cose che molto mi piacciono in questo periodo #2

La mia nuova ossessione sono gli scozzesi Chvrches – si pronuncia più o meno come “churches” ma con la v – scoperti appena due giorni fa. Martedì sono a 40 km da qui ed io non ci sarò. Della cantante Lauren Mayberry – che non ride quasi mai, che mentre canta le piace avvolgere il cavo del microfono più volte in una mano, e tra una strofa e l’altra a volte le piace fare stretching con le braccia – non riesco a non pensare altro che la morte verrà ed avrà i tuoi occhi, truccati.

Non si azzardino a definirla una Vittoria Dell’Italia. Questo è tutto merito di Sorrentino, bravissimo e non da ora. Poi al limite è merito di chi ha lavorato con Sorrentino, il quale non dimentichiamolo era non solo regista, ma pure autore di soggetto e sceneggiatura, in pratica un film tutto suo. Poi al limite, molto ma molto dopo, di quelli che lo hanno visto e apprezzato.

Vuoi dire gli italiani, dunque?

Mica tanto. La Grande Bellezza ha incassato in Italia soltanto 7 milioni di euro dalla sua uscita. A vederlo ci è andato un italiano ogni tanti. In pratica, ventesimo tra i film del 2013. In pratica, la metà di quanto ha incassato Il Principe Abusivo.

Definirla una vittoria dell’Italia significherebbe negare cos’è l’Italia. L’Italia è altro, molto lontana dall’occhio e dalla sensibilità di Sorrentino.

E comunque, se continueranno a citarlo in futuro come l’ultimo che ce l’ha fatta, avrò una scusa per ricordare e mettere in pratica la frase di Jep Gambardella di cui qualche mese fa.

La Delicatesse

La Delicatesse è un film francese con una Audrey Tatou molto francese e più adulta che però non è uscito in Italia. Ho già spiegato  – credo – che se mentre guardo un film so già come va a finire, litigo intimamente con lo sceneggiatore, mi offendo, e guardo il film fino alla fine offeso, di cattivo umore.

Questo non succede con La Delicatesse. I dialoghi non sono mai banali così come l’idea dei personaggi, ed in particolare lo svedesone trapiantato a Parigi (interpretato da un salamone nato a pochi passi da casa mia). E’ un film sul ricominciare, e sulle strade imprevedibili che portano a farlo. Sulle consonanze, e di come certe siano inevitabili.

Con Francois il tempo vola via rapidissimo, come se saltassero certi giorni.
Come se ci fossero settimane senza giovedì.
E’ questa la felicità? Quando non ci sono i giovedì?

Consigliato. E se uno volesse, pure sottotitolato.

In una scena de La Grande Bellezza, il protagonista del film Jep Gambardella (impersonato da un perfetto Toni Servillo, uno che invecchia come il vino) è nel letto a fumare una sigaretta. Seduta al bordo del letto c’è Isabella Ferrari – pure lei come il vino – che racconta al protagonista quanto è “brava a fare le fotografie”. Lui dice qualcosa del tipo “ma dai” e allora lei si sente incoraggiata e continua “se vuoi vado di là prendo il computer e ti faccio vedere le mie foto su Facebook, dicono che sono molto brava”. Allora Isabella Ferrari va di là, ma quando torna con il computer Jep Gambardella non è più nel letto.

La camera stacca su Jep che passeggia in una piazza romana, e si ascolta la sua voce dire tranquilla:

arrivato a sessantacinque anni, non posso più perdere tempo a fare, cose che non mi va di fare“.

Ecco, a parte i sessantacinque anni, ci sentiamo molto Jep Gambardella.

Gli sceneggiatori dell’ultimo film della Pixar – Monster University – hanno deciso di basare la storia su alcuni pilastri abusati della cultura cinematografica americana: confraternite universitarie, bullismo tra sfigati e popolari, l’ovvia evoluzione dei gruppi di nerd con l’apparecchio ai denti che inizialmente perdono e poi alla fine vincono sui fighi e palestrati e cattivi.

Quindi – a parte la grafica, e molte trovate come al solito strabilianti, come lo studente lumaca e la madre dai cinque occhi – hanno basato la storia su elementi tanto americani, solo americani. Come se fosse un film solo per gli americani. Dispiace, visti i precedenti che raccontavano storie dal contenuto universale (ci metto Up, su tutti). Mi verrebbe da sedermi di fronte ad uno degli sceneggiatori, prendergli la testa tra le mani e spiegargli che No, non siamo mica tutti americani, qua.

(E invece un film molto europeo che si consiglia è Un Sapore di Ruggine e Ossa)

Mine Vaganti di Ozpetek è un film eccessivamente melodrammatico, grottescamente panomosessuale (esiste sta parola?) però ti mostra certe bellezze come per esempio il centro storico di Lecce sempre con il sole, per esempio una Nicole Grimaudo coi capelli corti statuaria e insopportabile, che alla fine anche se torni a casa tardi e quando accendi la tv il film è quasi finito e tu già sai come finisce, lo stesso ti riguardi il finale, come un babbeo.

Chi non ha la malattia della radio come il sottoscritto, non ha ascoltato Rocco Tanica degli Elii di notte scimmiottare i gruppi che suonano al concertone del Primo Maggio. Allora quando dovevo spiegare la mia opinione sull’ennesimo gruppo-da-primo-maggio che mi veniva proposto, alla domanda “ti piace questo nuovo-gruppo-da-primo-maggio?” in preda alla presunzione credevo che tutti conoscessero l’opinione degli Elii sull’argomento, e allora citavo quella (sono famosi gli Elii, giusto?) per poi rendermi conto immediatamente che era una citazione azzardata e che non veniva compresa: allora a quel punto rispondevo vago, cambiavo argomento.
Finalmente adesso ho la soluzione.

(ah, e sono 6 anni che non affrontavo l’argomento)

Mi piace l’ultimo pezzo di Neffa in cui pare di risentire Battiato in summer on a solitary beach, un pezzo che consiglio di ascoltare in cuffia senza guardare il video – che potrebbe distrarre dall’arrangiamento – e che ascolto di continuo da un paio di giorni perché ho arbitrariamente assegnato dei significati tutti miei alle strofe.

Questo è un argomento che se davvero ci tenessi all’audience e alla benevolenza di chi legge non dovrei toccare più. Qualche giorno fa si scriveva della scoperta di questa cantante Annalisa “occhi dispettosi” Scarrone, che come è stato fatto notare è pure laureata in Fisica, e dunque la inseriamo arbitrariamente in quella categoria di esseri superiori dove troviamo pure la quasi neuroscienziata e poliglotta Natalie Portman. Si diceva pure che le hanno scritto canzoni mediocri. Riformulo: non tutte mediocri, alcune sono accettabili. Ma di nuovo, a conferma di quanto si era scritto a proposito della produzione di musica struggente, quasi tutti i pezzi sono scritti da uomini, e sicuramente lo sono tutti i migliori, come per esempio.
Uccidetemi.

Ho dimenticato di scrivere due righe su Open

Ho dimenticato di scrivere due righe su Open, quella che viene chiamata l’autobiografia di Agassi, anche se poi non e’ chiaro quanto impatto abbia avuto “quello che lo ha aiutato a scriverla”.

Ci sono alcuni motivi per leggere sto libro.

Innanzitutto puoi non saperne nulla di tennis, puo’ non importarti nulla del tennis (generalmente cambio canale quando lo trovo in tv) eppure prende per la mano il lettore e non lo lascia più . Quando si arriva a raccontare un match, vuoi davvero sapere come e’ andato a finire. Merito della partecipazione emotiva con il protagonista, o ancora, di quello che lo ha aiutato a scriverlo.

E poi perché  e’ un libro che parla di altre cose, di amicizia innanzitutto, e poi di scelte sbagliate, e di come matura la consapevolezza delle proprie scelte sbagliate, di come si può  cambiare nel corso degli anni, di come sia bello averci da qualche parte scritta tutta la propria storia (noi bloggherre old school questo ultimo punto lo capiamo bene, e ci lisciamo le sopracciglia per la soddisfazione).

Se poi questi motivi non bastassero, uno si può  leggere le recensioni dei capoccioni che si sono scomodati a lodarlo.

questo simpatico oggettino

Questo simpatico oggettino ha risolto uno dei problemi della mia vita. Che detto così potrebbe sembrare eccessivamente grave ed esagerato, ma se lo spiego, forse No.

La scena da immaginare è questa: un corpo nel letto incastrato perfettamente tra i cuscini e la coperta. Ha trovato la posizione migliore possibile per leggere il libro che sta leggendo in quel momento. E’ soddisfattissimo della posizione, i muscoli sono rilassati, il libro piace, regna il silenzio, il mondo ha raggiunto la sua perfezione in questa ora imprecisata della notte. Si arriva a fine pagina.

Un braccio viene estratto per girare la pagina. La posizione perfetta è persa per sempre. Non la si ritroverà mai più (almeno fino alla sera dopo, durante la quale la scena si ripropone dall’inizio).

non ho un’opinione articolata su

Non ho un’opinione articolata su Matteo Renzi, però in pochi giorni mi ha quasi comprato.

Per esempio la dichiarazione sulla presunta “società incivile“, espressa in un periodo come questo, è coraggiosa e concretamente antipopulista.

E poi l’altra notte, alla domanda su quali fossero per lui gli autori da consigliare ha citato Dave Eggers e Saint-Exupéry, ovvero i due autori che due giorni prima ero andato a scovare in una libreria fiamminga per un regalo.

Quanto alla sua sboronaggine indiscussa, questa credo vada tradotta con vanità. E la vanità – in generale – la considero un difetto positivo nel fare l’amministratore, perché offre una gratificazione che non è il denaro. Nel senso che è meglio essere malati di protagonismo che di avidità materiale, anzi forse una cosa scaccia via l’altra.

sono andato a vedere

Sono andato a vedere Italy love it or leave it, documentario sul dilemma dell’emigrazione dei giovani italiani, peraltro con Andima, che peraltro ne ha scritto, e quindi è possibile che ripeta quello che già ha scritto lui.

Vediamo se è vero.

Dunque la docu-fiction parla di una coppia gay di trentenni che deve decidere se lasciare l’Italia oppure No. A favore del “lasciare” si presenta una compilation di problemi da titoli di giornale, e quindi Berlusconi con le zoccole e la Mafia, la spazzatura di Napoli e gli immigrati sfruttati di Rosarno. A favore del “restare”, la bellezza.

Caro regista che hai scritto il documentario e che  sicuramente non leggi queste righe: comincio col dire che hai ragione tu. Se vuoi che il tuo film venga venduto a Berlino e a Londra, devi metterci Berlusconi e le zoccole, la mafia e la spazzatura di Napoli.

Però, caro regista, fra tutte le persone che conosco e che vivono all’estero (me compreso) nessuno ha lasciato l’Italia per colpa di Berlusconi o delle zoccole o della mafia o della spazzatura. Non è che una mattina mi sono svegliato e ho pensato alla speculazione edilizia o agli immigrati di Rosarno e me ne sono andato. La questione è leggermente più complessa e non posso descrivertela qui.

Per farla breve, caro regista, tutte le cose più o meno terribili che descrivi – Berlusconi la mafia la spazzatura l’abusivismo edilizio lo sfruttamento – non sono malattie infettive che basta prendere la medicina e passano via. Tutte queste cose esistono perché esistono gli italiani nella loro media. E tu puoi anche rimuovere queste cose una ad una ma ecco, il substrato rimane. E di cose più o meno terribili ne arriveranno altre, nel futuro prossimo, di cui ancora non conosciamo il nome, e che accetteremo per qualche anno prima di metterci a fare un documentario per denunciare pure quelle.

 

L’amica geniale

Il romanzo L’Amica Geniale di Elena Ferrante non è solo un libro di quelli scritti talmente bene che un po’ ti viene da arrabbiarti, un po’ ti viene da scendere per strada e raccontarlo ai passanti. E’ pure la scoperta di un’autrice che se sei interessato di letteratura italiana contemporanea, e italiana meridionale in particolare, devi per forza conoscere. Ed io – colpevolissimo – non conoscevo.

Qui un estratto.

Libro che mi è capitato fra le mani per caso. C. voleva farmi un regalo e si è presentata in una libreria italiana a Bruxelles senza avere idea di cosa prendere: si è fatta consigliare. Forse non sapeva che qualunque libraio disprezza il cliente che non sa cosa prendere ma comunque qualcosa deve prendere. Dopo aver posato il pacchetto sul mio tavolo mi ha detto non sapevo cosa prendere, mi hanno trattata come una cretina.

Dunque divorerò il resto della produzione di Elena Ferrante? No, perché Elena Ferrante in pratica non esiste. O meglio esisterebbe pure, però non tutti i libri sotto il suo nome pare siano stati davvero scritti da lei.

faccio cose vedo cose

Ho visto the Intouchables, tradotto in italiano vai a capire perché Quasi Amici“. Gente insospettabile mi aveva raccontato che era bellissimo: non è bellissimo, è qualcosa. Ho visto Mon Pire Cauchemar, tradotto in italiano come andava tradotto dal francese, e cioè Il Mio Peggior Incubo. Doppietta di film francofoni dunque, però visti entrambi in italiano, ché maintenant c’est tres difficile. Nessuno dei due che lascia il segno.

Invece poi ho visto l’intervista fatta dalla Bignardi a Franco Antonello. Volevo tantissimo essere amico di Franco Antonello. Guardate questo video, e se proprio non è possibile, almeno i primi tre minuti, dove spiegano perché il libro si chiama Se Ti Abbraccio Non Aver Paura.

Sharon Van Etten

Sharon Van Etten ha un nome barbaro però è di New York. Cosa dire di New York, visto che tanto di quello che ascolto viene da lì: bella New York ma non ci vivrei, ma la ascolterei.

Sharon Van Etten l’ho vista sabato. Dal vivo è più bella che nelle foto e nei video, ché si è fatta crescere i capelli più lunghi sulle spalle, e le spalle restano leggermente nude per una maglia dal collo largo. Quando canta pare ipnotizzata da un punto nell’aria dove però non c’è niente. Quando suona la chitarra, Sharon guarda la chitarra, che è uno di quei gesti che fanno le persone che non sanno suonare bene. Sembra messa lì per caso – per la timidezza, per questo fissare un punto indistinto nell’aria, per questo maneggiare la chitarra con poca sicurezza – ma dopo dieci minuti che la ascolti, ti rendi conto che non è lì per caso.

uno dei miei momenti di trascurabile felicità

Uno dei miei momenti di trascurabile felicità è stato sapere che era uscito il libro “Momenti di Trascurabile Felicità” ma non andare a comprarlo. Sapere che era lì, spiarlo sullo scaffale, essere certissimo che mi sarebbe piaciuto eppure non comprarlo, prolungare l’attesa. Lo leggo e confermo che piace. Anzi, ci sono delle cose che sono sicuro di aver scritto prima io (ho le prove, ma a chi importa) e anzi il libro comincia proprio con il prolungare all’estremo l’attesa di qualcosa che sei sicuro ti piacerà come ho fatto io con sto libro. Avranno scritto che è divertente – e lo è – ma è pure un libro animalesco, a tratti.

Non si è mai capito perché, ma quando vomiti ci deve essere qualcuno che ti tiene la testa, ti mette il palmo della mano sulla fronte e assiste a una scena schifosa. E’ diventata una consuetudine così accettata, che quando ti viene da vomitare il primo istinto che hai è guardare chi ti sta vicino e fargli uno sguardo implorante, che vuol dire “ti prego tienimi la testa”. E in ogni caso chiunque ti sta vicino istintivamente quando ti vede vomitare corre verso di te e dice: “aspetta che ti tengo la testa”.

Sono profondamente grato a tutti quelli che mi hanno tenuto e mi terranno la testa quando mi viene da vomitare.