quella cosa che chiamano

C’e’ una cosa che chiamano “distaccamento dal paese reale”, quando si parla di chi – da posizioni privilegiate – non comprende le ragioni e le motivazioni della massa non privilegiata, oppure diversamente privilegiata.

Un esempio interessantissimo ci viene dato dal blog Solferino 28 partorito da quei geniacci del Corriere. Un blog che racconta storie di ragazzi alle prese (di solito) con il mondo del lavoro. Chi racconta pero’ sono giornalisti “giovani” di cui sono disponibili pure le biografie, se uno volesse leggerle.

E a leggere queste biografie (che’ io sono tra quelli che le legge) si scoprono personaggi che a 29 anni scrivono al Corriere da 6. Che a 30 anni scrivono sul Corriere da 8. Oppure che piu’ o meno hanno sempre lavorato nelle redazioni milanesi, o dintorni. Storie personali pallidissime se le metto a confronto con le tribolazioni e peregrinazioni delle persone che mi circondano.

In pratica un gruppo di mosche bianche.

In pratica, gente che non ha il polso di quello che succede. E siccome non ha il polso di quello che succede, finisce per dare spazio a storie che non lo meriterebbero, ma che invece – ai loro occhi di milanesi rilassati nella loro posizione di privilegio (anche se guadagnata) – paiono incredibili.

Il picco e’ stato raggiunto qualche giorno fa con la storia di Francesco, 30 anni dalla Puglia, emigrato, che però “ha il sogno di tornare a casa“.

E dove e’ emigrato, Francesco dalla Puglia? A Pechino? A Palo Alto? A Johannesburg?

A Milano.

non penso mai a quelli che

Non penso mai a quelli che in Italia sono riusciti a trovare un posto di lavoro grazie a favoritismi. Giuro, non ci penso mai. Il più delle volte penso: cazzi loro. E della loro coscienza.

Stamattina leggo la storia del chirurgo a cui viene rifiutata una cattedra anche se è di molto superiore ai contendenti. Anche se ha vinto diverse cause in tribunale. Lui si ricandida per la cattedra, e la Facoltà sceglie di nuovo i due meno bravi. Lui fa causa, la vince, si ripresenta, e lo bocciano.

Continua a leggere

trasposizione della responsabilita'

Continuo a scervellarmi leggendo le storie della GenerazionePerduta su Repubblica.it. Sono interessatissimo ai percorsi di sti personaggi che hanno lasciato la loro testimonianza quanto a esperienze lavorative. Fa parte della mia mania delle biografie, ne leggo sempre (e per questo sempre sia benedetta wikipedia nell’alto dei cieli). Siccome sono tantissime, ste testimonianze – 1700 in questo momento – non si puo’ fare una generalizzazione, pero’ ho letto tante storie che hanno tutte un punto in comune, che io chiamo oggi (magari domani ci cambio il nome) “trasposizione della responsabilita’”.   

Ovvero. 

C’é di solito in queste storie un ragazzo PincoPallo che si mette a studiare Lettere Moderne (o Psicologia, o Archeologia, o Comunicazione, o Architettura). Pinco Pallo prima di studiare Lettere Moderne potrebbe aver fatto una ricerca per capire se studiare Lettere Moderne servira’ a trovare un lavoro. Lo ha fatto? Si? Allora studia ugualmente e accetta il rischio. No? Be’, se non lo dovesse poi trovare, é responsabilita’sua che non si é informato prima. Pinco Pallo si laurea con 110 e lode e trova lavoro solo come cameriere a 3 euro l’ora per 4 ore alla settimana in un bar della periferia dove i vecchi vanno a bere l’amaro dopo pranzo. Non puo’ andare a vivere da solo. Si incazza contro il suo Paese di merda che non gli garantisce un lavoro nonostante la sua cultura derivante da 4 anni di sottolineature di testi universitari.   

Prima domanda: se esistesse un corso di laurea in Robbie Williams (per diventare come Robbie Williams, per intenderci) e io lo frequentassi e mi ci laureassi pure – se poi non dovessi diventare ricco e famoso e rockstar con le fan che mi aspettano nel letto – poi me la dovrei prendere con il mio Paese?    

Pinco Pallo dice: ho la laurea, non il lavoro. La colpa é del Paese. Di Berlusconi. Di un sistema marcio e oscurantista che non apprezza la mia cultura. O forse – e qui viene il bello – la mia cultura non é abbastanza. Allora mi iscrivo alla specialistica in editoria, dai. Due anni di editoria. Avra’ Pinco Pallo fatto una ricerca per capire se una specialistica in Editoria serve a trovare un lavoro oppure No? Stesse risposte di prima. Quando Pinco Pallo sara’ laureato in Editoria, dira’ “Ho due lauree, e non trovo lavoro”. Tradotto: adesso ho DUE motivi per dire che il mio Paese é una merda. Due motivi is megl che one. Dunque Pinco Pallo continuera’ a lavorare nel baretto decrepito, pero’ la sua coscienza avra’ 2 motivi (piuttosto che 1) per autocommiserarsi e credere di essere nel giusto. Guardarsi attorno per capire quali lavori servono, ancora No. Per questo si iscrivera’ ad un Master di Conservazione dei Beni Archeologici. Poi dopo averlo finito fara’ uno stage non pagato per 6 mesi in una biblioteca pubblica a fare fotocopie e cambiare il nastro delle telecamere di sicurezza.

Dopo il primo motivo per dire che il suo Paese é una merda, adesso ne ha due, tre, quattro etc (specializzazioni, master, stages, etc.). Dopo aver detto che il Paese é una merda, dira’ pure che é tutto un magna magna perche’ trovano un vero lavoro solo i raccomandati. Come sappiamo questo é in larga parte vero. Solo che Pinco Pallo, oltre a ripetere cio’ come un mantra (raccomandati, raccomandati!!) non agira’ di conseguenza. Lui la raccomandazione non ce l’ha, eppure continua a farsi calpestare da raccomandati. Piuttosto che imparare la lezione, persevera e persevera. Concorsi di dottorato tanto per farsi dire di No e poi lamentarsi con la mamma. Accumula ulteriori motivi per dire che lui é nel giusto, mentre é il resto del mondo ad essere una merda. Non posso pagarmi l’affitto che il paese é una merda, non posso farmi una famiglia che il paese una merda. Trasposizione della responsabilita’, appunto. O giustificazionismo. Che non ti sazia se hai fame, non ti riscalda se hai freddo, ma consola la coscienza. Tantissimo.   

E invece ad essere cinici si chiama pure Rigurgito Di Selezione Naturale. Millenni fa c’erano due uomini delle caverne stupiti di fronte alla prima fiammata. Uno di loro mette la mano sul fuoco, si scotta, urla (guardalo, pare na scimmia!) ma poi la mano sul fuoco non la mette piu’. L’altro vede il compare urlare, se ne frega e ci mette la mano ugualmente. Si scotta pure lui, ma insiste. Insiste e insiste. Muore carbonizzato. Noi discendiamo dal primo, il secondo ha fatto crescere gli alberi.

Testimonianza no.1405 (Disoccupato, 31 anni).

Laureato in filosofia con lode, dottorato di ricerca in filosofia fuori città e monografie, articoli e altre pubblicazioni. Conoscenza buona di inglese, tedesco e francese. Ora, da mesi attendo opportunità di proseguire le mie ricerche in ambito accademico; ma la crisi ha dimezzato ogni possibile assegno di ricerca o altro. Non contiamo poi le varie schifezze cha caratterizzano il mondo dell’Università. Altri lavori: nessuno. Nei licei graduatorie bloccate, nell’editoria niente di niente. E io cosa faccio? Come mi mantengo? Devo lavorare da cameriere o al call center con un dottorato di ricerca in filosofia e con monografie varie pubblicate? Tutti gli anni di abnegazione e di studio meritano questo? Non lo so, ditemi voi. Io so solo che sono amareggiato, triste e depresso, per quanto cerchi di convincermi ogni giorno a non mollare e a non perdere la speranza…ma è proprio dura!

le storie

Le storie della GenerazionePerduta pubblicate da Repubblica sono un naso ficcato dentro una realta’ che tu te la immagini piu’ o meno cosi’, ma non ci credi davvero che sia cosi’. Cose che ti verrebbe da venire in Italia da citofonare alla gente per chiedere: ma tu che vivi in questa casa e che ti puoi permettere sti metri quadri, che lavoro fai? No, spiegami. E quante ore lavori al giorno? E sei felice? Perche’ leggere solo le storie di chi si trova nella merda fino al collo forse distorce la realta’. Forse.  Poi ci sono quelli che si sono laureati in lettere medievali e specializzazione in cinema e non trovando lavoro se la prendono con Berlusconi. Di certo al sottoscritto ste storie paiono interessantissime in ogni senso – soprattutto perche’ ogni dieci storie ce ne sono almeno un paio di persone emigrate all’estero, con le quali mi confronto. E io c’ho bisogno di verificare. Questi che vanno all’estero dicono tutti le stesse cose, in Italia non trovavo, adesso invece sono contento, pero’ il caffe’ al bar e gli amici in piazza, quelli non li posso avere. Io che piu’ o meno sono d’accordo, aspetto sempre l’idea assoluta e vincente, quella che un giorno divampera’ nel mio cranio e mi permettera’ di diventare civilmente e legalmente ricco, in modo da poter decidere – se lo voglio – di volare dove mi pare, e prendere un caffe’ al bar dove mi pare, o passare a trovare i miei genitori con uno zaino con dentro regali casuali e nella testa almeno due ore di cose da raccontare.

geniacci che non siete altro

Ma certo! Se il numero dei maturati con cento e lode é il doppio in Puglia rispetto alla Lombardia, e se in generale al Sud sono molti di piu’ che al Nord é perché noi giú c’abbiamo certe capocce che non avete idea. Certo! Ma scherzate? Ma scusa, noi siamo attaccati alle tradizioni come cozze allo scoglio, no? E se siamo vagamente rammolliti, vagamente mammoni, vagamenti mafiosetti come cultura, allora sta cazzo di cultura dobbiamo instillarla sin da subito nei nostri giuovani. Quanto siete bravi, dobbiamo dirgli a sti bambini che ci cresciamo in casa. Bravi, siete. Mangia le polpette, bravo che sei. E se le mamme fanno pressione psicologica sugli insegnanti per averci il 100 e lode, é giusto che gli insegnanti cedano a queste pressioni, altrimenti come facciamo a insegnare la vera vita a sti maturandi? Se esistono differenze sociali fra gli studenti, é giusto che gli insegnanti ne tengano conto, penalizzando sistematicamente i poveracci e favorendo simpaticamente il figlio del sindaco. Ma scherzate? Li’ fuori c’ é tutto un mondo di favori e minacce velate e simpatica corruzione chiamata amicizia, ed é giusto che ci si prepari adeguatamente. Mica si puó diventare improvvisamente inseriti nella cultura predominante. Bisogna entrarci passo dopo passo. Meglio cominciare da giovani.    

tre cose veloci

Una macchina va a cadere nello stagno qui davanti a casa, dove per "qui davanti a casa" non intendo "nei pressi" o "da queste parti", ma proprio qui, fuori dalla finestra. La macchina ha fatto pluf nel fiume, e io mi chiedo quanto ancora mi serve per abituarmi a questi corsi d’acqua dappertutto, e a queste papere che in coppie la mattina attraversano la strada sculettando, a questi gabbiani ad altezza di balcone.    

Cossiga, scrivendo un libro intitolato "Gli italiani sono sempre gli altri" ha detto in una riga praticamente tutto, al punto che non ci sarebbe bisogno di aprire il libro e non ci sarebbe proprio bisogno di aggiungere altro. Facendo finta di non conoscere questo rigo rivelatore, è molto interessante il risultato di sto sondaggio secondo il quale solo il 4% degli italiani ammette di aver usufruito di una raccomandazione.   

Domani mattina si va a Parigi con la Meisje, a fare finta di essere alta società che si nutre di baguette per qualche giorno. Aprite le finestre di tanto in tanto per cambiare l’aria, mentre sono via sennò poi torno e mi assale il tanfo.

in questo momento

In questo momento alla televisione del Paese Basso c’è un tizio con i capelli lunghi che recita poesie in italiano e poi le traduce in olandese. Gli ospiti in studio spalancano la bocca così come tutti i miei coinquilini raccolti nell’immenso divano che circonda il televisore. Ma cosa spalancate cosa? chiedo io. Mentre estraggo la pizza dal forno mi viene chiesto di parlare delle versioni italiane di Paperino e zio Paperone. In olandese la differenza è che Donald Duck lo pronunciano dUck con la U, e non dAck. Quindi a dire “Paperino” è chiaro che poi si mettono tutti a ridere. Se uno ci pensa: paperino. Quando dici invece zio Paperone, quelli si chiedono “Peperoni?” perchè sta parola la conoscono, appunto, per le etichette delle pizze.   

La Meisje invece ha aperto il suo blogghe anglofono. No, non è un blogghe, direbbe lei, è un Tumblr, è diverso. Ne faccio pubblicità solo ora che come per i trapianti nei primi tempi c’avevo paura del rigetto. Invece tutto bene. La Meisje mi chiede di sistemare le lancette dell’orologio appeso sopra la porta – “se ci arrivi” dice lei. Siccome ci arrivo, invece di dirmi di quanto spostare le lancette, si stupisce del fatto che ci arrivo. Ma quanto sei alto che ci arrivi? mi chiede, mentre io sono in stretching col dito sulla lancetta. Ma ti pare il momento di stupirti? le dico. La Meisje adesso vuole andare a prendere lezioni di chitarra, “per diventare come Soko” dice lei, e poi aggiunge che così così non avrò più motivi per nominare la poliedrica artista fotografa musicista cantante nonchè attrice Zooey Deschanel, che comunque nomino qui solo per farle un dispetto.  

L’amico Bollo – mio duplice compaesano, già nel paesello e poi a Bologna – siccome le vie del Signore sono infinite, ma sono infinite pure tutte le altre, da qualche giorno me lo ritrovo compaesano anche qui in Paese Basso. Solo tre anni fa eravamo fermi in una Peugeot 206 nel centro di Oslo, di notte, a rischiare l’arresto per permettere ad un suo amico di pisciare sulla porta del museo dell’Urlo di Munch. Adesso invece siamo qui. Fra me e lui, il fortunato fra noi due sono io, ché io c’ho fatto il callo a vivere fra gli arancioni, invece per lui adesso arriva il bello, l’apnea, la risistemazione delle coordinate. A tutti quelli che dicono “se in Italia continua così, io me ne vado all’estero e bla bla bla” vorrei dire di venirci, all’estero, che poi voglio proprio vedere. Ne conosco tanti, che dicevano dicevano, e invece Poi. A lui adesso dedico il discorso di Steve Jobs – che ci sono parti dovrei vorrei averci Steve di fronte per puntualizzare determinate cose, ma che almeno per il discorso dei “puntini” lo condivido appieno. Quello che posso dire è che anche nel peggiore dei casi, pure nell’interpretazione più negativa che si possa dare, ci sono tantissimi puntini di gran lunga più brutti di questo arancione qui.

E se si è in ballo, bisogna ballare, sennò la musica che cazzo la mettono a fare.

tu – ovvero me stesso che leggerai queste pagine

Tu – ovvero me stesso che leggerai queste pagine in un futuro di cui ora non so niente – ti stai chiedendo come trascorrevi una giornata di quelle che ti senti di stare bene e non sai nemmeno il perchè?
Mh, te lo stai chiedendo? E allora te lo racconto.         

Stamattina ti sei svegliato nemmeno tanto presto, e hai preso l’auto per andare a trovare due dottori che in questo edificio enorme dell’autorità sanitaria del Paese Basso ti aspettavano per discutere la tua ricerca dei prossimi mesi. Non è stato quello che vi siete detto – non è nemmeno il fatto che adesso ti danno retta, mentre parli di cose serie, ancora ti stupisci di questo fatto, ma non è questo – è stato piuttosto che poi quando sei uscito faceva sto freddo da Europa del Nord, e i gli steli d’erba attorno alla strada erano brinati epperò c’era il sole, e sole e ghiaccio assieme ti hanno fatto pensare a quante giornate si perdono, giornate stupende, seduti a lavorare. Non è che lavorare che ti pesi, è  solo il perdere queste giornate, che ti basterebbero cinque minuti al giorno di autostrada senza automobili, non chiedi mica cose impossibili.              

Sulla strada avevi le cuffie, e nel lettore c’avevi Astor Piazzolla che però hai snobbato ripetutamente a favore di Amy McDonald, e questo perchè sei giovane, e l’album ti piace tutto intero. E poi lei ti sta simpatica, con quella facciotta da bombolona si chiama pure McDonald, hai pensato: chissà quanto l’avranno presa in giro a quando non cantava e andava ancora a scuola. 

Arrivato all’università sei andato alla tua scrivania. Adesso buona parte della tua settimana la spendi in questa stanza-alveare condivisa con altri studenti di qualche anno più giovani di te, di cui la metà con origini chiaramente indiane, e l’altra metà non lo sai, e però tutti hanno belle facce, studiano pochissimo e non ti danno fastidio mentre parlottano sullo sfondo. Avevi un panino semi cotto nello zaino, di quelli che vanno riscaldati nel forno o nella piastra sennò li mangi e muori. Hai preso in prestito la piastra da una abitante dell’alveare, ma quando hai infilato la spina è arrivato un Tizio Autoritario a dirti che non si poteva, tu gli hai detto che oggi non avevi altro da mangiare, gli hai fatto vedere il panino che se te lo mangiavi semicotto rischiavi di finire male, allora lui ti ha lasciato fare. Hai preso l’ascensore per recuperare un piatto dalla mensa, e nell’ascensore un signore vestito elegantemente ma con la faccia di Mick Jagger ha scherzato sul fatto che prendere un piatto vuoto dalla mensa non costa nulla. Gli ho detto Sì Sì, non so cosa ci sia da ridere ma comunque Sì. Il panino nel frattempo si era bruciato – e pazienza – lo hai comunque consumato sul tavolo del Dipartimento sfogliando un settimanale locale. Nel paginone centrale c’era la foto di quella che ti ha prestato la piastra che rispondeva all’intervistatrice su cose tipo “verso che età hai intenzione di diventare madre?” solo che non sei riuscito a decifrare la risposta dalla lingua arancione. Glielo avresti chiesto di persona, dopo, “a proposito: a che età avresti intenzione di diventare madre?” ma l’hai trovata che puliva la piastra dai resti del tuo panino bruciato. Le hai detto “lo faccio io, lascia stare” lei ha detto “sono tre settimane che non la pulisco, dovevo farlo prima o poi”.          

Sei sceso poi a prendere pezzi dell’ultimo sole sulla panchina, lì un ragazzo di due metri e dieci ti ha dato del francese, c’hai proprio l’accento francese, ha detto. Tu gli hai detto subito: ma quale francese, sono italiano, e allora quello ha cominciato a dire che c’è la mafia a San Marino, che tu sta cosa non l’avevi mai sentita prima. A San Marino? Per bruciare il silenzio hai detto Burocrazia, Governo, Always, e lui ha detto Sì. Era un po’ confuso. Di dove esattamente? ti ha chiesto. Del Sud Est, gli hai risposto, e quello ha battuto le mani e ha detto Aaaah! Cievo Veronna! No No, hai detto tu, da Lecce. Aaaaahh! Lecce in italiano significa Latte! No, quello è spagnolo, gli hai detto tu. Quando sei andato via ti ha salutato con un Take it Easy e poi urlando un EPERRICULOUSU SPARGARSAI. Tu gli hai ripetuto, non sono francese, quello ha detto che era una frase in italiano, e tu solo alla quarta volta hai capito che intendeva È PERICOLOSO SPORGERSI, frase letta su qualche espresso dalle parti di Venezia.  

Sei andato ad una conferenza sulle macromolecole che passano o non passano la barriera ematoencefalica. Non ti interessava, ci eri costretto. La presentava Phil Collins. Tu osservandolo durante l’orazione, intristendoti della sua enfasi e delle risate che si procurava da solo commentando  grafici di Excel, e seguendo attentamente la grandissima capacità che aveva di sollevare e abbassare le sopracciglia (trascinando di conseguenza tutto il cuoio capelluto e il ciuffetto di capelli rimasti al centro) hai pensato che tu non ce la faresti mai – ma davvero mai – a dedicare la tua intera vita ad una sola cosa come fanno gli scienziati.  

Sei andato in palestra – adesso hai ricominciato con queste cose, ti costa solo 11 euri al mese – e hai pensato per l’ennesima volta che a fare girare il sangue poi gira tutto il resto, anche le idee, anche la voglia di fare, e infatti poi sei tornato a casa e hai messo le robe in lavatrice prima di pistolettare come uno scemo su internet. 

Hai preparato la cena, e nel frattempo hai parlato con due dei tuoi coinquilini, lo psicologo metallaro innocuo, e il super uomo biondo gay. Gli hai parlato di Phil Collins, e per questo siete finiti a parlare delle diverse forme di intelligenza toerizzate da quelli che ste cose le studiano, dei Nerd e dei fisici premiatissimi che poi finiscono male. Nel frattempo, gli spagnoli che dovevano venire a visitare il super uomo erano in ritardo di due ore, lui mescolava l’impasto per il pancake e li immaginava caduti nel fiume.

Hai pensato – non c’entrava niente ma lo hai pensato lo stesso – che ci sono amici tuoi che stanno diventando proprio quello che non volevano essere. Ci sono quelli che si sposano in Chiesa sennò sembra brutto, per fare un esempio.. Tu non stai diventando quello che volevi essere – cioè, non lo sai, non hai mai avuto le idee chiare in merito – però non stai nemmeno diventando l’opposto. È complicato da spiegare, ma io mi sono capito, e tutta sta cosa come ho detto all’inizio, la scrivo soprattutto per me.

il Cuggino Rasta, sempre lui

Il Cuggino Rasta – per i pochi che ancora non sanno chi sia, leggere per esempio qui oppure qui – in preda ad una crisi dei trent’anni anticipata, qualche mese fa molla tutto, lavoro, famiglia e innumerevoli amanti, e scappa a Londra in compagnia di mio fratello Il Piccolo. Io seguo le loro gesta da lontano – neanche tanto lontano – e mi impedisco di scriverne, solo che poi come al solito la tentazione diventa troppo grande, mi arrendo e ne scrivo. 

Il Cuggino Rasta e mio fratello Il Piccolo sono a Londra, se chiedi perchè sono a Londra ti dicono che ci sono andati per imparare (per l’ennesima volta) l’inglese. Il Cuggino Rasta specifica però che lui l’inglese già lo conosce abbastanza bene, e che a Londra più che altro ci è andato per un «perfezionamento». Anche se poi, prima di andare ad una prova di lavoro, mi chiede via Skype se «unpaid trial» significa che la prova di lavoro te la pagano dopo. Il fratello Il Piccolo, invece, quanto ad inglese è fermo al livello di “noio vulevon savuàr” di Totò. 

I due avvocati (perchè sono entrambi sono avvocati, capiamoci) a Londra trovano ospitalità nella casa superlusso dell’amica di un’amica del Cuggino, una casa che è  parte dell’eredità degli Onassis, confinante con un punto vendita di D&G e vicini di Flavio Briatore. Il Cuggino ha detto che secondo lui la casa potrebbe valere qualcosa come quattro miliardi. Nel frattempo però, i due sono senza lavoro, e in mancanza di soldi non escono quasi mai di casa, consumano un solo pasto al giorno e si cibano prevalentemente di patate e fagioli. Il Piccolo riesce a trovare lavoro come sguattero in un ristorante, dopo due giorni però, forse per l’eccessiva lentezza, viene licenziato. Il Cuggino rifiuta un’offerta di lavoro come modello – dobbiamo ricordarci che il Cuggino è bellissimo, affascinantissimo, e già tempo fa rifiutò un provino come VJ a Mtv – sostiene un colloquio per fare il rappresentante di carne nei ristoranti e il receptionist in un’ambasciata, ma alla fine resta comunque senza far nulla. A questo punto il vortice casa lussuosissima/mancanza di soldi/inglese stentato costringono i due avvocati a trascorrere sempre più tempo chiusi in casa. La prima conseguenza è che il Cuggino, instancabile cacciatore di ragazzine in ogni parte del mondo, resta privo della sua occupazione principale per oltre un mese (“un mese e mezzo” arriva addirittura a dichiarare oggi pomeriggio). Con la consapevolezza della propria condizione attuale il Cuggino rivaluta mentalmente la sua vita in Italia, molto più semplice e agiata, ma cerca anche di collegare le sue sventure professionali con la crisi mondiale dei crediti e i tonfi di Wall Street. Ciò nonostante, l’altra sera racimola 3 sterline e novantanove centesimi (in seguito affermerà: ma ti rendi conto? Tre e novantanove?!?) e acquista numero tre preservativi con l’intento di inseguire certi suoi piani di gloria. Con piccole pacche sulla tasca del giubbotto, dove tiene nascosti i suoi oggettini, il nostro eroe affermerà in metropolitana ( e ci sono testimoni):  

« Adesso mi sento più sicuro. Ecco: adesso questa città mi fa meno paura. »

È  chiaro che siamo di fronte ad un genio dei nostri tempi. Il piano va a vuoto ma lui non si abbatte, non perde la speranza e racconta che presto farà un certo viaggio in un certo Paese, e lì avrà modo di rifarsi di tutte le sventure appena trascorse.

A questo punto, si viene a sapere che una sua VecchiaFiamma andrà a Londra a trovarlo fra qualche giorno. Il Cuggino ha già affermato che, per la sua salute mentale, dovrebbe evitare qualsiasi contatto con questa persona, ed è anche il consiglio che gli stato dato più volte. Ora però le condizioni sono tali – non so se mi spiego – che il pericolo di un «incontro ravvicinato» con la VecchiaFiamma, sebbene dannossissimo per entrambi, possa comunque avvenire. Qui si fa il tifo per il No, ma si ha paura che invece sia Sì. Qui si fa il tifo per il No, perchè si vuole pensare ad un Cuggino capace di autocontrollo e analisi del rischio di medio-lungo termine. Un Cuggino che finalmente diventa persona adulta. Le previsioni di tutti gli esperti della materia “Cuggino” sono pessimistiche. Sapendo di diventare nuovamente protagonista di una pagina su questo blogghe,il nostro eroe ha dichiarato: 

«Lasciatemi stare che devo costruirmi una vita sentimentale seria, e con il vostro aiuto non riuscirò a farlo.» 

Per il resto, se qualcuno si trova da quelle parti, e volesse incontrare il Cuggino e il Piccolo, offrire loro un pasto caldo, può mettersi in contatto con me. Se lo si distrae in qualche modo, forse si potrà scongiurare anche l’inevitabile. Se invece siete lontani, ma avete anche voi avuto esperienze di VecchieFiamme portatrici di danni, di problematiche Minestre Riscaldate, proponete qui qualche motivazione che riesca a convincere il Cuggino a fare il bravo. L’idea è quella di compilare una lista da stampare e dare al Cuggino, sperando che funzioni.  Ma le previsioni, come detto, sono pessimistiche.

ai tempi del liceo

No, appunto dicevo, ai tempi del liceo feci una sola occupazione da vero partecipante. Avevo quattordici anni, e cosa vuoi dire ad uno che ha quattordici anni? Niente. Se intravedi la possibilitá di farti una notte di guardia davanti alla scuola, lo fai. Ma hai solo quattordici anni, c’è poco altro da aggiungere.  

Le ragazze del quinto anno ti portavano il caffè ed i cornetti alle sei di mattina, per “sostenere i valorosi guardiani notturni della scuola”. Bello.    

Poi a quindici anni giá mi accorsi di come stavano le cose e poco prima delle occupazioni prendevo il microfono in palestra per dire davanti a tutti: ecco insomma, se proprio vogliamo trovare una scusa per non venire a scuola, almeno cerchiamo di informarci un minimo, no? Invece i miei compagni non volevano venire a scuola e basta, i giornali non li leggevano e non potevano dire ai genitori: io oggi non ho voglia di andare a scuola. Io invece potevo, e allora montare tutto quel casino solo per saltare dieci giorni di scuola, mi pareva esagerato. Mi volevano morto.    

E si andava avanti così, negli anni “protestarono” per tutto: per le guerre, per le finanziarie, per le riforme, per il governo, per le bonifiche, per non cosa altro. Io lo so che un liceale è un cazzone, e che bisognerebbe lasciargli una certa libertá di essere cazzone, ma a me tutta sta farsa solo per farsi il giro in vespa al sole pareva un modo triste di svendere le idee. Del tipo: a quanto la vendi la tua idea sul mondo, sulla politica? Per me era come se ti stessero rispondendo: al prezzo di un giro in vespa. Tu dammi un giro in vespa di mattina ed io sono contro o a favore di tutto quello che vuoi. Poi dicono il voto di scambio. Poi dicono il clientelismo. Ste cose nascono quando non c’hai nemmeno un pelo di barba sulla faccia.     

Oppure era come se ti dicessero: non abbiamo nessuna idea. Qualsiasi prezzo è buono.      

E allora io il giorno della manifestazione contro il bombardamento in Jugoslavia, entravo a scuola da solo. Gli altri facevano due ore di corteo, oppure nessun corteo – spessissimo nessun corteo – e poi giro in vespa verso mare. Oppure a casa a dormire. Il punto era che la guerra in Jugoslavia mi dava fstidio per davvero, non mi andava di scambiarla con il giro in vespa a mare (che potevo fare quando volevo). E ci tenevo a dare una testimonianza – a me stesso – che a modo mio stavo celebrando la schifezza. Il prezzo da pagare era disegnare cerchietti con la matita sullo smalto verde del banco per cinque ore. Lo facevo. Se fossi stato al mini corteo pre-giro in Vespa al mare, nessuno avrebbe parlato della guerra in Jugoslavia, o della finanziaria, o di quello che era.       

Allora quando dicono che ci sono i licei occupati, i cortei di studenti delle superiori, sti numeri vanno presi con le pinze. Lì in mezzo ci sono pure quelli che ci credono, ma la massa non sará mai credibile. Un liceale farebbe di tutto per saltare un giorno di scuola. Un giorno di scuola saltato è una benedizione del cielo. C’ è gente che ha allagato la scuola per saltare un giorno di scuola. Saltare la scuola è bello, ti cambia l’umore, ti rinvigorisce. Non è certo una dimostrazione di impegno.


E’ come se dicessi che la guerra in Iraq mi fa così schifo, ma così schifo, mi fa così che guarda, addirittura adesso vi lascio tutti qui e mi vado a mangiare una pizza.

certe volte

Certe volte ci penso. Servirebbe una telecamera a seguirmi in questi giorni velocissimi. Una telecamera dietro a seguirmi mentre corro. Mi fermo, dico una cosa e poi corro. Ma proprio corro corro, non dico per dire. Corro.

Ho prurito alle mani e vorrei scrivere di sta protesta studentesca. Ma domani ho un esame ed è meglio di No. Io ai tempi della mia protesta studentesca mi volevano morto. Io a quei tempi c’avevo la mafia studentesca degli studenti protestatori liceali che mi voleva praticamente morto.  

Comunque, a vedere quello che succede in giro, è chiaro che bamboccioni si nasce, mica si diventa. E poi questi che chiedono soldi per l’università, ma io dico, ma state scherzando? Ma l’università è piena di baroni viscidi e affaristi oppure No? Di parenti e cugini e amanti oppure No? Perchè a me pareva di Sì. Cioè, si era detto di Sì, giusto? A me pareva di Sì.

Io avevo detto non avrei scritto di ste cose, non devo scriverne e basta.

insomma stavo riflettendo

Insomma stavo riflettendo sul discorso di Bossi che al Nord non vuole gli insegnanti del Sud, e riflettendo riflettendo alla fine mi sono trovato inaspettatamente d’accordo con questo principio.

Ho pensato, almeno fino alla scuola media, un ragazzino è giusto che si trovi davanti un professore che parla come lui, che conosce le stesse strade, che si ricorda quando lì una volta era tutta campagna. Con tutta sta globalizzazione che tanto non si scappa, almeno qualche anno di radicamento nel territorio non è poi cosa malvagia. Ma questo vale per tutti, non solo al Nord. Se ci metti che i ragazzini si sbroccano davanti a MySpace e ai giochini online con gli skaters del Wisconsin e imparano a memoria le parole delle canzoni di qualche rapper temporaneo, capisci che almeno qualche anno di tranquillità è importante. Eppoi, i professori della scuola pubblica sono mediamente svogliati e frustrati, e se non lo sono all’inizio poi dopo lo diventano con gli anni: allora perchè costringere i ragazzini del Nord ad associare così presto gli accenti e le cadenze meridionali con la frustrazione e l’inefficienza? Anni dopo, ai test di ingresso delle Università, si troveranno tanti freschi mediterronici ad occupare tutti i primi posti delle graduatorie (ricordo un inviperita figlia di dentista bolognese che adduceva la colpa della sua incapacità di entrare ad Odontoiatria alla Calabria) così come nella mia Bologna siamo stati tutti salentini e siciliani nelle prime posizioni.  Ecco Sì, sono d’accordo.

Detto questo, Bossi è uno che si inventò una laurea che non aveva preso per fare bella figura con la moglie, bisogna sempre fare i conti con lui nonostante il suo diploma della Scuola Radio Elettra: storie come questa ti costringono a rivalutare il concetto stesso di genio. E se si pensa ai tanti brillanti laureati che ammuffiscono nei dottorati, sperando in chissá cosa, si capisce che non sto mica scherzando.

io c'ho sto pregiudizio fortissimo

Io c’ho questo pregiudizio fortissimo per il quale ogni volta che sento una notizia che arriva da Roma storco il naso. Perchè se una cosa succede a Empoli o a Trapani non esce nulla, ma se succede a Roma poi ci sono subito le prime pagine dei giornali. Adesso è la volta della «aggressione fascista» alla Sapienza, che ovviamente sta su tutte le prime pagine. Premesso che una percentuale di pirla che si prende a morsi in testa per questioni ideologiche esisterà sempre (purtroppo) a vedere tutti sti titoli dei giornali, ti viene la curiosità di sapere cosa è successo mai, alla Sapienza di Roma. Cosa è successo?

Niente, hanno spaccato un vetro ad una Hiundai e un paio di graffi nemmeno tanto gravi. Ecco cosa è successo. Uno pensa chissà che, e invece niente. Il povero fotografo arrivato lì non sapeva cosa fare, e allora ha fotografato la Hiundai col vetro rotto da tutte le angolazioni possibili. Ma davvero tutte le angolazioni possibili (uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette). Manco la macchina del ritrovamento di Aldo Moro. Al tizio col graffietto, invece, gli hanno fatto tutto un servizio fotografico che nemmeno una sposa viene immortalata tante volte sullo stesso insignificante particolare (uno, due, tre).

ma come minimo, proprio

Siamo tutti d’accordo che accoltellare un figlio perchè gay non è una bella cosa. Però sto benedetto figliolo non era soltanto gay, ma aveva pure lasciato gli studi per fare il modello. E non solo aveva deciso di fare il modello, ma dopo mesi di foto spedite alle varie agenzie, per sua stessa ammissione “non aveva ancora ricevuto alcuna risposta”. Ora, suo padre non era un professore di semiologia, era solo un pregiudicato palermitano, e si fa a presto a dire che certe cose vanno risolte con il dialogo, ma se sei un pregiudicato palermitano incapace delle parole forse – non dico una coltellata – ma almeno cinque dita stampate sulla faccia ti vengono come minimo naturali.   

poi ti vengono a chiedere perchè c’hai tutta sta sfiducia

A Bari hanno arrestato un professore universitario per una compravendita di esami. Gli studenti pagavano dai 700 ai tremila euro e avevano la garanzia di passare gli esami. Hanno fatto l’inchiesta, hanno portato le prove (57 casi accertati), e poi hanno arrestato un professore di matematica, il suo assistente e qualche bidello intermediario. Tutti sono contenti e fanno i complimenti ai magistrati. Come si deve interpretare sta notizia? Segno della legalitá che avanza? Una speranza di miglioramento per il futuro?   

No, merda e soltanto merda.      

Mi chiedo: dove sono adesso gli studenti che hanno comprato gli esami? Sono a casa che fanno colazione con latte e biscotti? Andateli a prendere a casa, prendeteli per un orecchio e accompagnate anche loro in galera, no? Perchè nessuno dice niente? Metteteli in galera e sporcate le fedine penali, porca miseria. Deve restare il segno, di questa cosa. E i soldi dove li hanno trovati? Glieli ha dati papá? Allora pure papá si prende la sua denuncia, no? O vogliamo sempre trovare il capro espiatorio – in questo caso il professore malfattore – metterlo in un angolo e gettargli addosso le bucce di banana? A gettare le bucce di banana in faccia al malfattore di turno ci sentiamo tutti piú puliti? E’ davvero troppo comodo puntare tutti assieme il dito contro il mostro, invece di andare in fondo al corridoio, aprire la porta della stanzetta del proprio bamboccione e puntargli il dito sulla fronte mentre guarda la De Filippi alla tivvu’. Perche’ tutti si indignano per il professore e nessuno che dice Che Schifo di Ragazzi che stiamo facendo crescere?        

Davanti ad un notizia come questa, lo studente di Bari che c’è in ognuno di noi cosa deve pensare? Tra rubare e non rubare, cosa conviene scegliere? Se dopodomani – a te ipotetico bamboccione di Bari – venisse offerta la possibilitá di fottere il prossimo tuo, cosa faresti?