il mondo in cui vivo

Il mondo in cui vivo e’ composto di persone nate in un luogo che poi hanno studiato in un altro ed oggi lavorano qui – ma spesso hanno lavorato anche in altri luoghi lontanissimi. Tutto per costruirsi carriere specializzate, per inseguire amori o per sfuggire al nulla dei luoghi natii. Nessuno ne parlerà, ma in questo mondo troverete altre vittime di questa pandemia.

E non perché hanno perso il lavoro.

Innanzitutto bisogna spiegare che il vivere altrove – il farlo per tanti anni – e’ il risultato di un equilibrio tra venti che soffiano in direzioni diverse. Il vento del luogo straniero in cui vivi (e delle sue opportunita’, della sua ricchezza, delle sue alienazioni) soffia in direzione diversa rispetto al vento del luogo di origine (gli amici di una volta, la famiglia, la stradina vicino al mare, gli incontri casuali in piazza). Quelli che non sopravvivono a questi venti cadono presto: alcuni resistono piu’ a lungo ma nel tempo che restano capisci gia’, da quello che ti raccontano, dagli occhi mentre parlano, che cadranno presto pure loro.

Quelli che sopravvivono sono in equilibrio tra venti diversi. La pandemia ha offerto loro di poter lavorare in remoto dai luoghi natii anche per lunghi mesi. Nonostante fosse evidente a tutti che la situazione fosse straordinaria, per alcuni di loro questo nuovo vento ha spazzato completamente l’equilibrio: un solo vento ha cominciato a soffiare fortissimo e soltanto in una direzione.

Conosco persone che pur avendo un contratto di lavoro con una compagnia straniera, vivono in Italia in maniera stabile – e hanno costruito nuove relazioni, acquistato beni, automobili, motociclette per andare al mare, fatto progetti. Sanno bene che lo scenario e’ temporaneo ma fanno finta di nulla. Non ne parlano. Oppure ne parlano cercando di convincerti che certamente qualcosa accadrà a cristallizzare questa loro condizione temporanea in definitiva.

Mentre li ascolti, consideri che in pochi mesi hanno fatto sciogliere quella scorza dura che si era creata tra loro e le complicanze del mondo. Sono rimasti nudi come certe lumache senza il guscio.

Mentre li ascolti, ti torna in mente quella frase di un romanzo che non ricordi il titolo, sul fatto che in tempo di guerra bisogna mangiare poco anche nei brevi periodi in cui si ha molto a disposizione, per mantenere lo stomaco pronto ai periodi in cui avrai di meno. Per evitare di soffrire più avanti.

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