cose che se ne poteva fare a meno

Altre cose di cui si poteva benissimo fare a meno, di cui avrei voluto scrivere nei giorni scorsi e poi invece ho dimenticato (a dimostrare che anche del mio scrivere, se ne potrebbe fare a meno).

Numero uno. La nuova pubblicita’ del mangime dei gatti fatta da Oliviero Toscani. La non creativita’ di Oliviero Toscani ormai si avvicina molto (ma senza raggiungerlo) a quella di Luttazzi, solo che per ogni cazzo di Luttazzi, Toscani ci mette invece le tette, di solito mulatte.

Numero due. Il ritorno dei 99 posse con un singolo che tanto per cambiare parla di antifascismo e che comunica il concetto che loro per chi non lo sapeva, sono antifascisti.

a parte che tutta questa tensione

A parte che tutta sta tensione e attesa per il nuovo iphone allargato segna in modo inequivocabile il declino della società occidentale (tipo che tra cento anni guarderemo gli arabi fare lo stesso e ne rideremo snobissimamente). A parte il fatto che il colore dei jeans di Jobs non si può vedere. A parte il fatto che il cervello occidentale di ognuno di voi adesso sta cercando dentro di se i motivi per affermare che questa tavoletta vi servirebbe tantissimo (la risposta è dentro di voi, ma la ignorerete). La domanda semplice semplice per la nuova tavoletta diventa: è possibile sedere sulla poltrona sbracato, appoggiarla sulle ginocchia e ticchettare a due mani quello che ti pare? No, a meno di incurvarti tutto in avanti, o farlo con una mano soltanto. Punto. La discussione è finita.


(nella foto: il trucco dei creativi Apple per aggirare il più grosso svantaggio della tavoletta nei confronti di un qualsiasi netbook. Hanno appeso il modello per le caviglie al soffitto e gli hanno posato la tavoletta sulle gambe)

di cinesi, di diete

Il cinese torna dalla Cina e mi ferma sulle scale mentre salgo in camera. Mi dice aspetta aspetta. Entra nella sua camera, torna con un secchio pieno di cioccolatini cinesi. Ne prendo uno sorridendo ma solo dal naso in giù. Prendine di più mi fa. Mannò grazie, uno è sufficiente. Mentre entravo in camera poi ho pensato a sto gioco che mi sono messo a fare della dieta che non mi serviva.

Due mesi fa ho deciso che dovevo dimagrire 4 chili. Mai stato grasso in vita mia, anzi. Mi proponevo al mondo con ottantadue chili per un metro e ottantacinque – record assoluto di sempre – di cui una porzione significativa di cervello (certo). Ho letto su di un sito di cose serie che per capire il peso giusto devi anche misurare la circonferenza del polso, e a quanto pare in base a questa misura ho le ossa sottili, e avendoci le ossa sottili, mi si informava che il mio peso ideale era 4 chili in meno. Allora ho deciso che pure non esssendo strettamente necessario, avrei fatto la dieta. Anche per capire perchè tutti parlando di diete, e di quanto è difficile perdere peso, e di tutti quelli che dicono che loro mangiano pochissimo però non perdono peso. Ho cominciato così sta dieta fantasiosa ed estemporanea per perdere 4 chili, e ho perso 4 chili. Le prime settimane però non ho perso niente, ma subito ho capito una cosa: che per perdere peso la cosa prinicipale non è muoversi (io mi muovo, eh) nè nutrirsi di scemenze dietetiche. La cosa principale è avere fame. Hai fame? Stai dimagrendo. Non hai fame? Non stai dimagrendo. È semplicissimo. Quindi tutta la questione si riduce ad un semplice punto: sei disposto a convivere con la fame per un certo periodo della tua vita? Se Sì. Ok. Se No, lascia stare.

Ma il cinese, adesso me lo ricordo, era tornato in Cina per suo zio che aveva avuto l’infarto. Io ho preso il cioccolatino e non ho chiesto niente, come sta tuo zio eccetera eccetera. Non ho chiesto niente. Che bestia.

 

i fan dello stupro di gruppo su facebook

Gabriella Carlucci (Pdl): «E’ un indecenza» 
Walter Veltroni (Pd): E’ una vergogna, quel gruppo va chiuso immediatamente.»  
Gianpiero D’Alia (Udc): «Ormai è una giungla che si sta rendendo complice di ogni genere di nefandezza»   

Volevo informare quella caterva di personaggi illustri che si sono scomodati per condannare con paroloni e indignazioni e strappamenti di capelli quel pirlotto che su FB ha aperto una pagina per i fan dello «Stupro di Gruppo», che dalle mie parti, quand’ero bambino, c’erano dei tipacci che accendevano i botti di capodanno in culo ai gatti, e per questa vergogna non c’è mai stato un solo comunicato stampa, ma nemmeno uno, e insomma per quanto mi riguarda, è proprio una vergogna.

(cioè: capito? Un pirla un giorno si sveglia e scrive una cretinata, e quelli fanno i comunicati stampa. Su internet ormai da dieci anni hanno capito che i troll provocatori vanno ignorati, quelli invece ancora si vantano di saper pronunciare cose come feisbuc.)

facebook, il manifesto

Premesso che un iscrizione a Facebook non è da escludersi, ma solo in un ipotetico futuro, se mai Facebook dovesse diventare indispensabile alla mia vita su questo pianeta.     

Premesso che parlare di Facebook non è cosa da poco, perchè significa parlare di comunicazione e di quello che sta diventando oggi la comunicazione, e di come tutto questo influenzi la nostra concezione di comunicazione (per noi che esistevamo anche prima di Facebook) senza contare che questo sarà più o meno il modello di riferimento per quelli che verranno dopo di noi (perchè non sapranno com’era la vita prima del social networking).        

Dichiaro che la mia opposizione a Facebook è dettata dai seguenti motivi:

Se non ci fosse, non ci sarebbe assolutamente bisogno di inventarlo.         
FB non aggiunge niente a quello che già c’era. Vuoi comunicare con qualcuno in particolare? Vuoi comunicare col mondo? Oppure solo con una ristretta cerchia di amici? Bene, hai la mail, Skype, Messenger, i blog (privati, o pubblici), gli spazi web gratuiti, i siti per caricare fotografie e video, siano essi privati o pubblici. Te li scelgli tu, come piacciono a te. La differenza è che con FB è tutto integrato in una sola cosa. Che poi vuol dire, in altre parole: ci sono molti più vincoli. Ma soprattutto: è un bisogno che ti è stato proposto. Non ne avevi bisogno, poi te lo hanno proposto ed hai pensato: cacchio, ne ho proprio bisogno! Lo voglio! Come i telefoni zeppi di optional che poi alla fine non usi. Non ne avevi bisogno, ma poi lo hai comprato lo stesso perchè era troppo bello. E adesso con FB i vostri dati sono tutti lì, non più sparpagliati nella marea di internet, ma belli incasellati e pronti per la consultazione. Contenti voi.        

Io di amici ne ho al massimo, ma proprio volendo stare larghi, una quindicina.           
Con FB invece si raggiungono le centinaia, se ci si lascia andare a considerare “amici” anche vecchie conoscenze, colleghi e il fratello della fidanzata della zia morta vent’anni fa in Lussemburgo. Una cosa bella di FB è che pure non essendo iscritto, posso vedere chi sono gli amici delle persone che conosco. Ed io so benissimo che alcuni fra quelli che vedo non sono nemmeno lontani conoscenti. Alcuni proprio si odiano. Il numero di “amici”, poi,  è una delle prime informazioni che ti danno, e sta sempre lì in evidenza.. Tizio ha tanti amici, mentre Caio qualcuno di meno, ma promette bene. Nasce il sospetto che per il Facebokkiano diventi una gara ad accumularne sempre di più. Nella mia vita normale non mi sono mai posto il problema di pensare quanti amici ho – tranne in questo momento – o quante persone conosco. È irrilevante. È qualcosa che fa parte dei telefilm americani, dove si parla della ragazza pon pon “popolare” confrontata con la “sfigata” che sta sempre nell’angolo che ha solo due altre amiche sfigate come lei.       

Ma che fine hai fatto? E come stai? E dove stai? Ma pensa te.      
E poi niente più. Voglio dire, puoi pure ritrovare il vecchio amico che non sentivi da dieci anni – questo lo concedo, può succedere, che bello – ma quanti degli amici ritrovati ti eri impegnato a cercare? Chi cerca trova: tu hai cercato? Li hai aggiunti ai tuoi amici perchè FB ti ha fatto nascere il bisogno di «cercare amici perduti» o davvero ci avevi provato in passato, di ristabilire un contatto con loro, e non ci eri riuscito? E quando li hai trovati, hai poi ristabilito un rapporto con loro oppure ci scambi frasi smozzicate in chat? Li hai poi chiamati al telefono, questi amici ritrovati? E adesso vi sentite come prima o è stata solo una carrambata di una sera? E se è stato solo un momento – ma magari No – però adesso questi mezzi sconosciuti verranno a spulciare ogni giorno nelle tue cose, e allora quello che scriverai, le fotografie che metterai, saranno influenzate da questo sbirciare, che per alcuni è anche compulsivo.             

Affezionato a certi ricordi, non mi va di barattarli con nulla.     
Ho pochi amici, alcuni li raggiungo con la voce via internet, mentre alcune persone – che ci sono cresciuto insieme – non le vedo quasi mai. Ci rivediamo una volta all’anno, oppure meno, e ogni volta, quando succede di reincontrarsi sono sinceramente felice di avvicinarmi a loro, di incrociare il loro lo sguardo, della pacca sulla spalla che ricevo, di quella che do,  dell’odore che riconosco e che riporta immagini agli occhi, della mezza ruga che scopro sulla faccia, e di tutto quello che è stato e che ho cristallizzato da qualche parte nella testa. Mi piace il reincontrarsi, mi ricorda la trama di Due di Due, mi pare giusto che le cose vadano così, e se proprio non è giusto – se anche potrebbe andare diversamente – mi piace che nella mia vita vada proprio così, che ci siano questi momenti. Mi piace ascoltare il racconto dei cambiamenti, riconoscere le espressioni facciali mutate nel tempo ma che in un certo senso sono sempre quelle. Mi piace poi dirsi Ciao che tanto prima o poi ci si rivede, e invece già lo sai che passeranno mesi ma anche anni, però comunque la prossima volta sarà bello uguale. Magari si può cancellare tutto questo tenendosi in contatto continuo (con relativo aggiornamento fotografico) e nessuno garantisce che sia sbagliato – fatelo pure, voi Facebookkiani – ma io ste cose voglio tenermele così come sono, e voglio sapere che negli anni potrà essere ancora così.              

Il tempo che porta via.           
Ore e ore. Va bene, tu invece lo sbirci solo una volta al mese. Però si dice in giro che FB porti via molto tempo, e che scateni un atteggiamento compulsivo trascinando verso la dipendenza. Se ho tempo, scrivo. O corro, o leggo. O studio. Soprattutto leggo. Mi manca solo diventare dipendente di un giochino succhia tempo.      

Siamo soli.            
Questo è un concetto filosofico: noi siamo soli, e saperlo fa un po’ male. È una cosapevolezza che si cerca di tappare con le pezze che si hanno a disposizione. La socialità compulsiva, le amicizie morbose – una volta era ciondolare al bar – adesso i messaggini, il social networking, il chatta chatta. Per alcuni queste sono solo delle pezze. Sono solo un rimandare il momento della consapevolezza, oppure per lenire il dolore di questa consapevolezza. Sono molte meno ore da soli con noi stessi, le ore che non va di sopportare. Gli amichetti virtuali, il plin plin dei messaggi che arrivano in chat, tutto questo aggrapparsi ostinatamente agli altri, sono analgesici che funzionano finchè ci credi. Io cosa posso farci, non ci credo. Non ci riesco. Cosa posso farci.           

+961% solo nel 2008, ma si sgonfierà.          
Però intanto siete stati i cerini di questa fiammata. E siete pronti per fare i cerini della prossima che prima o poi arriverà.  

perchè io valgo (più del mio telefono)

In Italia arriva l’iPhone. Tutti ne parlano. Le tariffe sono scandalose ma la gente sbava ugualmente per la cazzatina Mac. Io invece voglio fondare l’associazione Nokia low cost, ne potranno fare parte solo i possessori di telefono a prezzo minimo. Membri onorari saranno i possessori di un Nokia 3310 ancora funzionante. Il mio purtroppo è defunto da tempo, ma ho scovato un sostituto perfetto qui in Paese Basso pagato circa 19 euro. È bellissimo e ha certi pixeloni grossi e rozzi e quadrati come piacciono a me. E poi insomma va detto: un telefono che costa più di centocinquanta euro è volgare. E’ un gesto volgare comprarlo. Vuoi chiamarlo lusso? Non è nemmeno lusso, perchè più o meno un telefono da 500 euro se lo possono permettere (quasi) tutti. E’ un gesto volgare e basta.

io c'ho sto pregiudizio fortissimo

Io c’ho questo pregiudizio fortissimo per il quale ogni volta che sento una notizia che arriva da Roma storco il naso. Perchè se una cosa succede a Empoli o a Trapani non esce nulla, ma se succede a Roma poi ci sono subito le prime pagine dei giornali. Adesso è la volta della «aggressione fascista» alla Sapienza, che ovviamente sta su tutte le prime pagine. Premesso che una percentuale di pirla che si prende a morsi in testa per questioni ideologiche esisterà sempre (purtroppo) a vedere tutti sti titoli dei giornali, ti viene la curiosità di sapere cosa è successo mai, alla Sapienza di Roma. Cosa è successo?

Niente, hanno spaccato un vetro ad una Hiundai e un paio di graffi nemmeno tanto gravi. Ecco cosa è successo. Uno pensa chissà che, e invece niente. Il povero fotografo arrivato lì non sapeva cosa fare, e allora ha fotografato la Hiundai col vetro rotto da tutte le angolazioni possibili. Ma davvero tutte le angolazioni possibili (uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette). Manco la macchina del ritrovamento di Aldo Moro. Al tizio col graffietto, invece, gli hanno fatto tutto un servizio fotografico che nemmeno una sposa viene immortalata tante volte sullo stesso insignificante particolare (uno, due, tre).

"ci saranno una venti di mila persone al giorno"

Le foto del santo morto scoperchiato che in queste ore stanno pubblicando i vari giornali online, con le relative discussioni (si è decomposto, non si è decomposto, si è conservato bene, mettiamoli una maschera in faccia che sennò poi i fotografi…) mi fanno profondamente schifo, e va bene la libertá di culto, epperò dai, che schifo. Una cosa è la libertá di culto, un’altra è scoperchiare un morto e mandare l’evento in diretta tv. Poi vabbè, davvero malizioso questo giornalista che si presenta alla celebrazione del santo scoperchiato e fra tutte le persone presenti decide di intervistare il venditore di cimeli del santo, proprio quel venditore e con quegli occhiali da sole, proprio con quella faccia da brava persona devota che ha ricevuto la grazia.

Qui il video (il mitico compare intorno al 1:00).

Update: la maschera, a quanto pare, l’hanno fatta proprio quelli di Madame Tussauds. Cioe’ quello che si vede e’ un pupazzo. Che, puoi vendere portachiavi con uno scheletro in decomposizione? Ma figuriamoci. 

un paio di veli pietosi

Stendiamo un velo pietoso su tutto lo spam riguardante i siti di incontri con le anime gemelle che ti arrivano il giorno di san valentino. Questo mondo di anime gemelle che maturano a febbraio come frutti maturi di stagione.  E poi ancora: stendiamo un velo pietoso sul film di Muccino, quello piccolo, il Muccinino, e sui fidanzatini che rilasciano l’intervista ai giornali dicendo che per festeggiare vanno a vedere il film del Muccinino. Che poi sta cosa di andare a vedere il film sentimentale (e poi chi lo sa, magari Muccinino ha pure cacato un bel film, ma io di certo non lo saprò mai)  assieme al fidanzatino/a, che sorta di atteggiamento è? Voglio dire: cosa mi significa? Quale pulsante cerebrale viene premuto per convincerti ad andare a vedere un film sentimentale col fidanzatino/a? In cosa risiede la goduria? Potrei lontanamente comprendere quelli che ci vanno in quanto sprovvisti di fidanzatino/a, con lo scopo perverso di figurarsi una storia stupenda e sbrilluccicosa con qualcuno che non esiste (per esempio chi? il Muccinino? brrr …), ovvero quelli che ci vanno per prendersi inconsciamente per il culo, per poter uscire dalla sala con i cuoricini pupillari che durano quel quarto d’ora, venti minuti al massimo. Ma gli altri? Ci andate col fidanzatino per trovare l’ispirazione? Non sapete piu’ cosa dirvi e cosa fare, e andate a prendere appunti dal Muccinino? Il vostro ragazzo è un analfabeta balbettante che non riesce a mettere insieme tre parole carine da dirvi e allora le andate ad ascoltare in dolby surround in un sala che puzza di pop corn? Il vostro ragazzo è uno di quelli che abbocca alle promozioni dei telefonini di san valentino che ve ne vendono due al prezzo di uno?  È uno di quelli che trova copia le frasi sdolcinate dai siti a pagamento?  Mh?

Il problema vero, nel farsi queste domande, è che le domande nascono provocatorie e assurde, ma proprio mentre le sputi nell’aria ti rendi conto che invece No, e poter condire queste tue parole – che credevi tanto provocatorie e assurde – con dei link significativi, peggiora solo le cose.

in treno i compagni di viaggio

In treno, i compagni di viaggio che ho avuto li descrivo nel modo più asettico possibile (ehm, vabbè, si prova).

Sul sedile due file più dietro, una ragazza ha gli occhi truccati da antica egiziana e i capelli tirati su fino alla sommità del cranio. Parlotta al telefono. Ho già detto che parlare al telefono in treno per più di quattro minuti è segno di lucifera maleducazione? Vabbè, comunque il punto non è questo. La ragazza parla con un’altra donna. Dopo dieci minuti di coccodè litigiosi al cellulare, si viene a capire che la ragazza è incinta e l’interlocutrice al telefono sarebbe la moglie dell’uomo che l’ha messa incinta. Pure lei incinta. La ragazza sapeva della moglie, la moglie non sapeva. Ora sanno di essere ambedue incinte. La ragazza al telefono mi ispira brividi di paura, mentre la ascolto discutere di questa tragedia con l’altra tizia. Sibila tutta una serie di coccodè e parole tipo Equilibrio Psico Fisico, Impostazione delle Argomentazioni. Problematiche Organizzative. Tutte parole che pure nel contesto di una riunione aziendale ti sembrano inutili – che il linguaggio decorato a questo modo è inutile – figuriamoci quando si parla di ste cose. "Coccodè, Coccodè, devo riconsiderare le problematiche organizzative di questa situazione. Coccodè".

Sul posto davanti a me, scorgo fra i sedili la nuca di un ragazzo biondino ingelatinato. Parla dei suoi viaggi in giro per l’Italia. Fa casting per la moda e la pubblicità. Non è ancora riuscito a sfondare però – afferma – si è fatto già un bel corso di portamento e un book fotografico professionale “con fotografi professionisti che sanno dove mettere le luci e tutto il resto”. Duemila euro già spesi. Racconta del produttore ricchione che se lo voleva portare sullo yacht e dei provini del grande fratello che lui non ci va perchè – ha saputo dal produttore ricchione – i posti sono già dati da tempo. Figuriamoci se ci va, lui mica si fa fregare. Ha fatto parte del pubblico applaudente di un quiz serale e un paio di comparse mute in un telefilm, rimoborsate con qualche decina di euro che non gli bastano neanche per il biglietto del ritorno a casa. Quando finalmente lo vedo in faccia – che fino a quel momento solo la nuca – mi accorgo della sua faccia di ragazzo normale, però più basso di me e con i sopraccigli depilati a striscia orizzontale su gli occhi.

Sti viaggi in treno sono master in sociologia di primo livello.

consigli per gli acquisti

Ah, che bello, finalmente una nuova scusa per spendere soldini: la cornice digitale. Coi negozi pieni di roba che già ce l’hai, che se pure ti impegni a trovare qualcosa di nuovo da regalare non la trovi, qualcuno doveva inventare la nuova cazzatina per risollevare gli istinti predatori natalizi, e porca miseria ci sono riusciti. La cazzatina è pronta si prevede che se ne impacchetteranno a migliaia nei prossimi giorni. Se ne sentiva proprio il bisogno, no? Io personalmente continuavo a girare per casa non sapendo proprio dove infilare le mie foto digitali per farle vedere agli amici. Ma adesso per fortuna il pericolo è scampato. Fiuuu, che paura, guarda, c’è mancato poco che mi trovassi con una scheda di memoria in mano senza sapere dove andarla ad infilare. Che me la sarei infilata in bocca e l’avrei masticata per lo spavento, guarda. Fiuuu.

Per il resto. 

Appena finito di leggere questo libro, lo si consiglia caldamente e (al contempo) si ammette che se ne subiranno le conseguenze stilistiche negli scribacchinamenti miei prossimi venturi. Ma 369 pagine sono solo per quelli che si affezionano ai personaggi di carta e non vogliono essere abbandonati dopo soltanto tre sere di lettura. Avvertimento.

i pubblicitari hanno sempre ragione

e se hanno deciso che in Italia siamo più ricettivi all’immagine di due donne che si infilano la lingua in bocca (e per estensione a tutti i riferimenti ritenuti generalmente provocatori, quindi mettiamoci pure culi tette froci pipì e popò) allora vuol dire che è così e basta, e c’è poco da discutere.

i cambiamenti

I cambiamenti portano modifiche alla vita. Per adesso mi succede solo che (random):

– Vengo chiamato per fare il fantoccio promozionale di una importante azienda di elettrodomestici e dico No Grazie Non Interessa. 

– Giunge a casa una bella lettera intestata ad un egregio dottore che ancora non mi rendo conto di essere io – l’egregio dottore – zeppa di depliant pubblicitari per una serie di Master post laurea con rette da tantimila euri, una di quelle cose che ti fanno capire come l’Università non si stanca mai di ciucciare cose e soldi e aspirazioni dai suoi bambocci belli. Penso di gettare la lettera direttamente nella spazzatura ma poi noto che sulla sedia c’è una piccola punta metallica che rischia di rovinarmi i jeans nuovi, e allora la lascio sulla sedia con la funzione di salva jeans. 

– I jeans: dopo anni e anni torno ad infilare le pudenda in un paio di Levi’s. La mia epoca di pantaloni bracaloni – sia chiaro – non finisce qui, i pantaloni bracaloni restano ancora i preferiti.

– Le felpe di quel marchio tanto aristocratico denominato De Puta Madre, ne ho incontrate due in poche ore qui vicino casa. Lasciano addosso un senso di vomito come al solito però questo senso di vomito adesso ha un senso di transitorio che mi fa stare tanto meglio.

come tu mi vuoi

Si ripropone il tema della finta racchia di cui ho già blaterato per la serie televisiva Ugly Betty anche nel nuovo film "Come Tu Mi Vuoi", in uscita in questi giorni, un film dove la finta racchia sarebbe l’attrice Cristiana Capotondi. In pratica se ho capito bene la racchia sarebbe la Capotondi a cui vengono aggiunti di un paio di occhiali, qualche pelo in faccia e forse anche una confezione di brufoli artificiali. Poi succede che la racchia si innamora del Vaporidis di turno e allora si da un’aggiustatina e così all’improvviso da brutta che era, diventa bella. Si ripropone dunque il tema della racchia che sotto sotto racchia non è, che è racchia ma solo in modo stereotipato. Si riprone sta storia della finta racchia (una ragazza carina, la Capotondi) che se si da un’aggiustatina, diventa attraente (ma era già attraente da prima). 

Di nuovo quello che mi viene da dire è: cari sceneggiatori, ve le porto io un paio di belle cozze di prima categoria, di quelle cozze irrecuperabili, e voglio vedere se ci fate fare un film col Vaporidis. Voglio vederlo al Vaporidis che infila la lingua in bocca a certi catamarani che vi proporrei io. Voglio vedere se riuscite a far passare l’idea che basta curarsi un po’ per sembrare più carine, l’idea che la bellezza è dentro ognuno di noi e bla bla bla. Ve le porto io certi rottami indefinibili che non avete nemmeno idea, e vediamo proprio cosa riuscite a fare.

beee fanno le pecore

Si si bravi, comprate le zucche, mettete le zucche in vetrina, e i cioccolatini con la carta arancione, comprate pure quelli. E certi manichini con il cranio a forma di zucca nei negozi griffati avvolti da ragnatele, come sono adeguati, come sembrano la cosa giusta al momento giusto. Bravissime, accattatevi i cappelli da strega e andate in giro a fare buuu, come siete brave. Come vi hanno insegnato sui banchi delle scuole medie per il compito in classe, non bisogna mai uscire fuori tema, si deve sempre rispettare la traccia che vi è stata assegnata da chi ne sa più di voi.

Buuuuu, che paura.