mentre siedo in poltrona

Mentre siedo in poltrona, la Meisje – che invece è in piedi – accavalla una gamba e riesce a sedersi anche lei nella stessa poltrona, ma dietro di me. Come due che vanno insieme in motorino, di quei motorini dove la sella è una sola. Mi dice che servirebbe un filo conduttore per trasmettere meglio l’affetto. Io le chiedo se intende qualcosa come quel gioco da bambini del telefono fatto coi bicchieri di plastica collegati con un cordino e lei mi risponde di Sì (ma allora non si giocava solo al Sud, con sta cosa del telefono di bicchieri!) epperò poi penso che il cordino, in quel gioco, per farlo funzionare bene bisognava tenerlo teso, e se ci mettiamo ad usare un cordino così, poi dovremmo stare lontani almeno per la lunghezza del cordino, per mantenerlo teso, altrimenti l’affetto non riuscirebbe a trasferirsi. E allora le propongo come alternativa il tubetto giallo delle tastierine a fiato che si usavano a scuola nell’ora di musica, lei dice che schifo si riempivano di saliva che era uno schifo, ma io sono convinto invece che servirebbero molto meglio lo scopo del cordino.  

Paolo Virzì che si sposa la ventinovenne, aveva un faccione simpatico, adesso mi sta simpatico di meno.   

tutta la vita davanti

Io sono un cinefilo distratto – purtroppo – e i film mi passano accanto mentre sono distratto, oppure succede che li vedo e poi li dimentico. Detto questo, in questi giorni ho letto qualche recensione molto positiva sul nuovo film di Paolo Virzì (Tutta la vita davanti) e sto Paolo Virzì mi comincia ad essere pure simpatico: ho ascoltato qualche intervista, ho letto qualcosa qua e la’. Davvero una persona gradevole, sto regista Virzì. Il film non l’ho ancora visto (aspetto che venga messo in groppa, ehm, diciamo così, al mulo) ma già da ora mi sovvengono tutta una serie di considerazioni.     

Ora, il film parla di precari laureati col massimo dei voti che finiscono a lavorare in un call center. Questa figura del “laureato precario impiegato nel call center” è ormai una figura costante di libri e film e canzoni e opere teatrali dell’Italia duemilesca. Non è certo una novita’. C’è la velina, il partecipante al GF e il precario del call center. È giusto che se ne parli perchè si tratta di cose vere, di problemi reali. Quindi va bene, parliamone. Parliamone, facciamo i dibattiti, scriviamo i saggi, andiamo a vedere i film e poi usciamo dal cinema piú o meno incazzati o emozionati.      

Però, cerchiamo di metterci d’accordo su di una cosa: qual’è il messaggio?     

Voglio dire, si intuisce che nella figura del “laureato precario operatore di call center” ci sia un qualcosa di negativo. Su questo sono tutti d’accordo. Ma cerchiamo di capire precisamente cosa c’è negativo. Il negativo è legato al fatto di lavorare in un call center? Forse. Ma insomma, i call center esistono e qualcuno dovra’ pure lavorarci dentro, no? Mica possiamo bombardare i call center solo perchè è un brutto lavoro. Anche i call center hanno diritto di esistere.          

E allora? Il negativo è essere laureati? Non credo, la gente studia per anni per poter dire che c’ha la laurea. Non è certamente una cosa negativa in termini assoluti.        

Dunque ne risulta che il negativo sta nella somma laureato+call center. È questo che non va bene. Da cui ne deriva il messaggio implicito che il laureato “dovrebbe” essere da un’altra parte, ma non nel call center. E di chi è la colpa se il laureato va a finire nel call center?     

Di chi è la colpa?          

Questo punto divide me stesso dal resto dell’umanità. Quando si parla di laureato nel call center, generalmente si punta il dito contro qualcuno/qualcosa che non si capisce bene chi sia. Lo stato? La società? Il mondo di oggi? Mastella? La fame nel mondo? La globalizzazione? Facciamo il film su questi benedetti laureati nel call center, scriviamo gli articoli, cantiamo le canzoni: a chi è rivolta l’accusa?           

Voglio dire: io lo sapevo che con la mia laurea potevo fare ben poco, e me ne sono andato. Ma per il resto, se l’Università continua a sfornare centinaia di sociologi e scienziati politici, migliaia di comunicatori e letterati, poi questi dove li mettiamo? In un Paese in declino verso la povertà, dove li mettiamo? I primi dieci scienziati della comunicazione riusciamo a sistemarli, i primi mille ce la facciamo ancora, ma poi? E se diventano duemila? E se poi sono tremila? E se poi arrivano a cinquemila? A quale cifra possiamo dire che la colpa è (forse) del laureato?             

Io – per quanto mi riguarda – mi sono preso la mia parte di colpa. La vado a recitare in giro, la mia colpa, le mie scelte sbagliate. Ho fatto due palle così alle persone che mi conoscono. Adesso sono qui, e cerco di venirne a capo. Ogni anno ne escono mille con la mia stessa laurea, e mille sono troppi, e per questo motivo il lavoro non c’è. Ma gli altri? Finiscono a lavorare nei call center, o a contare scatole di pelati di notte nei supermarket, ma se le cose stanno così di chi è la colpa? Del governo ladro? Il laureato in giurisprudenza numero cinquantamila della lista dell’anno duemilaeotto, fino a che punto – e su quali basi – può davvero inscenare un piagnisteo?

due piccioni con una fava

Quel lumacone di Moccia che si autoparagona contemporaneamente a Muccino (e vabbe’) e a Nick Hornby (seee, certo) nel tempo di una sola dichiarazione. Del resto ce lo vedo proprio bene Nick Hornby che ti intitola il prossimo libro “I am sorry but I call you love”. Comunque, siccome i paragoni sono gratis, facciamo che oggi mi sento il nuovo Will Smith, anzi No, il nuovo Francois Mitterand, anzi No, il nuovo Ciccio di Nonna Papera.

dovrei restare in silenzio

Dovrei restare in silenzio per motivi miei scaramantici ma: posso dirlo? Un poliziotto uccide un ragazzo in autostrada e la nazionale italiana scende in campo col lutto al braccio? Eeeeehhh?!?! Tutti pensano: normale, una cosa è la conseguenza dell’altra. Posso dirlo? Normale una cippa! Un poliziotto uccide un ragazzo in autostrada e la nazionale italiana scende in campo col lutto al braccio. Sarebbe come dire – che ne so – che domani esplode una lavastoviglie a Varese e di conseguenza asfaltano una strada in provincia di Ascoli Piceno. Come se un contadino morisse investito da una vacca impazzita a Como e di conseguenza la nazionale di basket scendesse in campo con una sciarpa al collo. 

E comunque, ai botteghini, primo posto per "Matrimonio alle Bahamas", secondo posto "Come Tu mi Vuoi".

come tu mi vuoi

Si ripropone il tema della finta racchia di cui ho già blaterato per la serie televisiva Ugly Betty anche nel nuovo film "Come Tu Mi Vuoi", in uscita in questi giorni, un film dove la finta racchia sarebbe l’attrice Cristiana Capotondi. In pratica se ho capito bene la racchia sarebbe la Capotondi a cui vengono aggiunti di un paio di occhiali, qualche pelo in faccia e forse anche una confezione di brufoli artificiali. Poi succede che la racchia si innamora del Vaporidis di turno e allora si da un’aggiustatina e così all’improvviso da brutta che era, diventa bella. Si ripropone dunque il tema della racchia che sotto sotto racchia non è, che è racchia ma solo in modo stereotipato. Si riprone sta storia della finta racchia (una ragazza carina, la Capotondi) che se si da un’aggiustatina, diventa attraente (ma era già attraente da prima). 

Di nuovo quello che mi viene da dire è: cari sceneggiatori, ve le porto io un paio di belle cozze di prima categoria, di quelle cozze irrecuperabili, e voglio vedere se ci fate fare un film col Vaporidis. Voglio vederlo al Vaporidis che infila la lingua in bocca a certi catamarani che vi proporrei io. Voglio vedere se riuscite a far passare l’idea che basta curarsi un po’ per sembrare più carine, l’idea che la bellezza è dentro ognuno di noi e bla bla bla. Ve le porto io certi rottami indefinibili che non avete nemmeno idea, e vediamo proprio cosa riuscite a fare.