pattern

Le coppie di femmine che si trovano contemporaneamente single, e diventano amiche amiche amiche, escono sempre insieme, trascorrono tutto il tempo insieme, facciamo questo facciamo quello, vogliono lo stesso tatuaggetto all’henné, poi una delle due (o tutte e due) trovano un uomo – obiettivo goffamente celato fino a quel momento – e allora non sono più amiche amiche amiche, non sono più facciamo questo facciamo quello, si incontrano per caso in un bar sei mesi dopo si dicono ciao distratte.

per aggiungere l’ennesimo capitolo

Per aggiungere l’ennesimo capitolo alla lista dei segni che ti fanno riconoscere i gruppi di italiani in vacanza all’estero, devi metterci pure che in un gruppo di italiani, se ti concentri ad osservare solo le donne del gruppo, intuirai che quelle stesse donne, una volta rimossi tutti gli orpelli, e in particolare pesanti tinture dei capelli, trucco robusto, complicate e griffate montature degli occhiali, al netto di tutto questo e di altri artifici variabili, potrebbero essere molto diverse da come appaiono. E’ la tua esperienza che te lo suggerisce. Questo tipo di bluff estetico non risalta in Italia quanto invece all’estero, dove sullo sfondo ci sono le mitteleuropee con un acqua e sapone talebano che pure quello può – spesso – avere degli effetti positivi ma pure – a volte – diventare orgogliosa sciatteria. In questo sfondo di acqua e sapone talebano, la ragazza italiana ti fa riconoscere immediatamente il gruppo di italiani in vacanza; o meglio, è il tuo occhio esperto che lo fa, intuendo lo spread che esiste tra quello che vedi e quello che realmente potrebbe essere.

So this is Michigan

michigan

Meno quindici quando ci arrivi.
L’auto del tuo collega è scuffundata sotto la neve (ti piace rimuginare parole dialettali mentre ti ubriachi di novità). Sei consapevole che ormai cominci a sperare che nel corridoio del nuovo albergo ci sia un distributore che includa anche cioccocose al burro di arachidi. La faccia delle signorine quando fai colazione sono paralizzate in un sorriso eccessivo e falso e cinguettante mentre ti chiedono se è tutto ok, se vuoi altro. La stessa espressione che notavi giusto ieri a tutt’altre latitudini. L’esagerazione lessicale è contagiosa. A che piano vai? mi chiede una specie di maggiordomo. Al sesto. Grazie, dico io (ché lo trovo normale). E’ un mio grande piacere, sir, risponde lui (ché evidentemente lo trova normale). Avete bisogno di qualche informazione? dice qualcuno nell’altoparlante. Well, se avete bisogno, allora andate lì e tizio “sarà più che felice di rispondervi”. Capito? Non felice: più che felice. Qualcosa che va proprio oltre. Talmente oltre che non esiste neanche un termine adatto per definirlo e si è costretti a descriverlo come in eccesso rispetto ad altro, che già sarebbe tanto.

Per sentirti americano giri per i corridoi con un caffè nel bicchiere di cartone in mano. Non sei americano per il bicchiere di cartone, non sei americano per il caffè (mezzo litro, e sarebbe quello “medio”) ma piuttosto sei americano per il modo di tenerlo in mano, ad altezza del petto. E per il fatto di portartelo appresso anche quando non ti va più. Sono cose queste che vedi spesso attorno a te a Brussèlle – ché con questa gente ci lavori, ne incontri spesso – però adesso sei tutto circondato.

Al quinto giorno cominci ad attenuare il tuo tono moderato da europeo e rispondi molto energicamente come piace a loro. Efficienti energici e risoluti, bisogna essere. Non ti stupisce quindi, nel posto in cui scrivi queste righe, mentre bevi birra michiganiana pubblicizzata in quanto “belgian style”, leggere sul menu che se a pranzo la tua ordinazione non arriva entro un quarto d’ora, allora sarà gratis.  Alla fine di questo viaggio probabilmente vorrai un po’ più bene a questi personaggi. Solo che hai bisogno di analizzarli ossessivamente, dissezionare i comportamenti e quindi misurare le differenze, per avvicinarti – però molto  molto lentamente – a loro.

viaggiare tantissimo significa

Viaggiare tantissimo signfica che arrivo ad un autogrill al confine fra Germania e Paese Basso, mi dirigo al bagno, il signore che prende le mance al bagno mi chiede 50 centesimi e poi mi chiede se per caso sono del Paese Basso – io dico di No – poi mi chiede se sono germanico – io dico di No – poi quando rovistando fra le mie monete lo informo che sono italiano lui subito " Ah, Maffia!" ed io magnanimo sorrido, e vado al bagno e nel bagno dei maschi c’e’ un distributore automatico di preservativi ma anche di mini-vibratori a 5 euro – in due versioni, puntellato e liscio metallizzato- ed io capisco che viaggiare tantissimo significa che fra le due cose – il ciccione che mi rivolge un Maffia a priori ed i vibratori come bisogno primario del maschio europeo – mi stupisco molto piu’ della seconda. 

ma va

Se il Prof. Veronesi racconta che la religione impedisce di ragionare, le reazioni sono "si si si e’ vero" contrapposte a "no no no non e’ vero". Se il Prof Veronesi racconta che la religione non fa ragionare, la mia risposta sarebbe invece: "appunto".

Voglio dire, non e’ una conseguenza. Non e’ che funziona "religione" ergo "non ragiono" ma piuttosto "desidererei evitare di ragionare" ergo "religione!", che poi infatti la puoi sostituire con "televisione!" oppure "playstation!" oppure "cannabis sativa!" oppure, come nel mio caso, "notizie ultim’ora giornali online!".

cinque minuti di fastidio

I fatti di Rosarno stanno scavando un solco incancellabile (spero) in quel luogo comune che vede i meridionali come un popolo accogliente e solidale. La miseria invece aumenta il coefficiente di razzismo, e questo e’ un dato di fatto. La miseria e l’ignoranza. Ma non mi va di parlare di questo. Mi va invece di condividere qui il fastidio mattutino provato leggendo la recensione di un libro ambientato nel (mio?) Salento, e che parla (e ci mancherebbe altro) di taranta. Esiste un genere letterario in Italia, sapete, che si chiama (lo decido io adesso) "minestrone incasinato di parole evocative ma neanche tanto". La regola principale di questo genere letterario e’ mettere assieme tante parole che suonano bene ma che sono slegate dalla realta’ o da qualsiasi senso compiuto. Un esempio e’ il preambolo di questa recensione letta stamattina (si parla del Salento):

quelli che il quindicennio

Due giorni fa mi sono ritrovato a rispondere sulla storia di Berlusconi e la Regina, con la Regina che fa come la maestra a scuola che chiede di fare silenzio. Quello che volevo dire è che conta poco se ha urlato oppure No, se ha dato veramente fastidio oppure No – la Regina ha poi detto che non ha dato affatto fastidio – ma quello che conta è che la domanda che ti fanno in questi casi, da italiano all’estero, non appena nel discorso si inserisce Berlusconi, è da troppo tempo la stessa, e cioè: “Berlusconi: perchè? Perchè, ancora?”. Ecco, questo volevo dire. Non si scende mai nel dettaglio, nelle leggi, nei processi, nelle MareCarfagne. No. La curiosità è a monte, e prescinde da tutto il resto. Riguarda soprattutto l’enormità di un quindicennio. Ovviamente la risposta non la so. E infatti rispondo: sarebbe troppo lungo da spiegare. Però ecco, se interessa sapere come ci vedono all’estero, molto spesso è così che ci vedono. Siamo quelli che ci va bene un quindicennio.    

alla fine gliel'ho detto

Alla fine gliel’ho detto al mio coinquilino gay, ecco a chi assomigli, tu sei sputato a Bon Jovi. La Meisje dice Sì, però lui anche meglio, di Bon Jovi, quello li’. Io le permetto ste considerazioni in quanto l’oggetto della discussione é apertamente gay; non lo fosse, da bravo meridionalo viulento la coricherei di mazzate e poi le applicherei al naso quegli anelli di metallo che si mettono ai buoi, senza nemmeno sterilizzare prima dell’operazione, cosi se poi ci sono delle infezioni, tanto meglio, che le rimane il ricordo ad indicarle la retta via.

che poi diciamola tutta

Che poi diciamola tutta, l’integrazione fra culture diverse é una bella parola, ma poi in pratica anche un bel casino. Insomma, vada pure per le culture diverse, ma mentre faccio ticchi ticchi sulla tastiera qui fuori c’é un mondo che in teoria sarebbe multiculturale (no, davvero, tu guardi ste facce dai colori diversi e pensi: cacchio che multiculturalitá…);  un mondo in teoria di giovani multiculturali – non c’è bisogno di andare lontano, basta uscire da questa stanza e spiare nell’atrio di questa universitá – dove peró nella sostanza i pallidi gialli olandesi sono in gruppo coi pallidi gialli olandesi, gli abbronzati sono con gli abbronzati, cinesi coi cinesi eccetera eccetera. E stiamo parlando di ragazzi tutti nati qui, di seconda o di terza generazione. E d’altra parte non potrebbe essere altrimenti, ché se tu sei iraniana, di solito tracagnotta e c’hai il velo sul cranio – e spesso anche un lungo monociglio che ti taglia orizzontalmente la faccia – poi hai voglia a parlare di integrazione (che, come detto, é una bellissima parola) se poi ti ritrovi in mezzo a dieci coetanee tue peró gialle pallide alte due metri e con le guance rosee.

Te lo dicono alla scuola materna, che siamo tutti uguali, peró a parte le parole (bellissime, come detto), un ragazzino  di sangue nordafricano, anche se nato nel Paese Basso, o a Cernusco sul Naviglio, avrá sempre addosso quella inquietudine e scaltrezza e modo di guardarsi attorno come una volpe che attraversa la strada di notte – cosa ci vuoi fare? é nel sangue – e se lo metti in mezzo a quattro pari suoi con la faccia da Kings of Convenience, calmi e posati, tu vuoi che quello poi si senta a suo agio? Allora é pure comprensibile che vada a cercarsi altri quattro simili di seconda o terza generazione per formare il gruppetto di scugnizzi con cui andare a farsi i giretti in centro (come infatti fanno, e poi li trovi nell’autobus che parlano perfettamente la lingua del posto, ma che lo stesso di autoghettizzano in gruppetti pseudopatriottici). Il fatto é che certe volte le differenze esteriori sono eccessive, ed il massimo che si riesce ad ottenere é il rispetto della multiculturalitá, la pacifica convivenza, ma quanto a mescolare le persone, quello pare molto piú difficile, perché ci sono monocigli e ricciolini corvini che hanno potenza di gran lunga superiore a tante altre belle parole (che restano comunque bellissime, sia chiaro).

sliding doors

Il marocchino pulitore dell’ufficio è andato in vacanza per un mese. Come sostituta, è arrivata una ragazza bionda e straniera. Vestita bene, tutti i denti a posto, pettinata, sorridente. Un ragazza che potrebbe stare seduta al posto mio, ed invece al posto mio ci sono io. Fin quando è un marocchino avanti con l’etá viene da rilassarsi e pensare: ah,vabbè, è un marocchino avanti con l’etá. Oppure viene da non pensare proprio niente. Mentre così ti trovi davanti una possibile alternativa (una plausibile alternativa) della tua esistenza. È la stessa sensazione che la Signorina ha provato in un ufficio a qualche decina di chilometri da qui.    

Nel frattempo, qui stamattina neanche 14 gradi. Sciarpa.

basta pasta

Io lo ripeto sempre ai miei coinquilini: da quello che vedo da qui dell’Italia, da tutti gli stereotipi che circolano da queste parti, da quello che voi credete che sia l’Italia, dai vostri piatti di merda a forma di spaghetti che consumate tagliando il tutto con forchetta e coltello, dalla radio che quando manda canzoni italiane, manda il peggio del peggio, tipo canzoni Bocelliane mai sentite prima, ecco, se io fossi olandese, da quello che posso vedere da qui dell’Italia sicuramente l’Italia mi farebbe orrore, penserei mioddio l’Italia che orrore, non voglio avere niente a che fare con gli Italiani. 

Sta cosa volevo scriverla sul blogghe da tempo, ma avevo paura di non rendere bene l’idea di quello che volevo dire, e non volevo che poi passasse il concetto sbagliato. Poi oggi pomeriggio, passeggiando per Amsterdam – io e la Signorina – abbiamo incontrato questo camioncino dei gelati, ed io ho detto alla Signorina per favore fai una foto, per favore, cerca di prendere anche quel “MassiNo Ranieri” se puoi, che sto baraccone condensa tutto il mio rigurgito in pochi metri quadrati, che stavolta forse riesco a farla passare, quell’idea che c’avevo in testa e che non ero certo di riuscire a farla passare.   

No, dico, l’ho fatta passare?

(clicca per ingrandire)

i pistolotti non so quanto possano interessae

I pistolotti politici non so quanto possano interessare. Comunque, ad una settimana dalle elezioni mi viene da pensare che forse va bene così. Voglio dire, non è che sia il massimo, però tanto già si sapeva che sarebbe andata a finire così, no? E allora basta.       

La Lega stravince e quindi c’ha ragione lei. Io sono il primo a incazzarmi contro il centralismo romano. Dico davvero. Per esempio prendi i telefilm, lì nessuno dice niente se qualcuno se ne esce con un Ma Li Mortacci Tua. Però se c’hai l’accento salentino, ecco sappilo che l’accento salentino non va per niente bene. Oppure  prendi lo stato maggiore del PD, a vederlo schierato davanti alle telecamere la sera della sconfitta, con la maggior parte delle facce romane, politici romani tutti cresciuti a Roma, mi faceva un attimo indisporre nei loro confronti. Dico seriamente. Io la Melandri non la posso vedere, per esempio. Poi dicono che la Lega vince perchè la questione della sicurezza, gli immigrati, questi sono argomenti convincenti eccetera eccetera. È vero, sono argomenti convincenti. Prendi Ferrero – attuale ministro di Rifondazione – quello andava a ballare nei campi rom a più alta presenza criminale per solidarizzare con i Rom. È chiaro che uno così non lo rivuoi nel governo. È chiaro che per reazione finisci per votare Lega. Poi vabbè, nessuno si ricorda che che il ministro Amato aveva fatto tutta un’interessante analisi sul fatto che bisognava garantire la sicurezza, perchè se i rom fanno casino ci vanno di mezzo le classi più povere. Però purtroppo Amato quando parla è una persona educata e non alza la voce. Tutto mingherlino e miope, non fa notizia. Poi vabbè, nessuno si ricorda che  il sindaco di Firenze – tutto sinistrorso com’è –  aveva proibito addirittura i lavavetri per il principio della legalità. Ste cose non le ricorda nessuno.       

Comunque dai, insomma, è giusto così. Era inevitabile. Prendi Paolo Cento, uno del Friuli come fa a votare Paolo Cento? Non ce la fa, e gli do pure ragione. Non potrei mai votarlo uno così. O un Pecoraro Scanio. Tu prendi uno della Valle d’Aosta e convincilo a votare Percorao Scanio. Mi pare impossibile, non lo voterei nemmeno io terrone come sono, figuriamoci il valdostano.       

Va tutto come deve andare, dunque. L’unica cosa che non ce la faccio, è che io – pure sforzandomi al massimo con tutto me stesso – non mi riesce di immaginare il giovane italiano medio come uno di quelli alla fine di questo video. Io lo so che esistono i ragazzi così, ma non lo vorrei mai come figlio. Io di quelli così c’ho un po’ di paura. Certi colletti di camicia in tinta col golfino di cachemire e la giacchetta, mi sento male. Io se mi nasce un figlio così, ci butto una tazza di yogurt sopra la giacca prima che esce di casa per andare a bere l’aperitivo con gli amici.

volevasi segnalare

Sono contento quando escono fuori notizie come questa (cioè: è certificato che in Italia l’impegno all’integrazione degli immigrati è di molto maggiore al Nord rispetto al Sud eccetera eccetera). Voglio dire, io che sono mediterronico gia’ lo sapevo. In generale sono sempre contento quando escono fuori le notizie che rompono i luoghi comuni (e in questo caso, la convinzione che al Sud siano tutti solidali e aperti, brava gente che ti accoglie in casa con il mandolino e il tamburello).  Dalle parti del mio paesello, per dire, lo straniero è considerato peggio di un animale e viene mandato a raccogliere i cocomeri in condizioni disumane, oppure lo straniero è il turista tedesco che viene a portare un po’ di soldi in agosto, e quindi da accogliere con grandi pacche sulle spalle. Il disgraziato che suda sui cocomeri, nel frattempo può pure morire, e con il cingalese che vende accendini non ci parlo nemmeno per non sporcarmi le orecchie. Di fatto nel Sud estremo gli extracomunitari sono pochissimi. Sbarcano sulla costa e poi scappano via. Da bambino sapevo che esistevano i neri solo grazie alla televisione.   

In generale sono sempre contento quando escono fuori notizie che rompono i luoghi comuni, perchè mi da fastidio vedere i compaesani che si adagiano sulla convinzione “ma tanto noi ci abbiamo il mare, quelli c’hanno la nebbia e noi invece… assaggia quanto so’ buoni sti pomodori, su’”. Poi ci sono quelli che scappano al Nord, non riescono ad integrarsi e tornano a casa dicendo che “da quelle parti sono tutti un po’ freddi e razzisti”. Ne ho conosciuti tanti. Il luogo comune del Sud come posto Bello Ma Proprio Bello Bello – che pure resiste in molti crani mediterronici – è come una bamboccia scema che si ammira allo specchio e che si dice da sola Ma Quanto So’ Bona mentre inciampa sul vestito e cade per terra.