Seduto in un pub ho già fatto la faccia brutta al barista perchè la Guinness non è stata prodotta subito. Seduto in un pub, sono di fianco ad un paio di gay anziani vestiti da lord pronti per la caccia alla volpe. La birra non è arrivata subito perchè quello lì, il barista, aveva da fare. Così ha detto il suo collega tatuato col ciuffo scolpito e le basette di venti centimetri. Aveva da fare. Ricordo che qualche anno fa si vedeva spesso in tivvù quel tizio pelato con gli occhiali che aveva sempre qualcosa da dire – si chiamava Agnoletto, ecco come si chiamava che non mi veniva – che poi all’improvviso è sparito. Uno dei due lord gay è uguale sputato ad Agnoletto. Che fine ha fatto quello lì? Non ha più niente da dire? Nessuno lo ascolta più? Ed io, perchè me lo sto chiedendo stasera?
Sul soffitto hanno appeso un enorme mucca di plastica, vicino al ventilatore fermo e ad un pappagallo verde impagliato. Stamattina avevo voglia di indossare i miei jeans decadenti sdruciti con le tasche bucate, ma erano troppo sporchi di nero sulla parte interna a causa del grasso di bicicletta. Gli ho messi comunque, ma ho messo pure la cravatta con il solito intento di bilanciare i possibili pregiudizi sui pantaloni disastrati. Quella mucca di plastica è stupenda, ad avercene spazio in casa, una mucca di plastica appesa al soffitto sarebbe una cosa da fare gli spavaldi con gli amici.
Ieri guardavo la tivvù britannica, c’era un documentario sulle cause di morte più comuni in caso di incidente aereo. Non è sempre l’urto che ti uccide – hanno spiegato – molto spesso sono le fiamme e il fumo. Le fiamme, soprattutto. Le hanno provate tutte – spiegava la voce narrante britannica – anche il carburante gelatinoso che non si spande nell’aria come quello liquido, ma con scarsi risultati. Arriva la fiammata e sei fregato.
Un aereo era appena precipitato in un lago ghiacciato da qualche parte negli Stati Uniti quando in cucina è entrata una tizia in pigiama – uno di quei pigiami che lasciano l’ombelico di fuori – ed io seguendo il protocollo mi sono presentato. C’aveva capelli lisci e una faccia da Meryl Streep già con la promessa di vecchiaia negli occhi.
Ah, sei tu l’italiano? Ma guarda, anche io sono italiana! Però vabbè, sai, non so parlare l’italiano. So dire soltanto Ciao, Pizzeria, Cazzo e Bertolli.
C’è da dire che la Bertolli è molto famosa da queste parti. Si viene a sapere che la tizia in pigiama – questa Meryl Strippa che non parla italiano – è una ulteriore inquilina di questa casa, figlia di una donna olandese e di un pizzaiolo romano che circa vent’anni fa è arrivato da queste parti, ha messo su famiglia, ha fertilizzato una donna del luogo, poi ci ha ripensato ed è tornato in Italia. La tizia pigiamata non ha frequentato molto il paese del padre, però gli altri dicono che manifesta molto bene la sua percentuale di sangue italico facendo molto più rumore della media dei ventenni olandesi. E infatti ieri l’ho vista per strada che urlava alla finestra di un suo amico con le mani ai lati della bocca. L’amico poi si è scoperto essere il suo ragazzo, un rapper pallidissimo che ho ammirato mentre cucinava la pasta. Dell’aereo precipitato nel ghiaccio si sono salvate una cinquantina di persone, comunque.