L’ultimo esame che resta per completare la mia fulgida carriera universitaria di fulgido studente universitario dallo splendente libretto di giada, è un misero Esame Pernacchia. I professori degli Esami Pernacchia sono generalmente dei bonaccioni – di solito anzianotti – che se pure ti presenti il giorno dell’esame vestito da Pulcinella, saltando e ballando e suonando le ascelle e recitando all’incontrario la Vispa Teresa con intenti satanici, quelli sono capacissimi di dirti che va bene così, che forse potevi fare di più ma che comunque può andare bene così.
—
E allora succede che le motivazioni devo sforzarmi di trovarle fra le pieghe delle lenzuola sfatte della mattina. E allora succede che certe mattine mi sveglio e davvero mi chiedo perché devo tirarmi su dal letto, e chi me lo fa fare. Siccome poi non trovo neanche un motivo per rimanere disteso, alla fine succede che mi tiro su. Un anno fa ero così impegnato con lo studio che la mattina mi svegliavo già nervoso e bestemmiante, mi tiravo su di scatto e consumavo i cinque passi di pavimento che mi separavano dal tavolo col libro già aperto, e con gli occhi stropicciati e il pigiama ancora caldo cominciavo a rimuginare di emoglobina e ormoni tiroidei, senza neanche aver sollevato la tapparella, senza essermi lavato, senza avermi pisciato, senza avermi colazionato, senza avermi caffeinato. L’impellenza del bagno e la fame servivano a tenermi sveglio, almeno fino alle dieci di mattina, poi di solito mi sentivo svenire. Dopo una giornata trascorsa così arrivavo addirittura a considerarmi un eroe, e la mia lotta libresca contro i parametri biochimici dell’insufficienza cardiaca congestizia assumeva i contorni epici di una battaglia in cui io prendevo (idealmente) a pugni il mio libro di clinica medica. Un pazzo furioso che la mattina si svegliava e ringhiava al suo libro: adesso ti faccio vedere io, adesso ti faccio.
—
adesso ti faccio vedere io, adesso ti faccio.
—
A proposito di ripetizioni nella prosa, l’altra sera sono andato a sentire parlare Paolo Nori, in un posto in piazza maggiore che faceva un caldo bestiale. Adesso c’ho pure sta sciarpettina sottile e bellissima che mi ci sono subito affezionato, e dimentico sempre di srotolarla dal collo e metterla in tasca, nei momenti in cui andrebbe srotolata, e me ne ricordo solo quando ormai sto schiattando dal caldo. Quando Paolo Nori ha finito di parlare ha chiesto ci sono domande?, e io la domanda ce l’avevo pure nella testa, ma era una domanda caustica e polemica circa una frase che lui aveva pronunciato poco prima. Poi sarà stato il caldo – che ne so – o chissà cosa, la domanda alla fine non l’ho fatta. E per fortuna che la domanda non l’ho fatta, ché dopo si è andati con Paolo Nori, Stefano e altri personaggi a bere una cosa tutti assieme, e non mi sarebbe piaciuto andare lì col fastidioso precedente di una domanda polemica e caustica sul groppone. Che in fondo basta un niente per farmi sentire a disagio, a me.
—
Ma dicevo, studiare.
—
L’Esame Pernacchia mi racconta dei metodi di macellazione degli animali, metodi di preparazione allo squartamento e delle opportune operazioni da effettuarsi nella fase post squartamento. Una cosa molto splatter, insomma. Una cosa che provoca subito lo sbadiglio e che mi viene da giocare agli equilibrismi delle penne tenute fra il naso e il labbro superiore contratto all’insù. Uno di quegli equilibrismi che poi la penna ti cade sul tavolo e ricominci daccapo, ci provi di nuovo, ti casca di nuovo, e ricominci daccapo. Poi la penna cade sotto al tavolo e ti incazzi.
—
Ma ci devo trovare l’interessante, in tutto sto splatter, sennò diventa impossibile andare avanti.
—
Allora pare che gli ebrei e i musulmani non accettino lo stordimento pre-squartamento degli animali. Noi cattolici (Dico per dire) gli animali li stordiamo fracassandogli il cranio o gasandoli col monossido di carbonio, e poi dopo li dissanguiamo. Ebrei e musulmani No, loro li dissanguano quando sono ancora coscienti.
—
(questo e molto altro, su Rieducational Splatter Channel)
—
E poi ebrei e musulmani c’hanno i loro animali impuri, noi (“noi” in senso lato) invece ci ingurgitiamo tutto l’ingurgitabile. Io adesso non posso dire che esiste un passo del Vecchio Testamento (questo qua) che in casa usavamo recitare per farci delle grasse risate alla sera discutendo di animali puri e impuri secondo la tradizione ebraica, dopo aver ingollato il tradizionale paio di litri di birra del dopo cena. Non lo posso dire ché potrebbe suonare blasfemo, e allora non lo dico.
—
Anzi, non dico più niente che si è fatto tardi.
—
P.S. per eventuali anatemi e/o maledizioni, usare l’indirizzo di posta qui a lato.
Archivio mensile:febbraio 2007
vengo a sapere che
Vengo a sapere che nel mio letto – durante la mia assenza – si è consumato dell’amore saffico. Accolgo la notizia con indifferenza, anche perché in quel letto ci ha dormito mezzo mondo e figurati se adesso mi devo far impressionare da un po’ di lesbo. A quanto pare, anche per l’amore saffico è necessario avere a disposizione un pacchetto di fazzoletti vicino al letto. Non si smette mai di imparare. Uno vede ste cose e poi di conseguenza si fa delle domande. E le domande – ahimè – restano domande. Tanto per restare in tema, vado dal coinquilino Billigiò che studia nella stanza a fianco e gli chiedo:
—
– Pensavo: dato che in Italia fra poco ci saranno i Dico, perché non ci sposiamo?
– Eh, lo pensavo anche io. Ma ci conviene davvero?
—
Epperò così mi passa tutto il romanticismo, e non mi va di preparare il corredo per un matrimonio di interesse. E comunque pare che il governo sia caduto, o forse è solo inciampato, e quindi per adesso niente Dico, niente di niente. Ieri mattina, immerso nella mia attuale nullafacenza, ho seguito alla tivvù il discorso del ministro col baffo che tentava di convincere la platea delle sue ragioni in politica estera. La platea alla fine non l’ha convinta, però a me, che sprofondavo nel divano coi pantaloni del pigiama, mi ha convinto eccome. Mi sono detto: ma guarda che personaggi lucidi ed equilibrati abbiamo al governo! Ma che bello averci un ministro che dice queste cose e che le dice in modo così convincente! Ovviamente quando una cosa – o una persona – è di mio gradimento, automaticamente quella cosa o quella persona non può essere gradita alla maggioranza. E infatti il ministro col baffo è stato bocciato per pochi voti. Forse dovrei cominciare una carriera di consulente per politici: tu politico vuoi fare carriera? Non devi piacermi. Devi starmi antipatico. Ti dico io come fare, devi sforzarti di non piacermi. Si potrebbero fare dei bei soldi, con questa carriera di consulente per politici, no?
—
Narra la leggenda che il ministro col baffo bazzicasse in gioventù dalle mie parti, e che talvolta si trovasse con mio zio a passeggio. Narra la leggenda che il ministro col baffo da giovane giocasse appassionatamente col flipper di mio zio, questo flipper anni 70 che in seguito mi ha accompagnato in tutta l’era pre-videogiochi della mia infanzia terronica.
—
Ricordo che da bambino mi dicevano: vedi quel flipper? Ebbene, devi sapere che quel flipper bla bla bla. Di tutte queste storie sul flipper anni 70, di tutti questi bla bla bla ricordo gli aneddoti sul ministro col baffo che da giovane si accaniva sui tasti per far sbalzare la pallina di acciaio del flipper. Molti anni dopo il ministro col baffo, sullo stesso flipper mi ci sono accanito io. Ho cominciato che ero piccolissimo e non arrivavo a vedere la pallina, epperciò dovevo salire su di una cassetta di plastica di quelle che si usano per vendere la frutta al mercato. Ho tante foto di me in bilico su varie cassette della frutta, o su sedie di plastica, che a cinque anni abbraccio il flipper enorme per arrivare con le mani da un tasto all’altro. La passione per la pallina di acciaio era travolgente, e se un mio fratello si avvicinava per giocare, dovevo scegliere fra un pugno in piena faccia e la magnanima concessione di uno dei due tasti del flipper. Il più delle volte erano pugni in piena faccia. Del resto in tutte le aggregazioni umane, la democrazia è solo un passo successivo. All’epoca vigeva incontrastata la dittatura.
—
La passione per il flipper era davvero travolgente, al punto che un giorno mi pisciai addosso mentre picchiavo sui tasti in bilico sulla cassetta della frutta. Avevo avvertito lo stimolo, ma non potevo assolutamente abbandonare la postazione perché ero in lotta per un nuovo record di punteggio. Eppoi, abbandonare la postazione voleva dire offrirla ad un fratello che aspettava come un avvoltoio nei paraggi, e di conseguenza voleva dire inaugurare una nuova guerra di tirate per i capelli e pizzicotti sulle braccia abbronzate di cinquenni. Così mi pisciai addosso, fra le gran risate degli adulti presenti. Ovviamente mi feci fotografare anche così, coi pantaloncini abbassati e le mutande inzuppate di urina da cinquenne invasato del flipper. In quella foto, se si toglie la mutanda pisciata, sono davvero bellissimo, sono uno splendido bambino abbronzato degli anni 80. Quella foto so benissimo dov’è nascosta, e la lascio nascosta che è mooolto meglio così.
—
Come si può notare sono bravissimo a cambiare discorso, e oggi c’è proprio bisogno di cambiare discorso, visto il senso di schifo e di vergogna e di sconforto che mi prende ad ascoltare le notizie di queste ore alla tivvù.
—
Sob.
ho capito di essere giunto in patria
Ho capito di essere giunto in patria al lavandino di una toilette di un autogrill vicino Trento, mentre mi sciacquavo le mani ed osservavo nello specchio i tre personaggi alle mie spalle. Un tizio è uscito dal cesso abbottonandosi i jeans in quel modo molto patriottico di abbottonamento dei jeans che consiste nell’inarcare il culo all’indietro per farsi spazio davanti. Un suo amico ha dimostrato la propria contentezza per il fatto che il compagno avesse portato a termine con successo il suo urinamento con quel modo molto patriottico di dimostrare la felicità, ovvero sferrando una serie di pugni sulla spalla del compagno che intanto se la rideva e continuava – lentissimo – ad abbottonarsi i pantaloni. Quindi si è passati ad una ulteriore manifestazione patriottica di amicizia che consiste nel cercare di acchiappare – mediante un movimento lesto e improvviso della mano – l’organo sessuale dell’amico che ti sta vicino. Molto spesso questo gesto è soltanto un bluff che serve a spaventare l’amico di turno, mentre l’organo (salvo rarissimi casi) resta tranquillo al suo posto. Questa simpatica riunione di vecchi amici in una toilette di autogrill vicino Trento ha avuto il suo apice patriottico quando l’amico abbottonato ha tirato fuori il suo modernissimo telefono cellulare e ha filmato gli altri due amici che si abbracciavano e urlavano, appoggiati al ventilatore di aria calda: Italiaaa U-no! Ho cominciato ad avvertire una sensazione di patriottismo molto forte, quasi insopportabile, come se un enorme Elmo di Scipio avesse improvvisamente cinto la mia testa.
dedicato a tutti i palloni wilson in ascolto
Solo per il fatto di essere stati in ascolto.
Location: casa mia e dintorni.
Soundtrack: Ok with my decay – Grandaddy.
—
A risentirci in Italia.
—
Io mi prendo e mi porto via.
ehm, dimenticavo
Il 20 febbraio cena blogger a Bologna.
Tutti invitati, vicini e lontani. per info iscrizioni lamentele e morbosi segreti personali, scrivere alla mail qui nella colonna a sinistra.
scavarsi la fossa da soli
Dice: hai mai visto uno che si scava la fossa da solo?
Dico: mi pare di No.
Dice: sei sicuro che non lo hai mai visto?
Dico: ma intendi proprio uno che…
Dice: uno che si scava la fossa da solo.
Dico: no, non credo.
—
(…)
—
Dice: allora non lo hai mai visto.
Dico: te l’ho già detto. Non l’ho visto.
Dice: maaa, dimmi un po’.
Dico: che c’è.
Dice: cosa stai facendo adesso?
Dico: sto scrivendo la Tesi.
Dice: ah, bravo, e perché?
Dico: eh, cosí poi mi laureo.
Dice: ah, bravo.
Dico: eh, grazie.
Dice: e quindi ti laurei.
Dico: e quindi Sí, mi laureo.
—
(…)
—
Dice: eeeh… dimmi una cosa.
Dico: sentiamo.
Dice: ti vuoi davvero laureare, tu?
Dico: laureare nel senso laureare?
Dice: in quel senso.
Dico: ah, beh, io voglio passeggiare a piedi nudi su di un prato verdissimo…
Dice: ah, che bello. E laurearsi?
Dico: … e mettere i piedi nudi nell pozze d´acqua dove gracchiano le rane grassoccie…
Dice: …
Dico: …e farmi mordere il pollicione del piede dalle formiche piú grosse e incazzate…
Dice: stupendo.
Dico: … e addormentarmi col naso incastrato nell´incavo di un libro aperto…
Dice: poetico.
Dico: …un libro con le pagine ruvide e spesse, mentre le formiche mi passeggiano educatamente in fila indiana sulla panza…
Dice: bellissimo.
Dico: …
Dice: …
Dico: …
Dice: vabbé, ma quanto a laurearsi?
Dico: non mi va, non ne ho voglia.
Dice: non ne hai voglia.
Dico: ma proprio zero.
Dice: zero voglia.
Dice: …
Dico: anzi sai cosa?
Dice: cosa.
Dico: mi viene proprio la nausea, a pensare che mi devo laureare.
Dice: ma bene.
Dico: proprio così, la nausea.
Dice: ho capito.
Dico: te l’ho detto.
Dice: me l’hai detto.
Dico: cazzo se te l’ho detto.
Dice: senti io devo andare, ti saluto.
Dico: va bene vai, che io continuo a fare sta cosa della Tesi.
Dice: occhei, ti lascio a scav…ehm, a scrivere.
Dico: …
Dice: …
Dico: vafancùlo.
Dice: …
del mistero del fusillo e di altre sciocchezze
Caro coinquilino BravaPersona che mi chiedi se gentilmente posso dare una “pulita generale” alla casa prima di andare via per sempre, io la pulita generale te la do pure – ché mi sembra una cosa civile e ragionevole – però se fai la cacca nel nostro microcesso verde da shuttle spaziale poi dopo devi sforzarti di pulire tutto e non mi devi lasciare la tua firma nel cesso, ché l’istinto di nascondere le tracce della propria cacca è innato negli esseri viventi, ce l’hanno pure i gatti – i gatti santoiddio, i gatti – che sotterrano i propri stronzetti con diligenza, e i cani siamo d’accordo che non ce l’hanno però se becchi un cane che fa la cacca quello si intimidisce tutto perché anche lui nella sua testa di cane ha un microembrione di idea di pudore circa l’argomento cacca. Non lo sapevi?
—
Ora lo sai.
—
E poi se ti chiedo con cosa devo pulire la cucina che non ci sono panni e spugnette apposite, tu non mi puoi dire di usare la spugnetta che ho usato per pulire il bagno firmato, che a sto punto tanto vale ti piscio nel lavandino che l’ammoniaca contenuta nell’urina se vogliamo ha il suo perché – nell’ottica di una disinfezione sommaria – in mancanza di altro prodotto detergente.
—
E poi non mi guardare così il disordine della mia stanza, ché questo è disordine mica sporcizia – questo è disordine – ovvero è il sintomo di una mente creativa e disinteressata ai vincoli materiali terreni come quelli del mangiare bere dormire e mettere in ordine.
—
Però è anche vero che dovrei cambiare le lenzuola che fra poco diventano come il sudario di GiesuCristu e cominciano a raccontare parabole per conto loro.
—
Da due giorni in cucina dorme il mio successore, ovvero colui che prenderà il mio posto appena sarò andato via da qui. Il Successore è un tedesco basso e occhialuto coi pantaloni acetati della tuta in perenne accostamento con maglioncini da bravo ragazzo. Il Successore sedeva ieri sera da solo in cucina quando gli ho detto: dai, Successore, ti cucino un po’ di pasta, ti va? Ha accettato subito, si è avvicinato ai fornelli e mi ha chiesto nell’ordine: 1) cosa studi? 2) fai sport? 3) hai la ragazza? 4) vabbè ma in Italia però ce l’hai la ragazza? E questo ordine di domande mi ha già leggermente indisposto. A tavola mi ha mostrato sul cellulare la foto della sua automobile modificata coi cerchioni lucidati e mi ha spiegato che quello è il suo gioiello che c’ha paura di portarlo a Colonia, e che il suo gioiello è dotato di ToTcentinaia centimetri cubici di cilindrata. Io per farlo contento ho esclamato qualcosa che stava a significare più o meno “Mei Coioni!” anche se poi di auto ne capisco così poco che per me una vale l’altra. Davanti alla tristezza infinita della situazione ho deciso di aprire quella bottiglia di Bardolino che conservavo in un angolo da tempo. Mi ha spiegato che il suo lavoro consiste nel guidare il camioncino Spalaneve sulle strade. A quel punto mi sono insospettito e gli ho chiesto Ma Spiegami Un Po’, Successore, in che senso spali la neve? Voglio dire, qui ha nevicato solo due giorni e tra un mese arriva la Primavera, tu che caspita fai tutto il giorno? Allora – mentre io continuavo a ingurgitare sorsi rossi e bardolini – mi ha spiegato che negli altri giorni “aggiusta le cose della strada”. Il mio linguaggio tedesco non mi permetteva di capirne di più e allora lui mi ha fatto un disegnino sulla carta con dei segnali stradali, ne ha disegnati tanti diversi e tutti pendenti da un lato. Poi con le freccette mi ha fatto capire che grazie a lui i segnali da storti ritornavano dritti. In pratica il mio successore fa il raddrizzatore di segnali stradali storti.
—
Quando più tardi – con quasi una bottiglia di bardolino nel sangue – su msn ho provato a spiegare a Jun la storia del raddrizzamento dei segnali, sono stato colto da una crisi di risate che a momenti soffocavo ingoiando il microfono.
—
Ma comunque.
—
Qualche giorno fa – in questo post – ho sghignazzato per il fatto che il fusillo in Crucconia non si chiama fusillo ma si chiama invece Spiralen. Poi dopo ho finito di sghignazzare pensando che forse chiamandolo Spiralen i crucchi hanno voluto assegnare al fusillo un nome dalle sonorità più tedesche, qualcosa che finisse in “–en” come molte delle loro parole. E’ comprensibile, mi sono detto. É giustificabile. É accettabile.
—
E invece No!
—
Ecco qua cosa ho trovato. A questo punto il mistero del fusillo si infittisce. A questo punto é lecito pensare che la parola fusillo in tedesco abbia un significato scandaloso, impronunciabile, satanico. Perché Spirilli e non Fusilli? Cosa vuol dire Fusillo in veritá? Cosa potrá mai significare di tanto grave? Vorrà dire: Grandissimo figlio di p***ana? Cog**one? Maurizio Costa*zo? Cosa vorrà dire? Potrei provare a urlare “fusillo fusillo fusillooo!!!” nel corridoio e poi a chiudere in fretta la porta per vedere di nascosto l’effetto che fa, ma la porta della stanza non ha la chiave e quindi è meglio se sto buono e quieto e sto dilemma del fusillo me lo tengo per me.
e poi ci sono queste tamarrate fenomenali
come le confezioni di mutande nei centri commerciali crucchi, che adesso te le vendono in pacchi da sette e su ogni mutanda trovi ricamato il nome di un giorno della settimana: lunedì, martedì, mercoledì… per non destare sospetti sulla tua igiene intima che non si sa mai cosa potrebbero andare a pensare le persone per bene. Magari potrebbero arrivare a pensare che non ti lavi, sti maligni dispettosi che non sono altro.
—
e invece No, tu ci mostri la tua mutanda che sopra c’è scritto Venerdì e poi prendi il calendario e fai notare che è proprio Venerdì e allora c’hai la coscienza apposto.
—
poi magari dopo un quattro cinque ore di sesso selvaggio con una addestratrice di leoni del circo Medrano senti il bisogno di cambiarti la mutanda che gocciola strani liquidi che forse ti appartengono e forse No, e ti infili la mutanda del giorno dopo, così poi ti si sfalza tutto l’ordine dell’universo mutandesco, deragli dai tuoi propositi di precisione di igiene del pube, cominci a credere che la Domenica sia il Mercoledì e che il Martedì non esista più, cominci a tremare di paura come Micheal J.Fox in Ritorno al Futuro quando non capisce dove cazzo si trova, poi ti metti a piangere e infine ti fasci il bacino con un lenzuolo bianco come Gandhi.
—
va bene ho esagerato.
era per dire.
la musica certe volte
La musica certe volte è una cosa intima, come fosse un oggetto misterioso che porti nascosto nelle mutande e che nessuno lo vede nessuno lo intuisce ma tu lo sai che ce l’hai.
—
Che a camminare camminare con le cuffie che ti mandano sempre nelle orecchie le stesse canzoni perché sono le canzoni a cui vuoi bene poi alla fine succede che a quelle canzoni ti ci affezioni per davvero, come fossero tue amiche per davvero, e invece sono solo canzoni. Come fossero tue amiche allora ti incazzi per un tradimento o se non si fanno più vedere per tanto tempo, e invece magari è solo colpa della funzione random con cui hai impostato il tuo lettore. Ti accorgi che una canzone a cui volevi bene è diventata la colonna sonora della pubblicità del frollino alla tivvù e ci resti male. Ma come? Io da te una cosa così non me la sarei mai aspettata! Ma insomma!
—
Che a camminare camminare con le cuffie che ti mandano nelle orecchie sempre le stesse canzoni poi succede che alla fine ti convinci che quelle canzoni le conosci soltanto tu e nessun altro. Io poi riesco ad arrivare alla certezza assoluta che quei pezzi siano stati scritti appositamente per me. E’ chiaro che se ascolti gli stessi pezzi alla radio tutta sta convinzione crolla in un attimo. Per questo motivo ti affezioni di più ai pezzi che nessuno conosce. O meglio, ti affezioni ai pezzi che tu credi che nessuno conosca.
—
Poi vai al concerto del tipo che ha scritto cantato e inciso le canzoni che tu credevi nessuno conoscesse, e resti scimunito a guardare quante persone attorno a te cantano e conoscono le parole a memoria – anche meglio di te – di quei pezzi che credevi nessuno conoscesse.
—
E’ chiaro che scrivendo mi rivolgo ad un Tu ipotetico che poi in sostanza sarei io. Questi deliri andrebbero riportati solo in prima persona singolare e non condivisi con altri ipotetici Tu che non c’entrano nulla.
—
Ma vabbè.
—
E così tre anni fa andai al suo concerto e ovviamente restai scimunito a vedere tutto sto pubblico che cantava le sue canzoni. E io a dirmi Ma come! Ma non è possibile! Tutto il tempo passato assieme io e te (mi rivolgevo alle canzoni) e adesso tu te ne vai col primo che passa! Volevo dire alle tipe di fianco a me: ma come vi permettete di fare il coretto! Uscite fuori, su, fuori dalle palle! Qua è roba mia.
—
Ah, la gelosia.
—
Poi a fine concerto ho mandato la mia amica dentro al camerino: le ho detto Va’ Tu, che sei femmina e dotata di lunga chioma bionda, fatti fare un autografo per me. La leggenda narra che quella sera la mia amica sia entrata nel camerino dicendo qualcosa del tipo: Complimenti per il concerto! Me lo fai un autografo per Raffaele? E il risultato di questa domanda (tra l’altro pronunciata in inglese da una che ha fatto le elementari a Londra e che quindi si saprebbe far capire, in quella lingua) abbia prodotto un autografo che ancora oggi è appeso come reliquia nella mia stanza di Bologna dove c’è scritto:
—
Complimenti Raphael!
Sondre Lerche.
—
Cioè, i complimenti a me, capito? In effetti è una reliquia stramba, ma sempre di reliquia si tratta. La lascio appesa nella mia stanza a Bologna e mi permette ogni volta di inventare una cazzata diversa da raccontare agli ospiti di passaggio. Ah, sì, lui è un musicista famoso che mi ha fatto i complimenti perché bla bla bla, non lo sento da tempo perché sta sempre in tour bla bla bla, sai come sono gli artisti bla bla bla.
—
Oggi qui la prima nevicata dell’inverno. Finalmente. I fiocconi bianchi che scendono giù cambiano l’aria, le prospettive e le coordinate spazio-temporali.
—
Di conseguenza, buon natale a tutti.
quegli occhi allegri da italiano in gita
Poi ci sono queste giornate che i germanesi mi sembrano non possedere una faccia vera e propria. Come se avessero soltanto un naso, una bocca e due occhi, ma non una vera faccia, di quelle che si usano per fare le smorfie, per manifestare il dolore o il piacere.
—
Ci sono queste giornate che i germanesi mi sembrano un popolo ermafrodito, o sulla via dell’ermafroditismo. Dove le donne sembrano uomini, e gli uomini da giovani sono tutti così eterei e biondicci e privi di barba con le guance lisce come il culo dell’arcangelo Gabriele.
—
Mah.
—
Mi appaiono – maschi e femmine – sulla via dell’unificazione verso il sesso unico. Prevedo che fra un centinaio di anni non esisteranno più il sesso maschile e quello femminile ma solo un unico sesso, che probabilmente sarà definito il sesso Jürgen Klinsmann. Dove gli uomini saranno uguali sputati a Jürgen Klinsmann e le donne uguali sputate a Jürgen Klinsmann ma con l’aggiunta di un paio di tette posticcie sul petto. Un paio di tette che, passata l’età riproduttiva, verranno smontate e riposte in un teca di vetro in casa in ricordo dei bei tempi andati.
—
Certe mattine mi prende sta voglia di facce espressive, di facce che sorridono con le fossette sulle guance e di denti che mordono le labbra per il nervoso. Certe mattine mi prende la voglia di facce che si mangiano le unghie al semaforo e che sussultano divertiti per un pensiero piacevole di passaggio. Che poi lo so bene che non tutti i germanesi c’hanno la paresi facciale. E’ che oggi mi sono svegliato così.
—
Bugia, non è vero. E’ solo che avevo visto sta cosa qua.
—
Un sorriso che non si riesce a reprimere con lo sforzo, una mano davanti alla bocca per l´imbarazzo. Gli occhi luccicosi. Queste – non so come dire – son cose.
scimmia permettendo
Questa mia permanenza germanese sta per volgere al termine e io mi guardo intorno con aria insoddisfatta, BravaPersona ha già trovato un sostituto da infilare in questa stanza, e mi dispiace devo andare il mio posto è là.
—
Sta canzone maledetta mi fa venire ogni volta un magone tremendo, anche solo a citarla, ma il punto non è questo, il punto in verità sarebbe un altro.
—
Il punto è che adesso devo andare (il mio posto è là) ma io di tornare direttamente là (a Bologna) non c’ho tanta voglia, e allora da qualche giorno mi ronza nella testa l’idea di andarmene in giro nella nostra bella Europa, ché io adesso mi ritrovo praticamente nell’ombelico della nostra bella Europa, e sono ad uno sputo da tutti i paesi della nostra bella Europa. La nostra Europa che è così bella che se per caso ti scappa di scriverla senza l’iniziale maiuscola e scrivi europa, ecco che subito word ti fa notare che hai sbagliato e te lo sottolinea con la riga rossa, e questo significa che c’è grosso rispetto verso la nostra bella Europa, che se per caso scrivi dio in minuscolo non è che word te lo sottolinea: questo word è un software agnostico però per l’europa c’ha grosso rispetto.
Ooops, volevo dire Europa.
—
Ma dicevo.
—
Attualmente posso contare sull’ipotetica ospitalità in una serie di città in Olanda, Francia, Germania e Svizzera. L’idea sarebbe di partire da qui con un pacco di caffè italiano salentino e di farmi un simbolico caffè italiano salentino in ciascuna di queste città. Queste città che sono però, ahimè, molto distanti tra loro e quindi, fra una e l’altra, c’avrei da guidare per sette-ottocento chilometri lungo strade sconosciute e probabilmente infestate da briganti e spiriti maligni. E tanta tanta neve.
—
Allora pensavo.
—
Allora pensavo che il mio ipotetico viaggio si potrebbe svolgere secondo due percorsi ipotetici, che si potrebbero definire sinteticamente come ipotetico viaggio a est e ipotetico viaggio a ovest. Dove per “est” intendo verso la Germania, e “ovest” verso la Francia-Belgio. Siccome tutto ciò potrebbe risultare incomprensibile, ho cercato di schematizzare con l’abilità grafica che mi contraddistingue, gli ipotetici percorsi di questo ipotetico viaggio, e questo è lo schema. (che bravo, eh?)
—
E dunque.
—
E dunque mi chiedevo: c’è qualche lurker domiciliato in un punto qualsiasi delle nazioni appena sopra elencate che passando fra le pagine di sto blogghe senta la necessità di adottare un Rafaeli per – diciamo così – un dodici/ventiquattro ore? Definizione di lurker applicato ai blogghe: visitatore silenzioso che legge con costanza ma non commenta mai o quasi mai oppure commenta in via anonima. E allora: ci sono lurker francesi tedeschi belgi austriaci svizzeri o pure italiani ma moolto a nord che vogliono adottarmi? Io arrivo parcheggio dormo faccio caffè saluto e vado via. Eventualmente su richiesta racconto cazzate per un paio d’ore prima di andare a letto. Questo è il pacchetto Rafaeli all-inclusive. L’indirizzo mail è a lato: sono incoraggiati i perditempo ma niente promesse da marinaio, ché dormire sotto i ponti a febbraio non fa molto chic.
—
Invece quanto è chic la mappa in portoghese che la svizzera si chiama Suíça?
—
Comunque è chiaro che tutte ste pippe mentali e tutti sti progetti di giramondo alla fine se ne andranno dritti dritti nel cesso se poi mi faccio prendere dalla scimmia che non mi va di fare niente, ché se mi prende la scimmia me ne torno mogio mogio a Bologna senza passare dal Via e non se ne parla più.
figure epocali
Sulla strada dritta stacco le mani dal volante e comincio a contorcermi creando qualcosa che in teoria sarebbe un ballo – in teoria – ma che in pratica é piú simile ad un attacco di convulsioni di un Gemello Kessler epilettico. E quando sono fermo al semaforo rosso riesco a collezionare certe figure di merda epocali, certe coreografie da automobile infestata da uno sciame di mosche che non vi dico. Anche perché, se pure lo dico, non rende l´idea. La colpa di questa mia doppia personalitá – che potremmo definire “sindrome da Dottor Jeykill e Gemello Kessler” – é soltanto loro, che hanno cacato un cazzo di disco bellissimo.
—
Ma la domanda che stamattina mi grattuggia le meningi è: la Flavia Vento che ultimamente si aggira fra i commenti è quella vera originale oppure è un carmelo gargiulo qualsiasi?
il cataclisma
dopo sta vicenda spassosissima della signora berluscona incarognita contro il nano berluscono, credo che si verificherà un momentaneo eclissi di interesse sui blogghe – almeno per un altra giornata – perché, diciamoci la veritá, é impossibile competere con una storia di siffatta bellezza, con tutto sto bordello dei giornali che dedicano le prime pagine, e dei ministri (i ministri!) che intervengono sul caso, e gli psichiatri (gli psichiatri!) che ne danno una interpretazione scientifica, la suocera (la suocera!) che dice mia figlia ha fatto bene, e il nano disperato che commissiona subito un sondaggio (un sondaggio! tutto ciò è esilarante, mi sento svenire), la soubrette tettona che non rilascia dichiarazioni in merito (ma figurati, cosa vuoi rilasciare tu?) e il nano che per scrivere la lettera di scuse si fa aiutare dall´avvocato (dall´avvocato!) e poi la lettera la mandano prima alla moglie via fax per chiederle se va bene cosí o se devono cambiare qualcosa e lei che li manda tutti affanculo.
—
Non so voi ma io alzo bandiera bianca.