La scelta grillina della Gabanelli come Presidente della Repubblica e’ un’altra prova schiacciante della vittoria di abberlusconi, del suo essere riuscito a modificare completamente l’ordine dei valori e delle percezioni di un intero popolo, una vittoria larga perché coinvolge i suoi sostenitori quanto gli oppositori, una vittoria a lunghissimo termine perché  quelli che oggi credono di combatterlo con questi modi non si accorgono nemmeno che gli stanno offrendo una prova ulteriore della sua vittoria.

si fossi napolitano

Fossi Napolitano, darei l’incarico a Grillo. Hai voluto la bicicletta per pedalare o per bucarle le ruote? Pedala. Hai il venticinque per cento e non ti basta? Alleati.

Non vuoi allearti con nessuno? Allora non vuoi governare. Allora togliti di mezzo e non dare più fastidio. No, dice quello, non è che non vogliamo governare, vogliamo fare come in Sicilia, come il meraviglioso esperimento della Sicilia. Dice quello, ecco come funziona: noi ci mettiamo in un angolo – non in maggioranza – e se ci va bene qualcosa, la votiamo, sennò non la votiamo. Ma allora stiamo insieme? chiedono i potenziali alleati. No, non stiamo insieme, dice quello: valutiamo di volta in volta. Se ci piace, votiamo, se non ci piace, non votiamo.

Se ci pensate un momento, è la filosofia del friend with benefits.

ieri ad una certa ora del pomeriggio

Ieri ad una certa ora del pomeriggio sorseggiavo spumante e mi cibavo di tartine piccolissime e discutevo delle differenze dei sistemi didattici in Europa con un ex ministro del Paese Basso, che mi ascoltava tutta divertita. Ero stato invitato a questo incontro dove si parlava di urbanizzazione sostenibile, dentro il Parlamento Europeo, luogo dove  mai ero stato pure essendo io espatriato a Brusselle, area del mondo dove in pratica uno su tre lavora da quelle parti. Invitato in quanto ex alunno della mia Universita’ del Paese Basso, che e’ contenta di mantenere i rapporti con i suoi ex alunni e coinvolgerli in attivita’ e far sapere in giro cosa fanno oggi, i loro ex alunni. E non e’ la prima volta che mi contattano e ieri mi hanno fatto sapere che non sara’ l’ultima. Tutto bene quindi?

No, perche’ penso alla cazzo di mia Universita’ italiana del cazzo. Che’ io presi una laurea in Paese Basso quasi come hobby, in grande tranquillita’ e mentre lavoravo, e ci ho speso poco tempo li’ dentro, e comunque quelli ancora mi richiamano. La mia Facolta’ italiana, dove ho speso sudore e dolore e fatica per lunghi anni, non mi ha chiesto niente dal giorno della laurea. Avrebbe dovuto?

Me lo chiedo periodicamente, se avrebbe dovuto. E mi incazzo periodicamente anche se non ne scrivo mai (ma negli anni ho costretto molta gente ad ascoltare le mie filippiche infuocate). Avrebbe dovuto, quindi? 

Ragioniamo: sulla carta ero il migliore. Sulla carta non significa che lo ero per davvero. Ma ecco, la carta diceva questo. Voglio dire – cara Universita’ italiana che sicuramente non sei in ascolto in questo momento – tu hai autonomamente deciso dei criteri di valutazione. Erano i tuoi criteri, non i miei. Ed io dal primo giorno fino all’ultimo sono stato classificato – secondo i tuoi criteri – come il migliore. In certi casi con enorme distacco rispetto al secondo. In certi casi imponendo innovazioni che fino a quel momento nessuno aveva richiesto. E tu mi hai ignorato. Siccome ero l’eccellenza secondo i tuoi criteri, in pratica hai ignorato te stessa. Cioe’ neanche tu credi a quello che fai, ai risultati che ottieni.

Quando mi passa l’incazzatura vorrei dare dei motivi a questo mio essere trasparente per te. E provo a giustificarti. Penso che gia’ sei occupatissima a scansare tutti quelli che vorrebbero restare attaccati alle tue mammelle, mendicando contrattini e mettendosi in fila per ipotetici posti che a volte mai arriveranno. Devi trascorrere il tempo a scacciarli via come si fa con le mosche, figuriamoci inseguirne altri che volontariamente hanno ignorato qualsiasi prospettiva di carriera con te. E poi un’altra ragione potrebbe essere che non vuoi guardare in faccia la materializzazione dei tuoi fallimenti.

Con poco affetto,
R

ciao occupanti del grattacielo di Milano

Ciao occupanti del grattacielo di Milano del progetto “Macao”, prima di scrivere ste righe ho cercato di informarmi il piu’ possibile, ascoltare le vostre ragioni. E dopo tanto ascoltare non ho trovato una sola dichiarazione che fosse anche solo lontanamente condivisibile.  Non l’ho trovata. Piuttosto ho trovato motivazioni tutte diverse (“per avere uno spazio dove esprimersi”, “uno spazio dove fare cultura”, “per dimostrare che non si possono sgomberare le idee”, “perche’ i lavoratori dell’arte non riescono a trovare 20 mq da affittare per lavorare”, “perche’ il palazzo e’ abbandonato”, “per riappriopriarci”, “per fare un dibattito sulla nostra condizione di lavoratori precari”, “per il concetto di bene comune”, “perche’ questo e’ un luogo simbolo della finanza corrotta”, “perche’ abbiamo pensato che in quanto gente di cultura fosse giusto un gesto che inverte un po’ la rotta” eccetera eccetera).

Tante motivazioni tutte diverse ma con pochi punti in comune: la pretesa di ottenere qualcosa, la pretesa di rappresentare una citta’ pur essendo minoranza, la pretesa di non pagare le conseguenze naturali del gesto – pretesa quest’ultima che (lo ripetero’ fino alla nausea) sminuisce l’importanza stessa del gesto.  Il video qui sotto a partire dal minuto 5 e’ indicativo della “chiarezza” delle idee.

Ma sapete cosa mi rimane dopo essermi informato cari occupanti del Macao? Un pessimismo piu’ solido e nero di prima sul futuro del Paese. Non sto neanche a spiegare i motivi nei dettagli, che dovrebbero essere lampanti, ma voi di fatto agite da perfetti Berlusconi, siete solo limitati nell’ambito del vostro orizzonte piu’ ristretto e quindi generate meno danni, siete come la Juventus che si recrimina gli scudetti che non merita perche’ ha agito illegalmente, siete come i lanciatori di bombe ad Equitalia, siete una spada nella schiena a chi si spacca per ottenere i suoi piccoli risultati civilmente e silenziosamente (e che vi piaccia o No, se merita, questi risultati li ottiene anche senza gridare, anche senza prevaricare), siete la cicala che una mattina si accorge di essere cicala, ed invece di cambiare per evitare di morire da cicala, pretende la sussistenza da parte delle formiche che tanto ha perculato fino a quel momento.

Voi che vi definite “lavoratori dell’arte e della conoscenza e dello spettacolo” e che pretendete uno spazio per lavorare ed esprimervi. Innanzitutto esprimetevi meglio: cio’ che pretendete e’ uno spazio gratuito dove esprimervi, non uno spazio dove esprimervi. La richiesta e’ ingiustificata, ma accettiamola per un momento e chiediamoci: uno spazio gratuito e’ stato mai – in qualche luogo dell’epoca moderna – una condizione necessaria all’emersione di geni incompresi dell’arte e dello spettacolo?  Siccome sarete intelligenti non mi farete certo l’esempio degli antichi mecenati. Ancora, dettagliando meglio la domanda: l’assenza di spazi gratuiti e’ stata mai ostacolo invalicabile all’emersione di opere d’arte degne di nota? Avete un esempio da portare per giustificare anche solo minimamente il gesto? Per giustificare quello che volete, e cioe’ una facilitazione della vostra esistenza?

Perche’ questo volete: una facilitazione della vostra esistenza di (presunti) artisti. Ma l’arte non si giova delle facilitazioni. E’ il contrario. Il talento – quando c’e’- prende linfa dagli ostacoli sulla strada, dalla difficolta’ di emergere. Il talento si affina per farsi notare e sopravvivere nelle condizioni paludose in cui e’ nato.  Forse sara’ un talento piccolo piccolo, oppure apprezzato solo da una piccola nicchia: allora sopravvivera’ arrancando invece di fiorire. Ma se e’ apprezzato cosi’ poco che non riesce a sopravvivere, allora quasi sempre e’ giusto non coltivarlo, perche’ non e’ talento. Se non riuscite col vostro lavoro a pagare l’affitto neanche di venti metri quadrati, se non riuscite ad ottenere nessuno dei tanti edifici messi a bando dal Comune di Milano – se quindi siete arrivati a questi livelli di estrema irrilevanza nella societa’ in cui vivete – allora non potete pretendere che altri paghino per voi. A parita’ di irrilevanza, chiunque potrebbe pretendere lo stesso privilegio.

Ma seriamente pensate che privarvi di questi spazi significhi “uccidere” la cultura? Per quanto mi riguarda cultura e arte significano soprattutto letteratura. E’ una visione personalissima e parziale ma che ci vogliamo fare, sono mediamente ignorante sul resto, ed ho le mie preferenze e passioni. E quando si tratta di letteratura e spazi mi vengono in mente le vita incredibili di Rayomond Carver, o di Haruki Murakami. Lui che molto prima di diventare lo scrittore conosciuto in tutto il mondo gestiva un baretto in Giappone e scriveva il suo primo romanzo dopo aver lavorato tutto il giorno, dopo aver pulito il bar e rovesciato le sedie sui tavoli. Stanchissimo, ci provava senza nessuna garanzia per il futuro, e spesso si addormentava con la testa posata sul foglio.

video

torna anche nel 2012 il consueto appuntamento

Torna anche nel 2012 il consueto appuntamento con gli spot delle automobili che fanno venire il sangue acido. Segnaliamo lo spot della Alfa Mito che vede protagonista una ragazza anoressica mentre trotterella serena in mezzo al traffico snobbando inspiegabilmente i marciapiedi, e che recita così:

io so bene dove andare, e anche come arrivarci
perché è adesso che la mia vita chiede strada
è ora di rimettersi in gioco
perché nulla è più certo del cambiamento

L’ultima riga è una citazione di Bob Dylan totalmente fuori contesto e pure – non me ne voglia Bob Dylan – anche abbastanza arbitraria, la classica frase che suona bene ma non vuol dire un cazzo.

Ma soprattutto, lo spot ci indica con assoluta precisione il target preso di mira dai pubblicitari: una ragazza con problemi di peso frustrata dalla sua vita attuale, che cerca una via comoda e immediata verso un mondo più soddisfacente e avventuroso. La cerca – questa via – sprofondata nel divano davanti alla tv,  ed ha già eliminato altre soluzioni tanto più popolari fra le sue simili: il taglio di capelli, il tatuaggetto. La vita avventurosa ovviamente non si riduce al semplice passeggiare nel traffico contromano ma bensì nell’acquisto di un’automobile, la quale con i suoi alzacristalli elettrici e  i cerchioni cromati le rivoluzionerà la vita.

Male che va – non avesse i soldi per comprarla – c’è comunque la frase di Bob Dylan, che lei prontamente si tatuerà sulla spalla dopo essersela fatta tradurre in ideogrammi giapponesi.

panem et vangae

La colpa dei casini nevosi a Roma non puo’ essere solo colpa di Alemanno. Voglio dire, innanzitutto e’ Roma. Il 26 gennaio le Iene hanno mandato un servizio (googlando si trova il video) dove mostravano l’assenteismo sfrenato dei dipendenti pubblici della capitale, le loro passeggiatine al bar, il loro andare a fare la spesa dopo aver timbrato. Davanti all’evidenza dei filmati nessuno ha trovato il coraggio di accusarli: non i colleghi, non i sindacalisti, non i consiglieri comunali. Poi dopo il servizio, immediata indignazione post-televisiva, e quindi by definition, sterile (perche’ non fondata sul sentire comune ma sulla drammaturgia prestabilita dell’indignazione).

Se prendi questo esempio e lo unisci alle altre cose che si sanno e che si vedono – Si’ e’ un pregiudizio, Si’, ed e’ periodicamente confermato – allora arrivi alla conclusione che ci saremmo stupiti del contrario, e cioe’ che in caso di emergenza le cose a Roma fossero funzionate. Il fatto che siano accaduti casini terribili, mi pare invece il naturale corso degli eventi. Tutto il clamore e’ quindi paradossalmente incomprensibile.

Ma poi, ecco che si aggiunge il fattore Alemanno.

Perche’ uno puo’ pure avere il dubbio che la colpa non sia sua, che forse l’uomo sia davvero competente e accorto ma sovrastato da una citta’ ingovernabile. Pero’ poi ti arrivano le immagini di Alemanno che spala la neve e allora ecco che ogni dubbio residuo viene cancellato. Abbiamo la certezza che sia un collione.

Anzi No, mi correggo e spiego meglio.

Abbiamo la certezza che tu abbia dei propositi collioni – Alemanno – perche’ il tuo ruolo non e’ quello. Se ti hanno messo a fare il sindaco, quello devi fare. Devi coordinare. Il sindaco spinge i bottoni, che nun ce lo sapevi? Le immagini di te che spali la neve sono la prova provata e inconfutabile di un tuo errore, di una mancanza. Quante ore hai spalato? Due? Quattro? Bene, per quattro ore, durante un’emergenza gravissima che richiedeva decisioni immediate e ponderate, non hai fatto il tuo dovere. Non eri al tuo posto (Alemanno, posi quella vanga cazzo!). Perche’ non ti denunciano visto che ci sono cotante prove?

Abbiamo la certezza che ti rivolgi ad un pubblico di collioni, perche’ se tu credi che le immagini di te con la vanga in mano e gli stivaloni siano una cosa utile per ottenere consenso, se credi che abbiano presa sul tuo pubblico, allora una di queste e’ per forza vera: o hai la certezza di essere sostenuto da dei collioni senza speranza, o vuoi trattarli da coglioni, oppure sei tu che sei molto molto collione.

non aver posseduto una televisione

Non aver posseduto per anni una televisione, poi mi succede che osservo le pubblicità e mi cade la mandibola a terra. Il mondo sta finendo se fanno una pubblicità del genere.

 

Anzi No: il mondo sta finendo se fanno una pubblicità del genere che funziona. Se c'è qualcuno lì fuori su cui questo messaggio fa presa. Se c'è qualcuno là fuori che non decodifica il meccanismo.

 

Dovrebbero insegnarlo a scuola, il meccanismo di decodificazione della pubblicità. E poi mostrare uno spot del genere e dire: questo è l'esempio più basso, ragazzi, l'esempio più banale. Sono sicuro che nessuno di voi potrebbe cascarci. (quando invece, oggi, a quanto pare…)

 

Nella vita tutto quello che fai è dire Sì.

 Ma se provassi a dire No.

 No alle regole. No al conformismo.

 Solo così scoprirai un'auto diversa dalle altre."

 

troppi giorni senza postare su B.

Ma guarda che leggere queste cose sulle zoccole di B. e’ utile. Per esempio ti offre la conferma che un certo tipo di femmina se la fa con un certo tipo di maschio – e che ad un certo tipo di maschio piace proprio quel tipo di femmina, e non un’altra, fra tutte quelle che potrebbe avere.

 

Una volta di piu’ ottieni il permesso di tirare una linea per terra e affermare che Si cazzarola, ci sono gruppi di persone diverse, e non vi permettete di dire che siamo tutti uguali. Non e’ una questione di superiorita’ morale, non e’ che mi sento superiore moralmente (proprio per niente : guardo i film su megavideo e guido un’automobile nel 2011, io) ma e’ proprio diversita’ antropologica. Come faccio a spiegare ? Quella diversita’ dei messaggi con le kappa, per esempio. Siamo cani di razze diverse, ci puzza il culo in modo diverso, proprio. Se ci incontriamo per strada alziamo la coda e ci annusiamo, e quando il culo dell’altro ci sussurra « kappa kappa kappa », passiamo avanti.

 

E comunque, il premio berlusconiano di ferro va dato a quello che si e' fatto arrestare ad Arcore e poi fotografare al rilascio. Se c'era un modo di racimolare qualche consenso per B. in questi giorni, era proprio mettere sotto i riflettori un manifestante con la faccia cosi', vestito cosi, e coi capelli cosi'. Talmente perfetto che neanche con un casting di tre anni ne avresti trovato un piu' adatto. 

io comunque me lo sono letto tutto

Io comunque me lo sono letto tutto, il decreto salva lista. Dice che in pratica non conta quando tu consegni fisicamente i documenti, ma conta invece il momento in cui sei entrato "nei locali". Io ho pensato subito a quella volta in cui persi l’aereo a Charleroi per colpa della neve, arrivando dieci minuti dopo il limite massimo, e trascorsi 24 ore a fare schiuma nella vasca da bagno di un b&b della zona. Quel giorno non mi sono potuto scrivere un decreto per dire: in realtà sono arrivato nel parcheggio dell’areoporto entro l’orario stabilito.


Comunque una cosa é chiara, questa si chiama legge del più forte. Poi si può pure andare avanti, la vita continua, ma è la legge del più forte. Lo puoi solo dire, che è la legge del più forte, non puoi fare altro – quindi tutte ste manifestazioni e raccolte di firme che stanno organizzando non serviranno a nulla – perché è la legge del più forte. Chi ha passato un po’ della sua vita per strada, dove vige la legge del più forte, sa benissimo come funziona. Quando fai notare che non ti va bene, il forte si volta verso di te con il mento sollevato,  si avvicina gorillando, e ti fa:

"embé, e sennò cosa mi fai?" oppure

"embé, e sennò cosa succede?".

Mi pare ovvio che a quel punto tu non puoi rispondere: eh, cosa faccio, raccolgo le firme.

caro ragazzo

Tu forse credi che io non ti pensi. Invece ti penso.

Tu, caro ragazzo che mentre io ero in Salento a dire Buon Natale ti avvicinavi alla mia auto parcheggiata in Belgio e ci staccavi entrambe le targhe. Tu, caro rubatore di targhe.

Ti penso, sai?

Quella notte, al freddo, mentre cercavo una stazione di polizia vagando senza targhe – avendo paura di ogni auto alle mie spalle, vedendomi gia’ in galera senza riuscire a spiegare nulla in francese – in quei momenti ti pensavo, ma erano pensieri violenti che non preferisco mettere da parte. Pero’ questo non vuol dire che non io non ti pensi. Ti vedo. Non ti immagino, ti vedo proprio. Secondo me sei basso e sorridente. Quella sera non sapevi cosa fare e mi hai staccato le targhe. Secondo me ridevi coi tuoi amici. Forse c’erano amici con te, che ti hanno pure aiutato, ma io penso a te, precisamente a te, che’ sei tu quello che gli e’ venuta l’idea.

Fossi stato li’ mentre lo facevi, sarei saltato fuori e sarebbe stata violenza. Di quella che scatta improvvisa, si sviluppa e si esaurisce, molto molto prima di fornire qualsiasi spiegazione. Da fartelo capire molto dopo, che ero io il proprietario della macchina.

Mi hai lasciato anche una stellina natalizia sull’antenna. Ed io ti penso. Mentre pedalo 10 chilometri nella neve per andare al lavoro, ti penso. Arrivo sfinito che non ci sono abituato, con il freddo tutto al centro degli occhi – unico punto scoperto – e le gambe molli. Quando spiego a tutti: mi e’ successa sta cosa, e gia’, che ridere. Eh, eh, eh, faccio con gli altri. E poi penso a te. E non ti auguro violenza ne’ malattie – questo era solo il primissimo pensiero – ma ti auguro fastidi incomprensibili, che ti facciano snervare come mi sono trovato io, snervato e stanco nella notte belga che non sapevo dove andare. Ti auguro di perdere le valigie nel tuo viaggio piu’ bello, e di perdere l’unica copia delle chiavi di casa. Che si rompano le tubature del bagno mentre sei in vacanza – e hai perso le valigie – e quando torni vedi l’acqua che esce da sotto la porta ma tu, caro ragazzo, non puoi aprire, che’ hai perso le chiavi, da qualche parte nell’altro lato del mondo. Con affetto.

spetta spetta fammi capire

Cucchi: nella seconda autopsia riscontrate lesioni prima non notate.

Spetta spetta fammi capire. Prima quando? Prima, nella prima autopsia.


Ah.


Quindi nei manuali di tecniche necroscopiche ci sono lesioni che le noti subito, altre invece che le noti solo dopo che il lesionato in questione ti è finito sui giornali, dopo che ne hanno parlato ministri, dopo che ne hanno discusso in televisione. Dotto’ vertebra fratturata? Mah, dipende. Quanto mi fa questo? Che ne so, dotto’, poco: due trafiletti in quarta pagina. Ah, be’, allora niente. E questo dotto’? Glielo dico: per ora sta a niente, ma pare che farà un Santoro e due prime pagine. Azzo! Apri apri che na cosa la troviamo. C’è na fratturina allo zigomo, ho scritto che è traumatica, che faccio: lascio? Lascia lascia: e a ematomi come stiamo? Dottò, gliene metto da parte due che so na favola.

today after my birtday

Una serie di considerazioni a margine dell’intervista dell’anno.  

1) La prima é un senso di pena. Mica é colpa sua, in fondo. Va bene ci marcia, va bene ha un cervello-condominio di termiti; va bene va bene va bene… Ma non é colpa sua. Due genitori cosí, vorrei vedervi voi. Un amico dei genitori cosí, vorrei vedervi voi. E questo essere umano – ché sempre di essere umano si tratta – come sara’, che ne so, a trentacinque anni?    

2) I genitori, appunto. Si tratta di porzioni di cervello che hai oppure non hai. Voglio dire: tu ascolti tua figlia che starnazza di diventare attrice, con voce di palmipede irritato, imparruccata e scintillosa, e non ti accorgi che la stai rovinando? Perché non ti alzi, le dici andiamo a casa, é per il tuo bene credimi, é inutile che piangi, un giorno (riguardandoti) mi ringrazierai? Cosa succede nel tuo cervello (o cosa NON succede) per cui poi la lasci davanti alle telecamere ad immortalare per sempre la manifestazione piu’ eclatante di quella comunita’ di termiti che le hanno scavato un condominio nel cervello?   

3) Ma in Campania, cosa succede in Campania? Esiste lo stampo-Tatangelo che produce ragazzine tutte uguali, tendenti alla vecchiaia precocissima, che a diciotto anni pare ne abbiano gia’ quarantadue, che si sfilano le sopracciglia fino a farle passare attraverso la celeberrima cruna di ago, e che poi fanno le sciocchine con adulti pelati? (magari cantando canzoni napoletane?)

la terza dolore e spavento

Non potrai dirti mediterronico certificato come il sottoscritto se non ti sei fatto almeno un paio di anni sulla Freccia Salentina Milano Lecce. Io ho dato il mio partendo da Bologna, trascorrendo lunghe notti di passione e di sapone olezzoso – quando andava bene, che il sapone c’era – e di carne da macello ammassata nei corridoi. Di biglietti venduti oltre le possibilità del treno e di vagoni aggiunti all’ultimo momento per starci dentro tutti. Ora finalmente, il giusto riconoscimento.

Cerchiamo di essere seri, non prendiamoci in giro

Trent’anni fa veniva allegramente ucciso dalla mafia Peppino Impastato, quindici anni fa Falcone faceva bum! sull’autostrada, e oggi – l’altro giorno praticamente – un professore di chimica che aveva denunciato certe collusioni mafia-amministrazioni locali, lasciato solo dalle istituzioni, si lancia da un ponte e si uccide. In tutto questo Roberto Saviano ancora non riesce a trovare casa ed è costretto a vivere in caserma.    

Ora, diciamo la veritá: chi è che vince? Chi è che costantemente vince? Chi è che vince praticamente sempre? Chi è che vince negli anni? Se dovessero chiederti di puntare su una fazione o sull’altra – a vedere come vanno le cose e come non cambiano lungo i decenni – su chi punteresti? 

Eh? Dai su’, sentiamo.      

E allora dovremmo smetterla di pensare che esiste il Bene e il Male (e quindi che qualcuno dovrebbe vincere), e che alcuni eroi del Bene si martirizzano contro il Male, e che poi vengono uccisi dal Male. Qua c’ è solo da pensare che esiste solo un’immensa colata di merda, dove poi qualcuno si illude di poter identificare un nemico (eccolo lì il nemico! Prendilo prendilo!)  – per esempio la mafia, o per esempio qualcos’altro – e di poterlo addirittura combattere, solo che poi ci sbatte la faccia contro e ci rimane. Però ovviamente è molto importante che nessuno si accorga dell’immensa colata di merda, perchè sarebbe un bel casino, e allora quell’illuso che credeva di poter cambiare le cose viene considerato un mito e celebrato come un eroe, e questa celebrazione conviene a tutti, anche a quelli che le bombe le hanno lanciate.          

E se adesso Saviano non trova casa, se a Casal di Principe i ragazzini fuori da scuola dicono tutti (tutti) che Saviano poteva pure farsi i caz*i suoi, allora a questo punto cosa è vero? È vero soltanto che forse Saviano è un illuso, e anche che chi legge Saviano è un illuso. Non è certo un saggio: è un illuso. Anche quello che si e’ lanciato dal ponte ha lasciato una lettera ai figli dove chiede: non siate troppo idealisti. E poi puoi continuare cosi’, cambiare le gradazioni e dire che chi legge La Casta è un illuso, chi si iscrive ai circoletti di Grillo è un illuso, e poi continuare così diminuendo di gradazione fino ad arrivare al tuo consigliere comunale che copia il permesso invalidi della nonna e se lo incolla sull’auto per parcheggiare in centro.       

E allora l’amica Purci che ieri mi chiedeva se se avevo una qualche intenzione di tornare in Italia, prima o poi. Io non ho una risposta a questa domanda, non sai in anticipo come vanno le cose, epperò se decidi di starci, in Italia, devi avere ben presente il concetto della colata di merda, e sapere che ci vivrai in quella colata, perchè trent’anni fa era così e in trent’anni non è cambiato nulla (anzi), e puoi pure credere che con l’impegno e la buona volontá eccetera eccetera, puoi pure pensarlo se ti fa stare bene, ma comunque i fatti stanno lì belli chiari, rotondi e grossi e puzzolenti di merda.

gnuranti

Non mi piace l’allarmismo, e allora quando sento parlare di allarme razzismo in Italia mi dico che insomma, diamoci una calmata, non esageriamo a parlare di razzismo. Però fra tutte le storie, questa storia della nonna somala col passaporto italiano perquisita e denudata all’aereoporto di Roma dalla Polizia di frontiera, accusata di traffico clandestino di minori (i suoi nipotini) e di spaccio di droga internazionale («vieni qua che ti dobbiamo fare un esame anale») questa storia qui, mi fa venire solo un senso di pena profonda per i poliziotti.

Questi poliziotti, se penso a loro non mi viene in mente il razzismo ma solo una grossa pena per delle persone così ignoranti da prendere una nonna e farle passare tutto sto casino solo perchè i nomi suoi e dei suoi nipotini sono arabeggianti. Questi poliziotti che fanno un lavoro difficile e per di più devono farlo con tutto questo carico di ignoranza che li accompagna, che li circonda la capoccia, che gliela annebbia. Questi poliziotti a cui viene chiesto di essere rigidi e vigili, non certo acculturati, non certo precisi. Gli viene solo chiesto di essere poliziotti – e sono serio se dico che fare il poliziotto è un lavoro difficile – e loro, ignoranti come sono, immensamente ignoranti come li vediamo, cercano solo di fare il loro meglio.