appallottolare

Gli amici sarebbero secondo me quelle persone con le quali trascorri del tempo, costruisci dei ricordi, senza essere spinto da altro. Questo ‘altro’ sarebbe: le persone che frequenti perche’ hai bisogno di qualcuno con cui uscire (nelle fasi della vita in cui ti pare inconcepibile non uscire, e cacciare, e stancarsi ad uscire e cacciare); le persone che frequenti perche’ sono colleghi di lavoro e allora vabbe’, e’ un collega, dunque piu’ o meno un amico (non lo e’); le persone che frequenti perche’ si trovano in una fase della vita perfettamente combaciante con la tua, e quindi coppie di giovani coppie, oppure coppie di coppie coi bambini piccoli uguale, o grandi uguale. Eccetera.

Questi ‘altro’ prescindono da chi sei veramente tu e da chi sono veramente loro. Perche’ appunto c’e’ dell’altro a tenervi (momentaneamente) uniti. Se ci togli tutti questi ‘altro’ dovrebbe restarci l’amicizia.

A volte mi chiedo se esista veramente. Sospetto che esista quando penso alle persone che hanno voluto restare in contatto con me negli anni, nonostante i miei difetti e involontarie sgradevolezze. Ed io con loro. Ma poi sospetto anche che non esista, quando osservo cosa succede a queste latitudini, in questa mitteleuropa di persone che incontro molto meno di frequente di quanto frequenti persone a migliaia di chilometri di distanza. Perche’ sono persi negli impegni di lavoro, o di famiglia, o di altri interessi. Ma saranno il lavoro, la famiglia, gli altri interessi, oppure sono io? mi chiedo. E perche’ quelli a migliaia di chilometri non si fanno annullare dalle loro famiglie e lavori e interessi? C’e’ qualcosa nell’aria a queste latitudini che toglie la voglia di amicizia disinteressata e avulsa dalle contingenze? Oppure diventare adulti significa questo?

Non lo so.

Ma nel frattempo combatto contro l’aridita’ che queste considerazioni potrebbero provocare come difesa. E allora sono contento di rimanerci male, se investo del tempo nei rapporti che poi si rivelano sterili. Ha un sapore dolce, questo rimanerci male. Mi appallottolo questo sentimento nella testa, lo invio per posta immaginaria alle persone a cui voglio bene nonostante l’assenza e poi mi dico che se lo provo, allora vuol dire che sono ancora umano.