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Appena tornato a Brussèlle, sei consapevole che in una vita da expat, le pause della vacanza – per compensare – devono essere necessariamente molto local. E infatti è quello che hai fatto durante due settimane di salsedine. Solo che poi tutto il tempo lo hai trascorso con persone che per la vast majority sono nelle tue stesse condizioni – di delocalizzati intendo – chilometro più, chilometro meno.

Sei contento di come hai speso il tuo tempo, spendendolo male, ripetendo i gesti all’infinito, diventando un perdigiorno, diminuendo allegramente la stima di te stesso.

Ricominceresti domani.

Nei miei luoghi natii, oggi che ho occhi abbastanza maturi per capirlo, mi rendo conto di essere circondato da troppa bellezza, così tanta che squilibria l’esistenza e le opinioni.

Non una bellezza metafisica ma proprio una bellezza fisica e concreta. Non una bellezza generica ma proprio delle persone, delle cose e dei luoghi che mi circondano, da quando mi sveglio la mattina fino a quando la notte torno a casa.

Ci metto dentro tutto: la camera da letto in cui mi sveglio, la casa in cui vivo, fratelli e sorelle, cognate e amici che mi circondano, la strada che mi porta al mare, il mare e le gambe abbronzate delle sconosciute.

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sei rimasto per nove giorni

Sei rimasto per nove giorni col culo nell’acqua di mare, a mangiare e dormire e risolvere problemi del tipo dove si va a mangiare stasera, quali infradito indosserò, quante ore posso restare buttato sul letto di pomeriggio a guardare il soffitto senza sentirmi in colpa. Ho corso sulla costa, ho osservato nonni rotondi che sedevano su una panchina ad osservare le onde al tramonto, ho spiato per mezzora un pescatore di polpi mentre lanciava la sua lenza nel mare con un gesto tanto fluido che lo si capiva benissimo, erano anni che faceva la stessa cosa.

E se pure lo so che quella non e’ la vita reale, che non esiste una vita che continua cosi’ all’infinito – e  se pure esistesse ti annoierebbe dopo un po’  – lo stesso poi quando torni, sei triste. In realtà sei triste appena prima di partire, di fatto e’ una tristezza preventiva, si innesca ancora prima ancora di andare via, dando per scontato che sarai triste.

Poi invece No.

Poi invece torni a Brusselle, e c’e’ un poco di sole, parli con una dottoressa gentile e premurosa, c’e’ una cassiera che si scusa di non averti visto e in francese ti spiega che era distratta, c’e’ il Parc Leopold con le foglie illuminate, una ragazza che cammina sul marciapiede a fianco con l’aria di non sapere dove andare, ci sei tu che vorresti fermare l’auto e chiederle spiegazioni.

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C’è la crisi ovunque, ma soprattutto in Italia, ma soprattutto nel Sud Italia, ma soprattutto nei piccoli paesini del Sud Italia.

Epperò nell’arco della stessa giornata ti ritrovi a fare un giro sulla costa, con persone che lo fanno spesso – mentre tu No; nel pomeriggio un caffè al mare e quindi un giro in motocicletta con il mare sempre da un lato. Tanta gente ammollata sulle sedie dei tavolini dei bar, che parlotta mettendo impilando gli smartphone sul pacchetto di Marlboro. Poi dopo un salto in gioielleria a scegliere un regalo; poi si beve qualcosa in piazza osservando i vecchi che contano i minuti sulle panchine. Sei a cena ospite in un ristorante coi calici di cristallo. Più tardi passi da una festicciola in una grande villa vicino al mare, però più piccola di quella dove poi vai a dormire.

Sono questi i momenti – ti viene da pensare – che un po’ ti senti un coglione.

Quando sto per salire sull’aereo per tornare a Brussèlle – uno dei tanti ritorni dal paesello verso le città dove ho vissuto in questi anni – poco prima di passare il gate, i pensieri si attorcigliano sempre sugli stessi argomenti conosciuti solo da chi vive questo tipo di vita.

Allora sparo la musica alta in cuffia, così che all’improvviso non sia più musica ma colonna sonora, e quello che vivo non sia più vita ma film, e quello che parte non più io ma un attore, il quale, diciamolo, sa fare benissimo la parte.

sono sullo scoglio

Sono sullo scoglio ad un metro dal mare. Un gennaio gentilmente offerto dal globalwarming, con il sole e 15 gradi.

Penso che il mio invecchiamento consisterà nel ripetere sempre le stesse cose: nel pensarle, e quindi nello scriverle qui. Ripetere sempre le stesse cose come fa mia nonna: non vuol dire aver perso la lucidità, vuol dire semplicemente ripeterle continuamente perché ne hai voglia, perché sei affezionato a certi concetti – a certi ricordi, nel caso di mia nonna.

Fossi rimasto sempre a vivere qui, a pochi metri dal mare verde e i 15 gradi di gennaio, come sarebbe stato. E’ una domanda senza punto interrogativo. Immagino più o meno tutto: privilegi e frustrazioni, una casa dalla metratura decente e qualcuno che mi ringhia di sposarla. Mia nonna mi mette in guardia: sì beddhru, attento che in giro ci sono quelle che ti rubano.

Mi bagno la faccia con acqua di mare che poi lascio asciugare sulla pelle.

Fossi rimasto come sarebbe stato. Ripetere la stessa cosa significa rispondersi che non ha senso farsi la domanda. Quando una decisione esclude l’altra, allora entrambe le opzioni saranno sempre leggermente sbagliate, e dunque proprio per questo, ognuna sarà quella giusta. Quindi la decisione giusta è sempre quella che hai preso, in qualunque caso. Non devi chiederti se hai sterzato correttamente, devi premere l’acceleratore e goderti il paesaggio.

Questo appena descritto è uno di quei pensieri che ripeterò, in altre forme, in altri momenti, magari ad un certo punto, perfino contraddicendomi.

aver trascorso un’ora

Aver trascorso un’ora in una scuola elementare, per assistere ad una recita natalizia di bambini ottenni mi viene da pensare che.

Che nel profondo Sud è possibile ancora fare le recite natalizie che parlano di Gesù. L’Italia è di fatto multietnica e multireligiosa ma quasi per niente nel profondo Sud. La povertà with iPhone che c’abbiamo noi da ste parti scoraggia gli immigrati, quindi siamo razza purissima dalla cultura monolitica che ancora oggi si può permettere ste cose estremamente giesucristiche.

Che le biblioteche delle scuole elementari – con frasi ad effetto appese alle pareti sul piacere della lettura, ovviamente incomprensibili ai bambini, scaffali pieni di libri tremendi e grigi e  tristi – sembrano fatte apposta per creare un alone negativo attorno alla parola biblioteca. Che se lo Stato volesse disincentivare l’interesse alla lettura nelle nuove generazioni, nessun psicologo malefico potrebbe mai partorire una strategia tanto efficace.

sti giorni

Casa salentina era immersa nel sole, sti giorni. Al paesello le cameriere delle gelaterie mentre sudano raccogliendo scontrini, indossano occhiali di Dior. La gente invecchia. La lunghezza della vita si misura in base a quanti giorni diversi uno dall’altro si riescono a vivere, diceva quello. Poi tu incroci le facce e riesci a contare il numero di giorni ugualissimi che hanno vissuto. O forse e’ solo tua presunzione che osservi di passaggio. Adesso ci sono aerei che al prezzo di mezzo occhiale di Dior potrebbero portarti in Salento dal Paese Basso quasi ogni volta che vuoi. Devi volerlo e prenderti un giorno di vacanza. Potrebbero non farti piu’ le feste, se ti vedessero troppo spesso in giro.    

ma state buoni

Ma state buoni, era soltanto un’esercitazione e lo si capiva benissimo.  Insomma: guardie svizzere, assaltatrice svizzera. Ovvio. Intanto in Salento fa caldo. Pranzo di Natale con la finestra aperta, a fare entrare aria diciotto-venti gradi fissi, e non c’era neanche il sole. Il freddo dei giorni prima era stato pensato per il vertice sul clima di Copenaghen, per convincere tutti che non ci sono problemi di surriscaldamento globale. Oltre alle grandi librerie del nord, una cosa che mi manca dell’Italia sono le rosticcerie da asporto. Sai cos’è Sud? Sud è un ragazzo che indossa una giacca nuova e attillata, scarpe lucide e occhiali da sole a goccia – e non c’è il sole – gel nei capelli e leggermente sovrappeso, che entra in un’auto nuovissima mentre sullo sfondo i palazzi sono stonacati e le erbacce si fanno strada tra le fessure dei marciapiedi. 

natale con i tuoi 2008

Alla filiale delle Poste del Paesello una ragazza in scarpe da tennis dorate e occhiali Vogue chiede informazioni circa la ricarica della sua Social Card – che invece pare si chiami Carta Acquisti. Detto, questo, potrei terminare qui di parlare del Paesello per sempre. Ma invece No.              

Avvicinandoci alla scogliera in una giornata di particolare tersezza (tersità? tersismo? tersa, insomma) , l’amico Bollo scruta l’orizzonte del mare Ionio. Poi esclama che Cazzo, la Terra è proprio rotonda, e si vede benissimo, e com’è mai possibile che ci abbiano messo tanti secoli prima di giungere a questa conclusione che da qui, dalla riva salentina del mare Ionio di un giorno di dicembre, pare estremamente evidente.             

Alle Poste – io finisco sempre alle Poste quando sono qui, ed è ogni volta un esperienza esaltante, da un punto di vista sghembo e antropologico – alla fine, dopo la signorina in occhiali Vogue, riescono a rifilarmi come resto una moneta da cinquecento lire al posto di una da due euri.                

Amici e conoscenti lontani mi incontrano e mi definiscono pallido. Dopo la terza volta, abbandono il sospetto di un’anemia silente e mi guardo attorno. E noto, infatti, che fra i miei compaesani coetanei di sesso maschile, la lampada abbronzante ha finalmente fatto breccia nei cuori.  

Domani sera a Lecce c’è una festa a tema, dove il tema è quello delle scuole medie. Si viene vestiti come si era vestiti ai tempi delle scuole medie. Il che significa che di fatto io non avrei nulla da mettermi, ma comunque ci andrò. E venga chi può.  

Sono riuscito a scaricare queste vacanze da ogni aspettativa possibile. E la conseguenza è che me le sto godendo per davvero. Mi hanno regalato il libro di Maksim Cristan e lo leggo nei pomeriggi, godendo del divano comodo del salotto, ignorando le decine di punti esclamativi seminati in eccesso lungo le pagine. Ovvio che per mantenere questo plateu di goduria scarna di aspettative, al primo che mi chiederà  cosa faccio a Capodanno, dovrò chiedere se per caso ha uno di quei flash cancella-menmoria che Will Smith usava in Men in Black. Al primo che mi chiede cosa faccio a Capodanno, prendo questo flash, se lo trovo, e me lo sparo in faccia.

volevasi segnalare

Sono contento quando escono fuori notizie come questa (cioè: è certificato che in Italia l’impegno all’integrazione degli immigrati è di molto maggiore al Nord rispetto al Sud eccetera eccetera). Voglio dire, io che sono mediterronico gia’ lo sapevo. In generale sono sempre contento quando escono fuori le notizie che rompono i luoghi comuni (e in questo caso, la convinzione che al Sud siano tutti solidali e aperti, brava gente che ti accoglie in casa con il mandolino e il tamburello).  Dalle parti del mio paesello, per dire, lo straniero è considerato peggio di un animale e viene mandato a raccogliere i cocomeri in condizioni disumane, oppure lo straniero è il turista tedesco che viene a portare un po’ di soldi in agosto, e quindi da accogliere con grandi pacche sulle spalle. Il disgraziato che suda sui cocomeri, nel frattempo può pure morire, e con il cingalese che vende accendini non ci parlo nemmeno per non sporcarmi le orecchie. Di fatto nel Sud estremo gli extracomunitari sono pochissimi. Sbarcano sulla costa e poi scappano via. Da bambino sapevo che esistevano i neri solo grazie alla televisione.   

In generale sono sempre contento quando escono fuori notizie che rompono i luoghi comuni, perchè mi da fastidio vedere i compaesani che si adagiano sulla convinzione “ma tanto noi ci abbiamo il mare, quelli c’hanno la nebbia e noi invece… assaggia quanto so’ buoni sti pomodori, su’”. Poi ci sono quelli che scappano al Nord, non riescono ad integrarsi e tornano a casa dicendo che “da quelle parti sono tutti un po’ freddi e razzisti”. Ne ho conosciuti tanti. Il luogo comune del Sud come posto Bello Ma Proprio Bello Bello – che pure resiste in molti crani mediterronici – è come una bamboccia scema che si ammira allo specchio e che si dice da sola Ma Quanto So’ Bona mentre inciampa sul vestito e cade per terra.

2007 natale nel paesello

C’è troppa troppa gente che vedo solo a natale e pasqua, tutti questi anni da emigrante si fanno sentire. Troppa gente a cui stringo la mano due volte l’anno e ci conosciamo da sempre ma non sappiamo più cosa dirci. Cosa ci diciamo? Io non so cosa dire, certe volte sono bravo a riempire il vuoto con parole insignificanti e battute analcoliche ma poi ci guardiamo in silenzio, e finisce lì. E poi ci sono quelli che si sposano e fanno figli. Che si sono riprodotti. I tuoi coetanei che si riproducono. Con quelli che si sono riprodotti, parli del figlio. Cacca e pipì tutto bene? Dorme? Mangia? Per riempire il vuoto saresti capace di metterti a recitare una poesia di natale o a suonare Bianco Natale con le pernacchie.

Il Cuggino Rasta ha accorciato i rasta e i pezzi di rasta tagliati sono conservati in uno scatolo di telefono cellulare. Il Cuggino Rasta ha detto che una sua collega di lavoro – perché adesso il Cuggino lavora – che una sua collega gli suscita delle emozioni, ma che nel frattempo si tiene allenato con altre due o tre. Ha detto esattamente Tre ma io tendo a minimizzare sennò poi dice che esagero quando scrivo di lui. Il Piccolo è stato bocciato all’esame e ci pensa spesso, si ferma nel bel mezzo dei discorsi e ti dice: Mi hanno bocciato, ma ti rendi conto?  Il sabato sera in tutto il paesello non trovi nessuno, trentacinquemila abitanti e per strada non c’è nessuno. Nella piazza centrale siamo quattro pazzi che ci scrutiamo nelle palle degli occhi mentre un cane randagio miscellaneo scodinzola ai piedi di Billigiò, il quale prontamente risponde mollando uno scorreggione etilico che ci fa muovere tutti di venti metri, per riposizionarci in cerchio un po’ più distanti da questa hiroshima improvvisata e simpaticissima. In tutto il paesello ci sono più Mini bmw e Smart ForFour di tutta l’Olanda messa insieme. Colgo l’occasione per un caloroso augurio di buona natale e felice anno nuovo a tutti i possessori di Mini bmw e Smart ForFour del mondo ma soprattutto a quelli del mio paesello. Siete fortissimi, siete ricchissimi e bellissimi. E anche al possessore di sto enorme macchinone che ieri mi ostruiva il passaggio in una strada scassata. Qui a macchinazze chiccose siamo i primi e non ci batte nessuno.

Per la maggior parte del tempo ho un certo freddo e non mi va di vedere nessuno. Mi piace solo dar da mangiare ai pesci nell’acquario e grattarmi in un posto preciso del cranio che a parole non mi viene da descrivere. Cosa posso dire, i tempi sono questi. Ovviamente l’augurio di cui sopra è esteso – in una declinazione diversa – anche a tutti i palloni Wilson che passano da qui. Tante belle cose.