mettiamo le cose in chiaro

fino quando qualche brufoletto deciderà di fiorirmi sulla faccia (e grazieaddio qualcuno ancora mi fiorisce, ogni tanto) fino a quando le mie gambe saranno interamente ricoperte di peletti biondastri fin giù alle caviglie e non saranno invece pelose fino ad un certo punto e poi all’improvviso glabre e levigate in zona calzino (e grazieaddio attualmente sono dotato di peletti anche in zona calzino) io voglio affermare con forza che fino a quel giorno potrò ancora considerarmi tranquillamente un giovanotto, un pischello cresciuto, e non un adulto maturo e pettinato che pianifica, organizza, che pondera e che fa la raccolta punti al distributore di benzina. Un giovanotto – sia chiaro – e non un adulto.

e non c’è laurea che tenga.

del mio culo e dei tabaccai

Questa mattina mi sono svegliato con un culo di marmo durissimo. Ieri pomeriggio ho scalato la collina del santuario di San Luca, la collina tutta intera senza sosta dalla porta di casa mia fin sul cocuzzolo della collina, ed oggi Oplà! ho il culo durissimo. Ieri la collina scalata, oggi il culo durissimo. Passeggio nel corridoio con le mani sul mio culo – durissimo! – riflettendo sulla correlazione causa-effetto fra scalata e culo. Una correlazione perfetta, immediata. E’ così facile: tu ti impegni, sudi un po’, bestemmi lungo la salita, sbuffi, torni a casa, doccia, cena, dormi, e la mattina c’hai un culo duro e dolorante. Anche fin troppo facile, mi viene da pensare.

Oggi i tabaccai fanno lo sciopero delle vendite delle ricariche telefoniche. I tabaccai si lamentano che su di una ricarica di 10 euri che vendono, loro poverini al netto delle tasse ci guadagnano solo 25 centesimi. Carissimi tabaccai in ascolto, lo vedete il labiale? Ecco allora seguite il mio scandito: vaf-fan-cu-lo.

I tabaccai, non so se mi spiego. I tabaccai sono quegli esserini con la faccia rilassata (a Bologna peraltro tutti abbronzatissimi) che si guadagnano da vivere vendendo sigarette. Tu entri nel tabacchino che vuoi le sigarette, loro ascoltano la tua richiesta (il tabaccaio non consiglia! Non è un commesso, non è un sommelier, è un tabaccaio) quindi  compie una rotazione col busto di 90 gradi, afferra le sigarette dallo scaffale dietro di lui, te le porge, prende i soldi, ti da il resto. Se invece vuoi un pacchetto di caramelle al mentolo, lui non deve neanche sforzarsi di prenderle – le caramelle – che te le prendi da solo. Prende soltanto i tuoi soldi. Non sorride quando esci, non dice buonasera.  

C’è bisogno di una particolare tecnica per fare il tabaccaio? No. Serve un titolo di studio? No. Cosa serve? La tabaccheria. Cazzo è stupendo, mi apro una tabaccheria, allora! Non puoi, stai fermo, è vietato. 

Ecco perché i tabaccai non devono preoccuparsi di nulla, ché la clientela non gliela porta via nessuno. Perché non è che si possono aprire nuove tabaccherie concorrenti. Non si può, fermi tutti, è vietato. Le tabaccherie quelle sono, e quelle rimangono. Come i notai, che si fanno i miliardi grazie al fatto che quelli sono – un certo numero – e quelli rimangono. Ogni anno vengono ammessi solo un certo numero di eletti all’olimpo di notai, non uno di più, non uno di meno. Come le farmacie. Non è che ti puoi aprire una farmacia, scordatelo, non si può. E nelle farmacie funziona più o meno come dal tabaccaio, solo che ti devi mettere il camice bianco. Leggi la ricetta, prendi i soldi, dai il resto. Se dopodomani facessero una legge a limitare il numero dei friggitori di patatine dal McDonald, ecco che i friggitori di patatine diventerebbero subito ricchi sfondati, e le patatine fritte un bene di lusso. 

Solo che fra il notaio e il tabaccaio, vuoi mettere? vince il tabaccaio, è ovvio. Un notaio, se vuole che il figlio diventi notaio a sua volta, deve farlo studiare. E potrà anche ungere la commissione dei notai all’esame di ammissione all’olimpo dei notai, ma il figlio almeno quattro leggi e un paio di codici deve pur mandarli a memoria, almeno una volta. E se al notaio capita la disgrazia della nascita di un figlio completamente caprone, quello – il notaio – non può farci nulla. Il tabaccaio invece No. Lui prende il figlio, lo mette sullo sgabello, prova la rotazione del busto a 90 gradi per vedere se riesce a prendere le sigarette alle sue spalle, e se la spina dorsale non si spezza, ecco che è nato un nuovo tabaccaio. Eppoi il tabaccaio, pure quando dorme, ha il suo distributore automatico di sigarette che lavora per lui. L’operaio a costo zero più efficace che esista.

Orsù dunque, Friggitori di patatine di tutto il mondo, coalizzatevi e ribellatevi a questa ingiustizia!

neanche un mezzo post celebrativo dell'inizio della primavera, quest'anno?

Me ne ero dimenticato, lo ammetto. Poi stamattina sono sceso dall’auto e due piumini sbulazzanti – di quel tipo di piumini sbulazzanti bianchi che volteggiano nell’aria con la bella stagione, per intenderci – mi si sono infilati nelle narici, uno in ciascuna narice. Una gioia, guarda, non ti dico. E poi in biblioteca ho trovato un paio di ascelle pezzate da venditore ambulante di cocco sulla spiaggia, solo che non c’era il cocco e non c’era la spiaggia, c’erano solo le ascelle pezzate. E questa signorina di fronte a me, con la camicia sbottonata e straripante che invece di studiare pare piuttosto stia allattando il libro che ha sul tavolo.

E quindi niente, è Primavera.

E poi cos’altro. Ah, sì, ecco. Volevo dire che io, in questo momento difficile dell’economia italiana, con la disoccupazione e la precarietà crescente che attanaglia i giovani che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro, in questo momento di crisi e di incertezza verso il futuro, avevo un progetto nella testa, avevo un’idea per sconfiggere tutta sta precarietà ed incertezza. Io ce l’avevo, un’idea.

Solo che un certo Giorgio me l’ha rubata.

volendo essere precisi, non è vero che non mi drogo

infatti da qualche tempo sono caduto nella dipendenza dei frollini al cioccolato copia-dei-pan-di-stelle. La copia migliore dei Pan di Stelle è quella che produce – secondo me – la Conad, ma anche quelli della Coop si difendono bene. Sono nel tunnel dei frollini al cioccolato, e quindi non è vero che non mi drogo: mi drogo pure io.

E comunque.

Mi piacciono i frollini copia-dei-pan-di-stelle soprattutto perché sono delle copie spudorate dei frollini originali. Rotondi, al cioccolato e con le stelline bianche di zucchero sulla superficie. Identici agli originali, sputati. Voglio dire, è ovvio che sono la copia dei frollini più famosi, eppure sono lì che li vendono, nessuna denuncia, nessuna protesta, niente di niente. La pirateria del frollino, quando ne sentirete parlare sui giornali e alla tivvù, ricordatevi dov’è che ne avete sentito parlare la prima volta.

Per il resto, una breve comunicazione di servizio.

Avevo detto che non si sarebbe parlato più del Cuggino Rasta: purtroppo mio trovo costretto – mio malgrado – a venire meno all’impegno preso per motivi che sono più grandi di me. A fine agosto ho scrissi un post (questo post) ispirato ad un fatto che mi fu raccontato dal Cuggino in persona, dopo una festa. Ne riporto uno stralcio:

Il cuggino rasta che –ovvio – si infratta nella campagna. Poi ti viene a raccontare quali sono i segreti per ottenere –infallibilmente –del sesso orale. C’è una procedura , dice, che va seguita:
1 : massaggiare tra i capelli appena sopra la nuca. La tipa si distrae.
2 : esercitare una adeguata pressione con le dita sulla nuca. Va trovato il punto esatto di pressione.
3 : portarla fino all’ombelico. Se si riesce a portarla fino all’ombelico, il Maestro dice che “è fatta”, perché da lì in giù è questione di un attimo. Ci vuole solo il guizzo
. (29/08/06)

Ora, la ragazza a cui si riferiva il Cuggino quella sera, è stata ospite due giorni fa in questa casa assieme a mio fratello il Piccolo ed altri personaggi, per un breve soggiorno bolognese. Lei afferma (e mi ha lasciato per iscritto una dichiarazione spontanea, il foglio firmato è ancora sul tavolo della cucina) che le rivelazioni del Cuggino sono totalmente false. Che non è andata così, che tutta sta storia dell’ Esatto Punto Di Pressione è solo una balla. Mio fratello il Piccolo ha anche provato con la mano ad esercitare pressioni in diversi punti sulla testa della ragazza in questione, ma non è successo nulla. La ragazza, pur di smentire i racconti del Cuggino, ha accettato di subire la digitopressione del cranio in pubblico di fronte a diversi testimoni, e tutti hanno potuto osservare l’assoluta mancanza di reazione. Probabilmente i punti pigiati non sono stati quelli giusti (in effetti mio fratello ha premuto sulla sommità del cranio, mentre il Cuggino parla chiaramente di “nuca”), o forse non è stata esercitata l’adeguata pressione. In ogni caso, da questo momento sorgono forti dubbi sulla attendibilità degli aneddoti del Cuggino.

E poi cos’altro.

E poi il Papa ha deciso che il Limbo non esiste più. Il Limbo, quella specie di purgatorio infinito dove andavano a finire (almeno fino all’altro giorno) tutti i bambini morti senza battesimo. Adesso il Papa ha messo una firma, e Zac! il Limbo non c’è più. Tutti in Paradiso, anche senza battesimo. Fino a ieri il Limbo esisteva, oggi non c’è più: lo ha deciso il Papa. 

(da questo momento in poi – come per il Cuggino – sorgono forti dubbi sulla attendibilità degli aneddoti della Chiesa)

e poi c’è tanta gente che si droga, io mica lo sapevo.

In giro la sera c’è una bassissima percentuale di lucidità, la droga sta dappertutto porca miseria. Tantissimi insospettabili che “pippano” nascosti nei bagni e baldi giovini con le pupille schizzate che mettono il braccio fuori dal finestrino delle loro Mini Bmw appena lucidate all’autolavaggio. E nordafricani che sotto i portici si fumano quello che non sono riusciti a vendere nella serata.  E fricchettoni che senza volerlo fanno inalare il fumo delle loro ciminiere ai cani che hanno al guinzaglio. E alcolizzati che hanno solo la forza di tenere in mano il bicchierino col ghiaccio sciolto: al resto ci pensa il muro che hanno alle spalle, meno male che c’è un muro a cui appoggiarsi, certe volte. Tante facce sporche che basterebbe una sciacquata veloce, ma neanche quella. Chi non è per strada a partecipare a tutto sto bordello, resta a casa per farsi la dose giornaliera di playstation. C’è tutta una popolazione sconfinata di studenti che non ha un cazzo da fare tutto il giorno, ed evidentemente la lucidità è troppo asfissiante da affrontare. E allora, affanculo la lucidità. E così i motivi per fare tardi la notte non bastano mai. Bologna è tantissimo fumo e pochissimo arrosto, è un nano ubriaco che si guarda allo specchio e non riesce a distinguere la sua immagine, non riesce a vedere quanto piccolo è veramente, nano ubriaco com’è.

Vivere la maggior parte del tempo da eremita, succede che poi certe cose le perdo di vista, me le dimentico, ed ogni volta devo misurare  – ancora un’altra volta – la distanza che si è formata fra me e tutto il resto.

autoreferenzialità

questa signorina che si lamenta per il torcicollo è la nuova fidanzata di Leonardo di Caprio. E come si chiama la signorina? Si chiama Rafaeli, ecco come si chiama. Ora questa non sarebbe una grossa novità, in quanto la signorina è (giustamente) famosa da tempo. Piuttosto la vera notizia – che già vado in giro a sbandierare da mesi – è che, per quanto riguarda Google, ci sono prima io.  A questo punto mi chiedevo: volete che mi pettini le sopracciglia da solo con mignolo e pollice, o qualcuno è disposto a venire qui travestito da paggetto medievale  in ginocchio sui ceci – in segno di profonda sottomissione ed assoluta ammirazione – e pettinarle al posto mio?

(tutto questo mentre continua da quasi un anno il mio dominio incontrastato con il trittico ragazza-cacca-cesso)

una serie di problemi

Il problema del Prosecco è che talvolta incontri qualcuno che lo chiama Prosecchino. Perché io non è che sarei contrario – in linee generali – al concetto di Prosecco. Però se incontro qualcuno che dice: “Cameriere, un Prosecchino” oppure “Ci facciamo un Prosecchino?” oppure “Dai che ci spariamo un Prosecchino” ecco, io poi non lo so cosa pensare.

E questa del Prosecchino la annoveriamo fra le problematiche del lombardo-veneto.

Perché stavo elencando mentalmente le varie problematiche del lombardo veneto – l’altra sera mentre ero a cena in questo ristorante sciccoso sul lago di Garda – e avevo fra le mani un bicchiere di un liquido rosso arancione che mi avevano assicurato essere alcolico. Non ne ero molto sicuro, di questa sua alcolicità, ed ho continuato a chiedere rassicurazioni in giro alla festeggiata, alla cameriera, all’amica Xxxna mia compagna di viaggio, agli altri invitati lombardi-veneti. Quando la cameriera si è distratta un momento, ho preso possesso del ciotolone con all’interno ettolitri di liquido rosso-arancione ed ho provato a versarlo da solo nel mio bicchiere. Mi sono sbrodolato tutto il liquido rosso arancione sulle mani e la cameriera è tornata di corsa a togliermi il mestolone (“io sono qua apposta, lo sa?”) e poi con la mano sbrodolata ho continuato a chiedere in giro ad altri invitati se sta cosa rosso arancione era davvero alcolica oppure No. Un invitato abbronzantissimo mi ha detto qualcosa del tipo: “Figa! Certo che è alcolico!” oppure “E’ alcolico, certo, Figa!” oppure  “Stai tranquillo che è alcolico, Figa!”.

Perché questa cosa del “Figa!” è un’altra problematica scottante del lombardo-veneto.

Fra le altre problematiche scottanti del lombardo-veneto (a cui talvolta si associa pure l’Emilia) c’è il nomignolo “Vecchio” utilizzato per i maschietti (“Hey, Vecchio, ci facciamo un prosecchino?”) e il vezzeggiativo Stella per le femminucce, che poi si stira fino a diventare Stèla ( Uè, Stèla, ti va un prosecchino?”). Poi per fortuna c’è una problematica che accomuna tutta l’Italia, nord e sud est e ovest, che è quella problematica garibaldina del richiamo al cameriere (“Cameriere! Cameriere! Venga qui un attimino!”) (“Cameriere dov’è il bagno?”) che io non ce la farei mai, ché mi immedesimo troppo nel cameriere – pur non avendo mai lavorato come cameriere – e se possibile vorrei fare le cose al posto loro, se mi dicono dove andare a prendere i piatti in cucina ci vado io al posto loro, se vogliono i piatti sporchi li riporto indietro io, ché farmi servire da un cameriere mi mette ogni volta in un imbarazzo terribile, a vedere come sanno tenere in mano dieci piatti senza farli cadere, e come certe persone godono nel chiedere, nel pretendere le cose ai camerieri, nel lamentarsi, nell’interrogare i camerieri sui vini disponibili, nel considerarli persone invisibili – i camerieri – quando invece i camerieri c’hanno sempre ste facce particolari che ti chiedi chissà quale parabola della vita gli ha portati a fare i camerieri, e chissà cosa fanno quando non sono vestiti da pinguini, e chissà se ogni tanto ci vanno pure loro al ristorante.

Ma dicevo, la festa, che perdo sempre il filo del discorso.

Non mi va di parlare della festa, anche perché ad un certo punto mi sono reso conto che avevo mangiato troppo, e sulla sedia ho messo la panza ad angolo di quarantacinque gradi rispetto al pavimento, con le dita intrecciate sulla testa. I giovani invitati ballavano la musica dance, mentre io li osservavo con le dita intrecciate sulla testa, e mentre dai vetri delle finestre si potevano vedere le luci sul lago, e le luci sul lago a quell’ora della notte erano bellissime. Solo che avevo mangiato troppo. E i giovani invitati lombardo-veneti ballavano la musica dance.

Avevo voglia di andare via per un paio d’ore, ma questo non si può fare alle feste, non sta bene. Certe volte penso che bisogna prendere le cose con più leggerezza. La gente ti consiglia di prendere le cose con più leggerezza. Ti dicono: ti stai laureando? Sei preoccupato? Non ti devi preoccupare, devi prendere le cose con più leggerezza. Non ho idea cosa voglia dire tutto questo, però vedendo i giovani invitati lombardo-veneti che ballavano una canzone che diceva “bomba! un movimento sensuale, bomba! una mano alla cabeza!” e che si portavano per davvero la mano alla cabeza, ho pensato che quello poteva essere un modo – fra i tanti – di prendere le cose con più leggerezza.

Sono andato alla macchina, mi sono steso nel sedile posteriore, mi sono avvolto nella coperta che mi ero portato dietro per dormire nella casa sul lago della gentilissima festeggiata – nella stupenda campagna rigogliosa di verde e di api giganti della provincia bresciana che ho scoperto mi piace davvero tanto – e mi sono addormentato.

Mi hanno svegliato verso le tre con un paio di manate ben assestate sulla portiera.

disfo le valigie

Disfo le valigie con gli occhi a coreano, tutto pregno come sono di una stanchezza universale, mentre rifletto che è inutile correre in autostrada per arrivare prima a Bologna se dopo il corri corri per trovare un cazzo di parcheggio a Bologna, poi devo stare in agguato per quaranta minuti con la mano sul volante e lo sguardo che è uno sguardo a metà fra lo sguardo di Clint Eastwood dei film western e lo sguardo dell’avvoltoio che di solito vola in tondo nel cielo nei film con Clint Eastwood  quando c’è qualcuno che sta per morire.

Alla radio – durante il mio agguato del parcheggio di quaranta minuti – ascolto lo scrittore Moccia che si dichiara onorato ed entusiasta che il libro suo bestseller tremetrisoprailcielo sia diventato non solo un film – che già lo sapevamo –  ma pure un musical.

Avevo voglia di calippo, oggi pomeriggio in autostrada mentre viaggiavo assieme a Daniele. Di un calippo frizzante alla coca cola. Ho imparato che ad aprile in autostrada non vendono calippi. Il calippo è un prodotto di stagione, a quanto pare si trova solo in estate. In autostrada un prodotto “continuativo”, ovvero che puoi trovare in tutte le stagioni – e in tutti gli autogrill – è la confezione di dieci ciucciotti colorati di plastica e caramella, con la parte che si ciuccia in caramella. Una delle caramelle più merdose di tutti i tempi, che pure vuoi osare ciucciarla rischi di sbrodolarti tutta il mento di saliva appiccicosa. E niente calippi.

Mi si chiede di pubblicizzare sul blogghe sto sito qua (www.khalla.it) che parla di affitti, case e problematiche connesse. Quando ignoti ti chiedono visibilità sul blogghe, cominci a pensare che Insomma, Perbacco, non sei mica uno qualunque, sei uno a cui chiedono visibilità.

Ma sono così stanco che oggi potrei lamentarmi e sparlare davvero di tutto, quindi meglio finirla qui. Tutti a vedere quel musical di cui sopra, mi raccomando. Io non posso, che domani road to riva del garda.

espiare inspirare espiare inspirare

mea culpa mea culpa mia grandissima culpa: ieri sera la radio in macchina trasmetteva Destinazione Paradiso di Grignani ed io ho sulla parte “un viaggio ha senso solo senza ritorno se non in volo” cosa ho fatto? ho cantato battendo le mani sul volante. Io che non ritengo peccato il fornicare e tantomeno il mancato santificamento delle feste, io che neanche vado in chiesa, io che i miei peccati me li devo inventare da me, io che di conseguenza non pratico la confessione dei peccati, io ho comunque bisogno di espiare i miei peccati inventati, di espiarli in qualche modo, ché sappiamo bene che l’espiazione è pure sempre una tendenza innata dell’uomo, e pure della donna, anzi soprattutto della donna (vedi la stretta correlazione nutella-cyclette di certe signorine di ma conoscenza). Allora cosa posso fare, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore del mio cantare battendo le mani sul volante, e mi confesso qua sul blogghe che è sempre meglio di niente. Se qualcuno mi propone una penitenza che non provochi eccessivo dolore, sono ben lieto di accettarla.

E per quanto riguarda il santificamento delle feste, ho messo a segno una doppietta di peccati, non avendo santificato né pasqua né pasquetta. La democristianità intrinseca di questo paese assume contorni paradossali: pare sia molto più grave non festeggiare la pasquetta che non santificare la pasqua. Se a pasqua non vai in chiesa, nessuno dice niente. Se però a pasquetta mandi tutti affanculo e vai a sciacquarti da solo la faccia nel mare, evitando concerti e agriturismi e sagre e cazzobubboli vari ed eventuali, ecco che subito ti guardano aggrottando la fronte.

Stamattina sono stato svegliato da incubi che non ricordo. Eppoi, sveglio e tachicardico com’ero non sono riuscito a prendere sonno a causa di Silvano che urlava nell’altra stanza alle prime luci dell’alba. Silvano, il pennuto verde oliva che si arrampica sulle tende, che vola sulla mia mano mentre sto pranzando e si incazza con la forchetta, che caca sulla gonna di mia madre piccole merdine bianche e verdi mentre mia madre guarda la tivvù seduta in poltrona, che si ostina a bere coca cola anche se le bollicine gli danno fastidio e dopo te la sputacchia in faccia.

Poi perdo il filo del discorso: dicevo, il santificamento delle feste.

Farò appena in tempo a tornare a Bologna che subito ripartirò per Riva del Garda, destinazione santificamento della festa di laurea di amica filosofa. Sì certo, proprio io che le feste di laurea bla bla bla. Il fatto è che non mai visto Riva del Garda, ecco perché ci vado. Non ho mai visto neanche il lago di Garda. Non ho mai visto niente che abbia a che fare col Garda. Non è vero, sto dicendo una bugia, una volta sono stato a Gardaland, ma ero troppo piccolo e di quella volta ricordo solo il brucomela. Non so se mi spiego, il bruco mela.

Come quella volta che mi portarono a Venezia, ma ero troppo piccolo e adesso di quel giorno ricordo solo i piccioni.

oltre un certo livello di sud

Quando sei a Sud, oltre un certo livello di Sud, ti accorgi che in realtà non sei più a Sud ma sei nel no-luogo dove il concetto di spazio tempo si squaglia al sole e non ha più significato. Diventa una poltiglia gelatinosa che si squaglia per terra che se ci metti il piede di sopra crederai di aver calpestato una merda e invece No, hai calpestato il concetto di spazio tempo che si è squagliato al sole.

Oltre un certo livello di Sud, per esempio il mio Sud dove mi trovo in questo momento, se ti viene voglia di uscire dalla Puglia ti servono quattro ore di corsa veloce in auto, facendo poche soste e sperando che non ci sia traffico o maltempo. E dopo quattro ore di corsa veloce in auto, se pure non hai trovato traffico e non c’era maltempo, ecco che ti ritrovi in Molise, che appena ci arrivi ti dici “Ah, è vero, esiste pure il Molise” quella regione piccola piccola che confondi sempre con la Basilicata, pure lei piccola piccola ma che alla fine poco importa se Molise o Basilicata, perché sei sempre al Sud e sei ancora a mille chilometri da tutto.

Poi invece dal tuo Sud Sudderrimo in cui ti trovi, puoi prendere l’aereo e ritrovarti a Londra in meno di due ore spendendo molto meno. E siccome non esiste un aereo che ti porti dal tuo Sud al Molise o fino in Basilicata, allora ti appare evidente come oltre un certo livello di Sud il concetto di spazio tempo si squaglia lo calpesti con le scarpe come fosse una cacca di cane.

Non so se mi spiego.

E siccome non mi spiego – perché la maggior parte delle volte non mi spiego – bisogna dire che i capovolgimenti di concetti sono tanti, mica si fermano a quello di spazio-tempo. Bisogna dire, per esempio, che in certe zone di semi periferia o quasi campagna, quando ai bordi delle strade non ci sono edifici ma solo terra incolta neanche recintata, in questi campi di terra incolta si troveranno simpaticissimi cartelli che ti avvertono “Attenzione! Divieto di Discarica!”, come se ci fosse bisogno di specificarlo, come se non fosse ovvio che non si possono scaricare lavatrici rotte e cessi frantumati nel primo campo incolto che incontri per strada. Evidentemente non è affatto ovvio, e infatti si trovano lavatrici rotte e cessi frantumati nei campi incolti ai bordi delle strade. Questi divieti ovvi, come li spieghi, bisogna vederli. E’ come se nei giardinetti pubblici di Como ci fossero cartelli che segnalano “Attenzione! Divieto di scuoiare i maiali!” oppure “Attenzione! Divieto di bruciare gli alberi!” oppure "Divieto di pettinare le babmbole!" oppure oppure oppure.

Ma che ne so.

Ricomincerò a vantarmi del mio essere salentino solo verso luglio-agosto.
Per adesso sono un lamento continuo che non vi dico.

tra un paio d'ore

mi metto al volante e vado giù giù fino al paesello. Nove ore di strada in questa simpatica giornata di tempesta. C’è gente in giro che si inzuppa di profumi dolciastri che puzzano come fossero creme abbronzanti. C’è gente in giro che puzza di crema abbronzante in giornate di tempesta come questa. Accumulo energie per il viaggio bevendo due tazze di latte invece di una sola, e addirittura mangiando una mela con la buccia. Tutte le altre mele le lascio fuori sul balcone, le mangeranno i piccioni. Tornando qui dopo pasqua troverò soltanto i torsoli, sul balcone. Ma i piccioni non mangiano mele. Pazienza. Vado. Carico le valigie sulla bruum brum.

Stay tuned.

non è che non ho voglia di andare alle feste di laurea

è che proprio non ho voglia di feste in generale.

è che non sento dentro di me il bisogno di sbracarmi, di rilassarmi – che c’è gente che dice vado alla festa e mi rilasso – e non ho neanche voglia di conoscere gente nuova, non ho voglia di far finta di essere interessato alle cose che mi dice la gente nuova che potrei conoscere, non ho voglia di dire andiamo a bere qualcosa alla gente nuova che potrei conoscere, non ho voglia di sentirmi fico e di farmi scrutare dalla gente nuova che ancora non mi conosce, che per lo meno una donna quando va ad una festa (achtung! quello che segue è un pregiudizio)  – una donna, dicevo, proprio quando non trova altro motivo per andare ad una festa – si stira e si lucida e si barda e si riassetta l’impalcatura per cercare di destare l’ipotetico interesse di qualcuno presente (non di acchiappare, sia chiaro, solo di destare, per poi tornare a casa e pensare: stasera ho destato) e non ho voglia di attizzare o di farmi attizzare, non ho voglia di bere tanto, o di bere troppo, non ho voglia di perdere la lucidità, non ho voglia di tornare a casa con la testa che fischia per la musica troppo alta, e con le narici intasate dal fumo della sala, e non ho voglia di vedere persone sudate fare la fila davanti alla porta del bagno dove una luce al neon illumina le loro facce sudate e sfinite, non ho voglia di vedere orde di aspiranti alla fornicazione, non ho voglia di ascoltare di striscio le frasi di battaglia degli aspiranti alla fornicazione, non ho voglia di ascoltare musica che non mi piace, ma attualmente sono poco disposto anche alla musica che mi piace, non ho voglia di vedere deejay disperati perché la gente non balla, non ho voglia di sentire nominare la parola deejay, non mi piace la parola cocktail, non mi piace proprio il suono di queste parole, non mi piacciono i deejay che posano il cocktails dietro la consolle, non mi piace la parola consolle, non mi piacciono i parenti che festeggiano, non ho voglia di fare gli auguri, non ho voglia di fare tardi, mi piace tanto l’odore della mattina.

Lo so che non ci crede nessuno, ma sono di ottimo umore.

facciamo tutti quanti ciao ciao con la manina

il Cuggino Rasta non vuole più essere citato in questo blogghe. Ha sbraitato al telefono motivazioni riguardanti la reputazione, le storie, gli intrecci, gli intrighi e cose di questo genere. La direzione artistica prontamente si adegua a questa richiesta, e quindi da oggi in poi (a meno di ripensamenti e deroghe) niente più aneddoti sul Cuggino Rasta. Anzi, ci tengo a precisare che il Cuggino Rasta è in realtà un bravo ragazzo con sani principi morali, rispettoso delle donne, riservato consulente spirituale e fervente cattolico praticante. Oltre a tutto questo, è anche il primo laureato in giurisprudenza con la specializzazione in ginecologia.

Forse avrei dovuto comporre un giusto epitaffio per un personaggio che sparisce e se ne va, ma non volevo spendere parole inutili. Personalmente preferisco ricordarlo così. Oppure così. Ma anche così va bene.