appunti per il futuro

Appunti per il futuro: le persone stanno bene insieme non per gli interessi in comune, le affinità caratteriali eccetera eccetera. Voglio dire, è ovvio che sia così, ma queste affinità le metti proprio all'inizio. Voglio dire, se ti vedo il jeans tempestato di swaroski io intuisco che è meglio lasciar perdere, e quindi il pensiero non mi sfiora neanche.

 

Ciò che conta davvero è quanto vuoi mettere in mezzo, quanta parte di te metti in discussione – nel mezzo. Non deve essere per forza Molta. Ne può bastare Poca, però deve esserci sintonia su questo punto.

 

Spio le parole di coppie sedute ai tavoli vicini, che si fanno domande laterali e rispondono con frasi formali – osservo tutta sta distanza gelida ma confortevole e penso: ecco, loro sono d'accordo sul Poco. Ovvio che personalmente tiferei per il Molto, perché poi con il Molto riesci a livellare differenze minori, e superare saltellando le pietre incontrate sul percorso. A perdonare le cazzate fatte e accettare le inevitabili privazioni. Però il problema è che bisogna essere in due, a decidere per il Molto, e nello stesso momento.

 

Perché è pure un problema di sincronismi, per la miseria.

scopro

Scopro interesse nell'osservare coppie che stanno insieme da trent'anni mentre ballano un lento, ma solo perché mi accorgo che sorridono e che hanno qualcosa da raccontarsi proprio in quel momento, e proprio quel raccontare le fa sorridere. Hanno ancora qualcosa da raccontarsi, e perciò sorridono, ecco cosa.

 

Che poi non sono loro, lo stupore é per me che me ne accorgo, visto che prima non me ne accorgevo. Adesso me ne accorgo.

 

Potessi scegliere, vorrei un capodanno tra gente che non conosco dove nessuno me lo fa notare – che è capodanno.

a roma

A Roma le ragazze rom sfoggiano la mammella e allattano il bambino in metropolitana. Tengono il bambino con una mano mentre con l'altra premono il pulsante della biglietteria automatica al posto tuo. Quindi ti chiedono un contributo per il lavoro (svolto benissimo, peraltro) di spingitrici di pulsanti di biglietterie automatiche. Io però fossi in loro mi sputerei sul dito per rendere più conveniente il servizio (cioé se non vuoi lordarti della mia saliva dammi venti centesimi). Ma comunque.

 

A Roma mangio pizze. Tre in un giorno. E pilucco gelati camminando verso piazza Navona e penso che sta città è una fantastica segregazione fra privilegiati e formiche, ed io conosco solo formiche mentre potrei solo immaginare chi sono gli eletti. Però c'è il vantaggio che con la mia coppetta di stracciatella passeggiare vicino all'enormità di piazza Venezia diventiamo di colpo uguali io le formiche e i privilegiati. Con la differenza che io poi dopo prendo la metropolitana. Una livella della bellezza, praticamente.

 

Non ascoltavo un clacson da mesi. Poi sono venuto a Roma. E poi pensavo che un turista per spiegargli Roma, e quindi l'Italia, e quindi noi tutti che ci siamo nati in Italia, devi portarlo a vedere i semafori pedonali di certe zone periferiche con l'arancione che dura un'enormità. Questo arancione lunghissimo che non vuol dire né No, né Sì: è un limbo, vuol dire Fai un Po' Come Ti Pare, epperò stacci attento.

 

Il paesello all'arrivo è ventoso e lugubre, foglie volano via vorticose. Chiamo una persona al telefono che tossisce, stava dormendo; ne incontro un'altra per strada che si è appena svegliata. Sono le quattro del pomeriggio.

 

E pensavo, finirà con l'indifferenza, altro che razionalità e anti consumismo. C'è stata una lunghissima fase di viva il Natale coi suoi strascichi tossici fino ad oggi, e un ondata di reazionaria di Affanculo il Natale. Ne arriverà una terza, che per quanto mi riguarda comincia oggi – diciamo così, vediamo se funziona – nella quale chi se ne frega di tutto.

nel mio essere trottola

Nel mio essere trottola natalizia, stanotte dormo fra i monti in provincia di Trento. Mi hanno indicato una macchia scura in lontananza dicendomi che è il lago di Garda. Ma domani sera sarò già a Roma, e se c'è un'anima buona all'ascolto, ella sappia che il sottoscritto necessita di un giaciglio per la notte tra il 22 e il 23 verso cinecittà. Ho voglia di mischiarmi nel traffico e ispezionare lo sguardo volposo dei venditori di panini del centro, e ho bisogno urgente di trovare un negozio di giocattoli.

milano

Milano non la conosco. Eppure ci vengo e avverto immediatamente una sensazione di familiare, di panettone e di canale cinque. I nomi delle strade e della metro li ho già sentiti anche se non ci sono mai stato. Ho speso più tempo a Parigi o a Colonia eppure queste strade sembrano strade di casa.

 

Il Corriere della Sera che leggo in un bar parla di fatti successi dietro l'angolo, e questa è una novità assoluta per me che sono contemporaneamente terronico ed espatriato. Nell'altra stanza del bar c'è la cumpa dei giocatori di biliardo stile AmiciMiei e guardandoli mi chiedo se pure io potrei un giorno.

 

Il Cuggino (fu) Rasta ha tenuto la sua festa di compleanno nella sua grande casa dotata di tre bagni. Le ragazze che cercano di accaparrarselo hanno tutte lo stessa luce negli occhi – lui se ne rende conto, epperò dice che ci posso fare se mi piacciono così. Mi racconta gli eventi della sera prima steso nel letto, con voce rauca snocciola liste di nomi femminili ma faccio confusione così che mentre ne nomina una nuova io mi immagino sempre la stessa.

 

Poi è in piedi davanti alla finestra che mangia frollini e dice serio: “ma sai, in fondo io sono l'ultimo dei romantici” ed io rischio seriamente l'infarto dal ridere.

 

Dormo in un hotel gestito da cinesi, il ragazzino alla reception mi chiama Laffaele. Io che coi cinesi in Paese Basso ci lavoro mi chiedo perché loro ce la fanno a pronunciare la R mentre invece qui fanno come nei film di Lino Banfi. Forse lo fanno per farci contenti.

 

In un negozio di abbigliamento del centro chiedo al commesso patinato e italianissimo dove posso trovare una cosa che cerco, quello seriamente mi risponde “downstairs”. Io penso che in fondo sono queste le cose che ti fanno sentire in provincia, come i negozi di saponi che inspiegabilmente li chiamano super sanity shop.

poi mi succede di questi tempi

Poi mi succede di questi tempi di avere espressioni facciali che forse invogliano a rivolgermi la parola. Io che sono sempre nell’angolo che ringhio senza fare rumore. Allora la gente mi rivolge la parola.

 

Lei e’ la nuova segretaria di uno dei posti dove lavoro. Ha cinquant’anni, un nome spagnolo ma una faccia e un accento britannico. Siede di fronte a me. Di solito le posso vedere la frangia mentre il resto del viso e’ nascosto dallo schermo del computer. Ci ritroviamo a parlare del ComeMai ci troviamo oggi li’ nella stessa stanza, con una finestra che da sull’autostrada e l’asfalto ghiacciato. Lei viveva in un’isola del sud della Gran Bretagna quando ha conosciuto il marito, uno che lavorava sulle navi, e che talvolta veniva sull’isola. Arrivando sull’isola ha incontrato lei, e se l’e’ portata via. Dopo dieci minuti di scambi di considerazioni sulla vita in Paese Basso, ci si possono permettere osservazioni piu’ dettagliate e metafore piu’ efficienti. Ogni volta e’ bello scoprire di essere compresi fino nel profondo di quello che vuoi dire. Non capire in generale, ma capire proprio quella sfumatura precisa che t’e’ venuta fuori in quell preciso momento. Che ti viene da considerare che conta quello, potresti parlare per tantissime ore solo a partire da quello.   

 

Dopodomani comincia il mio tour italico da Nord a Sud. Si comincia dall’andare a trovare il fu Cuggino Rasta a Milano – a proposito, si accettano consigli su cosa vedere, quali strade fare, in una domenica mattina muovendosi da Piazzale Libia per andare in centro – e poi di certo anche Roma. Ho voglia di vedere le cose che vedono quelli che ci abitano.

ricostruzione giorno 3

In ogni caso ricordiamoci sempre del nostro background scientifico, e recitiamo la consapevolezza che in fondo – ma proprio molto in fondo – tutto è reazione biochimica. La gioia, l'euforia, la disperazione, lo stimolo di fare pipì e la curiosità di conoscere quello che non sai.

 

E poi ancora è reazione biochimica la pelle d'oca e la fame improvvisa di certe cose buone specifiche invece di altre, e la voglia improvvisa di viaggiare oppure di sbattere la testa contro un muro.

 

Dunque siamo qui che si dondola, a causa dei venti esterni ma pure di quelli interni – biochimici, per la miseria! – e questo non vuol dire che possiamo capire davvero come fare ad evitare di dondolare. Niente affatto, non possiamo. Ché in fondo queste reazioni biochimiche sono complicatissime visto che gente con la camicia chiusa fino all'ultimo bottone non è capace di decifrarle a fondo. A cosa serve quindi questa consapevolezza? Ma forse a vivere il momento senza spendere troppo tempo a farsi domande. O a trascorrere quattro minuti scrivendo un post.

ricostruzione giorno 1

Sulla mensola alle mie spalle ci sono le ciabattine che mettevi quando eri qui. Adesso che sei andata via e hai detto non ritornerai più, devo fare attenzione a non guardarle. Se mi succede di aprire l'armadio dove so che ci sono, mantengo la testa ruotata in posizione innaturale, per non guardarle. Non riesco neanche a prenderle e nasconderle in una busta.

 

Ti avevo detto tante volte, un giorno ti sveglierai e non mi vorrai più. Succederà all'improvviso. Poi mi mordevo le labbra sperando di sbagliare, immaginandomi un giorno lontanissimo in cui mi avresti detto: hai visto che ti sbagliavi scemo? E invece.

 

Ma adesso che forma devo dare, a questo dolore?

 

Posso uscire e conoscere migliaia di persone – come faccio – credendo che serva a qualcosa. C'è una tipa distesa sotto l'albero di Natale in questa casa che non conosco. Quello al mio fianco – che non conosco – mi da di gomito e la indica con il mento. La guardo e penso soltanto: Preferisco Lei. In questa festa comincio a parlare con una che avevo visto una volta, anche lei si ricordava di me, mi distraggo per quattro minuti poi mi dico improvvisamente Preferisco Lei. Fuori l'asfalto è bagnato perché ha piovuto poco, mi invitano fuori sul terrazzo per una sigaretta e io ci vado, parlo di democrazia e di balene e di calcio e di capodanni poi però basta un soffio di vento più forte che al'improvviso non sento più nessuna parola, vedo solo gente che dondola per il freddo che fa – mentre io mi chiedo: va bene, ma adesso che forma devo dare a questo dolore?

 

Non lo so.

 

Mi avvolgo la sciarpa attorno al collo. Sono riuscito a chiacchierare e scherzare con molte persone mai viste prima, e la gente dopo mi cerca. Quindi non sembro uno zombie. La padrona di casa mi vede che vado via e lancia un No col punto esclamativo, e sembra sincera. Devi rimanere mi dice, adesso sarà più bello. Riesco a scherzare per cambiare discorso e sono credibile, c'è gente che ride. Mi sforzo di non farlo ma lo penso lo stesso, Preferisco Lei.

 

E mi viene da mettere tutto su di una bilancia, sai? Anche se non serve a niente. Ci metto che sono giovane e alto, ho gli occhi verdi e buone prospettive di carriera. Ho una discreta cultura, parlo bene e sono abbastanza educato. Di sicuro sono pulito e onesto. A volte distratto, ma mai cattivo. I miei difetti li conosco benissimo tanto che potrei scrivere un manuale per l'uso di me stesso. Mi interesso di letteratura, cinema e musica. Ho girato l'Europa e ho storie da raccontare. E sono creativo, e conosco benissimo le cose che ti fanno ridere, e le cose che ti piacciono, e forse nessuno le conosce come me. Ma non basta. Non basta e non basta. La bilancia pende ancora dall'altra parte. Non basta.

 

Quale forma devo dare?

 

Potrei scappare via, oppure ascoltare la tua voce fredda. E rendermi conto di quanto è fredda. E pensare che se il calore non ce lo metti tu, allora io ne devo mettere il doppio per farlo bastare per tutti e due. Anche se non serve a nulla lo faccio lo stesso, perché è l'unica forma che riesco a dare, in questo momento.

cose 09 dodici dieci

Coinquilino Spitty Cash fumi così tanto che stordito ti dimentichi di chiudere la porta del bagno. Apro e ti vedo lì seduto sulla tazza con gli occhi rossi mentre chatti sullo smartphone. Tranquillo, non mi curo di te ma guardo e passo.

 

Ormai giunge il Natale ma fortissimamente non voglio Mariah Carey che mi canta il Natale. Solo al pensiero sono nervoso come un gatto bagnato.

 

Piuttosto ascolto troppe volte l'ultima di Jovanotti e mi chiedo se seriamente posso cercare le risposte in una canzone di Jovanotti? Non posso.

 

Ma di sti tempi cadono i cuori dal cielo e feriscono passanti ignari.

mi sorprendo

Mi sorprendo a pensare al concetto di amore nei film di Sorrentino. Che poi non sarebbe un concetto quanto invece le “conseguenze del”, proprio come in uno dei titoli. Che poi non è che ci posso pensare a lungo, visto che mi trovo sotto la doccia, e devo uscire.

 

Non ho una camicia stirata.

 

Gli oggettivamente brutti che corteggiano le oggettivamente brutte fanno benissimo. Solo che io li guardo e penso alla profonda imperfezione del mondo, una consapevolezza che mi assale molto di più che se avessi un malato di malattia ereditaria che mi muore sui piedi sbavando catarro verde. Ché malati terminali morenti ai piedi non m'è mai successo, invece alle pause pranzo annoto spesso tentativi di approccio col boccone tra i denti che poi cerco di dimenticare. Ma perché dimenticare?

 

Compravo una bomboletta di schiuma da barba una volta all'anno, sempre a gennaio. Quest'anno l'ho comprata a novembre e mi sento vecchissimo.

 

Ma intanto organizzo foto che non conoscevo di me stesso bambino, scovate in fondo a recipienti polverosi a migliaia di chilometri da questo tavolo, di me quando non sapevo praticamente niente. Ne scelgo una e la metto qui. Forse.

Volevasi segnalare

Quanto mi piace l’Italia di Yara, la ragazzina scomparsa una settimana fa. Mi piace il suo cellulare con soli dieci numeri in rubrica: un mondo piccolo di affetti seminati in profondità, perché voler bene richiede tempo e troppi amici significa nessun amico. Mi piace la sobrietà dei suoi genitori che non fanno appelli, non si affacciano ai talk show e respingono la fiaccolata proposta dal parroco: il dolore è una cosa seria, metterlo in piazza non significa condividerlo, ma svenderlo. E mi piace il contegno del suo paese, Brembate, dove nessuno rompe la consegna del silenzio. Ogni tanto spunta un microfono sotto qualche naso infreddolito, ma la reazione è sempre un diniego, un passo che accelera.

 

Viva Yara – Il Buongiorno di M. Gramellini

 

Io da terrone conoscitore di quelle terre peri-avetranesi dove la televisione è una delle manifestazioni del Signore, approvo tantissimo.

negli anni novanta al liceo mi occupavano il liceo

Negli anni novanta al liceo mi occupavano il liceo. Allora io giravo per il liceo dicendo che non dovevano occuparmelo, il liceo. Era divertente dormirci dentro la notte per vedere l’effetto che fa. La mattina alle sei farsi portare i cornetti solidali alla crema da quella del quinto anno che mi pareva una donna e che se ci penso adesso, se ci penso, vabbe’.

 

Pero’ dicevo guardate che mi pare na stronzata e non si conclude niente. Facciamo la figura degli scemi, possibile che non ve ne rendiate conto (dicevo nel microfono). Rischiavo il linciaggio. Dovevo passare il microfono.

 

Quelli che invece non si ponevano domande se la godevano e basta. C’erano aborti epici delle benefattrici dell’epoca. Io mi arrovellavo e rischiavo linciaggi. Sistematicamente quelli che se la godevano poi sono diventati tutti tutti ometti mogi e istituzionali. Militari di carriera. Io mi arrovellavo e mi arrovello ancora. Il loro spirito rivoluzionario mi sembrava di zucchero filato.

 

E gia’ negli anni novanta prevedevo che sarebbero diventati ometti mogi e istituzionali – protagonisti perfetti di un film monicelliano appunto – che’ lo zucchero filato si affloscia presto. Sono passati gli anni e nelle scuole ancora ci sono quelli che se la godono e basta. Mi viene da pensare che alla fine c’hanno ragione loro, se la sono goduta e poi si sono bellamente dimenticati cos’e’ la rivoluzione, cos’e’ l’impegno. Cosa significa tenere le antenne dritte e allenare giornalmente il senso critico. Ma si nasce rompicoglioni ed io modestamente lo nacqui. Pero' se hanno ragione loro, quest’anno un po’ mi dispiace per loro, soprattutto per quelli delle superiori, che hanno occupato le scuole e la riforma e’ passata il 30 novembre, adesso come fanno ad arrivare alle vacanze di Natale.