qualcuno deve avere la forza di ammettere

Qualcuno deve aver la forza di ammettere che oggi, nel nominare un ministro, a parità di competenze e capacità, si preferisce la donna & giovane.

Qualcuno deve pure avere la forza di ammettere che oggi, nel nominare un ministro, anche in caso di minori competenze e capacità, si preferisce la donna & giovane.

(ah, sia chiaro: se non si ammettono i due punti di cui sopra, rovescio il tavolo e faccio a botte)

Detto questo, si deve anche ammettere che questo preferire non è segno di modernità o di parità dei sessi, ma tutto il contrario. E’ la nuova forma della discriminazione. In passato si discriminava escludendo, adesso si discrimina includendo.

mandare a fare in culo

Se penso alla vicenda della presunta omofobia del Sig. Barilla, sento un’irrefrenabile voglia di mandare a fare in culo tutti. Tutti indistintamente.

Mandare a fare in culo il Sig. Barilla ma non perché presunto omofobo, piuttosto perché così stupido da cascare nel tranello di giornalisti iene che non aspettano altro che la dichiarazione choc, per poi saltellare battendo le mani tutti eccitati e lanciare la notizia all’Ansa.

Mandare a fare in culo quelli che protestano e invitano a boicottare la pasta Barilla, perché non comprendono il significato di pubblicità: a questo punto mi chiedo perché non rappresentare anche i maschi sfigati nelle pubblicità di automobili (non hanno diritto pure loro ad essere rappresentati?), e anche le donne tarchiate nelle pubblicità dei cosmetici (non hanno diritto pure loro ad essere rappresentate?). Mandare a fare in culo quelli che “queste cose nei paese civili non succedono” perché non sanno quello che dicono. Tutti quelli che pensano – aderendo alla protesta, amplificandola, esasperandola – di aiutare il mondo omosessuale. E mandare a fare in culo me stesso che ne scrivo quando mi ero promesso di non farlo.

consideravo che alla fine il dolore

Consideravo che alla fine il dolore che uno riceve in dono – volontariamente oppure No – poi finisce per restituirlo ad altri.

Ma non secondo il principio dei vasi comunicanti: tanto mi hai causato, tanto causero’. O almeno non per me: mi vedo piuttosto come uno di quei cristalli dalla superficie irregolare, che attraversati da un raggio di luce, la scompongono in tanti colori ed in tante direzioni diverse. 

In effetti ci sta bene proprio come immagine, perche’ restituisco qualcosa di gioioso e colorato (ai miei occhi) che pero’ e’ comunque dolore, in un certo senso, e’ comunque mancanza, in un certo senso. E mi diverto pure.

Bah.

fatti non foste

Si parla in giro di questo video – che documenta l’ignoranza abissale di certi esseri viventi, qui la trascrizione completa – e ci si domanda: ma con questa ignoranza che c’é in giro, si puo’ pensare ancora al suffragio universale? Alla democrazia? Cioe’: é accettabile che alle elezioni il voto di un Giovanni Sartori valga quanto il voto di quella giumenta che dice che Piersilvio Berlusconi é il presidente della Repubblica, e se le chiedono conferma, quella dice Si’, Si’, Piersilvio?   

Ma che ne so. Mi viene da pensare altro. Mi viene da pensare che fette di ignoranza cristallina sono sempre esistite, pero’ oggi sta cosa va vista in modo tutto diverso. Voglio dire. Se prima c’erano gli educati e gli ignoranti, un ignorante migliorava la sua conoscenza a, diciamo, 10 km/h, mentre un educato (in quanto interessato alle cose del mondo, a differenza dell’ignorante) a 50 km/h. Poi siccome i canali d’accesso alla cultura erano pochi, l’educato guardava all’ignorante con una certa pieta’ e benevolenza. Povero ignorante, toh, mangiati sto pezzo di pane duro e fai quello che ti dico io. Non toccarti che diventi cieco, bestia! No, non picchiatelo, é solo ignorante, non é colpa sua.   

Ecco.   

Adesso invece i canali di informazione sono altri, piu’ veloci e accessibili. L’ignorante continua ad andare a 10 km/h ma il curioso, quello che ha voglia di sapere che cosa succede, va oggi a 140 km/h. Internet, per la miseria! Che ieri sera prima di andare a dormire – per interessi miei vagamente letterari e sociologici – ho fatto un veloce paragone tra il prodotto interno lordo pro capite di Danimarca, Italia e Senegal, e ci ho messo 2 minuti e 50 secondi. La mia considerazione é durata circa 4 secondi, poi mi sono lavato i denti e infilato a letto.

Questa velocita’ enorme rende il distacco sempre piu’ invalicabile. Adesso se ti informi, ti informi quasi tutto il giorno, tutti i giorni, senza sosta. La tua conoscenza – se hai la curiosita’ di farlo – cresce come un tumore, si ingrossa, trasforma i tuoi punti di vista. Quindi se poi all’improvviso ti mettono davanti un essere umano che apparentemente parla la tua lingua, vivo! (si muove) maturo (ha la barba!) e integro (é giovane!) e che afferma – sorridendo del sorriso del sorriso degli ignoranti – che Londra si scrive L – apostrofo – ONDRA, tu, che eri intento poco prima a leggere l’ultima esternazione di Tremonti e la immagazzinavi insieme alle altre informazioni nel tuo cervello, tu, vedi sto essere, e lo credi di un altro pianeta. Il tuo mondo e il suo mondo sono troppo distanti. Per te é un alieno. Un Gremlin catapultato da un mondo lontano. Poi per un momento…        

Per un momento perderesti anche la calma, ma non in questa realta’, in un’altra realta’, dove non usi la logica. Gli piomberesti addosso violentemente, dopo che ha detto L apostrofo ONDRA, e lo fracasseresti di mazzate. Il sangue. Un calcio negli stinchi per farlo cadere a terra e poi giu’ mazzate su quella faccia che fino a poco fa sorrideva beata, della beata ignoranza. Perche’ sei colpevole, brutto Gremlin, non puoi dirti esente da colpe. Non puoi dirlo. La tua ignoranza – di cui oggi sei responsabile – ha influenzato e influenza la mia vita. Ma tu non lo sai, tu anche questo lo ignori. Non ti posso spiegare nemmeno perche’, non capiresti. Il tuo cervello assimila concetti semplici: caldo freddo, amaro dolce, luce buio, dolore piacere. E allora eccoti il dolore, tieniti il dolore, prendi…        

No. Non si fa.
Rimane negli occhi quello sguardo che sorride beato, mentre tu beato non lo sei affatto, e mai lo sarai. Eppure va bene cosi’.

i fan dello stupro di gruppo su facebook

Gabriella Carlucci (Pdl): «E’ un indecenza» 
Walter Veltroni (Pd): E’ una vergogna, quel gruppo va chiuso immediatamente.»  
Gianpiero D’Alia (Udc): «Ormai è una giungla che si sta rendendo complice di ogni genere di nefandezza»   

Volevo informare quella caterva di personaggi illustri che si sono scomodati per condannare con paroloni e indignazioni e strappamenti di capelli quel pirlotto che su FB ha aperto una pagina per i fan dello «Stupro di Gruppo», che dalle mie parti, quand’ero bambino, c’erano dei tipacci che accendevano i botti di capodanno in culo ai gatti, e per questa vergogna non c’è mai stato un solo comunicato stampa, ma nemmeno uno, e insomma per quanto mi riguarda, è proprio una vergogna.

(cioè: capito? Un pirla un giorno si sveglia e scrive una cretinata, e quelli fanno i comunicati stampa. Su internet ormai da dieci anni hanno capito che i troll provocatori vanno ignorati, quelli invece ancora si vantano di saper pronunciare cose come feisbuc.)

avendo ritrovato una connessione internet

Ho trascorso un paio di giorni in uffici postali e demografici del mio paesello, facendo la fila fra i pensionati panciuti e sudati e abbronzati e solcati in faccia che si trovano solo da queste parti. Il pensionato da queste parti è quasi sempre panciuto. Moltissima gente da queste parti è panciuta. La percentuale di obesi qui è davvero elevata, essendo il cibo praticamente l’unico piacere che si può alternare alle fatiche del lavoro. I pensionati in fila all’ufficio postale si sfanculano in allegria, grugnendo minacce sterili e solenni. Sti pensionati in cannottiera e ciabatte sono tutti incazzati, e si fanno accompagnare da nipoti di dieci anni a ritirare la pensione, mentre il nipote – così giovane già con la faccia incazzata – gioca tutto il tempo con i pollici sul telefono cellulare.  

Io continuo a pensare che non si può trascorrere una vacanza in un posto che conosci così bene. Passo il tempo a salutare personaggi che per me sono assolutamente sconosciuti, non so niente di loro, della loro vita e dei loro luoghi: so solo che li devo salutare ogni estate ed ogni natale. Cosa fate, come vi chiamate?      

Io e il Cuggino Rasta siamo seduti al tavolino di una trattoria sul mare, bruciati dal sole aspettiamo le nostre linguine alle cozze, quando dietro di noi una famiglia al completo decide di posizionare il loro bambino più piccolo – avrà avuto dieci mesi – sul tavolo,  a un metro da noi, giusto di fianco al pane, e poi di aprire il pannolino pregno di cacca lì davanti a tutti, e poi di spruzzarlo di borotalco, che l’odore del borotalco misto a cacca di bambino dovete sapere è proprio quello che ci vuole prima di un piatto di linguine alle cozze.     

I pensionati sono incazzati, ma più in generale sono tutti incazzati, c’è questo sole assassino che ti costringe ad aggrottare la fronte e a creare una espressione di perplessità e arrabbiatura che poi col tempo ti rimane stampata in faccia. Osservo le persone che fanno la fila con me negli uffici postali e penso che se li incontrassi in Paese Basso, anche senza ascoltare l’accento capirei immediatamente che vengono dal mio paesello, o almeno da un posto qui vicino. E certe volte quando trovo la mia immagine riflessa in un vetro noto la stessa espressione anche sulla mia faccia. Il Salento è così, è aspro, poi possono dire quello che vogliono per ragioni turistiche, ma aspro è il clima e aspra è la gente, ed è anche per questo che poi ci adattiamo a vivere ovunque.         

Il Cuggino Rasta è al meglio di sè in questi giorni, il solito distributore seriale di saliva. Tutte le ragazze sono innamorate di lui e lui si concede poco e poi subito sparisce, alla ricerca spasmodica di una nuova esperienza, che di solito arriva verso le cinque della mattina, quando ha finito le parole e le Heineken, e allora non sapendo cosa fare per continuare la serata si getta sulla prima che passa, che puntualmente si dimostra disponibile nei suoi confronti.           

Il Cuggino Rasta sta scrutando il mare seduto sulla spiaggia, ci sono onde increspate e un cielo pulito. Il Cuggino si porta una mano sugli occhi per farsi ombra. Scruta l’orizzonte, poi indica con il mento un punto in mezzo al mare e dice:        

« La vedi quella con il costume bianco? »           
« Sì » dico io.            
« Quella lì, anni fa, devi sapere che… »            

Eccetera eccetera.

E poi gli spiego che la cosa si fa preoccupante, se di vittime ce ne sono così tante in giro che comincia a vederle dappertutto, anche fra le onde del mare. Lui scuote la testa e poi ride, anche se poi la sera stessa cadrà nuovamente nel paradigma di cui sopra: cinque della mattina, Heineken, un modo per continuare la serata.                  

Una mia vecchia amica mi dice che ha mandato un sms al suo ragazzo “per farlo incazzare” ma dopo aver visto che lui non si è incazzato, ci è rimasta male. Questa cosa è molto molto italiana. Molto femmina e molto italiana.             

Nel frattempo io mi proclamo vecchio, la gente ride ma io mica scherzo. Torno a casa alle due di notte e mi dicono vecchio, poi vengo a sapere che hanno fatto le sei e se la differenza di queste quattro ore è davvero tanta, allora vuol dire che sono proprio vecchio. Però ancora non ho capito se per gli altri essere in vacanza significa anche stare soli. Per me è fondamentale stare da solo. Certe volte me lo chiedo, siete in giro a parlare e parlare per tutto il giorno e per tutta la notte, non siete mai da soli. Come fate? E il silenzio? E un libro? Come fate senza un libro? Come fate senza il silenzio? Sono proprio vecchio, sono.

il fatto è che mi ostino

Il fatto è che mi ostino a considerare ogni essere umano che incontro come un entità complessa. Tutti nessuno escluso. Sei un essere umano? E allora per quanto mi riguarda sei un qualcosa di complesso. E mi devi dare risposte complesse. E devi fornirmi input complessi. Vuoi fare il cazzone? Vogliamo andare a rilassarci? Va bene, però devi farmi comunque intravedere la tua complessità. Devo intravedere l’ironia e la capacità di riflettere, sennò mi deludi e ci metto tre secondi a fare partire il primo sbadiglio. E poi il secondo. E poi il terzo.   

Non so se mi spiego. Va bene non mi spiego.   

Allora, facciamo un esempio, poniamo che io stia parlando con te, essere umano – magari stiamo parlando di cose di pochissima importanza, futilità amene, stiamo parlando di quello che vuoi – ma io purtroppo anche in questi casi devo percepire il tuo cervello che in qualche modo scoppietta, sbrilluccica. Se non tiri fuori niente dal cappello, una battuta fra le righe, un minimo segno che mi faccia intuire le tue capacità di analisi, io non ce la posso fare. Basta anche un movimento degli occhi a sottolineare il passaggio di una frase. Guarda, credimi, ci posso mettere tutta la buona volontà di questo mondo, ma non ce la faccio: mi annoio. Purtroppo sono nato con questa devianza, c’ho sto problema che la comunicazione per me è estremamente importante. Ti pare che c’avrei un blogghe se non c’avessi sto problema della comunicazione? Ne fare i benissimo a meno. E invece No, cosa ci posso fare, mi annoio. Ma proprio sbadiglio. A piena bocca. Con le lacrime agli occhi. E mi dispiace pure, perchè non vorrei farlo. Ma se voglio avere a che fare con esseri semplici,allora  vado dagli animali. Io ho vissuto gran parte della mia vita con gli animali. Guarda, credimi, li amo. Ho passato giornate intere ad osservare le anatre in solitudine. Tante bellissime storie da raccontare. Ma se c’ho davanti una persona, poi ci sono determinate aspettative che non riesco a sopprimere. E mi dispiace. E succede che mi annoio. E mi dispiace. 

– Razzista, ecco cosa sei.    
– Non lo escludo. Anzi sai cosa?
– Cosa.
– Direi meglio Autosufficiente.
– Ma questa non è un’offesa.  
Dipende dalla gravità dell’autosufficienza. La mia è una forma gravissima. 
E supponente, anche.   
– Non esageriamo. 
Che poi, tu cosa offri in cambio?  
Mah, guarda: pochissimo, sono antipatico e intrattabile. 
– E allora? E allora niente. 
– Dove vuoi arrivare? 
– Ma che ne so. 
– Cosa scrivi a fare, allora?  
– E me lo chiedo pure io certe volte.      

Sfogo che finisce qui.

adesso piove ed hanno anche aperto le finestre

Adesso piove ed hanno aperto anche le finestre. Ma poco fa non si respirava. Sono dieci giorni che qui non si respira, piú o meno da quando ha iniziato a fare piú caldo. Il mio vicino di tavolo, uno studente francese che è qui per un tirocinio, ogni giorno verso le due del pomeriggio comincia ad emanare puzzo di sudore. Ogni giorno verso le due di pomeriggio. Non è che posso girare la sedia – ce l’ho ad un metro e trenta di distanza – e dirgli simpaticamente che puzza. Non sta bene, non è simpatico. Voglio dire, con amici cari e parenti potrei farlo, ma con lui proprio No. È giá timidissimo di suo, bofonchia le parole e inframezza le frasi con lunghissimi Eeeee, Oooooo che tra l’altro, trattandosi di un francese, non sono da intendersi come i nostri Eeee, Ooooo, ma un po’ diversi, perchè sapete che i francesi c’hanno ste vocali che stanno lì nel mezzo, non sono proprio come le nostre, sono degli ibridi che vai a capire come si scrivono, dovendole scrivere.    

Ma dicevo, è troppo timido, e se gli faccio notare una cosa del genere io giá me lo vedo che muore sulla sedia. Io giá me lo vedo che mi arrossisce tutto e poi mi esplode davanti preceduto da una serie di Eeeeee, Oooooo che ho giá detto non so come si scrivono, insomma avete capito, quelle vocali lá.       

La collega mi ha raccontato che il capo ha percepito il puzzo, mentre passava da queste parti, ma ancora non ha identificato il responsabile. Quindi adesso c’ho pure sto problema che devo fare capire a tutti che non sono io, l’emanatore di puzzo delle due del pomeriggio. La collega giá lo sa, spero che sparga la voce. Nel frattempo, per evitare fraintendimenti, quando vedo qualcuno avvicinarsi al mio tavolo diretto verso di me, io balzo in piedi e mi allontano, così se proprio vogliono parlarmi devono farlo in una zona neutrale esente dal puzzo, dove io magari mi avvicino il piú possibile per fare capire che, insomma, non sono io che puzzo.          

A proposito, questa è vecchia di due anni, la fanno anche in Italia? Fa ridere anche alla seconda visione, e mica è poco.  

ogni scarrafone

Scrivere, la scrittura – e di conseguenza la lettura – sono fra le cose che mi interessano di piú. Ne avevo parlato anche ai tempi dell’anatema moccioso, no? Ecco, magari a leggere tutti questi accenti sbagliati si potrebbe benissimo dire il contrario. La colpa in realtá è delle tastiere straniere che non contemplano gli accenti e che facilitano questi errori. E comunque l’ordine esatto sarebbe l’inverso. Dovrei dire: leggere, la lettura – e di conseguenza la scrittura – sono fra le cose che mi interessano di piú. Il blogghe in un certo senso è un esercizio di stile continuo che serve a lubrificare il flusso, a mantenerlo liscio e sbrilluccicoso come piace a me. Ma questa è un’altra storia.   

Dicevo, scrivere.  

Quante righe servono per giudicare male uno scritto? Credevo fosse un’operazione complicata dove ti devi armare del miglior oggettività possibile. E invece No. Per giudicare uno scritto bastavano davvero poche righe. Io non ci credevo, e invece.     

In questi giorni la Repubblica ha lanciato un’offerta chiamata ilMioLibro.it, dove chiunque può farsi stampare la sua operetta (dal libro di cucina al romanzo nel cassetto, annunciano). I romanzi nel cassetto fanno la parte del leone, a quanto pare. Io consiglio vivamente di farci un giro, si possono scaricare le anteprime dei libri in pdf e leggere le prime pagine. Facciamo a meno dei giudizi. Facciamo che copio e incollo qualche titolo e poi le anteprime – se proprio vi interessa l’argomento- ve le leggete voi. Io per una volta mi sento come Nanni Moretti e mi viene da urlare che le parole sono importanti, che le parole sono importanti, che insomma, per diamine, le parole sono importanti.

Per esempio. Per esempio. O per esempio.

basta pasta

Io lo ripeto sempre ai miei coinquilini: da quello che vedo da qui dell’Italia, da tutti gli stereotipi che circolano da queste parti, da quello che voi credete che sia l’Italia, dai vostri piatti di merda a forma di spaghetti che consumate tagliando il tutto con forchetta e coltello, dalla radio che quando manda canzoni italiane, manda il peggio del peggio, tipo canzoni Bocelliane mai sentite prima, ecco, se io fossi olandese, da quello che posso vedere da qui dell’Italia sicuramente l’Italia mi farebbe orrore, penserei mioddio l’Italia che orrore, non voglio avere niente a che fare con gli Italiani. 

Sta cosa volevo scriverla sul blogghe da tempo, ma avevo paura di non rendere bene l’idea di quello che volevo dire, e non volevo che poi passasse il concetto sbagliato. Poi oggi pomeriggio, passeggiando per Amsterdam – io e la Signorina – abbiamo incontrato questo camioncino dei gelati, ed io ho detto alla Signorina per favore fai una foto, per favore, cerca di prendere anche quel “MassiNo Ranieri” se puoi, che sto baraccone condensa tutto il mio rigurgito in pochi metri quadrati, che stavolta forse riesco a farla passare, quell’idea che c’avevo in testa e che non ero certo di riuscire a farla passare.   

No, dico, l’ho fatta passare?

(clicca per ingrandire)

ne avete pure voi

Ne avete pure voi di quel tipo di amici che dopo una serata passata in auto a raggiungere un luogo lontanissimo – che ne so, un baretto nascosto in culo al mondo, o una festicciola di compleanno di Tizio il cugino dell’amico di Caio – poi quando sono arrivati lì, siccome il barista c’ha l’aria stanca o la musica non è proprio quella giusta, allora decidono che ci si rimette di nuovo tutti in viaggio per andare chissá dove, in un altro posto dove sicuramente sará meglio e ci sará gente stupenda, tutte le ragazze saranno stupende e ci si divertirá fino all’alba? Ne avete pure voi di amici così? Quel tipo di amici che poi la serata finisce e si è trascorso tutto il tempo a fare niente e cercare indicazioni sulle mappe stradali?           

Ecco, il risultato elettorale mi fa pensare a quel tipo di amici. Riassunto della situazione politica degli ultimi quindici anni, per chi si fosse perso durante il percorso:

Berlusconi si candida: vince.
Berlusconi si ricandida: perde.
Berlusconi si ricandida: vince.
Berlusconi si ricandida: perde.
Berlusconi si ricandida: vince.    

Eppure lui è sempre lo stesso, mica è cambiato. Dice sempre le stesse cose, ma una volta vince ed una volta perde. Mica è colpa sua: la colpa è del popolo, che poi è costituito da quel tipo di persone che fanno funzionare il cervello come gli amici di cui sopra. Che credono che dietro l’angolo ci sia sempre la soluzione miracolosa. Oppure come i bambini piccoli: avete mai giocato con i bambini piccoli facendogli credere di avere chissá cosa nascosta nelle tasce? Provate a dare una caramella ad un bambino, e poi nascondetene una dentro la tasca senza farla vedere. Il bambino vorrá quella nella tasca, che crederá migliore di quella che ha. E a ripetere l’operazione il bambino vorrá sempre la caramella nascosta. Ancora e ancora.    

Adesso ha vinto: la prossima volta perderá? È molto probabile, però se succederá io verrò a schiaffeggiare gli elettori uno ad uno. Perchè se uno vince con l’otto per cento di distacco, io esigo che governi per almeno dieci-quindici anni. Non c’è motivo di farlo andare via prima. L’otto per cento è tantissimo, e significa che lo volete proprio. E allora tenetevelo. Io ieri sera avevo un camice da cucina con sopra disegnata una pecora inculata da un uomo peloso – unico camice disponibile in casa, di proprietá del mio padrone di camera omosessuale – e cucinavo pasta coi funghi per tutta la ciurma dei coinquilini. Si brindava con vino sudafricano tra i vapori dell’acqua che bolliva in due pentole, che una sola non era sufficiente. La mia parte di spiegare alla ciurma di ragazzi olandesi Com’è Possibile Di Nuovo Berlusconi? l’ho fatta. Mi hanno chiesto e per quanto potevo, ho risposto alle domande. La mia parte l’ho fatta. Adesso tocca a voi. Dieci o quindici anni, altrimenti vengo lì e cominciamo subito con gli schiaffi.

poi ti vengono a chiedere perchè c’hai tutta sta sfiducia

A Bari hanno arrestato un professore universitario per una compravendita di esami. Gli studenti pagavano dai 700 ai tremila euro e avevano la garanzia di passare gli esami. Hanno fatto l’inchiesta, hanno portato le prove (57 casi accertati), e poi hanno arrestato un professore di matematica, il suo assistente e qualche bidello intermediario. Tutti sono contenti e fanno i complimenti ai magistrati. Come si deve interpretare sta notizia? Segno della legalitá che avanza? Una speranza di miglioramento per il futuro?   

No, merda e soltanto merda.      

Mi chiedo: dove sono adesso gli studenti che hanno comprato gli esami? Sono a casa che fanno colazione con latte e biscotti? Andateli a prendere a casa, prendeteli per un orecchio e accompagnate anche loro in galera, no? Perchè nessuno dice niente? Metteteli in galera e sporcate le fedine penali, porca miseria. Deve restare il segno, di questa cosa. E i soldi dove li hanno trovati? Glieli ha dati papá? Allora pure papá si prende la sua denuncia, no? O vogliamo sempre trovare il capro espiatorio – in questo caso il professore malfattore – metterlo in un angolo e gettargli addosso le bucce di banana? A gettare le bucce di banana in faccia al malfattore di turno ci sentiamo tutti piú puliti? E’ davvero troppo comodo puntare tutti assieme il dito contro il mostro, invece di andare in fondo al corridoio, aprire la porta della stanzetta del proprio bamboccione e puntargli il dito sulla fronte mentre guarda la De Filippi alla tivvu’. Perche’ tutti si indignano per il professore e nessuno che dice Che Schifo di Ragazzi che stiamo facendo crescere?        

Davanti ad un notizia come questa, lo studente di Bari che c’è in ognuno di noi cosa deve pensare? Tra rubare e non rubare, cosa conviene scegliere? Se dopodomani – a te ipotetico bamboccione di Bari – venisse offerta la possibilitá di fottere il prossimo tuo, cosa faresti?   

allora

Allora, per capirci, da domani chiunque muoia avrà in suo onore un rinvio delle partite di calcio. Tipo che se muori di infarto facendo la fila alle poste, epperò c’avevi la sciarpa da tifoso in macchina, troveranno certamente il modo per correlare questa morte con la violenza negli stadi, e ti verrà dedicata una partita annullata e un minuto di silenzio con la fascia nera al braccio. In fondo sono già riusciti a farlo con il ragazzo ucciso in autostrada per la pallottola del poliziotto folle, ci sono riusciti oggi con il ragazzo investito per sbaglio da un bus in retromarcia, ci riusciranno anche domani con il primo uccellino che in volo sgancierà una cacazza acida nell’occhio del primo tifoso che guarda le nuvole e ne causerà la congiuntivite. Quindi sospenderanno la partita della squadra del tifoso ma anche quella della squadra dell’uccellino, e la squadra dell’uccellino verrà identificata attraverso il colore delle penne del volatile. 

Io leggo ste cose e mi incazzo – e non è la prima volta – meno male che questa volta vedo che anche Dave ci mette due righe, che sennò finisco per sentirmi un piccolo scemo che parla di cose immaginate.