cose che molto mi piacciono in questo periodo

Mi piace ascoltare le playlist nei siti di musica in streaming, per esempio 8tracks, mentre nel frattempo faccio altro: scrivo al computer, sistemo le magliette nei cassetti, lavoro, do l’acqua alle piante. Mentre nel frattempo faccio altro, se all’improvviso mi innamoro di un pezzo, mi piace andare su Itunes a scoprire tutto l’album, e aggiungere alla wishlist tutti i pezzi che mi piacciono. Come un pescatore, attendo che i pesci restino incagliati nelle reti. Poi ad un certo punto, mi piace acquistare tutti i pezzi accumulati nella lista, e averci la mia nuova playlist di istantanei innamoramenti.

ad un certo punto avevo un asciugamano

Ad un certo punto avevo un asciugamano che mi calava sulla testa, come un turbante. Nella vasca da bagno l’acqua faceva rumore a causa dei getti laterali troppo potenti, regolabili con dei pulsantini difficilmente decifrabili. Una piccola placca di ottone riportava le istruzioni: “non usare troppo bagnoschiuma mentre sono in azione i getti di acqua, perché l’intero bagno potrebbe riempirsi di bolle“.  Mentre io ero disteso tra i getti e le bolle, D. era invece in piedi nella vasca, i capelli bagnati anche se non avrebbe dovuto, anche se a Londra l’altro ieri faceva un cazzo di freddo –  ero di nuovo da quelle parti – e lei il giorno dopo avrebbe dovuto difendere una madre di cinque figli in tribunale per una storia di violenze domestiche che non avevo compreso nei dettagli. In piedi, con l’acqua agli stinchi, si è portata alla bocca un pezzo di cioccolata ripiena di peanut butter. Dopo aver finito di masticare mi ha guardato e mi ha detto, seria:

Comunque la Smirnoff è da quindicenni

Allora ho posato la bottiglia sul pavimento, ma la bottiglia è caduta lateralmente. Ho ripensato a come avevo trascorso la mattina e il pomeriggio, a come (solo due piani più in giù nello stesso hotel) mi ero sistemato dritto sulla sedia per esprimere concetti brillanti rivolto ad un professore in cravatta rossa che aveva scovato il segreto dell’eterna giovinezza, e cioè la passione infinita per studi intricatissimi. E poi ho messo insieme l’immagine dell’asciugamano sulla testa, della cioccolata, del tatuaggio a forma di stella di D., la facciata del Victoria and Albert Museum appena fuori dalla porta, insomma tutto, e come alle volte mi succede avrei voluto averci una registrazione, di questo tutto.

“Bella battuta” le ho risposto  “no davvero, se un film cominciasse con una scena del genere, vorrei sapere come va a finire”
“Devi trovare un regista disposto ad ascoltarti”

Mi piace chiedermi se certe cose possano avere un significato e poi trovare la risposta subito dopo, nel modo più inaspettato possibile. Non avevo neanche cominciato a rimuginare nella testa l’appriopriatezza delle mie azioni, che avevo una testa piangente sulla pancia. Forse lo stereo mandava Edith Piaf, e nel frattempo mi venivano raccontate storie di malattie incurabili di parenti prossimi, e della tristezza e frustrazione che ne deriva. Ecco la risposta – mi dicevo – ecco che trovavo una connessione fra leggerezza e sofferenza potenziale. Niente di particolare, del resto è sempre la solita filosofia da quattro soldi: vivere il momento sapendo che tutto potrebbe finire da un giorno all’altro. E viverlo con stile – verrebbe pure da aggiungere. Niente di particolare, la cosa che mi divertiva era soltanto la velocità con cui trovavo risposta ad un interrogativo di pochi minuti prima.

Non mi piacciono le camere d’albergo dove non puoi aprire la finestra. Oltre al problema di non poter cambiare aria, hai il sospetto che vogliano evitare che qualcuno si lanci di sotto. Mi piacciono le omelette british con i funghi. Mi piace addormentarmi in treno per venti minuti dopo anni che non succedeva.

Mi piace l’ultimo pezzo di Neffa in cui pare di risentire Battiato in summer on a solitary beach, un pezzo che consiglio di ascoltare in cuffia senza guardare il video – che potrebbe distrarre dall’arrangiamento – e che ascolto di continuo da un paio di giorni perché ho arbitrariamente assegnato dei significati tutti miei alle strofe.

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Quando il cameriere viene a portare altro vino bianco smettiamo per un momento di parlare. Lei ha molti anni meno di me e quasi non la conosco. Viene dalle coste del Mar Nero, studia cose che hanno a che fare coi soldi e quindi in pratica vuol dire che viene da un mondo diverso. Eppure la conversazione procede liscia. Siamo andati a finire sull’essere o meno analitici o osservatori. Ha cominciato lei ed io la seguo. Mi aspetto però che non dica la verità: si è vestita troppo bene – è evidente che vuole fare bella figura, e se vuoi fare bella figura l’onestà è spesso soltanto un’eventualità.  Ad un certo punto divento anziano.

“Anni fa ero orgoglioso come te di scovare i dettagli, di riuscire spontaneamente ad analizzare minuziosamente le persone e le situazioni. Oggi penso che sia allo stesso tempo un vantaggio ed uno svantaggio. Quando i dettagli ti saltano agli occhi più facilmente che agli altri, quando anche non volendolo analizzi la realtà più a fondo rispetto agli altri, succede pure che giungi a conclusioni molto più velocemente degli altri, e a quelle conclusioni gli altri – a volte – non ci arrivano per niente. A quel punto ti puoi fermare e fare notare agli altri tutte le cose che non hanno visto, e quindi farli arrivare alle tue stesse conclusioni. Una volta fatto questo gli altri saranno d’accordo con te e forse ti osserveranno con occhio ammirato.  Ma prima, ecco, prima di questo sforzo, tu sei da solo. Questo talento che hai ti trascina continuamente alla solitudine.”

come qualcuno ha fatto notare

Come qualcuno ha fatto notare, la storia dei marò prigionieri in India che vengono fatti tornare per Natale sotto cauzione, con la promessa di tornare dopo le feste, e loro che dicono “torneremo, perché abbiamo una parola sola ed è parola di Italiani” e loro che poi effettivamente tornano, e loro stessi che poi vengono fatti tornare in Italia ancora una volta per le elezioni (ma stavolta senza cauzione) e il colpo di scena del Governo che decide che invece non tornano più in India, e chi se ne fotte delle promesse fatte, tutta questa storia insomma, tutta questa storia dall’inizio fino alla fine, a noi che siamo all’estero sempre a contatto con stranieri non ci aiuta per niente, anzi, peggiora ancora di un poco la nostra reputazione, e aggiunge una piccola bandierina su quel mappamondo ipotetico dove a noi italiani ci considerano pulcinelle.

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Eri nella hall dell’albergo e hai notato questa ragazza tagliare la stanza da parte a parte, in quel modo che hanno le ragazze di muoversi ben sapendo di essere osservate, e quindi con occhio nervoso passo svelto e dita che vanno a sistemare ciocche di capelli che non ne avrebbero bisogno. Hai osservato il passo deciso e la giacca di pelle e le caviglie perfette. Hai pensato che stai muovendoti verso una fase della tua vita in cui non puoi tollerare la mancanza di eleganza, nelle movenze e nelle proporzioni. Ti trovi spesso in disaccordo con te stesso su questo punto, sai che non dovresti essere così, ti rendi conto che l’estetica è solo estetica, ma poi ti arrendi e pensi che non puoi farci nulla, se sei così è molto meglio accettarlo che nasconderlo, è molto più conveniente vivere il fastidio piuttosto che fingersi diversi, e vivere la frustrazione che ne consegue.

Molto meglio.

Causa nebbia il battello che doveva accompagnarti dall’altra parte del Thames – eri a Londra, difatti – non è partito, e quindi per la fretta hai saltato la colazione e ti sei infilato in un bus prenotato da una collega. Hai poi fatto colazione da Starbucks ricordando il grembiule verde che per anni è stato utilizzato nella tua casa bolognese, residuo bellico di un estate dei primi anno zero, rubato non ti ricordi bene da chi. Il grembiule verde di Starbucks – mancando Starbucks a Bologna – appeso  nello stesso angolo per tanti anni, è stato sempre collegato nella tua testa ai pomeriggi mogi di vita casalinga bolognese, piuttosto che alla vita da metropoli, come invece dovrebbe essere.

Più tardi eri seduto in questa sala conferenze, e in un momento di estrema noia hai preso le cuffie posate sul tavolo, quelle che a volte utilizzano per inviare le traduzioni simultanee ai delegati, hai staccato lo spinotto e lo hai infilato nel tuo lettore mp3. E mentre sul tuo monitor passavano le slides di una presentazione e tu annuivi convinto, nelle orecchie avevi i The Killers.

Mi rendo conto che uno degli obiettivi della vita è raggiunto: indossare la cravatta così raramente che tra una volta e l’altra non ricordo più come si fa il nodo.

Questo è un argomento che se davvero ci tenessi all’audience e alla benevolenza di chi legge non dovrei toccare più. Qualche giorno fa si scriveva della scoperta di questa cantante Annalisa “occhi dispettosi” Scarrone, che come è stato fatto notare è pure laureata in Fisica, e dunque la inseriamo arbitrariamente in quella categoria di esseri superiori dove troviamo pure la quasi neuroscienziata e poliglotta Natalie Portman. Si diceva pure che le hanno scritto canzoni mediocri. Riformulo: non tutte mediocri, alcune sono accettabili. Ma di nuovo, a conferma di quanto si era scritto a proposito della produzione di musica struggente, quasi tutti i pezzi sono scritti da uomini, e sicuramente lo sono tutti i migliori, come per esempio.
Uccidetemi.

il senso delle misure

Non volevo scrivere ancora di Grillo ma pochi minuti fa l’ho ascoltato promettere un reddito di cittadinanza per chiunque non abbia un lavoro – proposta che ritengo insopportabile non da adesso ma almeno dal lontano ’92 con la ciofeca dei 99 posse ascoltata in cassetta tdk – e l’ho sentito davvero dire che i fondi verrebbero ottenuti abolendo il finanziamento pubblico ai partiti.