io c'ho sto pregiudizio fortissimo

Io c’ho questo pregiudizio fortissimo per il quale ogni volta che sento una notizia che arriva da Roma storco il naso. Perchè se una cosa succede a Empoli o a Trapani non esce nulla, ma se succede a Roma poi ci sono subito le prime pagine dei giornali. Adesso è la volta della «aggressione fascista» alla Sapienza, che ovviamente sta su tutte le prime pagine. Premesso che una percentuale di pirla che si prende a morsi in testa per questioni ideologiche esisterà sempre (purtroppo) a vedere tutti sti titoli dei giornali, ti viene la curiosità di sapere cosa è successo mai, alla Sapienza di Roma. Cosa è successo?

Niente, hanno spaccato un vetro ad una Hiundai e un paio di graffi nemmeno tanto gravi. Ecco cosa è successo. Uno pensa chissà che, e invece niente. Il povero fotografo arrivato lì non sapeva cosa fare, e allora ha fotografato la Hiundai col vetro rotto da tutte le angolazioni possibili. Ma davvero tutte le angolazioni possibili (uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette). Manco la macchina del ritrovamento di Aldo Moro. Al tizio col graffietto, invece, gli hanno fatto tutto un servizio fotografico che nemmeno una sposa viene immortalata tante volte sullo stesso insignificante particolare (uno, due, tre).

ma come minimo, proprio

Siamo tutti d’accordo che accoltellare un figlio perchè gay non è una bella cosa. Però sto benedetto figliolo non era soltanto gay, ma aveva pure lasciato gli studi per fare il modello. E non solo aveva deciso di fare il modello, ma dopo mesi di foto spedite alle varie agenzie, per sua stessa ammissione “non aveva ancora ricevuto alcuna risposta”. Ora, suo padre non era un professore di semiologia, era solo un pregiudicato palermitano, e si fa a presto a dire che certe cose vanno risolte con il dialogo, ma se sei un pregiudicato palermitano incapace delle parole forse – non dico una coltellata – ma almeno cinque dita stampate sulla faccia ti vengono come minimo naturali.   

i coinquilini

I coinquilini mi invitano a vedere in tivvù un reality show del Paese Basso – c’ho ancora le borse della spesa mentre me lo chiedono – un reality show che non ho capito bene come funziona, ma pare che c’è uno che vomita nel letto dell’altro, oppure qualcosa del genere. Dico No, no, grazie, che io c’ho da guardarmi cose colte al computer. Loro mi dicono: ma stasera è la finale. Io dico Ecco Appunto, se proprio dovevo vederlo, dovevo cominciare dall’inizio, ma così che senso ha? Non credi – gli dico al mio coinquilino alto e atletico, eh, non credi? E intanto infilo l’insalata nel cassetto basso del frigorifero già sapendo che me la rovinerà ghicciandola tutta.     

Che poi l’ho già detto, tutti bravi ragazzi qua dentro, al limite sono io che faccio sempre lo schivo. Che faccio sempre il solitario.        

Solo non capisco l’Equina, la mia vicina di camera con cui divido il bagno: perchè mi lava sempre il tappetino del bagno? Voglio dire: è solo un tappetino da bagno. Non è vicino al cesso (qui il cesso non è nel bagno, il cesso è nella stanza del cesso) il tappetino sta semplicemente lì sotto il lavandino. Non è che ci piscio sopra, capiamoci. Non ci piscio sopra, cara Equina, e allora mi spieghi perchè lo lavi ogni santa settimana? Non è sporco, e in quel bagno ci stiamo pochissimo, e tu ci stai molto più di me, e non è sporco: perchè lo lavi sempre? Voglio dire: se fai così poi mi sento sporco. E io non sono sporco.      

Il tuo uomo, al limite, con le firme nel cesso in stile Rudy l’Ivoriano, potremmo parlare di lui. Ecco allora, come la mettiamo con lui? Proprio tu, che c’hai le tue collanine di perle e il tuo lampadario di plastica a forma di lampadario ottocentesco di cristallo. Non so se rendo l’idea, quel tipo di lampadari principeschi da castello, solo più piccolo e di plastica. Tu con i tuoi tacchi perenni e il tappetino del bagno pulitissimo, poi c’hai il ragazzo che lascia le firme in stile Rudy l’Ivoriano.

poi io ogni tanto

Poi io ogni tanto non dormo. Dovrei dormire e non dormo. Sveglio ancora alle tre del mattino, decido di mettermi a sedere sul letto per calmare il nervosismo che non sto dormendo, e il nervosismo non riesco a calmarlo. Oggi poi avevo cose importanti da fare, e proprio per quello non ho dormito. Perchè il mio corpo spesso si ribella, sa che ho biosogno di lui, e si ribella. Maledetto. 

Poi ci sono certe giornate che nemmeno te ne rendi conto, ma potrebbero cambiare il corso delle cose di tutta una vita. Per esempio oggi era un giorno di quelli. Hai passato una vita a dare importanza a cose da nulla, a farti venire il batticuore per cose da nulla, tipo – per fare un esempio – il giorno della laurea o del primo dente caduto, e poi invece i giorni importanti sono altri. Un mercoledì qualsiasi con le nuvole e poco traffico, era un giorno importante. Te ne dimenticherai. Eppoi, che ne sapevi, tu. Non ne sei nemmeno cosciente, ma i giorni importanti sono altri, e ci arrivi con molto meno batticuore di quanto sarebbe adatto, oppure – al massimo – mordicchiandoti la pelle di un dito. 

Questa la sigla di chiusura di stasera, costruita appena oggi dall’amica Xxxna «perchè non aveva tanta voglia di studiare».

il fatto è che mi ostino

Il fatto è che mi ostino a considerare ogni essere umano che incontro come un entità complessa. Tutti nessuno escluso. Sei un essere umano? E allora per quanto mi riguarda sei un qualcosa di complesso. E mi devi dare risposte complesse. E devi fornirmi input complessi. Vuoi fare il cazzone? Vogliamo andare a rilassarci? Va bene, però devi farmi comunque intravedere la tua complessità. Devo intravedere l’ironia e la capacità di riflettere, sennò mi deludi e ci metto tre secondi a fare partire il primo sbadiglio. E poi il secondo. E poi il terzo.   

Non so se mi spiego. Va bene non mi spiego.   

Allora, facciamo un esempio, poniamo che io stia parlando con te, essere umano – magari stiamo parlando di cose di pochissima importanza, futilità amene, stiamo parlando di quello che vuoi – ma io purtroppo anche in questi casi devo percepire il tuo cervello che in qualche modo scoppietta, sbrilluccica. Se non tiri fuori niente dal cappello, una battuta fra le righe, un minimo segno che mi faccia intuire le tue capacità di analisi, io non ce la posso fare. Basta anche un movimento degli occhi a sottolineare il passaggio di una frase. Guarda, credimi, ci posso mettere tutta la buona volontà di questo mondo, ma non ce la faccio: mi annoio. Purtroppo sono nato con questa devianza, c’ho sto problema che la comunicazione per me è estremamente importante. Ti pare che c’avrei un blogghe se non c’avessi sto problema della comunicazione? Ne fare i benissimo a meno. E invece No, cosa ci posso fare, mi annoio. Ma proprio sbadiglio. A piena bocca. Con le lacrime agli occhi. E mi dispiace pure, perchè non vorrei farlo. Ma se voglio avere a che fare con esseri semplici,allora  vado dagli animali. Io ho vissuto gran parte della mia vita con gli animali. Guarda, credimi, li amo. Ho passato giornate intere ad osservare le anatre in solitudine. Tante bellissime storie da raccontare. Ma se c’ho davanti una persona, poi ci sono determinate aspettative che non riesco a sopprimere. E mi dispiace. E succede che mi annoio. E mi dispiace. 

– Razzista, ecco cosa sei.    
– Non lo escludo. Anzi sai cosa?
– Cosa.
– Direi meglio Autosufficiente.
– Ma questa non è un’offesa.  
Dipende dalla gravità dell’autosufficienza. La mia è una forma gravissima. 
E supponente, anche.   
– Non esageriamo. 
Che poi, tu cosa offri in cambio?  
Mah, guarda: pochissimo, sono antipatico e intrattabile. 
– E allora? E allora niente. 
– Dove vuoi arrivare? 
– Ma che ne so. 
– Cosa scrivi a fare, allora?  
– E me lo chiedo pure io certe volte.      

Sfogo che finisce qui.

adesso piove ed hanno anche aperto le finestre

Adesso piove ed hanno aperto anche le finestre. Ma poco fa non si respirava. Sono dieci giorni che qui non si respira, piú o meno da quando ha iniziato a fare piú caldo. Il mio vicino di tavolo, uno studente francese che è qui per un tirocinio, ogni giorno verso le due del pomeriggio comincia ad emanare puzzo di sudore. Ogni giorno verso le due di pomeriggio. Non è che posso girare la sedia – ce l’ho ad un metro e trenta di distanza – e dirgli simpaticamente che puzza. Non sta bene, non è simpatico. Voglio dire, con amici cari e parenti potrei farlo, ma con lui proprio No. È giá timidissimo di suo, bofonchia le parole e inframezza le frasi con lunghissimi Eeeee, Oooooo che tra l’altro, trattandosi di un francese, non sono da intendersi come i nostri Eeee, Ooooo, ma un po’ diversi, perchè sapete che i francesi c’hanno ste vocali che stanno lì nel mezzo, non sono proprio come le nostre, sono degli ibridi che vai a capire come si scrivono, dovendole scrivere.    

Ma dicevo, è troppo timido, e se gli faccio notare una cosa del genere io giá me lo vedo che muore sulla sedia. Io giá me lo vedo che mi arrossisce tutto e poi mi esplode davanti preceduto da una serie di Eeeeee, Oooooo che ho giá detto non so come si scrivono, insomma avete capito, quelle vocali lá.       

La collega mi ha raccontato che il capo ha percepito il puzzo, mentre passava da queste parti, ma ancora non ha identificato il responsabile. Quindi adesso c’ho pure sto problema che devo fare capire a tutti che non sono io, l’emanatore di puzzo delle due del pomeriggio. La collega giá lo sa, spero che sparga la voce. Nel frattempo, per evitare fraintendimenti, quando vedo qualcuno avvicinarsi al mio tavolo diretto verso di me, io balzo in piedi e mi allontano, così se proprio vogliono parlarmi devono farlo in una zona neutrale esente dal puzzo, dove io magari mi avvicino il piú possibile per fare capire che, insomma, non sono io che puzzo.          

A proposito, questa è vecchia di due anni, la fanno anche in Italia? Fa ridere anche alla seconda visione, e mica è poco.  

ogni scarrafone

Scrivere, la scrittura – e di conseguenza la lettura – sono fra le cose che mi interessano di piú. Ne avevo parlato anche ai tempi dell’anatema moccioso, no? Ecco, magari a leggere tutti questi accenti sbagliati si potrebbe benissimo dire il contrario. La colpa in realtá è delle tastiere straniere che non contemplano gli accenti e che facilitano questi errori. E comunque l’ordine esatto sarebbe l’inverso. Dovrei dire: leggere, la lettura – e di conseguenza la scrittura – sono fra le cose che mi interessano di piú. Il blogghe in un certo senso è un esercizio di stile continuo che serve a lubrificare il flusso, a mantenerlo liscio e sbrilluccicoso come piace a me. Ma questa è un’altra storia.   

Dicevo, scrivere.  

Quante righe servono per giudicare male uno scritto? Credevo fosse un’operazione complicata dove ti devi armare del miglior oggettività possibile. E invece No. Per giudicare uno scritto bastavano davvero poche righe. Io non ci credevo, e invece.     

In questi giorni la Repubblica ha lanciato un’offerta chiamata ilMioLibro.it, dove chiunque può farsi stampare la sua operetta (dal libro di cucina al romanzo nel cassetto, annunciano). I romanzi nel cassetto fanno la parte del leone, a quanto pare. Io consiglio vivamente di farci un giro, si possono scaricare le anteprime dei libri in pdf e leggere le prime pagine. Facciamo a meno dei giudizi. Facciamo che copio e incollo qualche titolo e poi le anteprime – se proprio vi interessa l’argomento- ve le leggete voi. Io per una volta mi sento come Nanni Moretti e mi viene da urlare che le parole sono importanti, che le parole sono importanti, che insomma, per diamine, le parole sono importanti.

Per esempio. Per esempio. O per esempio.

basta pasta

Io lo ripeto sempre ai miei coinquilini: da quello che vedo da qui dell’Italia, da tutti gli stereotipi che circolano da queste parti, da quello che voi credete che sia l’Italia, dai vostri piatti di merda a forma di spaghetti che consumate tagliando il tutto con forchetta e coltello, dalla radio che quando manda canzoni italiane, manda il peggio del peggio, tipo canzoni Bocelliane mai sentite prima, ecco, se io fossi olandese, da quello che posso vedere da qui dell’Italia sicuramente l’Italia mi farebbe orrore, penserei mioddio l’Italia che orrore, non voglio avere niente a che fare con gli Italiani. 

Sta cosa volevo scriverla sul blogghe da tempo, ma avevo paura di non rendere bene l’idea di quello che volevo dire, e non volevo che poi passasse il concetto sbagliato. Poi oggi pomeriggio, passeggiando per Amsterdam – io e la Signorina – abbiamo incontrato questo camioncino dei gelati, ed io ho detto alla Signorina per favore fai una foto, per favore, cerca di prendere anche quel “MassiNo Ranieri” se puoi, che sto baraccone condensa tutto il mio rigurgito in pochi metri quadrati, che stavolta forse riesco a farla passare, quell’idea che c’avevo in testa e che non ero certo di riuscire a farla passare.   

No, dico, l’ho fatta passare?

(clicca per ingrandire)

decisioni prese in fretta

Micheal, uno studente americano di 17 anni, ha deciso di diventare una donna. La scuola lo vuole punire e allora i suoi compagni di scuola per solidarietá decidono di travestirsi tutti da donne. Bello. Commovente. Una buona notizia.  Micheal si infila la gonna, si annoda le perline verdi attorno al collo, e drammaticamente dimentica le sopracciglia.

apriamo la busta

Quindi il vincitore è “gatti ghey” che certamente non partiva fra i favoriti. Onore al merito.  Per il resto il premio della critica viene assegnato al genio sopraffino creatore di:

"come convincere la mamma della propria ragazza a farla salire con me con lo scooter?"  

Permettetemi di spendere due parole su questo capolavoro. In questa domanda, e nella sua grammatica contorta c’è tutta l’ansia del suo creatore, che dapprima parte ponendo la domanda in modo impersonale “la mamma della propria ragazza” e cioè un riferimento generico, e poi subito dopo vira verso il personale, lo specifico “a salire con me sullo scooter”. C’ è il genio e la frenesia di colui che non riesce a nascondere dietro la grammatica i desideri piú pungenti, non riesce a tenerli a freno e deve farli uscire fuori. Questa mescolanza di impersonale/personale potrebbe far pensare che l’autore desideri far salire sul suo scooter tutte le mamme del mondo, ma è chiaro che il suo obiettivo è preciso, è una mamma in particolare. Ah, l’audacia. 

Questo per quanto riguarda la forma. Per quanto riguarda invece la sostanza, il desiderio in se’ ha qualcosa di romantico e truzzo allo stesso tempo. Far salire “lei” sullo scooter. C’ è tutto un mondo dietro, e questo lo si capisce nella tua fase di vita da pischello. Se riesci a farla salire sullo scooter con te, è fatta. Poi tutto il resto viene dopo,  è automatico. Però siccome qui stiamo parlando di genio, il genio va oltre il prevedibile e aspira addirittura a portare la mamma della sua ragazza con lui (grammaticalmente ciò non è chiaro, dobbiamo solo supporlo attraverso la licenza poetica personale/impersonale), per portarla chissá dove. Dove la vuoi portare? Eh, ce lo dici dove? Vuoi fare le impennate con una mamma seduta dietro? E poi perchè chiedi consiglio a Google? Ci hai giá provato e le tue motivazioni non sono state sufficienti? Eh? E cosa ti credevi di trovare: un manuale dettagliato su come riuscire a convincere le mamme  a venire con te sullo scooter?

Grandissimo genio che non sei altro.

april nominees

Va bene, ammetto di avere giá la mia preferita in mente. Farò comunque finta di nulla per evitare di influenzare il voto della giuria. Le nomination tra le chiavi di ricerca del mese aprile 2008 sono le seguenti:  

– vasco trans      (*)
– basta cristina d’avena      (*)
– come convincere la mamma della propria ragazza a farla salire con me con lo scooter?   (*)
– modi per infilare i lacci nelle scarpe   
(*)
– gatti ghey    (*)
mi piace spiare mio cugino mentre piscia     (*)
– power point sentimentali     (*)
– roberto saviano cazzo     
(*)
– sposto il blog nel burundi    
(*)

Le urne sono aperte.

normale sarai tu

A Verona un ragazzo è stato preso a calci sulla nuca per aver rifiutato di offrire una sigaretta. Adesso è in coma. Non si conoscono ancora i responsabili – certamente prima o poi verranno fuori – ma il giorno che li troveranno si metteranno a discutere su come punirli, quanti anni e quante attenuanti e quante aggravanti.    

A me non importa nulla se quando li acchiappano decidono di dare tre oppure quindici anni. Un anno oppure cento. Non me ne frega niente. Questo è un dettaglio irrilevante. Il punto è: quelli erano in gruppo e hanno ridotto in coma un ragazzo solo per una sigaretta. Nessuno di loro si è pentito e si è presentato alla polizia. La polizia dichiara che gli aggressori erano ragazzi «normali, cioé senza simboli che possano richiamare gruppi estremistici». Allora sapete cosa? Normali una cippa.     

Vi pare sempre tanto scontato puntare il dito verso il fascista con la testa rasata, che picchia perchè è un fascista, o contro l’autonomo dei centri sociali che distrugge perchè viene dai centri sociali, o contro il rumeno che ruba perchè cosa vuoi che faccia, tanto è un rumeno. Se invece adesso sono dei «ragazzi normali» a fracassare il cranio ai passanti, allora io voglio che si faccia anche per loro una bella analisi approfondita. Li dovete prendere – e tanto prima o poi li prendete – ma poi quando li trovate voglio sapere tutto. Tutto, capito? Che tipo di musica ascoltano? Come vestono? Vestono «normali»? In che senso «normali»? Vestono firmato oppure No? Indossano occhiali da sole griffati? Datemi il nome. Scrivetelo dove tutti possano leggerlo. E che musica ascoltano? Perquisite le loro camere da letto: leggono libri? Sì oppure No? Io voglio sapere tutto. Come andavano a scuola? Che aspetto hanno le loro fidanzate? Quelle presenti e quelle attuali: ditemi tutto. Vanno in giro coi tacchi? Senza tacchi? Con le meches ai capelli? Senza? Truccate o al naturale?      

Io voglio che si dia una forma dettagliata a questa «normalità» che riesce a fracassare un cranio.          

Come trascorrono le serate? Vanno in giro a fare cosa? Esattamente cosa? La sera se ne vanno a teatro, a passeggiare per le vie del centro, vanno in discoteca: dove vanno? E che livello di istruzione hanno? Dobbiamo prendere appunti, dobbiamo scrivere tutto. Cosa guardano in televisione? Quali sono i film che apprezzano? Votano alle elezioni? E chi votano? Scriviamo tutto, registriamo tutto, porca miseria.          

Che tanto lo sappiamo bene come agiscono questi personaggi, ogni cosa la fanno in branco. E allora succede che le cose che piacciono ad uno, piacciono per forza a tutti. Allora io voglio sapere quali sono queste cose, e dovete andare in giro a pubblicizzarle, tutti devono sapere che tipo di gente è, quella che si veste in un certo modo, che frequenta certi posti, e che vota certi personaggi, che voi chiamate «normali». Comprano le suonerie per il cellulare oppure No?