena. L’apoteosi della Banalità Peace&Love viene raggiunta con i versi:

La foto di una nuova realtà 
Immagine del nostro tempo 
Un’onda che mi cambierà… dentro  
E mi sento un africano metropolitano 
Con gli occhi da orientale  
E il cuore di chi sa che andrà lontano 
La mia casa è un altopiano al centro di Milano
(…)
Io mi sento umano…io mi sento umano 
E guarderemo da lontano quello che eravamo 
Con la semplicità andremo via tenendoci per mano…
 

Il tentativo tristissimo di ossimoro con “africano metropolitano” nasconde il pregiudizio sciagurato che gli africani siano ancora tutti in capanne di paglia e fango, oppure vogliono davvero ispirarsi ad un cittadino di Johannesburg? Mistero. Resta comunque un temino delle scuole medie, di quelli che la maestra ti impone dopo aver fatto vedere un documentario dell’Unicef coi bambini che fanno il girotondo.

apritemi l'audio con la casa

Ad oggi non ho ben chiaro in mente quali siano i veri conquilini di questa casa. So che sono sette, e alcuni di loro li ho già incontrati più volte. Molto spesso ci sono ospiti, e questo rende tutto più confuso. Nella camera di fianco alla mia vive l’Equina, e l’Equina la conosco bene perchè condividiamo cesso e doccia. L’Equina vive in simbiosi con un tizio bassino con i capelli drizzati verso l’alto, che forse vive qui e forse No, e che usa il water in stile Rudy l’Ivoriano. Per andare sul sicuro, ogni volta che incontro qualcuno nei corridoi mi presento, dico il mio nome e poi chiedo se anche lui/lei vive qui. Ciao! Vivi qui? No, perchè io vivo qui. Ciao! Chi sei? Io vivo qui e tu?
L’altro giorno Fiocco di Neve, che è un’altra coinquilina minuta e delicata, aveva invitato degli amici per una cena, ed io mi sono presentato a tutti chiedendo se anche loro vivevano qui, quando poi io ero l’unico tra di loro che effettivamente vive qui. Gli amici di Fiocco di Neve – si parlerà anche di Fiocco di Neve quando si avranno ulteriori elementi – sono quattro femminucce magre e secche e timide, più un armadio di carne che è certamente il fratello bianco di Lenny Kravitz. Quattro Olivie di Braccio di Ferro e un Lenny Kravitz, per capirci. 

Ieri un gattone bianco ha cercato di entrare dalla finestra. Oggi ho acceso la tv e ho trovato Raiuno. Poco fa in salotto ho stretto la mano ad un tizio ricciuto e simpatico che non aveva la mano. 

Sul tavolo della cucina c’è sempre una tazzona ripiena di impasto per fare le torte. Questa tazzona è lì ogni giorno. La procedura è fare l’impasto per la torta, separarne una piccola parte e con la parte maggiore si fa la torta. La piccola parte che rimane la si regala ad un amico, che la userà per mescolarla ad un nuovo impasto. Dal nuovo impasto si farà una nuova torta, ma una piccola parte sarà regalata ad un altro, che farà la stessa cosa. Questa – mi hanno spiegato – viene chiamata la Torta dell’Amicizia, e la Torta dell’Amicizia certe volte la sera emana puzzette lievi che comunque si mescolano agli altri odori della casa. 

Tanta gente, insomma. Forse compilero’ gli identikit di ciascun personaggio, per avere una guida pronta da consultare.  Per adesso, soltanto la sigla è sicura.

un paio di veli pietosi

Stendiamo un velo pietoso su tutto lo spam riguardante i siti di incontri con le anime gemelle che ti arrivano il giorno di san valentino. Questo mondo di anime gemelle che maturano a febbraio come frutti maturi di stagione.  E poi ancora: stendiamo un velo pietoso sul film di Muccino, quello piccolo, il Muccinino, e sui fidanzatini che rilasciano l’intervista ai giornali dicendo che per festeggiare vanno a vedere il film del Muccinino. Che poi sta cosa di andare a vedere il film sentimentale (e poi chi lo sa, magari Muccinino ha pure cacato un bel film, ma io di certo non lo saprò mai)  assieme al fidanzatino/a, che sorta di atteggiamento è? Voglio dire: cosa mi significa? Quale pulsante cerebrale viene premuto per convincerti ad andare a vedere un film sentimentale col fidanzatino/a? In cosa risiede la goduria? Potrei lontanamente comprendere quelli che ci vanno in quanto sprovvisti di fidanzatino/a, con lo scopo perverso di figurarsi una storia stupenda e sbrilluccicosa con qualcuno che non esiste (per esempio chi? il Muccinino? brrr …), ovvero quelli che ci vanno per prendersi inconsciamente per il culo, per poter uscire dalla sala con i cuoricini pupillari che durano quel quarto d’ora, venti minuti al massimo. Ma gli altri? Ci andate col fidanzatino per trovare l’ispirazione? Non sapete piu’ cosa dirvi e cosa fare, e andate a prendere appunti dal Muccinino? Il vostro ragazzo è un analfabeta balbettante che non riesce a mettere insieme tre parole carine da dirvi e allora le andate ad ascoltare in dolby surround in un sala che puzza di pop corn? Il vostro ragazzo è uno di quelli che abbocca alle promozioni dei telefonini di san valentino che ve ne vendono due al prezzo di uno?  È uno di quelli che trova copia le frasi sdolcinate dai siti a pagamento?  Mh?

Il problema vero, nel farsi queste domande, è che le domande nascono provocatorie e assurde, ma proprio mentre le sputi nell’aria ti rendi conto che invece No, e poter condire queste tue parole – che credevi tanto provocatorie e assurde – con dei link significativi, peggiora solo le cose.

cose random

Volevo vomitare delle righe contro il boicottaggio che vogliono fare nei confronti degli scrittori israeliani alla fiera del libro di torino, e qualche cosa l’avevo pure scritta, solo che poi non sono più tanto sicuro delle mie opinioni e il post è stato cestinato. Siamo gente che pensa e ripensa, noialtri. Mica ci fermiamo sulla prima cosa che ci viene in mente. Però sta cosa mi pare come quelli che bevono chinotto ma non coca cola sulla base di farneticanti ideologie antiimperialiste.

Va bene il paese civile e tutto il resto, ma qui già dopo quattro settimane mi parlano di piano previdenziale e dopo cinque mi prospettano un prolungamento del contratto e innalzamnto della moneta mensile percepita. Son cose.

A tutto questo poi si aggiunge che stamattina arrivo in ufficio e c’è un galletto che passeggia nella stanza, fatto entrare dalla finestra. E lo stupore non è che era dentro la stanza, lo stupore è che di solito viene fatto entrare più tardi, nel primo pomeriggio.

Quest’altro è un geniaccio. Vince il premio attenuante dell’anno.

Voialtri invece siete tutti dei gran porconi. Se state leggendo queste righe siete dei grandissimi sporcaccioni. Potrei portare diverse prove a sostegno di ciò ma mi limito a qualche pagina a caso delle chiavi di ricerca del mese scorso. Una e Due, solo per restare in argomento Culo. Per il mese corrente, poi, stiamo andando pure peggio.

due piccioni con una fava

Quel lumacone di Moccia che si autoparagona contemporaneamente a Muccino (e vabbe’) e a Nick Hornby (seee, certo) nel tempo di una sola dichiarazione. Del resto ce lo vedo proprio bene Nick Hornby che ti intitola il prossimo libro “I am sorry but I call you love”. Comunque, siccome i paragoni sono gratis, facciamo che oggi mi sento il nuovo Will Smith, anzi No, il nuovo Francois Mitterand, anzi No, il nuovo Ciccio di Nonna Papera.