Il problema é che sto diventando scemo davanti ai computer, troppe ore al giorno, al lavoro e poi all’universitá, e poi quando torno a casa, e poi per studiare fino a tarda sera, per correggere le enormi cazzate scritte da persone che vai a capire perché riescano a frequentare l’universitá, e poi per telefonare, e poi per… allora cosa succede, succede che quando ho qualche minuto in cui posso evitarlo, di stare al computer, allora posso sedere sul letto guardando la finestra enorme della mia camera, quel minuto libero é bello, ed é bello perché lí fuori, mentre io sono immobile mani sulle ginocchia, non succede niente. Un monitor dove non succede nulla, dove le cose appaiono lontane, dove al massimo ci sono le nuvole, e un foglia… forse, la foglia, perché non é sicuro, piú spesso non c’é nemmeno la foglia, anzi non c’é proprio nulla, non riesci nemmeno ad indovinare se tira un filo di vento oppure No.
Archivio mensile:febbraio 2009
se il mio nuovo dottore
Se il mio nuovo dottore qui nel Paese Basso si lascia andare sulla poltrona, mi guarda in faccia e mi chiede: Italiano? E cosa fai qui: studi? Ecco, se mi chiede se sono qui a studiare, nonostante questa faccia deformata dal sonno mancante, allora vuol dire che non sono messo troppo male.
E la notte nel letto, ancora mi succede, e per fortuna mi succede, di dirmi Non Dormire! per continuare a leggere – giá assaporando la stanchezza improponibile del mattino seguente. Quando suona la sveglia mi ripeto che è improponibile, improponibile. La solitudine dei numeri primi ha un titolo insuperabile, e qualunque cosa ci fosse stata scritta in quel libro, il titolo sarebbe stato comunque piú bello. Sono due cose che mi restano da questo libro: la consapevolezza che le cose possono scriversi semplici – e andare bene lo stesso – e una considerazione su De Carlo che però sarebbe lunga da spiegare.
Il mio dottore pare una brava persona, ma si lecca il pollice in continuazione per sfogliare i moduli del sistema sanitario barbaro.
I ragazzi del camion della spazzatura sorridono mentre lanciano i sacchi di plastica nel camion. Vanno avanti, e quando li supero in auto, quelli ridono ancora.
Le avrei volute avere io, quando ero a Bologna, le biblioteche che chiudono alle tre di mattina.
É caduto un aereo a due passi da qui, in territorio Basso. Il cielo come si vede nelle foto é un cielo barbaro e assomiglia a certe pianure lombarde di inverno, per quanto le conosco poco e male, le pianure lombarde d’inverno.
La nuova abitudine di Febbraio 2009 é andare in mensa avendoci, nella tasca dei pantaloni, qualcosa stampato appositamente per essere letto durante il pranzo. Oggi era il turno di Chinaski e Galli Della Loggia.
per la prima volta
Per la prima volta quest’anno, due dei film che poi hanno vinto l’oscar, io li avevo giá visti. Tutto bello, nel The Millionaire, eh, tutto da vedere. Quanto a Milk, non lo so. E poi certo, bla bla bla, ma soprattutto ci sarebbe da chiedersi: chi ha corrotto David Mills?
Qui mi si additano gli accenti sbagliati, ma non so come spiegare che le tastiere barbare hanno le loro regole, che é inutile insistere, e alla fine un´accento sbagliato é sempre meglio di un apostrofo messo a fare la parte dell´accento. E comunque va benissimo l´ortografia, ma chi ha corrotto David Mills?
Non mi capacito del fatto che esista Wikipedia, che ci siano persone con sta pazienza di aggiornare le voci per le cose piú impensabili, tipo l’omosessualitá nei testimoni di geova, le parodie di Cappuccetto Rosso, i risvolti medici del personaggio Tafazzi, o l´imperdibile discussione su Carlo Conti (!!!!), per non parlare poi della domanda: chi ha corrotto David Mills?
(mai partecipato ad una catena prima di adesso, io)
a fare l'italiano
A fare l’Italiano in Italia, puoi anche schifare Sanremo. A fare l’italiano all’estero, Sanremo invece va visto, almeno un poco, pensavi l’altro giorno mentre di fatto Sanremo non lo avevi visto per niente. Sono i particolari, che visti da qui, in questo luogo civile eppure di barbari (ché sempre barbari sono,eh) sti particolari insomma, balzano agli occhi. Come la giacca di tessuto pregiato del presentatore che scende perfetta sul polsino della camicia bianca, per esempio. Questo è un particolare, di cui ti accorgi come italiano all’estero. Gli occhi ti si sono abituati ai barbari in felpino sdrucito, e allora ste cose le noti.
A vedere Bonolis che suda nella cazzo di gag che prende l’amico suo e gli fa fare la parte del deficiente (Cosa dice? Venga! Dica! Fermiii!), o prende qualcuno da pubblico e gli fa fare pure a lui la parte del deficiente (Cosa dice? Venga! Dica! Fermiii! Quantunque!) ti viene da immaginartelo fra trent’anni a continuare a fare ste cazzo di gag, e raccogliere comunque quei dodici milioni di telespettatori. E d’altra parte cosa vuoi dire cosa, se poi in fondo ha ragione lui.
nel bagno del dipartimento all'universitá:
"take a look behind when you leave.
our cleaning lady is also human!"
le cose vanno viste nel complesso
Le cose vanno viste nel complesso, i dettagli contano poco. Veltroni si dimette dopo sedici mesi e pare invecchiato di sedici anni. Mi fa pure pena, arriverei a dire che mi fa pure pena, ma Veltroni, pure fossi tua madre, come faccio? Volevi scegliere un giovane per rappresentare i giovani, hai scelto Marianna Madia. Io lo so che ste cose poi magari non interessano, ma Marianna Madia, santiddio, se tu mi scegli una cosí, vuoi dire qualcosa, e questo qualcosa non mi piace. E poi va bene tutto, ma il Carciofo Fabrizio Moro alle feste del Pd, e Tiberio Timperi sul palco, sono cose che ti dipingono un personaggio. Poi puoi impegnarti quanto vuoi, ma io ste cose poi non le dimentico. E poi in Sardegna perde Soru – e sta cosa invece mi dispiace davvero – uno che ha detto, a proposito della sua terra: “Pensai: mai più. Mai più faranno mercato della nostra terra. Mai più villaggi turistici finti, che non sono costruiti da sardi, non impiegano sardi, non usano prodotti sardi, non distribuiscono utili ai sardi. La Sardegna è il campo giochi di partite altrui; di suo non ha neppure uno scivolo. Basta con le lottizzazioni sulla costa, con le moto d’acqua a tutto gas, con l’assedio degli yacht di ferragosto. Non possiamo diventare un’immensa Ibiza . (…) ma ritroviamo la nostra anima profonda, perché è quella che interessa al mondo globale". Ecco, tu mi nomini le moto d´acqua che frecciano nel mare, e io in questo giá ci vedo un mondo, capito? Un´idea di come vedi le cose e di come dovrebbero essere secondo te. E mi ci trovo d´accordo. Ma tu perdi. Dice: e che sei sardo tu? No. E allora che ti frega? Ma va bene, andando avanti, a Sanremo Benigni si prende 350mila euro e in cambio dice le sue cose, recita la poesia. Dice: hai qualcosa contro Benigni? Ma figurati. Ce l´ho piuttosto con quelli che pagano 350mila euro per una persona che di fatto non è tanto più speciale di altre. Perché la gente ha bisogno di sentire le prediche in tv? Perché la gente ha bisogno di sentire Benigni che recita la poesia in tv? Perchè si arrabbiano che la gente vota Berlusconi, che lo venerano come un dio, ma di fatto qui non si riesce proprio ad andare avanti senza mettere Pinchi Pallini qualunque e venerarli come dei. Perchè di fatto 350mila euri, cazzarola, quello significa, significa credere che uno abbia cose davvero imprescindibili da dire. Tra mia nonna che c´aveva i santini nella borsa, e i piedistalli offerti ai Berlusconi ed ai Benigni, dove sta la differenza? Ma come dicevo, per percepire il senso di merda, ste cose vanno viste nel complesso.
che poi diciamola tutta
Che poi diciamola tutta, l’integrazione fra culture diverse é una bella parola, ma poi in pratica anche un bel casino. Insomma, vada pure per le culture diverse, ma mentre faccio ticchi ticchi sulla tastiera qui fuori c’é un mondo che in teoria sarebbe multiculturale (no, davvero, tu guardi ste facce dai colori diversi e pensi: cacchio che multiculturalitá…); un mondo in teoria di giovani multiculturali – non c’è bisogno di andare lontano, basta uscire da questa stanza e spiare nell’atrio di questa universitá – dove peró nella sostanza i pallidi gialli olandesi sono in gruppo coi pallidi gialli olandesi, gli abbronzati sono con gli abbronzati, cinesi coi cinesi eccetera eccetera. E stiamo parlando di ragazzi tutti nati qui, di seconda o di terza generazione. E d’altra parte non potrebbe essere altrimenti, ché se tu sei iraniana, di solito tracagnotta e c’hai il velo sul cranio – e spesso anche un lungo monociglio che ti taglia orizzontalmente la faccia – poi hai voglia a parlare di integrazione (che, come detto, é una bellissima parola) se poi ti ritrovi in mezzo a dieci coetanee tue peró gialle pallide alte due metri e con le guance rosee.
Te lo dicono alla scuola materna, che siamo tutti uguali, peró a parte le parole (bellissime, come detto), un ragazzino di sangue nordafricano, anche se nato nel Paese Basso, o a Cernusco sul Naviglio, avrá sempre addosso quella inquietudine e scaltrezza e modo di guardarsi attorno come una volpe che attraversa la strada di notte – cosa ci vuoi fare? é nel sangue – e se lo metti in mezzo a quattro pari suoi con la faccia da Kings of Convenience, calmi e posati, tu vuoi che quello poi si senta a suo agio? Allora é pure comprensibile che vada a cercarsi altri quattro simili di seconda o terza generazione per formare il gruppetto di scugnizzi con cui andare a farsi i giretti in centro (come infatti fanno, e poi li trovi nell’autobus che parlano perfettamente la lingua del posto, ma che lo stesso di autoghettizzano in gruppetti pseudopatriottici). Il fatto é che certe volte le differenze esteriori sono eccessive, ed il massimo che si riesce ad ottenere é il rispetto della multiculturalitá, la pacifica convivenza, ma quanto a mescolare le persone, quello pare molto piú difficile, perché ci sono monocigli e ricciolini corvini che hanno potenza di gran lunga superiore a tante altre belle parole (che restano comunque bellissime, sia chiaro).
a proposito
A proposito di Steve Jobs e del mettersi a fare le cose che ti piacciono, si potrebbe fare – come ad esempio hanno fatto questi miei amici sparsi in giro per l’Europa – aprire dal nulla una radio online con tanto di palinsesto sette giorni su sette. Se Livio è in ascolto potrebbe riconoscere uno dei personaggi del promo. Ricordo ancora quella sera che con una birra davanti parlavo con Ari, seduto in quel posto al Pratello di Bologna dove lei faceva benissimo la locandiera, e ci si perdeva ad immaginare di fare proprio questo, e di come farlo, e poi aspetta cspetta hce prendo un’altra birra che ne parliamo ancora. Poi come al solito bla bla bla e non se ne fa niente, mentre invece tanto di cappello a loro che hanno cavalcato il guizzo e ci si sono infilati per davvero, in una cosa del genere.
da due settimane
Da due settimane una delle mie occupazioni giornaliere consiste nell’esaminare tutte le procedure terapeutiche in atto in questo momento nell’intero mondo occidentale. Durante questi scroll su infinite pagine in arial 11 e search in pdf lunghi quanto vecchi testamenti io nel frattempo abuso di Mentos, una dietro l’altra, ed é inutile imporsi di attendere dieci minuti prima della prossima. Inutile. Scopro così che esistono patologie chiamate “Uncontrolled Crying & Laughing” e che ci sono personaggi in giro per il mondo che stanno provando metodi di trasferimento del grasso dalla liposuzione direttamente dentro le tette. Il problema, dicono, é che non sai che forma puó prendere. Col silicone, invece, é molto piú prevedibile. E poi non sai mai quanto grasso puoi togliere, o almeno non lo sai con certezza in anticipo, e si rischiano sorprese.
I video di youtube adesso hanno il titolo sul fotogramma iniziale. Sta cosa non mi piace. Prima si potevano usare i video di youtube come didascalia alle parole, che uno prima leggeva e poi guardava, e fra leggere e guardare – in quell’accostamento deciso dall’autore c’era imprevedibilitá. Vediamo un po’ cos’é sto video, veniva da chiedersi – guardando quel fotogramma che da solo non voleva dire nulla. Adesso lo sai prima, cos’é. (Come per il silicone)
i vetri della macchina
I vetri della macchina la mattina non sono piú congelati, ed il sole non sparisce piú dopo l’ora pranzo. Un altra primavera non mi pare possibile, non così presto, almeno. Ci sono pizze congelate buonissime che meriterebbero accurati revisionismi storici. Io certe volte penso che a fare un lavoro cosi’ noioso in futuro non mi potró lamentare di nulla. Ho un babbo natale di zucchero sulla scrivania, ricordo di essermi ripromesso di metterlo da parte, pareva ieri, e invece sta ancora li’, ed io adesso giá parlo di primavera. Quelli che dicono che bisogna fare solo quello che piace, non ho idea di come facciano a dirlo. Se pensi a quello che stai facendo, e vorresti fare altro – diceva Steve Jobs nel suo discorso famosissimo – e se ti accorgi che é cosi’ per troppi giorni di seguito, allora smetti e fai altro. Sì ma cosa, Steve? E nel frattempo come te le compri, le pizze surgelate? Qui poi mi chiedono di Eluana, che ormai lo sanno tutti, é diventato caso internazionale, ma io cosa posso dire. Ho un numero esagerato di calzini bucati, e devo analizzare la mia vita in dettaglio per capire come mai così tanti, e come mai tutti adesso.
una delle caratteristiche dell'emigranza avanzata
Una delle caratteristiche dell’emigranza avanzata, come è quella che vivo, consiste nell’ignorare i tuoi connazionali che incontri per caso in terra straniera. L’emigrante immaturo invece si meraviglia nello scoprire che quello davanti a lui é italiano. Aaahh, italiano pure tu! ti dice. Aaahhh, e di dove? E cosa fai qui?!? E dimmi dimmi, e senti senti. E bla bla.
L’emigranza matura porta invece con sé il giudizio. Non c’é motivo di meravigliarsi degli italiani incontrati in giro. Anzi, ci si ignora tranquillamente. C’è per esempio questa pizzeria al taglio a due passi dall’università, gestita da italiani. Il titolare è un gradino sotto alla bonanima di Mino Reitano, quanto a italianità, e poi lui e i suoi compari lo fanno proprio apposta, sorridendo e ammicando, ciarlando a voce alta, con quegli “occhi allegri da italiano in gita”, con certi ricciolini in testa, certi nasi. Qui posso ordinare tranquillamente in italiano, e se ordino in italiano la risposta “tre euro e cinquanta” mi viene formulata in italiano. Ma loro sono abituati a queste schegge italiane di passaggio, e io pure mi sono abituato a fare la scheggia, dopo tutti sti anni, per cui non sci i dice nient’altro se non Ecco il Resto, e ognuno poi fa la sua strada, io con la pizza in bocca, loro a strofinarsi le mani sul grembiule.
Poi fra gli altri c’è questo pizzaiolo che non deve parlare con nessuno, lui fa solo le pizze. È più giovane degli altri, e lo hanno messo davanti al forno a fare le pizze. Da sempre considero il pizzaiolo – soprattutto quelli organizzatissimi, che devono solo strappare il biglietto e prendere manciate di mozzarella dalle coppe – una professione intellettuale. Non per la fabbricazione delle pizze in sé, ma per l’automaticità dei gesti, ché io ne sono certo, a fare tutto il giorno quei gesti sicuramente si finisce per pensare tanto, e chissà cosa, e chissà quali pensieri ti provoca il contatto quotidiano con le olive e le scatole da montare ogni volta con quei gesti sicuri. E comunque c’è questo pizzaiolo, che sta lì a fare la pizza, quelle poche volte che parla esibisce un accento siciliano intatto. E davanti al forno ha un’enorme vetrata che da’ su uno spiazzo dove passano tutti i giorni le studentesse bionde suine di questa università del Paese Basso. Lui le osserva, siciliano, e strozza l’impasto della pizza con le dita. Credo che sia ormai assuefatto a questa vista continua – ogni giorno si alza e ne vede passare a centinaia – e io lo guardo, e penso a quelle tigri degli zoo che dietro il vetro appena arrivate ruggiscono ai visitatori, poi ancora e ancora, e infine si abituano, e quando il millesimo visitatore urla con lo zucchero filato in mano, quelle al massimo tirano fuori la lingua per leccarsi il naso. E poi lo guardo, e così siciliano a pelle scura, mentre fuori ci sono le nuvole e i vichinghi a passeggio, e mi pare pure un orso polare che lo hanno portato in uno zoo dove non c’entra niente, lo hanno portato, chessò, a Cosenza.
Poi finisco la pizza – sempre di frettissima – infilo le cuffie anche quando so che non ascolterò nulla, e vado via.
se questo é un uomo
Eppure in tutta questa storia – che potrebbe sembrare chiarissima, e invece non lo é – mi pare di perdere il filo. Voglio dire, se esiste qualcuno capace di incaponirsi così tanto per costringere in vita un corpo privo di corteccia cerebrale, ci sará pure un motivo che non sia quello (farlocco) della difesa della vita in senso cristiano del termine, no? Io questo mi chiedo, e su questo perdo il filo. Provando a inventarne qualcuno a cazzo, di motivo, viene subito da pensare alla totale ignoranza delle persone in fatto di anatomia e fisiologia. Vabbe’, bravi, conoscete questo e quell’altro, ma secondo me dovreste essere invitati alla discussione solo dopo aver assimilato le basi minime di neurologia, capire cos’é una corteccia cerebrale, a cosa serve, come si trasmettono gli impulsi nervosi, eccetera. Anche l’etica, certo, ma dopo. Prima studiate, poi parliamo di etica. E se queste cose la vostra anima benedetta le ignora totalmente, perché le considera irrilevanti, allora non dovreste proprio parlare, che siete voi, gli irrilevanti. Perché a grandi linee li conosco, i vostri dogmi (che poi é anche facilissimo: la vita é la vita, e in quanto vita va difesa, perché la vita la vita la vita).
Come punto secondo, viene da pensare che se uno si incaponisce a imporre le proprie idee, l’assurditá delle idee é una misura del suo potere. In altre parole, se io ti impongo di volere bene al prossimo tuo, é troppo facile. Perché la gente questo concetto lo trova facilmente condivisibile. É come se uno si mettesse per strada vestito da Hitler ad urlare: “e atesso, io fi ortino ti RESPIRARE!”. É troppo facile, mica puoi quantificare il tuo potere con ordini del genere. Peró se imponi il tuo punto di vista su cose che sono chiaramente fuori dal mondo – tipo considerare in vita un corpo metabolicamente attivo grazie all’inerzia del tronco cerebrale, ma privo di coscienza per la corteccia degenerata da quindici anni – allora ecco che se riesci ugualmente a imporre le tue cose, invece di essere rinchiuso in un manicomio, o di essere preso a calci in culo, non c’é niente da dire, di potere ne hai davvero a pacchi.
in questo momento
In questo momento alla televisione del Paese Basso c’è un tizio con i capelli lunghi che recita poesie in italiano e poi le traduce in olandese. Gli ospiti in studio spalancano la bocca così come tutti i miei coinquilini raccolti nell’immenso divano che circonda il televisore. Ma cosa spalancate cosa? chiedo io. Mentre estraggo la pizza dal forno mi viene chiesto di parlare delle versioni italiane di Paperino e zio Paperone. In olandese la differenza è che Donald Duck lo pronunciano dUck con la U, e non dAck. Quindi a dire “Paperino” è chiaro che poi si mettono tutti a ridere. Se uno ci pensa: paperino. Quando dici invece zio Paperone, quelli si chiedono “Peperoni?” perchè sta parola la conoscono, appunto, per le etichette delle pizze.
La Meisje invece ha aperto il suo blogghe anglofono. No, non è un blogghe, direbbe lei, è un Tumblr, è diverso. Ne faccio pubblicità solo ora che come per i trapianti nei primi tempi c’avevo paura del rigetto. Invece tutto bene. La Meisje mi chiede di sistemare le lancette dell’orologio appeso sopra la porta – “se ci arrivi” dice lei. Siccome ci arrivo, invece di dirmi di quanto spostare le lancette, si stupisce del fatto che ci arrivo. Ma quanto sei alto che ci arrivi? mi chiede, mentre io sono in stretching col dito sulla lancetta. Ma ti pare il momento di stupirti? le dico. La Meisje adesso vuole andare a prendere lezioni di chitarra, “per diventare come Soko” dice lei, e poi aggiunge che così così non avrò più motivi per nominare la poliedrica artista fotografa musicista cantante nonchè attrice Zooey Deschanel, che comunque nomino qui solo per farle un dispetto.
L’amico Bollo – mio duplice compaesano, già nel paesello e poi a Bologna – siccome le vie del Signore sono infinite, ma sono infinite pure tutte le altre, da qualche giorno me lo ritrovo compaesano anche qui in Paese Basso. Solo tre anni fa eravamo fermi in una Peugeot 206 nel centro di Oslo, di notte, a rischiare l’arresto per permettere ad un suo amico di pisciare sulla porta del museo dell’Urlo di Munch. Adesso invece siamo qui. Fra me e lui, il fortunato fra noi due sono io, ché io c’ho fatto il callo a vivere fra gli arancioni, invece per lui adesso arriva il bello, l’apnea, la risistemazione delle coordinate. A tutti quelli che dicono “se in Italia continua così, io me ne vado all’estero e bla bla bla” vorrei dire di venirci, all’estero, che poi voglio proprio vedere. Ne conosco tanti, che dicevano dicevano, e invece Poi. A lui adesso dedico il discorso di Steve Jobs – che ci sono parti dovrei vorrei averci Steve di fronte per puntualizzare determinate cose, ma che almeno per il discorso dei “puntini” lo condivido appieno. Quello che posso dire è che anche nel peggiore dei casi, pure nell’interpretazione più negativa che si possa dare, ci sono tantissimi puntini di gran lunga più brutti di questo arancione qui.
E se si è in ballo, bisogna ballare, sennò la musica che cazzo la mettono a fare.