Gli sceneggiatori dell’ultimo film della Pixar – Monster University – hanno deciso di basare la storia su alcuni pilastri abusati della cultura cinematografica americana: confraternite universitarie, bullismo tra sfigati e popolari, l’ovvia evoluzione dei gruppi di nerd con l’apparecchio ai denti che inizialmente perdono e poi alla fine vincono sui fighi e palestrati e cattivi.

Quindi – a parte la grafica, e molte trovate come al solito strabilianti, come lo studente lumaca e la madre dai cinque occhi – hanno basato la storia su elementi tanto americani, solo americani. Come se fosse un film solo per gli americani. Dispiace, visti i precedenti che raccontavano storie dal contenuto universale (ci metto Up, su tutti). Mi verrebbe da sedermi di fronte ad uno degli sceneggiatori, prendergli la testa tra le mani e spiegargli che No, non siamo mica tutti americani, qua.

(E invece un film molto europeo che si consiglia è Un Sapore di Ruggine e Ossa)

Nella lista “posti che se non mi ci avessero portato, ancora non avrei visitato“, nel senso che rimandi ad un “poi” indefinito nel futuro che prima o poi arriverà, in questa lista dicevo, ora possiamo metterci pure Dublino.

Nei pisciatoi dei pub dei bagni maschili si usano i cubetti di ghiaccio – la funzione non ti è chiara, forse per attenuare lo smell? – e le ragazze del luogo si abbronzano artificialmente con una crema che le rende tutte arancioni. Ti viene da pensare alle proporzioni che si studiavano con la matematica della seconda media, e quindi ti viene da pensare che sotto molti aspetti, nel bene e nel male, le italiane stanno alle irlandesi come l’alitalia sta alla ryanair.

l’anno nuovo

Siccome possediamo cervelli forgiati dalle esperienze di gioventù, e in gioventù l’anno nuovo cominciava dopo le vacanze, e dopo le vacanze qualcosa era sempre cambiato, ora che non ci sono molte cose da cambiare, fai finta di cambiare qualcosa modificando – ancora abbronzato come sei – le immagini del desktop dei computer sotto mano, a casa e al lavoro. Attualmente sei impegnato a cercare un degno sostituto di questo.

summer13

Appena tornato a Brussèlle, sei consapevole che in una vita da expat, le pause della vacanza – per compensare – devono essere necessariamente molto local. E infatti è quello che hai fatto durante due settimane di salsedine. Solo che poi tutto il tempo lo hai trascorso con persone che per la vast majority sono nelle tue stesse condizioni – di delocalizzati intendo – chilometro più, chilometro meno.

Sei contento di come hai speso il tuo tempo, spendendolo male, ripetendo i gesti all’infinito, diventando un perdigiorno, diminuendo allegramente la stima di te stesso.

Ricominceresti domani.

Fossi una cassiera di una rosticceria o di una pasticceria o di una gelateria, particolarmente del Sud, particolarmente di quelle affollatissime ad agosto che devi lavorare velocissima, particolarmente di quelle affollatissime che ad agosto premi i pulsanti sulla cassa freneticamente per stare dietro alla massa di persone e ti si imperla di sudore il labbro superiore, fossi una di queste cassiere, a quelli che davanti alla cassa cominciano a perdere tempo con le cerimonie dell‘offro io, ma stai fermo che faccio io, ma non esiste faccio io, mentre intanto la fila dietro si allunga, fossi una di queste cassiere una volta ogni tanto impazzirei e giù mazzate con il cavatappi sulla testa da far schizzare il sangue fino al soffitto, tipo Cogne.

Le scarpe nuove e le borse le comprate per piacere a voi stesse. Cancellate la timidezza e la sostituite con un modo di fare spigliato che credete serva per stare meglio al mondo – e forse in effetti, serve.

Ma c’è la dolcezza, porcalamiseria, che certi occhi di maschi mettono davanti a tutto. E se solo sapeste quanto è fondamentale, forse passereste la vita a difendere la dose di dolcezza che vi è stata assegnata alla nascita. A sfuggire tutto ciò che la danneggia.

Non qualcosa di stucchevole o eclatante: basterebbe poterla intuire nello sguardo, nei modi di ascoltare e di parlare. Il semplice fatto di intuirla – per certi occhi – è irresistibile. E’ una promessa di cose buone a lungo termine.

Nei miei luoghi natii, oggi che ho occhi abbastanza maturi per capirlo, mi rendo conto di essere circondato da troppa bellezza, così tanta che squilibria l’esistenza e le opinioni.

Non una bellezza metafisica ma proprio una bellezza fisica e concreta. Non una bellezza generica ma proprio delle persone, delle cose e dei luoghi che mi circondano, da quando mi sveglio la mattina fino a quando la notte torno a casa.

Ci metto dentro tutto: la camera da letto in cui mi sveglio, la casa in cui vivo, fratelli e sorelle, cognate e amici che mi circondano, la strada che mi porta al mare, il mare e le gambe abbronzate delle sconosciute.

111222_n

In the modern age, basta una birra allo stesso tavolo, cinque minuti netti di parole scambiate distrattamente, un “da dove vieni cosa fai” per essere aggiunti il giorno dopo – come minimo – su Linkedin.

Quanta stanchezza a leggere della condanna di Abberlusconi. Quanta stanchezza ad ascoltare chi esulta, chi protesta, chi partorisce editoriali.  Come se ci fosse qualcosa da aggiungere, ti chiedi. Ma non su di lui: su tutto un popolo. E’ più grave – ti chiedi – una sentenza che condanna un singolo per un singolo reato, oppure il giudizio inequivocabile su di un popolo che lo ha tenuto a galla per vent’anni? E ci metti dentro sia quelli che lo idolatravano che quelli che si opponevano coi girotondi.

Epperò ti hanno fatto tenerezza i giornalisti, che conoscendo la data della sentenza, hanno cercato di allungare il più possibile il brodo del treno deragliato, del bus precipitato, per poi dimenticare tutto e buttarsi su abberlusconi. Sentenza che poi e’ arrivata con lo stesso ritardo del principinino di Inghilterra.

Il mio aereo per le vacanze decolla tra qualche ora, e quest’anno ci sono arrivato sfibrato e sui gomiti.

C’e’ voglia di masticare stecco di ghiaccioli, cenare fuori senza attendere che si liberi un tavolo, di plof nel mare scuro al tramonto, di addormentarmi di pomeriggio, di passeggiare scalzo sul pavimento di marmo, di darsi un appuntamento a dopo senza dirsi un orario preciso.