luttazzi e il buco del culo

Nel suo intervento a RaiPerUnaNotte, Luttazzi con la sua metafora del buco del culo ha chiarito una serie di cose:

– Che in fondo é giusto che non abbia un programma in Rai.

– Che se gia’ ti hanno mandato giustamente via dalla Rai perche’ parlavi di merda in bocca in modo gratuito (cioe’ citando la merda in bocca a casaccio, senza nessun legame con quello che stavi dicendo) e ora torni in una pseudo manifestazione Rai con la metafora del buco del culo, hai dei grossi problemi di creativita’.

– Che le metafore in primo luogo devono reggere, devono far arrivare un concetto, e se uno un minimo conosce l’Italia di oggi (un minimo) sa che la metafora del buco del culo non regge sotto nessun punto di vista.

– In altre parole, la metafora del buco del culo vorrebbe significare che l’elettorato vota in un certo modo perche’ é masochista. Questo é oggettivamente falso da qualsiasi punto di vista. Dunque ne consegue che la sua voglia di recitare la metafora del buco del culo era piu’ forte della verita’, o piu’ forte della rilevanza della metafora stessa. Ma questa non é una novita’.  

– Che la gente applaude comunque.

– Che la gente ride a prescindere. Luttazzi dice "quando fai sesso anale con la tua ragazza" la gente ride. Non e’ una battuta. Quella arriva dopo. La gente ride gia’ sul preambolo. Come i bambini che disegnano cazzi sui banchi di scuola.

– Che se pure la metafora del buco del culo fosse stata una cosa da sbellicarsi dalle risate, se pure fosse stata la trovata comica piu’ geniale degli ultimi 150 anni (cit.), anche in quel caso la conclusione sarebbe uguale: e cioe’, di persone come Luttazzi, nella comunicazione di oggi, nel disastro di oggi, non ce n’é bisogno. Servono a far applaudire chi é gia’ convinto delle sue idee, e a fornire motivazioni ulteriori a quelli che sono dall’altra parte. Non fa riflettere (non é che debba per forza, eh), ma parla di odio come se é di questo che la gente avesse bisogno. Polarizza e distanzia le posizioni, che é esattamente l’opposto di quello che serve.

– Che a proposito di satira, fa rimpiangere ogni giorno che passa quel gigante di Corrado Guzzanti. A confronto col tizio della merda e del culo, un gigante. Centinaia di metri piu’ in su, che se rivolgesse lo sguardo in basso non lo vedrebbe nemmeno. Vedrebbe forse un puntino che che pigola con voce nasale “merda merda culo mestruazioni!”. Una persona con delle intuizioni incredibili che non ha mai, mai, campato di rendita. Un gigante.

ultras

Nel video qui sotto c’e’ una giornalista che molto educatamente e puntigliosamente chiede abberlusconi della sentenza Mills. E c’e’ pure abberlusconi che molto educatamente se ne fotte della domanda e se ne esce con risposte evasive come piace a lui. Quella ripete la domanda cercando di tornare al punto senza successo. Lo metto qui sto video, ma tanto gia’ lo so che comunque un giorno si ricorderanno questi tempi come un’era buia dove i giornalisti non avevano la schiena dritta di fare le domande giuste ai potenti, mentre solo alcuni partigiani – come il folle Carlomagno per esempio – riuscivano a rompere il muro dell’omerta’ mafiosa e informare veramente la ggente.
   

 

impressioni dal mio recente viaggio in italia #2

L’applauso scatta all’atterraggio di un volo Paese Basso-Roma, sia all’andata che al ritorno. Si trattava di un low cost.

Due ulteriori prove a supporto della teoria dell’applauso (e cioé: gli applausi solo in voli con un estremo in Italia e/o su voli low cost). Adesso ci sarà da capire se ci sono applausi anche su voli low cost fuori dall’Italia o su voli con estremo in Italia ma non low cost. Se gli applausi si verificano in entrambe le situazioni, allora vuol dire che i due fattori sono cumulabili per un applauso più convinto. Da cui se ne deduce che Italia e "low cost" hanno qualcosa in comune che al momento mi sfugge.

gli italiani quando li incontri

Gli italiani quando li incontri in gruppo non essendoci più abituato, hanno gli occhi dolci da volpe. Dolci, ma pur sempre da volpe. Li guardi in faccia e di colpo ti ricordi tutto, da dove vieni e con chi hai vissuto fino a qualche anno fa. Ti ricordi di quella signora che in cucina preparava il cenone di capodanno con le amiche, seminando battute truci e poi guardando gli altri negli occhi per vedere se ridevano, che è una cosa tantissimo italiana. L’italiano ha un sapore particolarissimo, solo che fino a quando ne sei circondato non puoi conoscerlo. Queste stature medie, questi capelli scuri oppure tinti, e questi cappottoni da Alaska quando non serve. Il trucco delle ragazze. Le bestemmie. E la sensazione, quando ti ci trovi in mezzo, di essere dentro una gita scolastica. Tu che quando le gite scolastiche le facevi credevi che quell’atmosfera fosse dovuta all’età; son dovuti passare vent’anni per capire che non c’entra l’età. Non c’entra niente.

Al No B Day di Amsterdam ci sono poi passato. Tardi ma ci sono passato. Mi ha fatto piacere vedere che non ci fossero speciali bellicismi da parte dei presenti. Tutto tranquillo. I giapponesi facevano le foto. Cantavano Bella Ciao, sti ragazzini – ché di ragazzini per lo più si trattava – e vai a capirne il motivo. Ogni motivo che provo a darmi non mi da pace. E lo cantavano tutti assieme, non è che prendo l’estremo per ridicolizzare il gruppo. Tutti assieme. Rimane il fatto che non si migliora se governa uno oppure un altro, ma si migliora solo se si evitano fazioni di ultras, e se si ha la pazienza, dopo una giornata a cantare Bella Ciao che non c’entra nulla, di leggersi i giornali pure nelle pagine di Economia, o interessarsi ai riassunti dei disegni di legge, facendolo senza pregiudizio e con tranquillità. Qualcuno lo farà anche, ma in quella allegria caciarona ci ho anche rivisto i miei compagni di scuola delle occupazioni, così felici di urlare al corteo, così sbadiglianti quando arrivavo con le fotocopie del decreto da leggere almeno una volta per capire di che cosa si trattava quella legge che portavano in giro scritta sugli striscioni. E c’è sempre tanta tanta confusione, in quella che viene vista come la parte positiva del Paese, e invece è sempre la stessa sotto diverse bandiere (a volte sempre le stesse) che si muove tra la consapevolezza di alcuni e la tanta confusione di altri. Tantissima confusione. Quando ieri al No B Day di Amsterdam qualcuno ha urlato che il povero Cucchi, fosse stato ancora vivo, sarebbe venuto anche lui, pare che nessuno abbia alzato la voce per lanciare un vaffanculo da spaccarsi le tonsille.

trasposizione della responsabilita'

Continuo a scervellarmi leggendo le storie della GenerazionePerduta su Repubblica.it. Sono interessatissimo ai percorsi di sti personaggi che hanno lasciato la loro testimonianza quanto a esperienze lavorative. Fa parte della mia mania delle biografie, ne leggo sempre (e per questo sempre sia benedetta wikipedia nell’alto dei cieli). Siccome sono tantissime, ste testimonianze – 1700 in questo momento – non si puo’ fare una generalizzazione, pero’ ho letto tante storie che hanno tutte un punto in comune, che io chiamo oggi (magari domani ci cambio il nome) “trasposizione della responsabilita’”.   

Ovvero. 

C’é di solito in queste storie un ragazzo PincoPallo che si mette a studiare Lettere Moderne (o Psicologia, o Archeologia, o Comunicazione, o Architettura). Pinco Pallo prima di studiare Lettere Moderne potrebbe aver fatto una ricerca per capire se studiare Lettere Moderne servira’ a trovare un lavoro. Lo ha fatto? Si? Allora studia ugualmente e accetta il rischio. No? Be’, se non lo dovesse poi trovare, é responsabilita’sua che non si é informato prima. Pinco Pallo si laurea con 110 e lode e trova lavoro solo come cameriere a 3 euro l’ora per 4 ore alla settimana in un bar della periferia dove i vecchi vanno a bere l’amaro dopo pranzo. Non puo’ andare a vivere da solo. Si incazza contro il suo Paese di merda che non gli garantisce un lavoro nonostante la sua cultura derivante da 4 anni di sottolineature di testi universitari.   

Prima domanda: se esistesse un corso di laurea in Robbie Williams (per diventare come Robbie Williams, per intenderci) e io lo frequentassi e mi ci laureassi pure – se poi non dovessi diventare ricco e famoso e rockstar con le fan che mi aspettano nel letto – poi me la dovrei prendere con il mio Paese?    

Pinco Pallo dice: ho la laurea, non il lavoro. La colpa é del Paese. Di Berlusconi. Di un sistema marcio e oscurantista che non apprezza la mia cultura. O forse – e qui viene il bello – la mia cultura non é abbastanza. Allora mi iscrivo alla specialistica in editoria, dai. Due anni di editoria. Avra’ Pinco Pallo fatto una ricerca per capire se una specialistica in Editoria serve a trovare un lavoro oppure No? Stesse risposte di prima. Quando Pinco Pallo sara’ laureato in Editoria, dira’ “Ho due lauree, e non trovo lavoro”. Tradotto: adesso ho DUE motivi per dire che il mio Paese é una merda. Due motivi is megl che one. Dunque Pinco Pallo continuera’ a lavorare nel baretto decrepito, pero’ la sua coscienza avra’ 2 motivi (piuttosto che 1) per autocommiserarsi e credere di essere nel giusto. Guardarsi attorno per capire quali lavori servono, ancora No. Per questo si iscrivera’ ad un Master di Conservazione dei Beni Archeologici. Poi dopo averlo finito fara’ uno stage non pagato per 6 mesi in una biblioteca pubblica a fare fotocopie e cambiare il nastro delle telecamere di sicurezza.

Dopo il primo motivo per dire che il suo Paese é una merda, adesso ne ha due, tre, quattro etc (specializzazioni, master, stages, etc.). Dopo aver detto che il Paese é una merda, dira’ pure che é tutto un magna magna perche’ trovano un vero lavoro solo i raccomandati. Come sappiamo questo é in larga parte vero. Solo che Pinco Pallo, oltre a ripetere cio’ come un mantra (raccomandati, raccomandati!!) non agira’ di conseguenza. Lui la raccomandazione non ce l’ha, eppure continua a farsi calpestare da raccomandati. Piuttosto che imparare la lezione, persevera e persevera. Concorsi di dottorato tanto per farsi dire di No e poi lamentarsi con la mamma. Accumula ulteriori motivi per dire che lui é nel giusto, mentre é il resto del mondo ad essere una merda. Non posso pagarmi l’affitto che il paese é una merda, non posso farmi una famiglia che il paese una merda. Trasposizione della responsabilita’, appunto. O giustificazionismo. Che non ti sazia se hai fame, non ti riscalda se hai freddo, ma consola la coscienza. Tantissimo.   

E invece ad essere cinici si chiama pure Rigurgito Di Selezione Naturale. Millenni fa c’erano due uomini delle caverne stupiti di fronte alla prima fiammata. Uno di loro mette la mano sul fuoco, si scotta, urla (guardalo, pare na scimmia!) ma poi la mano sul fuoco non la mette piu’. L’altro vede il compare urlare, se ne frega e ci mette la mano ugualmente. Si scotta pure lui, ma insiste. Insiste e insiste. Muore carbonizzato. Noi discendiamo dal primo, il secondo ha fatto crescere gli alberi.

Testimonianza no.1405 (Disoccupato, 31 anni).

Laureato in filosofia con lode, dottorato di ricerca in filosofia fuori città e monografie, articoli e altre pubblicazioni. Conoscenza buona di inglese, tedesco e francese. Ora, da mesi attendo opportunità di proseguire le mie ricerche in ambito accademico; ma la crisi ha dimezzato ogni possibile assegno di ricerca o altro. Non contiamo poi le varie schifezze cha caratterizzano il mondo dell’Università. Altri lavori: nessuno. Nei licei graduatorie bloccate, nell’editoria niente di niente. E io cosa faccio? Come mi mantengo? Devo lavorare da cameriere o al call center con un dottorato di ricerca in filosofia e con monografie varie pubblicate? Tutti gli anni di abnegazione e di studio meritano questo? Non lo so, ditemi voi. Io so solo che sono amareggiato, triste e depresso, per quanto cerchi di convincermi ogni giorno a non mollare e a non perdere la speranza…ma è proprio dura!

prevenire meglio che curare

Nell’ ideale scala di avantissimi precursori del futuro, da queste parti – in quanto rifiutatori vecchia scuola di FB – siamo anche piú avanti di Bill Gates.

Resta il fatto che tutti sti personaggi – e pure i commentatori alla notizia – rilasciano dichiarazioni solenni raccontando perché e percome sarebbe secondo loro meglio lasciar perdere FB (“andate ad abbracciare i vostri amici, accarezzate i vostri gatti”) ma nessuno di loro si chiede come mai ci sono entrati, in FB, pur non avendone mai avuto bisogno.  

Tifoso laziale ucciso tifoso laziale ucciso tifoso laziale tifoso tifoso

E mi ripeto. Insistono ancora e ancora col “tifoso”. Lo scrivono tutti. Ma fatemi capire: stava tifando, quando lo hanno ucciso? No. Faceva a botte con altri ragazzi sul ciglio di un autostrada. Scappava via da una rissa. É tifo, questo? Non é tifo. Ma allora perché insistere col “tifoso”? Andava alla partita. E cosa c’ entra?

Perché i morti semplici non ci piacciono. Non fanno rumore.Ci piacciono invece i morti martiri che poi c’é tutto un gruppo dietro che si incazza si autofomenta e a distanza di anni fa le cerimonie e grida ve la faremo pagare. Dovessero un giorno – speriamo di no – uccidermi in autostrada, vorrei che i giornali parlassero di me come mangiatore di biscotti al cioccolato e rosicchiatore compulsivo di unghie. Come gesto di pace, proprio.   

Dicono che la foto della donna con il dito medio



Dicono che la foto della donna con il dito medio alzato di fronte ad Ahmadinejad sia da considerarsi un simbolo. Questa foto sarebbe un simbolo anche se tutti sanno che si tratta di un fotomontaggio. Per quanto ne sappiamo – essendo un fotomontaggio – quella donna potrebbe essere anche una sostenitrice accanita del presidente iraniano. Potrebbe essere anche sua sorella, per quanto ne sappiamo, scesa in piazza per applaudirlo, altro che protesta. Ma che ce ne frega dei dettagli, noi vogliamo solo i simboli. Che a noi non ci servono i dettagli, a noi ci interessano i simboli, che poi ci dobbiamo stampare i poster e pubblicare i libri. Serve per fare confronti che non c’entrano nulla con piazza Tienanmen. Quello intanto é un fotomontaggio, e questa é l’informazione di oggi. Dicono che la foto é un simbolo? Mah, forse hanno pure ragione. É un fake, simbolo di questo eccitarsi immotivato del mondo di internet. Che si eccita e si affloscia come cani pavloviani dalle ghiandole salivari ipertrofiche. Questo mondo di polistirolo di gruppi di FB che raggiungono le totmila adesioni e poi alla fine non concludono nulla, della vacuità dei siti di controinformazione e dell’associazionismo virtuale armato di keybords.

a fare l'italiano

A fare l’Italiano in Italia, puoi anche schifare Sanremo. A fare l’italiano all’estero, Sanremo invece va visto, almeno un poco, pensavi l’altro giorno mentre di fatto Sanremo non lo avevi visto per niente. Sono i particolari, che visti da qui, in questo luogo civile eppure di barbari (ché sempre barbari sono,eh) sti particolari insomma, balzano agli occhi. Come la giacca di tessuto pregiato del presentatore che scende perfetta sul polsino della camicia bianca, per esempio. Questo è un particolare, di cui ti accorgi come italiano all’estero. Gli occhi ti si sono abituati ai barbari in felpino sdrucito, e allora ste cose le noti.     

A vedere Bonolis che suda nella cazzo di gag che prende l’amico suo e gli fa fare la parte del deficiente (Cosa dice? Venga! Dica! Fermiii!), o  prende qualcuno da pubblico e gli fa fare pure a lui la parte del deficiente (Cosa dice? Venga! Dica! Fermiii! Quantunque!) ti viene da immaginartelo fra trent’anni a continuare a fare ste cazzo di gag, e raccogliere comunque quei dodici milioni di telespettatori. E d’altra parte cosa vuoi dire cosa, se poi in fondo ha ragione lui.

e mica finisce qui, eh

«L’eccezione di un ambito chiuso dentro Internet che viene preferito a Internet, nei miei pensieri e’ destinato a essere superato domani. O cosi’ almeno intimamente spero. Ma non ditelo in giro.»


Questo quello che dice Mantellini su Facebook. Quanto a me, la mia battaglia inutile e solitaria non è certo finita. È solo che devo trovare cinque minuti per argomentare le mie considerazioni in modo circostanziato, anche se lasciarmi andare a sproloqui infondati e vaneggianti è comunque molto molto alta.

lucidissimo

Un anno di Olanda. Comunque vadano le cose in futuro, qui ci siamo fatti un anno di Olanda. Non ho moltissimi anni, e quindi un anno è tanto.        

Non disfo le valigie da un anno. Ho fatto quattro traslochi in un anno. Ormai trasloco così spesso che non ne parlo nemmeno sul blogghe. Mi porto appresso sempre un paio di mutande che non si sa mai. Le mutande, l’ombrello, un cavo Usb e chiavi di case diverse. Non uso piú il telefono cellulare. Arrivati a fine 2008, il cellulare lo dimentico a casa per giorni consecutivi.           

Nella mia nuova camera ho un telecomando per la televisione con l’adesivo di Leonardo di Caprio. Non guardo la televisione. Una settimana che ho cambiato casa, e ancora non ho acceso la televisione. Non guardo la tv. Non messaggio (dal verbo messaggiare) col telefono, non faccio uso di Facebook e in genere mi astengo dal chatta chatta dei tempi moderni. Non è una costrizione, il tempo mi passa così e forse il punto è che non sono figlio di questo tempo.       

Poi come ho detto, ognuno fa quello che vuole. Il mio coinquilino è quasi mio coetaneo, e trascorre le giornate a lanciare bombe in un videogioco di guerra. Fino a tarda notte. Se ad un figlio del nostro tempo ci togli i videogiochi, e Facebook, e il chatta chatta, e il telefono cellulare, e la televisione, nessuno può dirti che il risultato sia un figlio del nostro tempo migliore, forse piú stupido perchè si astiene da tutto sto divertissement che c’è in giro, e quindi resta lucidissimo. Pi vedi le cose del tuo Paese da lontano, le vedi meglio, le capisci meglio. Unisci i puntini e ti compare la figura.      

Ecco cosa sono dopo questo anno, sono lucidissimo.

io non ce la faccio

Io non ce la faccio. Io non ce l’ho il Facebook, va bene? Non ce l’ho e sono pure anni che cavalco sta cosa del blogghe, quindi internet diciamo che un po’ lo conosco. Ci sguazzo, dentro internet, da un po’. E quindi non sono uno che non sa di cosa parlo.     

Internet, io so di cosa parlo se mi metto a parlare di internet. Ma Facebook non ce l’ho. E non è che tutti sti Facebookkiani per me sono dei pazzi. Facebookkiani, vi rispetto. Accetto la vostra esistenza, fate quello che volete (a proposito, cosa fate con sto bendetto Facebook?) ma perfavore lasciatemi in pace quando vi rispondo che io Facebook non ce l’ho. Non ce l’ho. Provo a darmi una ragione per averlo, e non la trovo. La storia dei compagni di classe perduti per strada non regge. Per me è cosa buona e giusta che siano perduti per strada. Provo a focalizzare l’immagine di qualcuno di loro, invecchiata di quindici anni e penso: meno male, che esiste la strada, e che ci si può perdere, lungo la strada.     

Dopodichè, i contenuti. Io non lo so, ma alla fine internet è sempre quella cosa dove migliaia di blogghe nascono e muoiono e nel frattempo tra nascere e morire ci trovi solo canzoni copiate e incollate, o citazioni, o fotografie copiate e incollate o altre cose copiate e incollate. Oppure le mail a catena, dove uno si mette a costruire un power point simpatico (punto interrogativo) e poi centinaia e migliaia si inoltrano la mail piena di Fwd Fwd Fwd. Ora, già lo sappiamo che internet è uno strumento potente, così potente che dato in mano a gente poco potente, finisce inevitabilmente per essere povero di contenuti. Detto questo (si può negare?) la nascita di Facebook come fenomeno a propagazione mooolto più ampia dei blog, era largamente prevedibile.        

Io per esempio fra le chiavi di ricerca di sto blogghe, ci trovo da mesi sempre qualcuno che cerca su Google “cose carine da mettere sui blog”. Ogni mese. Ogni mese. Voglio dire, se c’è tanto bisogno di contenuti per riempire uno strumento potente, ecco che ti arriva Facebook, dove ci metti la faccia, non c’è bisogno di altro, e hai finito. Io esisto. Non so bene cosa dire, ma esisto. Eccomi qua.   

Poi alla scuola media, per esempio, c’erano quelli che sul diario copiavano compulsivamente le frasi di Jim Morrison. Io il nome Jim Morrison l’ho scoperto così, a undici anni. Oppure scrivevano (brivido lungo la schiena mentre ci ripenso) cose del tipo «come la barca lascia la scia/io ti lascio la firma mia». Solo io ce lo vedo la connessione fra tutte ste cose? Forse sì. Pazienza.        

Per sta cosa di Jim Morrison copiato compulsivamente, comunque, io poi Jim Morrison non l’ho mai potuto sopportare.

mi hai dato un gatto bianco con te non gioco più

Allora, è inutile che insistete, non è nero. Volete dire che è nero? Dite che è nero.

Ma tanto non è nero. Se quello è nero, allora io certe estati sono Puff Daddy. Dice: il primo presidente degli stati uniti di colore. Di che colore? Nero? Ma proprio per niente. Se vogliamo dire che è nero, allora dobbiamo anche dire che è bianco. Perchè è mezzo nero e mezzo bianco. Se oggi dici che è nero, se mi fai il titolo di giornale dicendo che è nero, allora il giorno dopo voglio il titolo di giornale che mi dice che è bianco. Dice: eppure pensavamo che il mondo non fosse preparato ad un presidente degli stati uniti nero. E infatti, non è preparato. Infatti non è nero. Se dico che è nero devo dire anche che è bianco. Per esempio, per essere coerente: quante volte ho detto nero in sto pezzo? Devo dire anche «bianco» un certo numero di volte, sennò sono fazioso. E dunque: bianco bianco bianco bianco bianco bianco. 

Credo che basti.

 

ai tempi del liceo

No, appunto dicevo, ai tempi del liceo feci una sola occupazione da vero partecipante. Avevo quattordici anni, e cosa vuoi dire ad uno che ha quattordici anni? Niente. Se intravedi la possibilitá di farti una notte di guardia davanti alla scuola, lo fai. Ma hai solo quattordici anni, c’è poco altro da aggiungere.  

Le ragazze del quinto anno ti portavano il caffè ed i cornetti alle sei di mattina, per “sostenere i valorosi guardiani notturni della scuola”. Bello.    

Poi a quindici anni giá mi accorsi di come stavano le cose e poco prima delle occupazioni prendevo il microfono in palestra per dire davanti a tutti: ecco insomma, se proprio vogliamo trovare una scusa per non venire a scuola, almeno cerchiamo di informarci un minimo, no? Invece i miei compagni non volevano venire a scuola e basta, i giornali non li leggevano e non potevano dire ai genitori: io oggi non ho voglia di andare a scuola. Io invece potevo, e allora montare tutto quel casino solo per saltare dieci giorni di scuola, mi pareva esagerato. Mi volevano morto.    

E si andava avanti così, negli anni “protestarono” per tutto: per le guerre, per le finanziarie, per le riforme, per il governo, per le bonifiche, per non cosa altro. Io lo so che un liceale è un cazzone, e che bisognerebbe lasciargli una certa libertá di essere cazzone, ma a me tutta sta farsa solo per farsi il giro in vespa al sole pareva un modo triste di svendere le idee. Del tipo: a quanto la vendi la tua idea sul mondo, sulla politica? Per me era come se ti stessero rispondendo: al prezzo di un giro in vespa. Tu dammi un giro in vespa di mattina ed io sono contro o a favore di tutto quello che vuoi. Poi dicono il voto di scambio. Poi dicono il clientelismo. Ste cose nascono quando non c’hai nemmeno un pelo di barba sulla faccia.     

Oppure era come se ti dicessero: non abbiamo nessuna idea. Qualsiasi prezzo è buono.      

E allora io il giorno della manifestazione contro il bombardamento in Jugoslavia, entravo a scuola da solo. Gli altri facevano due ore di corteo, oppure nessun corteo – spessissimo nessun corteo – e poi giro in vespa verso mare. Oppure a casa a dormire. Il punto era che la guerra in Jugoslavia mi dava fstidio per davvero, non mi andava di scambiarla con il giro in vespa a mare (che potevo fare quando volevo). E ci tenevo a dare una testimonianza – a me stesso – che a modo mio stavo celebrando la schifezza. Il prezzo da pagare era disegnare cerchietti con la matita sullo smalto verde del banco per cinque ore. Lo facevo. Se fossi stato al mini corteo pre-giro in Vespa al mare, nessuno avrebbe parlato della guerra in Jugoslavia, o della finanziaria, o di quello che era.       

Allora quando dicono che ci sono i licei occupati, i cortei di studenti delle superiori, sti numeri vanno presi con le pinze. Lì in mezzo ci sono pure quelli che ci credono, ma la massa non sará mai credibile. Un liceale farebbe di tutto per saltare un giorno di scuola. Un giorno di scuola saltato è una benedizione del cielo. C’ è gente che ha allagato la scuola per saltare un giorno di scuola. Saltare la scuola è bello, ti cambia l’umore, ti rinvigorisce. Non è certo una dimostrazione di impegno.


E’ come se dicessi che la guerra in Iraq mi fa così schifo, ma così schifo, mi fa così che guarda, addirittura adesso vi lascio tutti qui e mi vado a mangiare una pizza.

certe volte

Certe volte ci penso. Servirebbe una telecamera a seguirmi in questi giorni velocissimi. Una telecamera dietro a seguirmi mentre corro. Mi fermo, dico una cosa e poi corro. Ma proprio corro corro, non dico per dire. Corro.

Ho prurito alle mani e vorrei scrivere di sta protesta studentesca. Ma domani ho un esame ed è meglio di No. Io ai tempi della mia protesta studentesca mi volevano morto. Io a quei tempi c’avevo la mafia studentesca degli studenti protestatori liceali che mi voleva praticamente morto.  

Comunque, a vedere quello che succede in giro, è chiaro che bamboccioni si nasce, mica si diventa. E poi questi che chiedono soldi per l’università, ma io dico, ma state scherzando? Ma l’università è piena di baroni viscidi e affaristi oppure No? Di parenti e cugini e amanti oppure No? Perchè a me pareva di Sì. Cioè, si era detto di Sì, giusto? A me pareva di Sì.

Io avevo detto non avrei scritto di ste cose, non devo scriverne e basta.

qualcuno mi deve spiegare

Qualcuno mi deve spiegare il fine ultimo di tutte ste raccolte di firme pro Saviano. No, dico, quello rischia di zompare all’aria per la bomba e tu raccogli la firma. Oppure gli fai il club su Facebook.

Che poi, è chiaro che se raccogli 200.000 firme, il minimo che può fare Saviano è scrivere la lettera di ringraziamento. Ma in pratica, tutte ste firme, per uno che potrebbe essere ucciso da un momento all’altro, a cosa servono? Che forse Saviano dubitava dell’appoggio morale dei lettori di Repubblica.it? Improbabile. Che forse Saviano dubitava dell’appoggio del Presidente della Repubblica? Improbabile. Lui dubita solo di riuscire a diventare vecchio, perchè qualche camorrista potrebbe farlo saltare all’aria da un momento all’altro. E poi, cosa se ne fa delle firme pro-Saviano dei premi Nobel e di Nanni Moretti?

Come funziona con ste firme pro-Saviano? Che forse il camorrista bombarolo Ciro chiederà al compare camorrista Gennaro – mentre stanno maneggiando la bomba, prima di innescarla – se anche il premio Nobel Orhan Pamuk ha firmato? Se la Rita Levi Montalcini ha firmato? Insomma, qual’è esattamente l’influenza che può avere una firma di Gunter Grass sui bombaroli Ciro e Gennaro?

solo due cose

Solo due cose da aggiungere sui cellulari ultramoderni, come per esempio l’iPhone ma non necessariamente soltanto l’iPhone.

Mi si dice che ognuno i suoi soldi li spende come vuole. Questo è vero. Il punto è che le persone non spendono i soldi “come vogliono”, ma solo come vuole la pubblicitá. Voglio dire, cosa puoi fare con un iPhone che ti manca su un telefono normale? Puoi sfogliare le fotografie con il touch pad invece dei tasti, per fare un esempio. Lo so che c’è altro, ma è per fare un esempio. Non è che stai a casa tua e prima di sapere dell’esistenza dell’iPhone cominci a pensare “Oh, madonna vorrei sfogliare le foto con le dita invece di premere i pulsantini! Oh madonna, ne ho assoluto bisogno! Come posso andare avanti con questi miseri pulsantini?!? ”     

No.

Funziona che vedi la pubblicitá, e mentre affermi che la pubblicitá su di te non fa nessun effetto, in quel momento ti accorgi che hai proprio bisogno di sfogliare le foto con il touch pad invece dei pulsantini. La pubblicitá ti ha creato il bisogno che fino a cinque minuti prima non avevi. La pubblicitá ti fa vedere tante bellissime cose e improvvisamente ti accorgi che ne hai bisogno. Lo dico tranquillamente, non sono un extraterrestre, succede anche a me se cammino per negozi, è un impulso che devo spesso impegnarmi di frenare.          

E allora sapete cosa? Il benessere piú o meno tocca tutti, in questa parte di mondo. E allora avendoci soldi in tasca – e qualche soldo ce lo abbiamo tutti – davanti a tutte ste proposte, davanti a tutto sto superfluo hai due scelte: comprare o non comprare. E se decidi di comprare, hai fatto la scelta piú facile. Comprare è troppo facile. Io ci casco, a volte, e me ne rendo conto. Molto piú difficile e fermarsi e dire: non ne ho bisogno, non lo compro. Tutto attorno è costruito appositamente per farti credere a bisogni che invece non hai, ma se tu lasci perdere e passi avanti, hai vinto. È una cosa da niente che non cambia quasi niente, ma l’hai vinta.          

Non bisogna mai perdere di vista il tamarrone con la cinta e il fibbione di D&G. Noi in fondo siamo lui, ma con qualche sovrastruttura di contorno. Noi siamo lui, ma non lo sappiamo.

update: le ridicole petizioni per avere le tariffe piu’ convenienti.

perchè io valgo (più del mio telefono)

In Italia arriva l’iPhone. Tutti ne parlano. Le tariffe sono scandalose ma la gente sbava ugualmente per la cazzatina Mac. Io invece voglio fondare l’associazione Nokia low cost, ne potranno fare parte solo i possessori di telefono a prezzo minimo. Membri onorari saranno i possessori di un Nokia 3310 ancora funzionante. Il mio purtroppo è defunto da tempo, ma ho scovato un sostituto perfetto qui in Paese Basso pagato circa 19 euro. È bellissimo e ha certi pixeloni grossi e rozzi e quadrati come piacciono a me. E poi insomma va detto: un telefono che costa più di centocinquanta euro è volgare. E’ un gesto volgare comprarlo. Vuoi chiamarlo lusso? Non è nemmeno lusso, perchè più o meno un telefono da 500 euro se lo possono permettere (quasi) tutti. E’ un gesto volgare e basta.