ma davvero

Ma davvero dei bravi ragazzi, sti ragazzi che c’ho in casa. Ti lavano la padella e ti chiedono Ma Dimmi Un Po’ l’Italia? E io che di solito non ho voglia di vedere facce, ad averli intorno al tavolo c’ho piacere a parlare, un po’ di piacere mi viene in superficie, e parlo.     

Ma Dimmi Un Po’ L’Italia, ti chiedono, e prima o poi finiamo sempre a parlare di mafia, che alla fine si parte dalla monnezza per arrivare ai calcestruzzi c’è sempre qualcosa da dire da lasciarli a bocca a perta, e se Roberto Saviano è in ascolto sappia che le sue vendite impenneranno anche nel duemilaeotto in Olanda sarà anche per merito mio.        

Il ragazzo lungo che vive al piano di sopra, e la sua ragazza lunga, entrambi alti e biondi e ossuti, di questa delicatezza complessiva che li prenderesti per uno spot dei jeans, ste gambe lunghissime che ti paiono tre metri di tessuto blu che foderano culetti nordici impercettibili. Io poi non mi rendo conto che loro in fondo sono lunghi proprio come me, io che a immaginarmi dall’esterno mi immagino sempre più basso e piccolo, e invece sono tra i più alti della casa. Nel frattempo la coinquilina lesbica consuma un budino col suo amore catamarano, affondate entrambe nel divano, e la rima non la volevo fare ma è venuta così.       

(io sorseggiavo piano/un vino sudamericano…va bene, la smetto)          

Oggi c’era il sole alle otto di sera, e mi hanno chiesto se ero contento che fra qualche mese avrei avuto il sole anche alle dieci e mezza di sera, e io non sapevo che rispondere, ché qui non si tratta di essere contenti oppure No, ché la felicità è solo un ipotesi scritta a matita su di un pezzo di carta, un pezzetto di carta appallottolato nella tasca dei pantaloni, e se vogliamo dirla tutta qui c’è solo da essere pronti, e per quanto mi riguarda sono pronto – mi sento mediamente pronto – e le ipotesi per confermarle poi c’abbiamo tutta la vita davanti.

allora

Allora, per capirci, da domani chiunque muoia avrà in suo onore un rinvio delle partite di calcio. Tipo che se muori di infarto facendo la fila alle poste, epperò c’avevi la sciarpa da tifoso in macchina, troveranno certamente il modo per correlare questa morte con la violenza negli stadi, e ti verrà dedicata una partita annullata e un minuto di silenzio con la fascia nera al braccio. In fondo sono già riusciti a farlo con il ragazzo ucciso in autostrada per la pallottola del poliziotto folle, ci sono riusciti oggi con il ragazzo investito per sbaglio da un bus in retromarcia, ci riusciranno anche domani con il primo uccellino che in volo sgancierà una cacazza acida nell’occhio del primo tifoso che guarda le nuvole e ne causerà la congiuntivite. Quindi sospenderanno la partita della squadra del tifoso ma anche quella della squadra dell’uccellino, e la squadra dell’uccellino verrà identificata attraverso il colore delle penne del volatile. 

Io leggo ste cose e mi incazzo – e non è la prima volta – meno male che questa volta vedo che anche Dave ci mette due righe, che sennò finisco per sentirmi un piccolo scemo che parla di cose immaginate.

volevasi segnalare

Io me li immagino proprio bene, questi redattori con le sopracciglia depilate e la voce gne gne, mentre scrivono un articolo per stabilire chi è la donna meno sexy del mondo. Che poi che razza di primato è mai questo, vai a capire. Me li immagino proprio bene, chiusi nei loro uffici al trecentesimo piano di un palazzo a new york, mentre ticchettano sul computer, poi magari ridacchiano e pranzano con le verdurine sceme condite all’olio invisibile. Anche a loro, come gia’ scrissi un’ altra volta, mi viene da dire: ma venite a chiedere a me, invece di scrivere un articolo, che ve le presento io, ve ne porto interi plotoni, certe muffe che non avete nemmeno idea, certi cocomeri umani che non potete nemmeno immaginare.

ad un certo punto

Ad un certo punto c’erano le oche che volavano di fianco alla macchina, dalla parte del mio finestrino, e io volevo correre assieme a loro. Queste due oche che andavano veloci con il becco allungato in avanti e dietro le nuvole grigie cariche di neve. Le oche in volo il giorno di Pasqua raggiungono gli ottanta, ottantacinque chilometri orari, per la cronaca. E poi deviano verso il lago, e se ti impunti di seguirle anche lì finisce che ti suicidi.

E suicidarsi così, il giorno di pasqua nella pianura olandese, mentre guidi su di un filo di asfalto che si insinua fra due specchi di acqua tremolante per il vento, potrebbe essere anche pittoresco tenuto conto che c’è un paesaggio intorno mica male – hai un direttore della fotografia chiuso nel bagagliaio? – sulla guida si affermava che avremmo trovato paesaggi desolati e io volevo trovarla per forza sta desolazione, ma dicevo, suicidarsi così sarebbe una cosa che poi un giorno ti ricorderebbero come quello che inseguiva le oche nel cielo, anche bello per carità, però diciamo che non mi sembra il caso.  

La prima pasqua lontano dal paesello e dalla famigghia, uno pensa chissà cosa, e poi invece No.

pascua in paese basso

Prima di lasciare l’ufficio per questo lungo fine settimana di pasqua, ho stupito tutti i presenti ipnotizzando un gallo sul davanzale della finestra. Ho già detto che abbiamo sto galletto che entra dalla finestra, no? Lui entra e becca la sua colazione di semini ogni mattina sul davanzale di marmo, e poi quando vuole uscire becca il vetro. Quando vuole rientrare becca il vetro, quando vuole uscire becca il vetro. Semplice, solo che se sei impegnato in altro devi fare in fretta sennò quello ti infastidisce con il suo tic tic tic.

La signorina è sotto la doccia, sono andato a prenderla giovedì di notte ad Amsterdam. Sulla strada credevo di morire per un piatto di tortelloni verdi olandesi, di quelli che devi tenere a bollire per quattro minuti esatti, solo che io non avevo un orologio e mi sono basato sulla durata di una canzone del lettore mp3. Quattro minuti, più o meno, mi sono detto. La signorina è sotto la doccia, e qui fuori c’è il cielo dell’Olanda con la grandine. Ma dieci minuti fa era il sole che andavano chiuse le tende. E venti minuti fa la pioggia. E ieri la neve, e poi il sole, e poi la grandine, e poi il sole. Qui dicono che Marzo «muove la coda» o «scodinzola» e io davvero non avevo mai visto mutare le condizioni metereologiche così velocemente e così tante volte nell’arco della stessa giornata. Il problema è che arriva la sera con la sensazione che sia passato un mese intero.    

Adesso la signorina è stata costretta dal sottoscritto a cercare una destinazione per domani mattina, la santa domenica di pasqua. Io non ho voglia di prendere inziative, ma sono disposto a lamentarmi di luoghi che non mi piacciono e guidare la macchina nelle lunghe strade pianeggianti del Paese Basso, che non è basso mica per niente.           

Nei tempi morti, ci si stupisce dei narcisi fioriti nel prato sotto la mia camera, e ci si chiede perchè solo nel prato che vedo dalla mia camera e non in tutti gli altri.

vivere in un paese

Vivere in un paese dove l’ubriaco che investe e uccide due ragazze viene mandato ai domiciliari, non è bello, perchè non è giusto.  

Però: vivere in un paese dove l’ubriaco omicida – che lo dice la legge, può stare ai domiciliari – poi viene trasferito in galera a seguito di tutte le polemiche e della cagnara che si è sollevata, è proprio un paese di pupazzi di cacca, diciamolo. Voglio dire, se la legge lo permette, se la legge dice che può andare ai domiciliari, allora è li’ che deve andare. Dice: lo ha chiesto lui di andare in galera. E allora? Mica si va in galera per richiesta. È una cosa schifosa che la legge permetta questo, ma non sono mica i titoli indignati dei giornalisti che devono decidere cosa va bene e cosa No. La legge è sbagliata: embè? Siamo ancora ai tempi dei romani col pollice verso? Ma vi rendete conto dell’assurdita’ della storia?

percorro in questi giorni

Percorro in questi giorni l’intera filmografia di Monicelli – sempre per quella storia dell’essere italiano «da lontano» – e molti di questi film sono ambientati negli anni 60. E allora stavo pensando: fossi nato negli anni 60? Sarebbe stata una tragedia, ho pensato. Ma una tragedia.   

Già oggi, con tutta la prospettiva storica che si dovrebbe avere dopo quasi dieci anni nel millennio nuovo, i miei coetanei mi fanno vergognare di un certo numero di cose, dal conformismo integralista all’alternativismo militante. Ma fossi nato negli anni 60 sarei morto all’istante, praticamente. Ascoltavo le canzoni dei Rokes (ma che colpa abbiamo noi se non siamo come voi) e dei Nomadi (chi vi credete che noi siam per i capelli che portiam) e giungo alla conclusione – ed ero giunto a queste conclusioni già tanto tempo fa ogni volta che ste canzoni sono state passate alla radio – che il conformismo giovanile italiano ha proprio radici profonde. E’ proprio radicato dentro la cultura, scavato e cementato. Piazzato al centro. Una colonna di certezza irremovibile.   

Gli anni 60 hanno proposto lo stereotipo del giovane italiano che non dice niente, che è il nulla, solo che si cresce i capelli e suona la chitarra e che si scaglia contro ipotetiche critiche lanciate al suo indirizzo.  

Quando per strada noi passiam  
Voi vi voltate per guardar   
Ci vuole poco a immaginar  
Quello che state per pensar
  

Che poi è un po’ come quelle ragazze che "vuoi dire che ho il culo grosso? ma guardati te, guardati!" quando ancora non hai aperto bocca. Di canzoni autoreferenziali sulla stessa solfa ce ne sono tantissime. Ma proprio a pacchi. Dove c’è il giovane che si lamenta di ipotetiche esclusioni e derisioni della società. Solo che lo fa in prima serata sulla televisione di Stato democraticacristiana. Che è un po’ come dire, per fare un esempio, quei ragazzi che battono le mani nel pubblico delle trasmissioni, quelli che servono a fare la parte dei giovani, ecco bravi mettetevi qua vestiti da giovani, magari con una cresta e un orecchino al sopracciglio ma sempre sorridenti e puliti, così i pensionati da casa sprofondati in poltrona pensano quanto sono giovani questi giovani. E infatti poi ste canzoni erano tutte fondate sul Noi, Voi, Voi credete che Noi siam, se non siamo come Voi, Noi Voi, se non pensiamo come Voi, che colpa abbiamo Noi.        

A vedere queste cose si capisce che un Paese conformista non lo si costruisce in un attimo, serve il lavoro certosino che parte da lontano. Servono i giovani disposti a recitare la parte dei giovani (vi chiamiamo capelloni, e santiddio non voglio vederne nemmeno uno coi capelli corti, capito?!?) e poi magari qualcuno che ti mette un po’ paura (ma sempre entro i limiti) al pensionato che guarda la tv a casa con il tovagliolo a bavetta per non sporcarsi di pastasciutta. E le cose non cambiano mai, un Dj Francesco che zompa vestito da pirla è un po’ come il batterista dei Nomadi che si sforza di fare le smorfie davanti alle telecamere. Poi i puristi si indignano ma insomma, il video dice tutto. Si può dire che questa è storia, che sono miti della musica, ma le immagini del batterista dei Nomadi davvero non sono paragonabili – quanto a giovanilismo sforzato – nemmeno al peggior Jovanotti dell’epoca d’oro.         

E poi negli anni le cose continuano sempre allo stesso modo: nei miei anni 80 da bambino ricordo che a carnevale i genitori ti vestivano da «punk». Ti strappavano un paio di jeans al ginocchio e ti drizzavano i capelli col gel. I punk, capito? Perchè un paese-balena irremovibile è capace di masticare digerire e cacare tutto. Tutto sotto controllo. Tutto che diciamo noi come dove e quando. Poi inviti Brian Molko e quello giustamente ti spacca tutto davanti al pubblico di incravattati, e per un momento vedi il cortocircuito fra due culture troppo diverse.

   
Dice: ma che cazzo ti è preso oggi con sta storia dei giovani? Non lo so, non lo so. Sto pensando ai monaci tibetani uccisi per le strade, davvero. Giuro, sto pensando ai monaci tibetani. Ci sono proteste in Italia, adesso, per tutti sti monaci trucidati? Pare di no, vero? Sto pensando a cosa ha scritto Leonardo su questa cosa, e oggi mentre tornavo a casa c’era un sole che si specchiava sull’asfalto bagnato e non mi faceva vedere nulla. E ho partorito tutta una serie di pensieri che poi andavano a finire – non so come, mischiandole con Monicelli – a queste considerazioni. Mi ricordo solo il punto di partenza e il punto finale, ma non tutto quello che c’era in mezzo.    

Pazienza.

fra le cose che non si possono spiegare

Fra le cose che non si possono spiegare c’è la gioia di avere il confine italiano distante un migliaio di chilometri, e cioè distante quel tanto che basta ad andare in giro in bicicletta ascoltando rino gaetano e morricone nelle cuffie, per sentirsi italiano come pare a te. Perchè io alla fine sono contento di essere italiano, è solo che non mi piacciono gli effetti collaterali.  

Però sono contento, eh. 

Poi sgusci in fra le stradine del centro e devi fermarti un momento perchè c’è l’ingorgo delle biciclette e non si passa più: proprio in quel momento c’è Rino che canta «Ma a tolto il cane/ Escluso il cane /tutti gli altri son cattiviii» e tu ti ritrovi improvvisamente ad abbracciare una ragazza bionda con una collana di fiori attorno al collo che tiene in mano un cartello con la scritta “Free Hugs”. Una ragazza bella che non l’avresti detto mai – a vederla da lontano – che potesse puzzare così tanto di cipolla. Ma le cose per conoscerle veramente devi esserci vicino. E in generale il senso di queste quattro parole, e il succo della sensazioni di questo mio pomeriggio a scarpinare per la città, è che le cose per capirle veramente ci devi essere dentro. Per cui non chiedetemi come sto, venite a toccarmi la fronte di persona, venite a guardarmi negli occhi, e poi fatevi un’idea.


Comunicazione interna per il me stesso fra dieci anni: Non ti ricordi cosa hai comprato coi soldi del tuo primo stipendio? Un paio di pantaloni kaki in offerta a 25 e 90, forse troppo corti ma del colore giusto. Poco prima una commessa obesa è venuta a stanarti in camerino perchè il negozio stava chiudendo. All’uscita sei stato schiaffeggiato dall’odore della Loempia vietnamita, una cosa fritta di verdure e pollo che avevi provato una settimana prima. Non ti era piaciuta, ma già sapevi che l’avresti riprovata per poi poterlo raccontare in giro.

e la maggioranza ha sempre ragione

Se Berlusconi se ne esce con la sua solita caz*ata (per esempio quella di oggi: signorina, non sa come fare a farsi una famiglia senza un lavoro stabile? Sposi un milionario come mio figlio!) oppure con cento o mille altre, c’è tutto un popolo di persone razionali che spara addosso alla frase. C’è tutto un mondo che si indigna, che si dice Ma Com’è Possibile, Ma Come si Fa a votare uno così.

La verità è che Si Fa, Si Fa Eccome, perchè qui il mondo degli indignati (di cui una buona parte sopravvive proprio su internet) non si rende conto di quanto uno come Berlusconi in politica non abbia nessuna colpa (o Gabriella Carlucci in politica, o il generale Roberto Speciale in politica …) in quanto se pure uno spara una frase del cazzo come questa, o candida un fascista pluricondannato dal passato torbido, la stragrande maggioranza della gente queste cose non le sa nemmeno, perchè la stragrande maggioranza della gente non ha voglia di informarsi, la stragrande maggioranza (e lo dico proprio guardandomi attorno, chiedendo alle persone che conosco) non sanno dirti nemmeno i nomi di due ministri in fila, la stragrande maggioranza non ha idea di nulla, non sa niente di niente. La maggioranza se ne fotte altamente, e gli va bene così, e ci sono personaggi di Lost che sono di gran lunga più popolari di un sottosegretario, e puntate dei telefilm che attirano molta più attenzione di una qualsiasi evento reale, di quelli che accadono nel mondo che esiste. Ignoranza che poi significa non avere nulla da dire, un senso critico all’inchiostro simpatico e l’incapacità di instillare nemmeno la più infinitesimale scintilla di curiosità nelle persone che ti circondano. Uno sconforto totale. E una frase come quella di oggi – e tutte quelle che verrano da lui e da tutti gli altri – non sposta nemmeno un voto che sia uno.

breaking new (s)

Numero uno.
Il ragazzo che mi ha lasciato la camera in questa casa? Quello di cui tanto ho parlato bene? Quello che avevo detto che era il ragazzo perfetto per ogni ragazza? Quello che avevo detto che bla bla bla? E’ gay.  

Ed io che dicevo che non era gay. E invece è gay. Me lo hanno confermato i conquilini tutti in coro dopo una cena a base di pancake alla banana. Pancake alla banana, che poi uno dice l’importanza dei simboli premonitori. E i miei coinquilini che se la ridono dicendomi Pensa Cosa E’ Successo in Quel Letto! (ah ah ah ah) e poi, appena le risate si smorzano: Pensa Cosa E’ Successo in Quella Doccia! (ah ah ah ah). Che grasse risate, eh? Maledetti.

Numero due.
La coinquilina Fiocco di Neve, la ragazzina bionda e delicata di qualche post fa? Indovina indovinello? E’ gay. La sua ragazza è praticamente un rinoceronte, però femmina. Si vogliono bene, abusano di budini alla fragola e di telefilm americani. Vorrei fare notare l’elevatissima percentuale, due su otto, siamo al venticinque per cento. Un partito di governo, in pratica.

Numero tre: 
non ho capito se il cespuglio è obbligatorio oppure No, comunque pare che dal prossimo autunno da queste parti la libertà diventerà ancora più libertà. 


Signore abbi pietà di noi miseri peccatori.

Abbi? Abbi, abbi.

so bene

So bene che i post sulle chiavi di ricerca sono l’apice della nullità più nulla, ma vogliamo parlare del motivo principale di visite a questo blogghe nel mese scorso? Eh, ne vogliamo parlare? Comunque, da un rapido scrutinio delle schede, per il mese di febbraio salgono sul podio questi tre geniacci arrivati su queste pagine cercando rispettivamente:

1) cerco delle frasi da mandare al mio ragazzo per s valentino 
2) voglio vedere la linea di mocassini di fabrizio corona.
3) tre tette meglio di 2.

volevasi segnalare

Sono contento quando escono fuori notizie come questa (cioè: è certificato che in Italia l’impegno all’integrazione degli immigrati è di molto maggiore al Nord rispetto al Sud eccetera eccetera). Voglio dire, io che sono mediterronico gia’ lo sapevo. In generale sono sempre contento quando escono fuori le notizie che rompono i luoghi comuni (e in questo caso, la convinzione che al Sud siano tutti solidali e aperti, brava gente che ti accoglie in casa con il mandolino e il tamburello).  Dalle parti del mio paesello, per dire, lo straniero è considerato peggio di un animale e viene mandato a raccogliere i cocomeri in condizioni disumane, oppure lo straniero è il turista tedesco che viene a portare un po’ di soldi in agosto, e quindi da accogliere con grandi pacche sulle spalle. Il disgraziato che suda sui cocomeri, nel frattempo può pure morire, e con il cingalese che vende accendini non ci parlo nemmeno per non sporcarmi le orecchie. Di fatto nel Sud estremo gli extracomunitari sono pochissimi. Sbarcano sulla costa e poi scappano via. Da bambino sapevo che esistevano i neri solo grazie alla televisione.   

In generale sono sempre contento quando escono fuori notizie che rompono i luoghi comuni, perchè mi da fastidio vedere i compaesani che si adagiano sulla convinzione “ma tanto noi ci abbiamo il mare, quelli c’hanno la nebbia e noi invece… assaggia quanto so’ buoni sti pomodori, su’”. Poi ci sono quelli che scappano al Nord, non riescono ad integrarsi e tornano a casa dicendo che “da quelle parti sono tutti un po’ freddi e razzisti”. Ne ho conosciuti tanti. Il luogo comune del Sud come posto Bello Ma Proprio Bello Bello – che pure resiste in molti crani mediterronici – è come una bamboccia scema che si ammira allo specchio e che si dice da sola Ma Quanto So’ Bona mentre inciampa sul vestito e cade per terra.

che ridere

Che ridere sta storia dei ragazzini che chiedevano “favori sessuali” nello scuolabus in cambio di ricariche telefoniche. Che ridere non per i ragazzini, ma per tutti gli scandalizzati per una scemenza del genere. Poveri scandalizzati che vogliono mettere a posto le cose, poveri parrucconi che credono forse che la sessualita’ di un pischello (e di una pischella) cominci verso i venticinque/trent’anni. Poveri indignati che forse non sanno quanto la “ricarica telefonica” alla fine è solo una scusa, quando c’hai dodici anni e tanta curiosita’, e ste cose le faresti anche senza i dieci euri della ricarica, però ti vergogni dello sguardo accigliato delle amichette. Poi magari una pischella si spoglia a scuola, le immagini vanno sul web, e tutti di nuovo ad indignarsi e a dire MaDoveAndremoAFinire. E poi il mese seguente un’altra dodicenne si fa riprendere dal ragazzo col telefonino nel parchetto sotto casa, il carabiniere scova le immagini e tutti di nuovo a zompare sulla sedia e borbottare MaDoveAndremoAFinire. E intanto nessuno che alza la mano e afferma che forse, ammettiamolo, una certa percentuale di ragazzine maggiormente predisposte a queste pruderie è sempre esistita e sempre esistera’, e non ci si può fare nulla, a prescindere dalla televisone e dalla cultura di merda che regna sovrana in questo momento storico, perchè e alla fine le trovi nella storia e nella letteratura, esistono e basta, e i plotoni di dodicenni famelici e senza scrupoli (o con fragili scrupoli da dodicenni) continueranno a sparare nel mucchio sperando di incontrare quella giusta. E alla fine, esclusi alcuni casi particolari, va pure bene cosi’, è nell’ordine naturale delle cose, di una Madre Natura che ha la sola colpa di non aver previsto l’avvento dei telefoni cellulari full optional.   

tutto questo vivere facile

Tutto questo vivere facile – dicevo qualche giorno fa – fa venire pure degli interrogativi. Tutto questo benessere e questa disoccupazione nazionale al 2 per cento, e questo direttore di banca simpaticone che ti accoglie col caffè e si fa tante risate con te mentre ti apre un conto che non dico nemmeno quanto poco costa solo per non suscitare nervosismi. Tutte queste cose. Tutti questi giovani pieni di salute e affabili. Ti si pongono degli interrogativi. Tutti questi ragazzi che incarnano l’ideale del giovane studente, alto biondo in salute, la felpa col cappuccio e i jeans sdruciti.

L’iconografia cinematografica e pubblicitaria del giovane studente corrisponde a questi ragazzi che vedo ogni giorno. Siamo cresciuti con queste immagini nei telefilm e negli spot, pero’ poi ti sei trovato a vivere con personaggi diversi, diversi proprio fisicamente. Sei cresciuto fra i GiulianiSangiorgi mentre l’iconografia ti proponeva le facce nordiche dei modelli del Postalmarket. Ti sei trovato a crescere con personaggi come questi (e pure gli hai voluto bene) che Bologna ne è piena, oppure vecchietti in anticipo con le giacche Belstaff e la cintura, o ragazze vecchie in anticipo con il trucco pesante e le borsette firmate. Adesso c’hai tutto attorno la gioventú come te l’hanno fatta vedere sui giornali, ragazze che se fossero nate al tuo paesello adesso starebbero a tirarsela in un bar patinato esaminando in prospettiva le carriere dei possibili pretendenti, qui te le ritrovi col berretto di lana che scappano in bicicletta bagnate di pioggia e con gli orli dei pantaloni sporchi di grasso.  

Ma dicevo, tutta sta facilita’, poi finisce che ti fai delle domande. 

Perchè sei cresciuto in tutt’altro mondo, dove le cose sono aspre e l’erba è secca. E cosa succede a buttare un pesce di acqua salata in un laghetto di acqua dolce, tu ancora non lo sai. Le prospettive sono buone, ma ancora non lo sai. E allora finisce che ti fai delle domande. Perchè sei cresciuto nella melma con prospettive di melma, e tutta questa facilita’ non l’avevi messa in conto.

avendoci solo raiuno a disposizione, sanremo

Quanto mi sta simpatico sto ragazzo, quando canta stonato Oh! Voglio una vita tranquilla LaLaLa, perchè da quando sono nato/che son spericolato OH! In particolare mi piace quando fa OH! e LaLaLa. E poi pazienza che è stonato, che a forza di cantanti perfetti ti dimentichi pure che sono degli esseri umani.

 

Update: nei commenti esce fuori spesso il nome del grande carciofo Fabrizio Moro. C’è poco da dire su di lui, quest’anno. Canzone sufficiente, uno stile troppo sfacciatamente Vasco. Se la scopiazzatura non è reato, allora va benissimo così.  Piuttosto, il premio Banalità di quest’anno – che l’anno scorso andò al Carciofo – va a ad una nuova giovane promessa (speriamo di No) della musica italiana. Io ancora mi chiedo come sia possibile arrivare a scrivere cose del genere. Sulla musica lasciamo pedere, c’è poco da dire, è una questione di gusti. Parliamo dei testi, perchè la Banalità è un concetto universale. Sono fuori gara tutti i testi che parlano di amore, perchè tanto sono tutti allo stesso livello, e una volta che ti metti a scrivere di Sensazioni, Occhi, Labbra, Battito del Mio Cuore finisce che si assomigliano tutti. Non puoi dire nulla, alzi le braccia e ti arrendi.

Il testo Banalità del 2008 va a quel fungo di Valerio Sanzotta, autore di un classico pezzo compilation (anche il nostro Carciofo Moro è bravissimo nei pezzi compilation) cioè uno di quei pezzi dove copi un po’ di qua e un po’ di là. Questo genio crea una accozzaglia di De Andrè,Guccini, De Gregori, Bob Dylan e qualcos’altro che non mi viene in mente. Il povero Sanzotta, essendo troppo giovane per affrontare con cognizione di causa le tematiche degli artisti a cui si ispira, crea un minestrone iperconcentrato e ci mette dentro di tutto, l’intera storia d’Italia degli ultimi cinquant’anni.  Qui il video. Ma noi non lo ricorderemo solo per questo. Rimarrà nei nostri cuori per gli stupendi versi che recitano: 

tra la luce che barbaglia e la casa che bisbiglia 
un sogno scolorava tra le ciglia
   

Io barbaglio di rabbia, ma cerco di non darlo a vedere. Lo stereotipo del giovane impegnato che si indigna con il libro di storia aperto sulla scrivania. Una menzione speciale anche a quei bravi ragazzi che si fanno chiamare “La Scelta” che avranno buone dosi del mio astio solo per il fatto di essersi presentati sul palco con un bongo a tracolla non amplificato, tanto per fare scena. L’apoteosi della Banalità Peace&Love viene raggiunta con i versi:

La foto di una nuova realtà 
Immagine del nostro tempo 
Un’onda che mi cambierà… dentro  
E mi sento un africano metropolitano 
Con gli occhi da orientale  
E il cuore di chi sa che andrà lontano 
La mia casa è un altopiano al centro di Milano
(…)
Io mi sento umano…io mi sento umano 
E guarderemo da lontano quello che eravamo 
Con la semplicità andremo via tenendoci per mano…
 

Il tentativo tristissimo di ossimoro con “africano metropolitano” nasconde il pregiudizio sciagurato che gli africani siano ancora tutti in capanne di paglia e fango, oppure vogliono davvero ispirarsi ad un cittadino di Johannesburg? Mistero. Resta comunque un temino delle scuole medie, di quelli che la maestra ti impone dopo aver fatto vedere un documentario dell’Unicef coi bambini che fanno il girotondo.