sei rimasto per nove giorni

Sei rimasto per nove giorni col culo nell’acqua di mare, a mangiare e dormire e risolvere problemi del tipo dove si va a mangiare stasera, quali infradito indosserò, quante ore posso restare buttato sul letto di pomeriggio a guardare il soffitto senza sentirmi in colpa. Ho corso sulla costa, ho osservato nonni rotondi che sedevano su una panchina ad osservare le onde al tramonto, ho spiato per mezzora un pescatore di polpi mentre lanciava la sua lenza nel mare con un gesto tanto fluido che lo si capiva benissimo, erano anni che faceva la stessa cosa.

E se pure lo so che quella non e’ la vita reale, che non esiste una vita che continua cosi’ all’infinito – e  se pure esistesse ti annoierebbe dopo un po’  – lo stesso poi quando torni, sei triste. In realtà sei triste appena prima di partire, di fatto e’ una tristezza preventiva, si innesca ancora prima ancora di andare via, dando per scontato che sarai triste.

Poi invece No.

Poi invece torni a Brusselle, e c’e’ un poco di sole, parli con una dottoressa gentile e premurosa, c’e’ una cassiera che si scusa di non averti visto e in francese ti spiega che era distratta, c’e’ il Parc Leopold con le foglie illuminate, una ragazza che cammina sul marciapiede a fianco con l’aria di non sapere dove andare, ci sei tu che vorresti fermare l’auto e chiederle spiegazioni.

se mi offrissero

Devo spesso rispondere alla domanda: “se ti offrissero un lavoro in Italia, torneresti?“. Ogni volta devo rispondere utilizzando argomenti e logiche sconosciute da chi ascolta (ché spesso la domanda mi arriva da chi non è mai partito, neanche per brevi periodi).

La questione non è cercare tra tutti il luogo più bello del mondo e andare a vivere in quello. Oppure cercare il luogo più bello del mondo, il lavoro più bello del mondo, e cercare di combinare le due cose. Viviamo nell’epoca dei compromessi: chi non lo ha ancora capito piange alla tivvù nei programmi di denuncia, perché lavora come editor in una casa editrice che sta fallendo, mentre nel frattempo ha messo al mondo due figli che non sa come mantenere. Viviamo nell’epoca degli adattamenti e dei compromessi, e chi non lo capisce, nella scala evolutiva,  io lo vedo come un dodo che si rifiuta di imparare a volare, quando è ovvio che gli sarebbe necessario.

Se ricevo la domanda, cerco di infarcire la risposta con immagini concrete che possano essere visibili a chi ascolta.

Racconto che il posto dove mi trovo attualmente mi offre delle cose belle e incredibili, praticamente inimmaginabili qualche anno fa; ha pure dei lati negativi che però – lo ripeto sempre –  I can handle . Se mi offrissero un posto a Bologna, Verona o Firenze (e recentemente mi era pure successo), oltre ad accettare di guadagnare la metà e lavorare tante più ore al giorno, mi ritroverei a vivere in un luogo bello oltre certi limiti. Voglio dire, di un bello oltre un limite per cui – una volta arrivati a quel livello – sarebbe difficilissimo tornare indietro.

Se tutto questo poi un giorno venisse a mancare – di questi tempi queste mancanze improvvise sono la regola, con un futuro che promette nuvole nere – e se dovessi trovarmi di nuovo a smontare tutto e ricominciare altrove, per il me stesso di qualche anno più vecchio tutto questo sarebbe drammatico. Se poi dovessi ritrovarmi per bisogno a vivere chessò, a Dusseldorf, a Manchester o di nuovo in Paese Basso, o in determinata Scandinavia, ma pure a Londra, ecco, sarebbe impossibile da sopportare. Questo non è l’unico motivo, ma è uno dei motivi, e purtroppo a me riesce di spiegarli solo uno alla volta, con spiegazioni lunghissime, tanto che certe volte non vorrei affatto cominciare a farlo.

Per riformulare tutto in pochissime parole: sarebbe come stare con una ragazza bellissima che però lo sai da subito, è una che cambia facilmente idea.

alt prnt scrn

Quando il cameriere viene a portare altro vino bianco smettiamo per un momento di parlare. Lei ha molti anni meno di me e quasi non la conosco. Viene dalle coste del Mar Nero, studia cose che hanno a che fare coi soldi e quindi in pratica vuol dire che viene da un mondo diverso. Eppure la conversazione procede liscia. Siamo andati a finire sull’essere o meno analitici o osservatori. Ha cominciato lei ed io la seguo. Mi aspetto però che non dica la verità: si è vestita troppo bene – è evidente che vuole fare bella figura, e se vuoi fare bella figura l’onestà è spesso soltanto un’eventualità.  Ad un certo punto divento anziano.

“Anni fa ero orgoglioso come te di scovare i dettagli, di riuscire spontaneamente ad analizzare minuziosamente le persone e le situazioni. Oggi penso che sia allo stesso tempo un vantaggio ed uno svantaggio. Quando i dettagli ti saltano agli occhi più facilmente che agli altri, quando anche non volendolo analizzi la realtà più a fondo rispetto agli altri, succede pure che giungi a conclusioni molto più velocemente degli altri, e a quelle conclusioni gli altri – a volte – non ci arrivano per niente. A quel punto ti puoi fermare e fare notare agli altri tutte le cose che non hanno visto, e quindi farli arrivare alle tue stesse conclusioni. Una volta fatto questo gli altri saranno d’accordo con te e forse ti osserveranno con occhio ammirato.  Ma prima, ecco, prima di questo sforzo, tu sei da solo. Questo talento che hai ti trascina continuamente alla solitudine.”

alt prnt scrn

Eri nella hall dell’albergo e hai notato questa ragazza tagliare la stanza da parte a parte, in quel modo che hanno le ragazze di muoversi ben sapendo di essere osservate, e quindi con occhio nervoso passo svelto e dita che vanno a sistemare ciocche di capelli che non ne avrebbero bisogno. Hai osservato il passo deciso e la giacca di pelle e le caviglie perfette. Hai pensato che stai muovendoti verso una fase della tua vita in cui non puoi tollerare la mancanza di eleganza, nelle movenze e nelle proporzioni. Ti trovi spesso in disaccordo con te stesso su questo punto, sai che non dovresti essere così, ti rendi conto che l’estetica è solo estetica, ma poi ti arrendi e pensi che non puoi farci nulla, se sei così è molto meglio accettarlo che nasconderlo, è molto più conveniente vivere il fastidio piuttosto che fingersi diversi, e vivere la frustrazione che ne consegue.

Molto meglio.

Causa nebbia il battello che doveva accompagnarti dall’altra parte del Thames – eri a Londra, difatti – non è partito, e quindi per la fretta hai saltato la colazione e ti sei infilato in un bus prenotato da una collega. Hai poi fatto colazione da Starbucks ricordando il grembiule verde che per anni è stato utilizzato nella tua casa bolognese, residuo bellico di un estate dei primi anno zero, rubato non ti ricordi bene da chi. Il grembiule verde di Starbucks – mancando Starbucks a Bologna – appeso  nello stesso angolo per tanti anni, è stato sempre collegato nella tua testa ai pomeriggi mogi di vita casalinga bolognese, piuttosto che alla vita da metropoli, come invece dovrebbe essere.

Più tardi eri seduto in questa sala conferenze, e in un momento di estrema noia hai preso le cuffie posate sul tavolo, quelle che a volte utilizzano per inviare le traduzioni simultanee ai delegati, hai staccato lo spinotto e lo hai infilato nel tuo lettore mp3. E mentre sul tuo monitor passavano le slides di una presentazione e tu annuivi convinto, nelle orecchie avevi i The Killers.

c’ho la testa

C’ho la testa talmente piena di cose e la vita talmente piena di fatti che le dita non si muovono tanto facilmente sulla tastiera, si impapocchiano, e non si tira fuori nulla.

La verità è che si vorrebbe ambiziosamente descrivere tutto, non soltanto i dettagli. Vorrei poter catturare tutto ma purtroppo sono molto più bravo con i dettagli.

Sono giorni che mi piacerebbe essere seguito da una telecamera che descriva tutto, questa vita ispessita ma che vuoi arricchire ancora, queste stanchezze rotonde di giornate tirate al massimo, queste stronzate pronunciate, i libri a far tardi notte, la musica scovata, questa nuova autorevolezza che non ti spieghi, le stupidità ricorrenti, la ricerca morbosa e intermittente di solitudine e poi, subito dopo, di casino.

Inspirare espirare, e rifocalizzarsi sui dettagli.

indosso le scarpe per la seconda volta

Indosso le scarpe per la seconda volta dopo 17 giorni di vacanza. Anche questa estate e’ stata trascorsa sul mare, che non si deve intendere “sulla costa”, “sulla spiaggia”: No, proprio sul mare.

E quando non ero sul mare, vi ero comunque vicino, nutrendomi di birra e olive. La tradizione vuole che l’ultimo giorno io esca dal mare e parta senza farmi la doccia, in modo da arrivare sporco di sale fin dentro la casa nordeuropea. Li’ poi mi lecco un braccio. 

Le questioni – adesso che sono talmente abbronzato che paio sporco (in barbaro si dice “vakantiekleur”) – sono sempre le stesse, che te lo dico a fare: le questioni sono il posto dove vivere, se quello da dove vieni e’ adeguato, se quello in cui vivi  alla fine e’ giustificato.

Cerco di trovare una risposta nella misura del piccolo dolore che mi assale ora, in mancanza della birra e olive, della salsedine sulla pelle, e dell’odore della corteccia dei pini la notte.

La risposta e’ meno male che lo provo, questo dolore, perche’ vuol dire che ho delle radici salde. Ma pure: meno male che non mi uccide, perche’ mi permette di continuare le mie vite che altrimenti non sarebbero mai state.

ciao me stesso del passato

Ciao me stesso del passato.

Siccome sei del passato non puoi sapere che un giorno avresti fatto bella figura guidando colleghi tedeschi e belgi in un villaggio del Paese Basso, che conosci molto bene perché anche se non ci vivevi tu, in quel paesotto ci viveva lei.

Avresti superato il bar dove alcune domeniche si giocava a dama: quando lei perdeva un po’ si arrabbiava, ma solo un poco. La stradina dove c’era il mercato. La salita che era difficile fare tutta in bici quando lei sedeva dietro e allora serviva prendere la rincorsa. Il negozio dove hai comprato i palloncini per la sua festa di compleanno, poco prima della fine. La strada che prendevi per tornare alla tua, di casa, quando a volte ti arrivava un messaggio che diceva grazie di tutto.

Purtroppo poi il navigatore è stato crudele ed ha deciso di passare pure sulle rive di un canale, vicino ad un piccolo prato dove brucavano le oche. Le piaceva portare il pane alle oche quando si usciva senza motivo. Un paio di volte le hai detto: quando te ne andrai, io verrò qui da solo, mi siederò e strapperò gli steli d’erba. Tu mi guardavi come avessi bestemmiato. Ci sono passato, dal prato ma non mi sono seduto – anche se poi scrivere queste righe è un po’ come averlo fatto.

Non mi sono seduto e nel frattempo sono diventato un’altra persona che oggi neanche riconosceresti, che prende la vita e le persone per la nuca e i fatti per quelli che sono – una persona che comunque non ti interessa conoscere.

E quindi.

La cosa che resta però è la consapevolezza profonda che non bisogna mai fidarsi delle parole di nessuno, davvero di nessuno, per quanto profonde e sentite e incredibili siano queste parole nel momento in cui vengono pronunciate. Mai fidarsi e mai pianificare pezzi della propria esistenza sulla base di queste parole, perché tutto può essere spazzato e accartocciato e buttato via in pochi giorni. Non si tratta di essere bugiardi. Certe parole sono sincere quando vengono pronunciate, solo che non sono rivolte proprio a te – sono rivolte alle aspirazioni e ai progetti che ognuno ha per la sua vita. Può capitare  di incarnare (temporaneamente) uno dei personaggi di questo film che ognuno ha progettato per la sua vita, e quindi ricevere queste parole. Ma ecco: si resta fedeli al film, non ai personaggi. Se serve, questi possono essere sostituiti con altri, purché lo spirito della trama resti uguale.

(Le oche erano ancora lì, comunque.)

essendo l’uomo soprattutto italico

Essendo l’uomo soprattutto italico abituato sin dalla nascita a muoversi quasi sempre tra femmine che miagolano pretese, che coltivano fastidi, che non raccontano tutto salvo poi improvvisamente esplodere, che lanciano frecciatine velenose, che se la tirano a prescindere, poi quando l’uomo italico si trova davanti a qualcosa di diverso – esseri umani privi di tutte queste caratteristiche, tutte insieme via, puf! – l’uomo italico non puo’ tranquillamente apprezzare, quantomeno non immediatamente, ma al contrario c’e’ lo smarrimento, il non sapere cosa fare, le pupille spariscono e al loro posto in sovraimpressione sulla sclera degli occhi compare la scritta 404 file not found.

Ma veramente. 

torno

Torno dal lavoro, lancio la borsa sul pavimento e afferro una banana – era la tua colazione di stamattina – e scappo via. In strada incontro casualmente collega britannica mentre cammina assorta, mi avvicino facendo finta di spararla con la banana-pistola. Mangio la banana. Avverto i passanti di fare attenzione alla merd sul marciapiede, quelli mi rispondono merci. Dove vai? mi chiede. Dove vo?

C’è una festa appena dietro l’angolo: ci sono per davvero i Righeira che cantano vamosallaplaya e la strada bloccata da un tripudio di italiani che bevono Spritz e gente che balla sui tavoli e le pareti tappezzate di libri. Mi scopro a pronunciare tantissimi Ciao che pochissimi mesi fa non ci sarebbero stati. Andima si stupisce del mio tempismo nel decidere quando andare a pisciare dietro l’angolo come si faceva da ragazzini – e come tutt’ora si fa, del resto.

La mattina seguente infilo un paio di pantaloni e una giacca e  corro a comprare un gelato ed una banana. Schiaccio la merd della sera prima, ancora lì intatta dopo molte ore, entro in un minimarket indiano e provo in francese a spiegare il concetto di stracciatella.

dormire male praticamente sempre

Dormire male praticamente sempre anche quando sei soddisfattissimo del mondo attorno significa che ci devi vivere con questa cosa. E quindi uscire la sera si fa, epperò torni dal lavoro muori sul letto per un tre quarti d’ora senza ovviamente prendere sonno, poi ti alzi e ti fai una doccia ascoltando musica ricchiona o melensa tipo lattemiele di quella che sai le parole e ti vergogni, ma specialmente in questi giorni tizianoferro che la nuova canzone ad un certo punto dice “la mia vitaaa/ mi fa perdere il sonno sempreee” e quello lì sono io porcalamiseria, sono io, guardami come faccio rifornimento al distributore di vita sotto forma di acqua calda.

(e tornando a casa, incontrare Mario Borghezio
sulla porta della Pizzeria Positano non ha prezzo)

ho ancora

Ho ancora un'abbronzatura indecente sulla faccia, che morirà lenta sotto ste nuvole brussellesi. Sento la melanina delle guance che si chiede Ma Cosa Cazzo e' Successo?

 

Mi innamoro dei sassi, l'ho già detto, questa è una cosa molto pericolosa. Certe volte immagino di indossare un morso metallico come quello che si mette in bocca ai cavalli – che tira sotto la lingua e li fa frenare – ma è una metafora che se non hai mai messo le mani dentro la bocca di un cavallo, allora non si capisce.

 

Le canzoni degli Strokes al solito cominciano bene, pulite pulite, poi finiscono in caciara. Vorrei un disco delle canzoni degli Strokes troncate al primo minuto.

 

La mia guerra contro l'infighettimento coatto a cui sono sottoposto ora che faccio parte della metà quasi benestante del mondo – mentre tutto il resto sprofonda? – segna due nuove pesanti sconfitte: avrò un insegnante personale di franscese (io volevo una classe, porcamiseria, una classe, e gomito a gomito a prendere appunti con gli altri come a scuola) e un telefono di quelli che si tocca lo schermo e che però non ho mai chiesto. Era sulla scrivania stamattina. Se lo do indietro poi sembro che faccio la parte di quello che da indietro i telefoni che si tocca lo schermo. Ecco perché torno a casa dal lavoro e mi travesto da pazzo per andare al supermercato.

 

Colleghi perché mi chiedete delle vacanze? È come quando dici Come Va? È come chiedere Plans for The Weekend? È domanda tanto per domandare che io proprio non sorreggo. La mia risposta è sempre: lo vuoi sapere davvero? La gente si sorprende, la gente. Lo vuoi sapere davvero? Non te lo dico. Anzi te lo dico: vieni a vedere le cartoline che mi sono appiccicato al mio tavolo e crepa di invidia. No No aspetta non andare via che ti racconto TUTTI i particolari. Ti racconto il tramonto, di sto cuore che necessita morsi da cavallo e delle olive e del caldo. Crepa. Plans For The Weekend? Che cazzo ne so. Sai qual'è il problema di ste domande? Che sembra che la gente viva in galera, a pensare alle Vacanze e ai Weekends. Lo dice pure la compagnia telefonica, Life is Now, porcamiseria. Plans for the Next Five Minutes? Sorridere di nuovo alla signora che pulisce i cessi. L'ho fatto una volta, ne è stata riconoscente, mi cerca sempre con lo sguardo, anche perché io sono uno di quelli che quando lavano il pavimento poi cammina sui talloni ché si sente troppo in colpa. Scrivo sempre le stesse cose. Non sembra ma sto quasi bene. Scrivo sempre le stesse cose, ma tanto voi mica siete sempre gli stessi no? Corsi e Ricorsi storici. Chi lo diceva? GianQualcosa Vico. Si vede che ho fatto il liceo.  

cose, 19 sette duemilaeundici

No, non sono mai stato a Napoli, rispondo all'ennesimo nordico che mi dice Ah l'Italia sono stato a Castellammare di Stabia. Non ti piace Napoli? Non è questo il punto: è che non ci sono mai stato, punto.

 

Potrei spiegarti della voglia di andare lontanissimo – una volta partito da casa nell'estremo Sud – potrei parlarti delle milioni di cose che non ho mai fatto dicendomi che tanto un giorno le farò, e adesso che sono parzialmente immaturito, parzialmente invecchiato, so benissimo che non farò mai.

 

L'estate più fredda della mia vita.

Brussèlle in certi momenti ha dodici gradi.

 

E c'è un direttore di una mega azienda dove lavoravo prima, uno che stava tipo quattro livelli sopra di me, che stamattina dal lavoro mi manda una mail. Non la manda solo a me, la manda a tre persone che conosce e che hanno nel recente passato lavorato con lui, e che però adesso lavorano a Brussèlle.

 

La mail dice: ehi voialtri! Siete tutti e tre lì in quel posto brusselloso – io, un britannico, un'italiana – perché non vi incontrate e vi bevete una cosa assieme? A parte il fatto che lo faremo: l'idea di questo personaggio americano che nel suo ufficio in Paese Basso si fosse fatto venire in mente un pensiero così, mi ha fatto pensare: sei una brava persona, vieni pure tu a bere una cosa con noi. Tu e tuo figlio di sangue americano che però oggi parla il barbaro molto meglio di te, ne parlavi sempre a pranzo, ne parlavi.

si fossi tumblr: ecco come


Ecco come mi sento certi pomeriggi quando torno a casa dopo il lavoro e poso la mia borsa sul parquet scemo di questa casa, e penso al tempo che ho davanti, a questa città che mi aspetta lì fuori – le ho già dato dei morsi ma adesso è arrivato il tempo di cominciare – ma da dove e da cosa cominciare? Come evitare che le miriadi di possibilità mi tengano immobile? Come evitare che ogni sguardo per strada mi suggerisca una vita possibile che per il momento non è – che potrebbe essere, ma per il momento non è – come fare a togliermi quella sensazione di “una cosa vale l'altra”? 

cose, 23 sei duemilaeundici

Compro cose che non avrei mai pensato: tovaglioli di stoffa da collezione in esemplare unico, piantine di basilico come decorazione per il bagno. Siedo su di un gradino e intralcio la strada ad un ex ministro dell'Istruzione. Cerco frigoriferi color panna su internet.

 

Osservo fotografi free lance in attesa delle sommosse popolari, la sommossa non arriva e loro fotografano i fiori del parco dove io sto correndo. Quando finisco di correre ho una faccia che non mi piace per niente.

 

Non importa che io tenga presentazioni in inglese in conference call con gli stati uniti: io Damon Albarn lo ascoltavo quando l'inglese non lo capivo, quindi anche oggi di quello che dice non comprendo nulla come se oggi fosse ancora il novantaquattro, solo perché è la sua voce.

 

Comunque te ne rendi conto che lui è del 68 e tu quindi sei vecchio? Non è vero che qui c'è tutto, mancava lo Starbucks; adesso c'è.

C'è pure un bar sul tetto di un hotel da dove si vede tutta la città, e gente che fa strane cose nel bagno. In tutto questo la maggior parte del tempo lavoro, epperò non mi pesa, posso anche crescermi qualche millimetro di barba e va bene uguale, e poi da qualche giorno qualcuno posa una vaschetta di ciliege sul tavolo comune che durano fino alle quattro di pomeriggio. 

cose 22zerocinque2011

Ho trovato una casa dove stare per tanto tempo. Dal fiorista ho notato un fiore arancione e panciuto che vorrei avere nella mia nuova casa, quando mi ci trasferirò.

 

Ho portato in giro un fratello per le strade di brussèlle. Cercava un cappello da corto maltese, ha comprato un porta candela. In metropolitana c'era odore di umano. Si discuteva se dall'accoppiamento di due nani nascano altrettanti nani. Evidentemente No, dico io. "Meno per meno fa più", osserva lui.

Mi sono addormentato sulla panchina di una piazzetta colorata, scrutando un piccione sull'albero. Le foglie facevano fru fru e il cielo era azzurrissimo. Sono entrato in una festa di fighetti in un hotel del centro. Forse vorrei un vespino da guidare.

Mi sono laureato quattro anni fa.  

Quando non ero presente, in casa è entrato qualcuno a pulire e a cambiare gli asciugamani che però non avevo mai sporcato. 

solo stasera

Solo stasera il mio equilibrio psicologico torna a livelli accettabili. Sono stati giorni di scoperte che mai avrei pensato di scoprire, e di privilegi che non sapevo neanche esistessero. Tutto procede talmente smooth e facilitato che ad un certo punto ho creduto seriamente di impazzire.

 

E non è tanto per dire. L'ho creduto per davvero, di impazzire, con la macchina parcheggiata in una strada alberata, io dentro la macchina, fuori il sole, ed io nella macchina che parlavo al telefono con una delle tantissime persone che in questo periodo mi stanno “assistendo” a trovare la mia way.

 

Questa persona mi chiedeva che tipo di casa volevo, perché me l'avrebbe cercata lui, mi avrebbe preso appuntamento lui, mi ci avrebbe accompagnato lui, avrebbe guidato lui, mi avrebbe dato una consulenza lui. Ecco, adesso so che tutto ciò è normale – che succede a tutti – solo che io, nella mia auto parcheggiata al sole vicino agli alberi, ecco, io ero lo stesso che solo fino a pochi giorni fa viveva in una casa di drogati, e che aveva vissuto cose indicibili negli ultimi anni, tutte documentate su queste pagine da qualche parte – non mi va di cercare i links.

 

Per dire, due settimane fa nel lavandino ho trovato una pentola sporca piena di acqua e noodles, e dentro c'era un telefono cellulare e il collare del gatto.

 

E allora, questo cambiamento radicale in così pochi giorni all'inizio mi ha fatto piacere, poi molto piacere, poi ho cominciato ad avvertire uno strano nervosismo.

 

Quando sto per chiudere la telefonata il consulente mi chiede se ho un conto in banca. Dico che pensavo di aprirne uno il giorno dopo. Lui mi ferma subito e mi dice: mannò, mannò, facciamo tutto noi. Tu vieni solo a firmare.

 

Ecco, proprio lì ho creduto di impazzire.

 

Oltre la finestra c'è un piccolissimo prato e degli indiani che giocano a badminton. Se apro la finestra si fermano e mi osservano, quindi No, non è un sogno.

e appunto dicevo

E appunto dicevo, se mi ringraziano in pubblico finisco per arrossire. Però a tutto ci si abitua.

 

Oggi ho detto addio ad uno dei posti dove lavoro e per la terza volta mi hanno ringraziato in pubblico. Mi sono sforzato di pensare ad altro, e non sono arrossito. Non è timidezza: infatti parlo in pubblico tutto impettito. È mancanza di barriere contro le cose belle. Non sono cosebellofobo. Mi hanno regalato una bottiglia di champagne, ho detto beviamola insieme dopo sta bottiglia di champagne, per esempio con i dolci che vi ho portato.

 

Non ci siamo riusciti, e oggi per la prima volta in vita mia dormirò con una bottiglia di champagne nella camera da letto (ché lasciarla in cucina con Spitty Cash & co potrei ritrovarla piena di mozziconi di sigaretta).

 

Sono giorni da Addio ai Monti, però è tutto piatto, non ci sono i monti. Ci sono solo gli addii.

 

Poi una cosa che mi è spuntata addosso all'improvviso è che mi faccio volere bene. La gente improvvisamente pensa che sono una nice person. In realtà non è così – non credo – la realtà è che invece sono io che ho sempre avuto un istinto nel riconoscere e avvicinare le persone buone. Volete persone buone? Cercate tra le persone con cui parlo di più. Tra le persone che con me durano di più.

 

E siccome sono giorni da Addio ai Monti ci metto tantissimo ad andare in qualsiasi luogo. Faccio lunghi giri con la macchina per prendere nota. Ci ho messo il triplo del tempo per andare in un posto che potevo trovare vicino a casa, solo per comprare dei tappi di gomma per le orecchie. Al ritorno, ho preso una strada alternativa che costeggiava un canale. Ad un certo punto ho dovuto fermare la macchina, le anatre volevano attraversare la strada.

 

 

(clicca sulla foto per ingrandire)

lungo le scale che portano alla mia stanza

Lungo le scale che portano alla mia stanza – nella casa dove vivo  – da mesi sono disseminati calzini spaiati, alcuni sporchi e radioattivi, altri puliti, altri non lo so.

 

Dopo mesi di giacenza senza scopo li ho raccolti con la busta avvolta sulla mano come si fa con le cacche dei cani, e li ho buttati via. Il coinquilino Spitty Cash mette le cose nella lavatrice e poi si dimentica di riprenderle. Per giorni. La pratica che ho imparato dagli altri è quella di estrarre la roba e lasciarla sul pavimento. Solo che lui non raccoglie. Lascia lì, per giorni. La roba si asciuga. La roba perde la sua forma di “cumulo di roba bagnata” per diventare “roba asciutta sparsa per la stanza”. Che viene calpestata e si sparge ulteriormente.

 

Prima di salire sulle scale, c’e’ la scodella del gatto. Il cibo fuoriesce dalla scodella, e si sparge. Nello stesso punto Spitty Cash e il nuovo coinquilino Spitty Cash #2, identico come radici culturali a Spitty Cash (cappello hip hop in casa, funzionante grazie ad un mix di birra, mayonese e marijuana), nello stesso punto della scodella del gatto dicevo, i due Spitty lasciano abbandonate le loro scarpe. Tre quattro cinque sei paia, e se ci sono ospiti (quindi ogni sera) anche dieci paia. Gli ospiti? Parliamo degli ospiti?

 

Gli ospiti anche loro funzionano con la stessa benzina di cui sopra. Ci sono le fidanzate di Spitty #1, ambedue ossigenate e tabagiste accanite. Sono fidanzate in parallelo, credo che ognuna ignori l’esistenza dell’altra, anche se visto il contesto potrebbe essere che invece sappiano tutto. L’attivita’ principale è quella di adagiarsi su Spitty #1 mentre lui e’ sparapanzato sul divano a guardare stronzate in televisione per cinque ore di fila (cinque sono le ore che sono a casa dopo il lavoro, ma non e’ escluso che comincino ancora prima, tipo già di primo mattino) fumando droghe leggere in continuazione – così poi che suona il campanello (ci sono nuovi ospiti in arrivo) e quando lui si alza improvvisamente dal divano lo vedi benissimo che il principio attivo della cannabis “gli arriva” tutto in un botto a causa della posizione di homo erectus, e allora lui procede barcollando appoggiandosi al muro. Se invece gioca ai videogiochi la sua donna può solo sedersi vicino a lui, non e’ autorizzata ad addossarsi.

 

Fidanzata#2 fa come la #1, solo che ha una variante interessante. Comincia ad urlare. Sale a cavalcioni su Spitty seduto sul divano, e poi si dimena in questa posizione urlando forse per le risate (non lo so, non comprendo l’idioma) e si calma solo per tirare dalla sigaretta. La persona più normale della casa è l’Apprendista Parrucchiere, che vive per i fatti suoi e la mattina si pettina le sopracciglia per venti minuti in bagno. A parte questo, si porta il lavoro a casa, nella forma di teste di manichino con i capelli attaccati. Queste teste con i capelli tagliati storti vengono abbandonate di solito fra le paia di scarpe vicino alla scodella del gatto, oppure nello sgabuzzino/dispensa. Così che sugli scaffali della dispensa si possono trovare scatole di pelati, cipolle e teste di plastica che sfoggiano tagli emo in una vaga sensazione di cesareragazzi.

 

Ma tutto questo per dire cosa.

 

Tutto questo (e pure le mie innumerevoli e precedenti avventure per trovare casa, che solo i lettori più affezionati ricorderanno) per dare una minima idea, una pallidissima idea, della mia sensazione nel dialogare con la signorina delle risorse umane del Nuovo Lavoro (anzi chiamiamolo Lavorissimo) quando le ho detto era tutto ok ma che dovevo solo trovare casa a Bruxelles, e lei spostando una penna mi ha risposto:

 

"Ah, non c’e’ problema".

 

E questo “ah, non c’e’ problema” significava che la casa me la sarei scelta io stesso da un catalogo, scegliendo zona della città, numero di stanze, se volevo o no il giardino eccetera eccetera e poi avrebbero pensato a tutto loro. Nei primi tempi, pure a pagarla. Una casa intera. Ah si’? Ho risposto io, cercando in tutti i modi di fare finta che mi pareva il minimo, mi pareva – mentre invece la guancia destra, dove quando rido si forma la fossetta, si era irrigidita, e lo sapevo che avevo una faccia tipo post anestesia dal dentista.

 

Si si mi fa lei. Sceglila pure sul catalogo. Sul catalogo c’e’ scritto che mi vengono pure a fare le pulizie. Io leggo questa cosa e subito penso alla fidanzata #2 che cavalca Spitty e mentre urla fa cadere la cenere della sigaretta sul divano, e il gatto che impazzisce per il fumo passivo continuativo e comincia a correre per la stanza. E i mobili “ovviamente” te li trasportiamo noi – dice quella – e siccome inizialmente vivrai in questa casa che ti scegli sul catalogo che e’ già tutta furnished, te li teniamo noi da parte in un posto, così che poi quando trovi casa, noi te li portiamo nella nuova casa.

 

Ah, e poi “ovviamente” ci sarà Tizio che ti contatterà per aiutarti nella ricerca di una casa più adatta alle tue esigenze, e se tu gli racconterai le tue esigenze (per esempio lo vuoi il giardino?) lui cercherà’ al posto tuo e prenderà appuntamenti al posto tuo. Ma va? diceva la mia guancia contratta, mentre invece la voce avrebbe voluto dire “Ebbe’ Certo, ci mancherebbe altro” e poi la mente correva alla mia lattina di aranciata, ché quando l’ho presa dal frigorifero ieri sera l'ho trovata avvolta da uno strato non omogeneo di mostarda, e poi subito ho pensato, vengono a prendermi i mobili ma io NON HO mobili, cosa devo fare? dovrò comprarmi una poltrona costosissima nelle prossime due settimane solo per fare bella figura?   

ricostruzione giorno 41

Una delle conseguenze immediate è che se fino a poco fa mi sentivo volpe addomesticata di Saint Exupery, in pochi giorni torno ad essere lumaca – ma non nel senso di lentezza, quanto piuttosto di entità che si porta appresso tutta il suo mondo sulle spalle, e non ha davvero bisogno di tornare a casa, ché tanto la casa ce l'ha sulle spalle e tutto il resto vaffanculo.

 

Da volpe addomesticata a lumaca nomade, dunque.

 

Che poi uno potrebbe dire: e perché non la tartaruga, allora. Perché la lumaca ha anche questi occhi che spiano il circondario, che se li sfiori quelli si ritraggono immediatamente. Questo ritrarsi immediatamente lo sento abbastanza mio attualmente – io che adesso (forse) non mi fido più di nessuno.