le nuovole di agosto sono le più dolorose

Le nuvole di agosto sono le più dolorose perché non dovrebbero essere lì, eppure ci sono. E sono più dolorose perché a queste latitudini brussellesi nonostante il freddo, le giornate sono ancora lunghe come è giusto che siano in estate. Quindi il pomeriggio all’uscita dal lavoro il buio non nasconde – ancora – la realtà dei fatti. Si potrebbe dire che gli inverni più o meno si assomigliano nonostante le latitudini – è solo una questione di gradi in più o in meno, ma quelli non li vedi, perché è buio ovunque – mentre le estati sono drammaticamente diverse.

Diverse.

Si cammina al ritorno dalle vacanze nelle arie condizionate dei supermercati illuminati dalle luci al neon. Ci si riconosce, noi tornati dalle vacanze, perché indossiamo abbronzature fuori contesto. Mi riconosco negli altri e allo stesso tempo mi ritengo unico in questa malinconia eroica, mentre scelgo la mozzarella, perché questa è abbronzatura causata dal mio sole, di quella mia casa; non invece il sole che – secondo me – ha illuminato le facce delle altre persone, e cioè un sole di un posto esotico e lontano, magari bellissimo, che però non li appartiene. Un sole acquistato assieme al pacchetto dell’agenzia viaggi a mezza pensione. Questa è l’abbronzature del mio sole, mi racconto mentre scelgo le banane, e quindi ho diritto di essere più malinconico di voi. E quindi skippo i brani nelle cuffie fino a quando non arriva il pezzo struggente. E col pezzo struggente passeggio nel reparto detersivi – e la struggenza è totale, perché non mi serve nemmeno, un detersivo.

in questo preciso momento

In questo preciso momento c’è Abberlusconi che parla dal palco al congresso del suo partito. E parla – lo ascolto con le mie orecchie – del suo maestro di scuola media che gli raccontava dei soviet russi sotto il comunismo, dei comunisti che se li piaceva una donna, facevano fuori suo marito, se volevano l’appartamento di fianco, uccidevano il proprietario e se lo prendevano. E che quindi oggi (oggi in Italia nel 2013) i nostri beni e la nostra libertà sono a rischio. E dice “preoccupiamoci”, perché solo arrivando alla maggioranza dei consensi, si potrà difendere la nostra libertà contro questi pericoli.

Giuro.

uno dei problemi

Uno dei problemi principali di Brussélle – devo ancora decidere se considerarlo il numero uno, due o tre – è la gente che poi se ne va. In due anni posso già contare un certo numero di persone con cui ho scambiato parole birre messaggi attenzioni battute e che adesso, ecco, non sono più qui, sono andati altrove. Il problema della gente che poi se ne va è comune a tutte le capitali, ed è comune a tutti quelli che vivono da dislocati come il sottoscritto, perché a vivere da dislocati si finisce per avere a che fare con altri dislocati. E questi dislocati hanno la tendenza a considerare tutto il mondo come un potenziale mercato del lavoro – e se non proprio tutto il mondo, perlomeno l’Europa. E l’Europa è grande.

Vivere da dislocati in una capitale, dunque, peggiora il problema. In questo tritacarne sociale, si finisce per diventare scaltri. E dunque se pure uno ancora non se ne è andato – ma ti fa capire dalle parole o dai gesti che potrebbe essere uno di quelli che poi se ne va – nella tua testa in pochi minuti lo trasformi in un fantasma. Ci parli, ma già lo vedi sparire, tipo Patrick Swayze in Ghost.

volevasi segnalare

Nell’ennesimo articolo sulla emigrazione italiana all’estero viene accennato un aspetto piccolo piccolo, spesso ignorato, che forse rispetto al problema nel suo insieme e’ solo un dettaglio marginale, ma ecco, io vi dico che esiste, e si fa sentire. Si impara a recitare bene, che’ non c’e’ altra scelta.

(…) I haven’t told friends that I recently landed a permanent job that is paid
decently (well, living in London is always a struggle),  
that I’m appreciated
at work and taken care of, that 
I have career prospects, because I feel bad.

Roma

A causa dellacrisi gli albergatori di Roma abbassano i prezzi delle camere al di sotto del livello legale, e poi sulla ricevuta scrivono che la tua camera ha qualche problema, per esempio non c’è acqua calda, per giustificare lo sconto assurdo. A Roma c’era sciopero dei mezzi pubblici ma i mezzi pubblici andavano comunque. A Roma nella metro trovi sempre tantissima pubblicità di spettacoli teatrali con attori che altrimenti tu – che non vivi a Roma – conosceresti solo attraverso la televisione. E gli stessi spettacoli non li trovi pubblicizzati in altre città così che poi ti viene il dubbio che certi spettacoli in realtà li tengano solo a Roma e non nelle altre città, ti immagini proprio questi attori pigri che vivono a Roma e non vogliono spostarsi fino – per dire – a Trento e allora tra una comparsata televisiva e l’altra fanno pure gli attori in teatro, ma solo se è dietro casa. E’  difficile che tutto questo sia vero ma te lo immagini ugualmente, mentre giri per Roma.

Le ragazze hanno occhi cerbiatti e i palazzi del centro sono bellissimi. Ti colpiscono quelli – i palazzi – molto più dei monumenti, ti colpiscono ora che sei diventato sensibile alla bruttezza architettonica mitteleuropea (e in particolare del Paese Basso, e in particolare dei paesotti fiamminghi e scandinavi che hai visitato, oltre a buona parte di Brussélle). Ti colpisce e ti fa stare male tutta questa bellezza, anche se poi lo sai che in quei palazzi del centro non ci vive gente normale, e sicuramente non potresti mai viverci tu.

entro

Entro con l’auto in una strada stretta. Al centro della strada, un piccione perso nei suoi pensieri. Io avanzo ma lui non si sposta. Uno di quei piccioni anziani e deboli e umiditi dalla pioggia, persi nei loro pensieri che il primo gatto che passa se li porta via.

Fermo l’auto davanti a lui, che però non si sposta. Da lontano mi vede un maghrebino, mi fa aspetta con la mano. Si avvicina al muso della mia auto e poi rivolto al piccione fa un gesto come per dire vada vada. E il piccione, impettito, come un vecchietto che si è accorto solo ora di intralciare il traffico, si porta zoppicando al lato della strada.

Like a cat in a bag/ waiting to drown/ this time I'm coming down

E' un verso di una canzone dei Verve che m'è venuta in mente in queste ore. Il gatto nella borsa sarebbe questo blogghe che praticamente rischia di scomparire saecula saeculorum se non trovassi un'anima buona disposta ad aiutarmi nella migrazione. Le guide in giro sono scritte in arabo, per me che pure alla parola plug-in cominciano a tremare i mignoli. Cerco un'anima buona ma pure un'anima mercenaria che voglia fare tutto dietro giusto compenso. Astenersi perditempo anche perché di tempo – pare – ne è rimasto pochissimo.  

la verità è che già provo imbarazzo e schifo

La verità è che già provo imbarazzo e schifo per i festeggiamenti che presto arriveranno quando quello cadrà. Perché in ogni caso – e comunque la si voglia vedere – quello è stato qui fino a oggi. Fino ad oggi.

 

Se cade è a causa di eventi enormi, condotte eclatanti, puttanai strabilianti. Questo significa che uno leggermente meno incline ad eventi enormi, condotte eclatanti, puttanai strabilianti – uno così ma leggermente più presentabile – avrebbe potuto continuare a guidare quel paese. Ci sono quelli che non lo difendono più a causa di eventi enormi e condotte eclatanti, ma dategliene uno appena appena meglio e se lo faranno bastare. Difenderanno quello. Adesso non difendono questo ma saranno prontissimi a negare insabbiare minimizzare rovesciare per difendere quello nuovo. Il paese che resta è intriso da gente del genere.

 

Ecco perché non ci sarà niente da festeggiare epperò festeggeranno lo stesso. Ci sarebbe da stare in silenzio come davanti ad una bara poco prima della tumulazione ma loro festeggeranno lo stesso.

 

E per quanto potrete godere, per quanto potrete sentirvi resistenza, per quanto potrete sentirvi liberati, lui – oggi – ha il 26 per cento. E voi No.

scorgo da lontano oppure da vicino

Scorgo da lontano oppure da vicino esseri femminili che paiono interessantissimi e allora mi chiedo: non fossi io a girarci lontano, non fossero loro che pensano ad altro, cosa succederebbe? Mi troverei in una situazione pregna di conseguenze a lunghissimo termine, ecco cosa succederebbe.

 

Se gli sguardi e le intenzioni si incrociassero, ti rendi conto delle conseguenze a lunghissimo termine? E' come trovarsi sull'orlo di un burrone. Non è né bello né brutto (si spera bello però non sai mai) ma comunque è un burrone. Con potenziali conseguenze a lunghissimo termine.

 

Conosco Andima dal vivo, e mi annoto i suoi occhi allegri da italiano in gita – mai citazione fu più citazionata da me. Lui è persona con moltissime cose da dire, e di sti tempi e a ste latitudini, è cosa preziosa. Mi racconta anche di siliconi da spargere attorno al box della doccia prima che torni la sua ragazza.

 

Sei mesi fa ero altrove e non sapevo che sarei arrivato qui. Dove ho una vita smozzicata ma che comunque è una vita. Otto mesi fa mi immaginavo una vita in altri posti. Dunque è un esistenza piena di burroni. Da un momento all'altro ci cadi dentro e cambia tutto. Quello che ho – e quello che non ho – potrebbe cambiare da un momento all'altro. Potrei ritrovarmi fra tre mesi a parlare di siliconi da spargere sul box della doccia? Potrei, come No. Quando me ne rendo conto, inspiro l'aria che mi circonda, quest'aria provvisoria che mi circonda, e penso che va bene tutto.

 

Va davvero bene tutto. 

 

 

Ma di cosa lo condivo questo mio periodo di adattamenti a questa nuova vita smozzicata? Me stesso che mi leggi fra chissà quanti anni, ricorderai certamente che questi giorni di annusamenti fra te e Brùsselle erano conditi dai The Pains of Being Pure at Heart. Finalmente è uscito il secondo alburm, ma tu in quei giorni hai consumato soprattutto il primo fino all'estremo. Poi quando hai dovuto scriverne un post, hai preferito mettere il video di un pezzo che non è né nel primo né nel secondo album, ma nel mezzo, singolo orfano di tutto. Lo hai scelto per il video, per quella scena di due secondi del piccione che insegue l'altro piccione.

 

cose, 19 sette duemilaeundici

No, non sono mai stato a Napoli, rispondo all'ennesimo nordico che mi dice Ah l'Italia sono stato a Castellammare di Stabia. Non ti piace Napoli? Non è questo il punto: è che non ci sono mai stato, punto.

 

Potrei spiegarti della voglia di andare lontanissimo – una volta partito da casa nell'estremo Sud – potrei parlarti delle milioni di cose che non ho mai fatto dicendomi che tanto un giorno le farò, e adesso che sono parzialmente immaturito, parzialmente invecchiato, so benissimo che non farò mai.

 

L'estate più fredda della mia vita.

Brussèlle in certi momenti ha dodici gradi.

 

E c'è un direttore di una mega azienda dove lavoravo prima, uno che stava tipo quattro livelli sopra di me, che stamattina dal lavoro mi manda una mail. Non la manda solo a me, la manda a tre persone che conosce e che hanno nel recente passato lavorato con lui, e che però adesso lavorano a Brussèlle.

 

La mail dice: ehi voialtri! Siete tutti e tre lì in quel posto brusselloso – io, un britannico, un'italiana – perché non vi incontrate e vi bevete una cosa assieme? A parte il fatto che lo faremo: l'idea di questo personaggio americano che nel suo ufficio in Paese Basso si fosse fatto venire in mente un pensiero così, mi ha fatto pensare: sei una brava persona, vieni pure tu a bere una cosa con noi. Tu e tuo figlio di sangue americano che però oggi parla il barbaro molto meglio di te, ne parlavi sempre a pranzo, ne parlavi.

a forza di andare e tornare al tuo paesello

A forza di andare e tornare al tuo paesello dell'estremo Sud, impari davvero cosa significa estremo Sud. Lo impari per davvero, mica per finta come quelli che ti parlano di sapori odori colori ritmi passione e cultura. Cazzate. Cazzate parzialmente vere, ma in grandi linee pur sempre cazzate.

 

Le mettiamo nella bocca di quelli del Nord quando parlano di Sud, così come noi terronici parleremmo di culla dell'umanità se andassimo a fare un safari nello Zimbabwe. E non so se fanno safari in Zimbabwe, non so se si scrive Zimbabwe.

 

Dicevo, impari cosa sono i dettagli del Sud.

 

Per esempio entrare in uno studio fotografico ché ti serve la fototessera e ci trovi sulle pareti le fotografie scattate ai matrimoni dal mastro fotografo. Queste sono evidentemente le migliori immagini scattate dal mastro e che vengono esposte per invogliare gli altri a farsi fotografare dal medesimo mastro fotografo. A parte l'aurea leggermente mariadefilippiana di molte delle espressioni facciali dei matrimoniati, la cosa che ti colpisce di più – e che ti fa moltissimo Sud – sono i matrimoniati con gli occhiali da sole. Solo ieri pomeriggio hai contato 6 fotografie enormi con gli sposi in occhiale da sole.

 

Lenti grandi, da insetto.

 

Quindi, non solo decidi di indossare occhiali da sole da insetto al matrimonio, non solo non ti accorgi che forse dovresti toglierle al momento delle fotografie, non solo pure la sposa tua le indossa e le sembra normale, non solo il fotografo non urla toglietevi quelle cazzo di occhiali da sole che vi sto scattando le foto del giorno si presume più bello della vostra vita – o perlomeno iconograficamente più significativo – non solo il fotografo poi scatta le foto, non solo non le butta nel cestino quando le rivede, non solo le stampa e i matrimoniati approvano, ma poi addirittura le foto vengono pure esposte come per dire, ragazzi giovani e fertili del circondario, questo è il modello per i matrimoniati a venire, questo è l'apice, a questo dovreste voi tutti aspirare. È l'apoteosi. Esco dallo studio inondato da una luce di consapevolezza estrema di estremo Sud, di kitch all'olio d'oliva e origano che non vi dico.

dice il saggio

Dice il saggio: vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo. Dico io: ma come si fa? Vivessi questo giorno come fosse l’ultimo, secondo te sarei qui a leggere pdf sul monitor sorseggiando caffe’ tiepido e sciapo? Dimmelo: potrei restare chiuso in questo ufficio sapendo che ci sono forse persone interessanti li’ fuori che devo conoscere tipo immediatamente, trascinarle per i capelli a compiere cazzate incredibili? Ma tu lo sai cosa ho mangiato ieri sera per cena? Ero in auto ed era tardi e non volevo cucinare a casa. Mi sono fermato in un posto e dentro c’era sto cinese che parlava barbaro – e sua figlia cinese di due anni che si intossicava coi fumi della cucina – e mi ha preparato un hamburger di plastica condito con cipolla e una salsa dolce che pareva marmellata. Hai presente lo schifo? Se questo giorno fosse l’ultimo ma anche il penultimo mettiamo, potrei io convivere con il rimorso di aver buttato cosi’ il tempo e 4 euro e 90? Fosse questo il mio ultimo giorno: scriverei questo post?    

sei appena tornato

Sei appena tornato? mi chiedono al lavoro. L’orologio in basso a destra sul pc dice che e’ l’una. Dico io: a quest’ora, ieri, ero con il culo nell’acqua.

Faccio vedere le foto di quale acqua. Ahh, mi fanno. Ahhh, dico io. Ci siamo capiti?

E con il culo nell’acqua mi lasciavo affondare, buttando l’aria fuori dalla bocca. Mai provato sta cosa nel mare? Ti lasci andare a peso morto dando una spinta verso il basso e cacci via l’aria. Affondi lentamente. Quando smetti di sbuffare acqua c’e’ solo il silenzio. Dura qualche secondo.

Le statistiche pero’ sono sicure: si deve andare a vivere in Finlandia, la Finlandia is the place to be. Meno male che oggi qui in Paese Basso e’ molto nuovolo, almeno questa mia abbronzatura  indecente cozza meno con il necessario mood finlandese. Scopri il finlandese che c’e’ in te. E parlaci. Fatti spiegare come si fa.

se si sfracella taricone

Se si sfracella Taricone ti dispiace, ecco cosa.

Come fosse un tuo amico del paesello che non ci parlavi tanto, ma lo conoscevi di vista. E’ impossibile che non faccia questo effetto. Muore pure quello degli Swatch, ma chi se ne frega: chi lo aveva mai visto in faccia? Chi lo aveva mai visto mangiare la pasta? Chi lo aveva mai visto uscire dal cesso? Ecco qual’e’ davvero il potere della televisione.

Ti parleranno di sondaggi e influenze sulle tornate elettorali: tu invece pensa a Taricone. Che si fa la tenda dietro al divano per sfuggire alle telecamere.

bilancio striminzito dell'anno 2009

L’anno 2009 è scappato via così velocemente che secondo me a capodanno dirò buon 2009, invece dell’anno che viene davvero.


Nel 2009 ho preso coscienza di essere italianissimo, e pure di essere italianissimo che però ormai vive all’estero. Nel 2009 tutto ciò ha smesso di essere una novità.


E’ stato un anno di vita normale – e questo sarebbe un cambiamento per il me stesso dell’ultimo decennio – ho vissuto negli stessi luoghi e con le stesse persone. Al supermercato ho incontrato gente che conoscevo. Ho incrociato occhi di gente che conoscevo nelle strade del Paese Basso.


Nel 2009 sono dimagrito. Quattro chili. In questo momento, dopo tre giorni di febbre, anche cinque.


Nel 2009 ho scritto tanto ma non abbastanza. Fino ad ora non è mai stato abbastanza.


Nel 2009 ho affilato e ristretto ulteriormente lo spettro delle cose che mi piacciono, e di quelle che invece non mi piacciono. C’è ancora da lavorarci molto. Ma siamo sulla buona strada.


In ogni caso, nella mia vita fino ad oggi non ho mai pensato che potesse esistere qualcosa chiamato 2010. Il pensiero del 2010 non è mai esistito nella mia mente. Concretamente, voglio dire. Non ho mai detto nel 2010 faccio questo. Per me il 2010 non esiste. Però mi dicono che esiste davvero. Buone cose.

mh?

Un souvenir scagliato in faccia e il sangue. Un saluto a favore di fotografi senza pulirsi il sangue dalla faccia. Non riesco a pensare al gesto, riesco a pensare solo alla vecchina sola in casa che si porta alla bocca il cucchiaio di minestra, e osservando le immagini per un secondo si blocca, col cucchiaio in mano, e si porta una mano al petto come fanno le vecchine quando si spaventano. Da una parte questo, dall’altra chili di editoriali, manifestazioni di solidarieta’ bipartisan e ragionevoli distinguo. Chi vince?