sensation like Paese Basso

Questo è un argomento pochissimo interessante e riservato ad un pubblico ristrettissimo – cioè quei pochi che come me hanno vissuto in Paese Basso per un periodo della loro vita. La scorsa settimana sono di nuovo passato dal Paese Basso per andare in aeroporto. E di nuovo sono stato assalito da uno sconforto tutto particolare e architettonico che solamente il Paese Basso è in grado di scatenarmi addosso.

In Paese Basso hanno davvero pianificato le città. Hanno deciso quale forma devono avere le strade (l'italiano poco esperto resterà ammirato dall'abbondanza di piste ciclabili e penserà solo a quelle), hanno deciso come devono essere strutturate le periferie, quali mattoni utilizzare per costruire le case, quali infissi debbano avere le case, quali colori e quale forma.

 

Hanno deciso che in alcune zone della città si deve vivere e basta, in altre si deve comprare la merce. Hanno pianificato e quindi è tutto efficientissimo, tu vai in un posto e trovi tutto: il supermercato la farmacia la posta e quello che duplica le chiavi. Tutto racchiuso in pochi metri quadrati. Come nei centri commerciali, solo che sti agglomerati li trovi proprio dentro la città. Solo che negli altri Paesi oltre al centro commerciale ti capiterà pure di incontrare in centro una macelleria random, un orologiaio random, un rivenditore di marmitte random.

 

In Paese Basso No: il risultato finale della pianificazione è che è tutto efficientissimo ma pure tutto uguale. Ovunque c'è la stesso paesaggio senza sorprese. Ci sono pochissime eccezioni, per il resto è lo stesso paesaggio che si ripete, come nei videogiochi dove moltiplicano i frame. Come gli spettatori immobili sugli spalti nelle partite di Mila e Shiro: una ripetizione all'infinito per riempire lo spazio.

 

Se hanno deciso che una zona è residenziale, tu potrai muoverti per chilometri in linea retta senza mai trovare un bar. Devi tenere pure conto che i bar, in generale, non esistono. Le case per gli studenti hanno la stessa identica struttura ovunque. Sono stato in una casa di studenti lontana cento chilometri dal mio buco, e lì non ho dovuto chiedere dove fosse il bagno: lo sapevo già. Era ovviamente nel posto più pratico e logico e conveniente della casa.

 

Mentre pisciavo avevo addosso una percezione concreta di comunismo reale. Ecco, in questo senso si può capire perché qui a Brussèlle, a due passi da casa, quando ho trovato un fioraio posizionato alla cazzo nel contesto architettonico, isolato all'angolo di una strada come in tutte le città che hanno un minimo di anima, m'è venuto davvero da abbracciarlo. 

barbari

Venire a patti con la grezzitudine barbara e il semplicismo barbaro dopo due settimane in Italia e' dura. Pero' a dire cosi' non si capisce. Nel buffet per celebrare il primo dell'anno il pezzo piu' elaborato erano delle uova sode tagliate a meta', con dentro (anzi, No, sopra, posate sopra) uno spicchio di mandarino, una coltellata di mostarda, e tre foglie di rosmarino. Buon appetito. Il resto, salumi appena tirati fuori dalla vaschetta, che' tu lo conosci bene il sapore plasticoso dell'insaccato di infima categoria. Ti guardi attorno e ti rendi conto pero' che non ti puoi lamentare della barbaritudine, coi barbari.

italondesi

Giovanni dimostra dieci anni più di quelli che ha, e nella sua pizzeria in questa città del Paese Basso alterna nello stereo Toto Cutugno con altre simili sconcezze, tipo Toto Cutugno e poi Al Bano, tipo Toto Cutugno e poi personaggi sconosciuti che cantano di amori perduti e lontani allungando eccessivamente le vocali con profusione di violini in sottofondo.

Vende pizze al taglio e pizze a domicilio, Giovanni. Ma solo qua intorno, troppo lontano non ci vanno, i suoi scugnizzi. È arrivato in Paese Basso ventuno anni fa, quando nel suo paesino siciliano si presentò quello che lui chiama “l’esattore” con la cartolina della proscrizione militare. Ho mandato tutti affanculo, mi racconta, e me ne sono andato via. Via dove? Qui in Paese Basso, dove in pratica ci ha passato più anni di quelli che ha vissuto nel paesino siciliano. Ah, Lecce, bella Lecce, mi dice. Se non fossi scappato la cartolina mi diceva di andare a fare il militare proprio a Lecce. Bella Lecce. Va male il Lecce in serie B, mi dice. Parla barbaro fluentemente ed è pure dotato di moglie barbara. Le pizze sono buone solo che c’hanno tutte la cipolla di mezzo: funghi e cipolla, peperoni e cipolla, qualcos’altro e cipolla. Ho capito che era italiano non dal bianco rosso e verde all’entrata – ché quelli ci sono in tutte le pizzerie, pure quelle gestite da turchi o che ne so, lituani – e nemmeno dal menu in italiano, e nemmeno per Toto Cutugno che cantava a tutto volume, quanto per una pila altissima di giornali scandalistici italiani ammonticchiati in un angolo. Che poi ho sfogliato mangiando le pizze. Buone le pizze. E poi gli ho detto, con occhio laterale: italiano! E lui: Sì, italiano! Sembri polacco, però. Ma questa del sembrare polacco è una storia lunga. Sono papawojitila, io. I giornali scandalistici: adesso so che Ligabue ha un figlio di undici anni e che gli piace fare il Sudoku – a Ligabue, non il figlio – in spiaggia coi capelli bagnati di acqua di mare piegati tutti da un lato. Alessia Marcuzzi invece ha trentasei anni.

in salento la sera il profumo dei pini

In Salento la sera il profumo dei pini che si riposano al fresco, dopo una giornata intera di sole, ti offre da solo il motivo di essere lí. Poi si’ vabbene c’é pure tutto il resto, ma potrebbe benissimo bastare questo.

Resta tutto da vedere l’effetto che farebbero una due tre novantaquattro sere di fila senza interruzione con il profumo del pino che si riposa dal sole, capire se resiste ancora l’ammirazione degli inizi, se ci fai ancora caso, se ti chiudi in casa con la Playstation, oppure se ti chiudi in macchina per ottanta chilometri per andare alla festa sull’altra costa. Io quando ci vivevo non ci facevo caso. Adesso ci faccio caso. Io se non ci torno, nel Salento, mi piace pensare che se invece ci tornassi per novantaquattro sere di fila, poi mi chiuderei in casa con la Playstation, invece di inspirare espirare il profumo dei pini. Io non ho la Playstation.

Sono in questo momento in una stanza senza finestre, una ragazza con il velo pigia tasti alle mie spalle, mi manca l’acqua salata che si asciuga sulla fronte e la stringe, il Corriere che costa un euro e non sporca le dita, la rosticceria dei bar a un euro e venti. Resta tutto da vedere l’effetto che farebbero una due tre novantaquattro sere di fila senza interruzione a mangiare rosticceria a un euro e venti.  

sono impegnato in questi giorni

Sono impegnato in questi giorni a fare il Cicerone a porzioni della mia famiglia arrivate qui in Paese Basso. Ho misurato lo stupore, il numero di Oooh, e la classifica momentanea vede al primo posto le biciclette – in particolare le biciclette in giro per le strade anche quando piove – , il verde sfrenato (che però è uno stupore accentuato dallo sbalzo Paesello mediterronico in piena siccità vs Paese Basso immerso nell’acqua) e infine il numero sconfinato di pecore e mucche ai lati delle strade. I quartieri a luci rosse non entrano in classifica.

L’altro giorno al mercato dei fiori di Amsterdam ho visto due coppie di italiani, italiani riconoscibilissimi. Il primo maschio portava a tracolla un enorme borsello rettangolare di Louis Vouitton, condito da cappellino e occhiali da sole. L’altro maschio, il maschio dell’altra coppia, al a tracolla, portava lo stesso identico borsello.

in questo momento

In questo momento alla televisione del Paese Basso c’è un tizio con i capelli lunghi che recita poesie in italiano e poi le traduce in olandese. Gli ospiti in studio spalancano la bocca così come tutti i miei coinquilini raccolti nell’immenso divano che circonda il televisore. Ma cosa spalancate cosa? chiedo io. Mentre estraggo la pizza dal forno mi viene chiesto di parlare delle versioni italiane di Paperino e zio Paperone. In olandese la differenza è che Donald Duck lo pronunciano dUck con la U, e non dAck. Quindi a dire “Paperino” è chiaro che poi si mettono tutti a ridere. Se uno ci pensa: paperino. Quando dici invece zio Paperone, quelli si chiedono “Peperoni?” perchè sta parola la conoscono, appunto, per le etichette delle pizze.   

La Meisje invece ha aperto il suo blogghe anglofono. No, non è un blogghe, direbbe lei, è un Tumblr, è diverso. Ne faccio pubblicità solo ora che come per i trapianti nei primi tempi c’avevo paura del rigetto. Invece tutto bene. La Meisje mi chiede di sistemare le lancette dell’orologio appeso sopra la porta – “se ci arrivi” dice lei. Siccome ci arrivo, invece di dirmi di quanto spostare le lancette, si stupisce del fatto che ci arrivo. Ma quanto sei alto che ci arrivi? mi chiede, mentre io sono in stretching col dito sulla lancetta. Ma ti pare il momento di stupirti? le dico. La Meisje adesso vuole andare a prendere lezioni di chitarra, “per diventare come Soko” dice lei, e poi aggiunge che così così non avrò più motivi per nominare la poliedrica artista fotografa musicista cantante nonchè attrice Zooey Deschanel, che comunque nomino qui solo per farle un dispetto.  

L’amico Bollo – mio duplice compaesano, già nel paesello e poi a Bologna – siccome le vie del Signore sono infinite, ma sono infinite pure tutte le altre, da qualche giorno me lo ritrovo compaesano anche qui in Paese Basso. Solo tre anni fa eravamo fermi in una Peugeot 206 nel centro di Oslo, di notte, a rischiare l’arresto per permettere ad un suo amico di pisciare sulla porta del museo dell’Urlo di Munch. Adesso invece siamo qui. Fra me e lui, il fortunato fra noi due sono io, ché io c’ho fatto il callo a vivere fra gli arancioni, invece per lui adesso arriva il bello, l’apnea, la risistemazione delle coordinate. A tutti quelli che dicono “se in Italia continua così, io me ne vado all’estero e bla bla bla” vorrei dire di venirci, all’estero, che poi voglio proprio vedere. Ne conosco tanti, che dicevano dicevano, e invece Poi. A lui adesso dedico il discorso di Steve Jobs – che ci sono parti dovrei vorrei averci Steve di fronte per puntualizzare determinate cose, ma che almeno per il discorso dei “puntini” lo condivido appieno. Quello che posso dire è che anche nel peggiore dei casi, pure nell’interpretazione più negativa che si possa dare, ci sono tantissimi puntini di gran lunga più brutti di questo arancione qui.

E se si è in ballo, bisogna ballare, sennò la musica che cazzo la mettono a fare.

ho preso una penna

Ho preso una penna – fossile fra i regali di Laurea – ed esattamente sulla natica settentrionale, alla Meisje, le ho scritto YesWeCan, non come motto d’incitamento, ma solo per avere una natica al passo coi tempi. È la frase dell’anno, si dice in giro.

Abbiamo i topi in casa. Ma come, è del tutto normale in Paese Basso: non lo sapevi? Non lo sapevo, e comunque sono riuscito a scovare un topino minuscolo infilato all’interno di una busta della pasta. Volevo rinchiuderlo lì dentro usando la piastra per capelli della Meisje, ma lei ha detto No. Lo fracasso di mazzate, allora, ho proposto, e lei di nuovo ha detto No, mi dispiace. La colpa di tutto questo ovviamente è sua. D’altra parte, quando lei il giorno dopo ha scoperto di avere l’intero ripiano cucina, pentole e cassetti scacazzati da un orda di topini incontinenti, ha deciso che Va bene, si poteva anche passare alla guerra chimica. Adesso però si è scoperto nel battiscopa un buchino ad arco tale e quale a quello dove si nascondeva Jerry di Tom e Jerry. Allora lei dice che abbiamo ammazzato Jerry.  

Essere in Paese Basso significa anche uscire a correre la domenica mattina che c’è meno cinque, e appena fuori in strada, siccome qui la strada costeggia il fiume, spaventare le coppie di cormorani che riposano sulle barche, e che vedendomi arrivare – è mattina presto, e sono vestito malissimo per questo freddo – scappano via svolazzando sguaiati e inciampando nell’acqua come anziane signore nelle buste della spesa.

certe volte succede di dimenticare

Certe volte succede di dimenticare i motivi per cui ho messo su ste pagine di blogghe, ovvero i princìpi fondanti che in teoria dovrebbero ricordarmi in ogni momento perchè e percosa continuo, e perchè e percosa in teoria sarebbe meglio continuare piuttosto che No. Per esempio scrivere come prendere appunti, che magari un giorno potresti aver voglia di rivangare.

Per esempio ieri alla Meisje le ho detto; alla cena coi i tuoi colleghi Sì ci vengo, però che palle.

La sua posizione invece era più o meno la seguente: ma come che palle, da te mi aspettavo – nel peggiore dei casi – di fronte ad un avvenimento del genere, la neutralità, non la negatività. Io le ho risposto altro che neutralità, non mi va di fingermi conversatore di argomenti che non mi interessano, conoscendo le persone, però siccome credo sia giusto farlo, lo faccio.

Lei ribatte (intanto io sbaglio strada per lo sforzo di raccogliere le idee) non voglio costringerti a fare cose che non vuoi fare. Preferisco che tu non venga. Guarda davvero giuro, preferisco. Io le dico, non sei tu che mi costringi, sono io che mi costringo, ne convieni? A questo punto non ricordo più la sua risposta, ma sicuramente abbiamo ricominciato tutto il discorso dall’inizio (nel frattempo ho trovato parcheggio) e la conclusione è stata: ci sarei venuto senza fare troppe storie – ci avevo solo infilato un ChePalle fra le righe – però adesso non solo dovrei fingermi il conversatore che non sono, riempire gli eventuali spazi di silenzio durante la serata o sentirmi in colpa o in ansia perchè non riesco prontamente a riempirli, ma dovrei anche fingere con te che non mi sto facendo due palle, ma anzi sto proprio bene, anzi facciamolo più spesso. Stando così le cose, sarei venuto, ma non ci vengo. Anzi sai cosa? Mi compro due pizze surgelate per stasera. E allora io non ti dico come si usa il microonde in funzione grill, dice lei. E se le compri, è finita. Dai, comprale che è finita. Vuoi vedere? Comprale.

Tra parentesi, vivere in un paese straniero, vuol dire che ti puoi mettere a fare ste scenette in mezzo alla gente, pronunciare assurdità, mettere in atto finte tragedie fra gli scaffali del supermercato, e nessuno capisce nulla, anzi una vecchina in un pub (poco prima) ci ha guardato sorridendo per tutto il tempo, certamente non capendo nulla, o forse pochissimo, di quello che nel frattempo veniva detto.

non so voi

Ma qui fiocchissimi di neve si conficcano negli occhi controvento.   

La mia mediterronicità si misura con il ritorno dell’inverno nordeuropeo. I tetti si imbiancano ed io mi spavento a pensare di dover guidare sulle strade sputacchiate di neve – strade peraltro sicurissime. Le strade sono lunghe, in Paese Basso, ma mai troppo, e dopo cento chilometri di solito sei arrivato dove avevi intenzione di arrivare.

Ascoltano musica anni 80, gli abitanti del Paese Basso, è come se si fossero cristallizzati in quell’epoca e non vogliano evolversi.La radio lungo l’autostrada sputtacchiata di neve manda per l’ennesima volta I want to know what love is. Che non lo sai se ti piace. Forse non ti piace. Però se avessi avuto diciotto anni negli anni 80, ti sarebbe piaciuta.   

Al ritornello verrebbe da prenderli in giro, sti olandesi fissati con gli anni 80. D’altra parte oggigiorno ci sono i concerti di Rhianna, e allora per essere al passo coi tempi dovresti andarci, a sti concerti di Rhianna. Invece tu, in preda allo sconforto musicale di non sapere cosa ascoltare oggiogiorno, ti porti in giro nel lettore l’album Freak di Samuele Bersani, e passi il tempo a scoprire i pezzi che a quei tempi non diventarono famosi. Belli.  

adesso invece leggo

Adesso invece leggo "La Separazione del Maschio" di Francesco Piccolo, comprato nella libreria Bonardi, l’unica libreria italiana in Olanda. Bellissimo posto, in riva ad un canale appena fuori dal centro. Il rincaro di 5 euro a libro è improponibile, soprattutto considerando i 19 euri di spese di spedizione che invece mi chiede Bol.it per un numero illimitato di libri. Poi si deve aggiungere che io non vivo ad Amsterdam, e quindi almeno 15 altri euro di treno. Comunque, a bilanciare il tutto c’è l’idea di poter andare alle presentazioni di libri anche qui. Quindi – in futuro – dovrò per forza spendere qualcosa pescando fra quegli scaffali. Vedi che poi alla fine un motivo per diventare ricchi lo si trova sempre? 

Qualche anno fa, a qualcuno è venuta l’idea di spruzzare la polvere di cacao nel cappuccino. Come se il cappuccino così com’era non bastasse più. L’idea si è diffusa rapidamente. Dopo poco tempo, quando abbiamo ordinato un cappuccino, il barista ha cominciato a chiederci: un po’ di cacao?, con una specie di saliera obesa in mano, già in posizione, e bastava un cenno di assenso per veder ruotare l’angolazione di pochissimo e una spruzzata di cacao sarebbe piovuta sulla schiuma del nostro cappuccino. Io ho sempre risposto: no grazie. Mi piaceva il cappuccino così com’era (mi bastava, appunto). Ma siamo stati in pochi a dire di no, visto che questa storia della spruzzata di cacao è dilagata come un’epidemia vertiginosa.

Francesco Piccolo. <<La separazione del maschio>>

quindi alla fine

Quindi alla fine la BBC conferma che le molotov, nella scuola Diaz, le hanno infilate i poliziotti per avere una buona scusa per spaccare le teste a tutti. Va bene, già si sapeva, ma il punto non è questo.  

Il punto sono i commenti lasciati dai lettori subito dopo l’articolo. Divisi in fazioni opposte, si lanciano cacca a vicenda. Come tifosi di squadre di calcio. I martiri sono i CarliGiuliani, i martiri sono invece i Poliziotti.           

Io lo scriverò fino a quando sarà possibile, sperando che serva a qualcosa: sono le fazioni, sono il bianco o il nero, sono le fedi assolute, i Padri Pii come le ideologie, sono gli studenti che si picchiano in piazza fra di loro, che non faranno mai cambiare le cose.

da circa due giorni

Da circa due giorni me ne vado in giro per la nazione con uno scolapasta verde fosforescente sul sedile del passeggero. Ancora non posseggo una pentola adatta per cuocere la pasta, dunque per adesso non me ne faccio nulla – dello scolapasta, intendo.    

Succedono cose strane, succedono cose che negli ultimi tempi ho voluto tenere nascoste su queste pagine. Cose che cambiano l’ordine degli addendi e forse anche addirittura il risultato.             

Per esempio che da lunedì comincerò a lavorare part time, mentre per il resto del tempo sarò uno studente di Master di una Università del Paese Basso. Di una prestigiosa Università del Paese Basso. Lo faccio perchè mi piace complicarmi la vita, perchè mi piace studiare, perchè sta benedetta nazione mi offre possibilità che mai avrei immaginato. Lo faccio perchè mi piace complicarmi la vita. E perchè «non mi basta». Da circa trenta ore mi pare tutto più bello e più facile, ma negli ultimi mesi la possibilità di questo cambiamento mi ha dilaniato. Farlo o non farlo? Lo faccio? Non lo faccio. Anzi, lo faccio. Mai stato bravo a prendere decisioni. Alla fine sono sempre le decisioni che prendono me.       

Quando esce fuori il sole in Paese Basso, è come una benedizione sulle teste della gente.         

L’altra mattina alla presentazione del corso, una ragazza minuscola siedeva accanto a me, il velo da islamica attorno alla testa, gli occhi orientali e la pelle caffellatte. Ecco, ho pensato, dimmi te se questo non è un ambiente internazionale, se non ho la più pallida idea da dove tu possa venire. Da dove vieni? Com’è che capisci l’inglese? Come ti chiami? Non le ho chiesto nulla, ma sono rimasto a guardare il suo accompagnatore (anche lui minuscolo, occhio orientale e pelle caffellate).            

Sto leggendo questo. Ultimamente scelgo gli autori in base alla loro biografia. Questo scrittore per esempio non era nemmeno una scrittore – perchè non aveva pubblicato nulla – il giorno che decise di suicidarsi a trentadue anni. Sua madre trovò il manoscritto (il manoscritto!) e riuscì a farlo pubblicare postumo. Vinse un Pulitzer.         

Non c’entra quasi nulla, ma a proposito di biografie, non sapevo che Bud Spencer è stato primatista italiano dei 100m stile libero.

sabato e domenica

Con uno sbadiglio esagerato ho sentito la mia mandibola scricchiolare e sono rimasto per qualche secondo con la bocca aperta. Ho ancora male.  

I treni olandesi partono in orario e arrivano in orario, però nonostante questa precisione si fanno comunque prendere sbagliati, e io ieri l’ho preso sbagliato – per esempio – e mi stavo facendo trasportare in luoghi che non so e che non volevo sapere. Ho smadonnato in italiano soffiando sui vetri, il mio vicino di treno ha sicuramente imparato qualche parola truce nella mia lingua, durante i quaranta minuti che siamo stati seduti assieme. Ho aperto il computer e per far passare il tempo ho visto il finale di 8 e &frac12; che dicono essere uno dei più grandi film di Fellini. Io sono ancora perplesso, ma con la mia cinefilia ritardata preferisco non esprimere giudizi. 

Ho trascorso una domenica a farmi prendere a schiaffi dal vento, nella nuova città della Signorina. Lei ha trovato casa, finalmente, e ha trovato una bella casa, con tanto di giardinetto per nani fornito di rose già sbocciate e di i gabbiani che si posano sul tetto. E l’altalena appena fuori dalla porta. E un canale navigabile con le barchette parcheggiate appena dietro l’angolo. E i cigni che ti guardano in cignesco dal bordo dell’acqua. Che poi capiamoci, i cigni: non una papera, i cigni. Tantissimi cigni. Che io vorrei fermare il primo che passa e dire: dì la verità, tu che lo sai, questo è un Truman Show e i cigni li avete messi apposta perchè sapevate che stavamo per arrivare. Dì la verità. Dimmi dov’è la telecamera. Dimmi dove devo guardare. Giochiamo a pubblicizzare la nuova varietà di Coca Cola? Guardo in camera e sorrido, ma dimmi dove devo guardare. E poi quando vado via dove li mettete tutti sti cigni? Voglio dire, scappano via se non li chiudete, no? No? Dimmi la verità.

Poi mi ha pure permesso di entrare nel suo hotel a cento stelle con i salotti in pelliccia di orso bruno e Sara Ferguson alla reception. Ho rubato la colazione e ho guardato case da milioni di dollari appena fuori la finestra. C’avevano i pacchettini mono dose di cereali al cioccolato. E tutto lo yogurt del mondo affondato nel ghiaccio. E fuori, di nuovo i gabbiani. Gliel’ho pure detto, alla signorina: prova a non ridere, vediamo se ci riesci. Vediamo se – contenta come sei in questo momento – riesci a non ridere. Non ce l’ha fatta. E adesso vediamo se riesci a ridere di più. E non c’è riuscita. Ferma immobile sul massimo possibile del sorriso, impossibile da smuovere.  Io a colazione ho mangiato troppi donuts al cioccolato con il succo d’arancia.

life is life

Per la serie «non so se le mandano anche in Italia», la pubblicità di una birra vista alla televisione del Paese Basso. In tedesco coi sottotitoli olandesi e inframezzi in inglese, ma si dovrebbe capire lo stesso. E comunque voglio un pubblico internescional, io.

ecco, appunto

Io c’ero. Questa è una cosa che posso dire di aver provato. Erano tutti arancioni attorno a me, e mi facevano le smorfie alla Marlon Brando ne Il Padrino. Bisogna esserci e provare, per poi raccontarlo da vecchi. Una simpatia che non si può spiegare. Sono pure dovuto tornare a casa in una macchina di indigeni che strombazzava per le strade. Il secondo tempo rifugiato in un kebabbaro etiope che chissà perchè era fan sfegatato degli olandesi. Con sta trombetta arancione che faceva pe pe pe. Ma io dico, etiope, se sei etiope: rimani etiope, no? Che figura di cacca, proprio.

sta diventando un rito

Sta diventando un rito quello di trascorrere il giovedì pomeriggio a scarpinare per la città – il giovedì i negozi restano aperti fino a tardi ed è un po’ come una festa di paese – e poi concludere il tutto con una cena a base di wok di noodles e pollo, da consumarsi alternativamente una volta con la forchetta e una volta con le bacchette. Mangiare nella scatola di carta con le bacchette fa tanto agente FBI di un telefilm americano che ha ordinato qualcosa dal cinese. Nel frattempo, nelle cuffie ho le lezioni di storia in poadcast, e così mentre cerco di infilzare il frammento di zucchina ascolto la polemica scatenata nel mondo cattolico sulla sfarzosità della basilica di San Pietro.

Alessia Fabiani invece si è laureata, tanti auguri. Quel prato che si vede sullo sfondo, non vorrei sbagliarmi, ma sembra proprio quello a Milano dove ho inseguito il Cuggino Rasta con una bottiglia di spumante il giorno della sua laurea.

ad un certo punto

Ad un certo punto c’erano le oche che volavano di fianco alla macchina, dalla parte del mio finestrino, e io volevo correre assieme a loro. Queste due oche che andavano veloci con il becco allungato in avanti e dietro le nuvole grigie cariche di neve. Le oche in volo il giorno di Pasqua raggiungono gli ottanta, ottantacinque chilometri orari, per la cronaca. E poi deviano verso il lago, e se ti impunti di seguirle anche lì finisce che ti suicidi.

E suicidarsi così, il giorno di pasqua nella pianura olandese, mentre guidi su di un filo di asfalto che si insinua fra due specchi di acqua tremolante per il vento, potrebbe essere anche pittoresco tenuto conto che c’è un paesaggio intorno mica male – hai un direttore della fotografia chiuso nel bagagliaio? – sulla guida si affermava che avremmo trovato paesaggi desolati e io volevo trovarla per forza sta desolazione, ma dicevo, suicidarsi così sarebbe una cosa che poi un giorno ti ricorderebbero come quello che inseguiva le oche nel cielo, anche bello per carità, però diciamo che non mi sembra il caso.  

La prima pasqua lontano dal paesello e dalla famigghia, uno pensa chissà cosa, e poi invece No.

tutto questo vivere facile

Tutto questo vivere facile – dicevo qualche giorno fa – fa venire pure degli interrogativi. Tutto questo benessere e questa disoccupazione nazionale al 2 per cento, e questo direttore di banca simpaticone che ti accoglie col caffè e si fa tante risate con te mentre ti apre un conto che non dico nemmeno quanto poco costa solo per non suscitare nervosismi. Tutte queste cose. Tutti questi giovani pieni di salute e affabili. Ti si pongono degli interrogativi. Tutti questi ragazzi che incarnano l’ideale del giovane studente, alto biondo in salute, la felpa col cappuccio e i jeans sdruciti.

L’iconografia cinematografica e pubblicitaria del giovane studente corrisponde a questi ragazzi che vedo ogni giorno. Siamo cresciuti con queste immagini nei telefilm e negli spot, pero’ poi ti sei trovato a vivere con personaggi diversi, diversi proprio fisicamente. Sei cresciuto fra i GiulianiSangiorgi mentre l’iconografia ti proponeva le facce nordiche dei modelli del Postalmarket. Ti sei trovato a crescere con personaggi come questi (e pure gli hai voluto bene) che Bologna ne è piena, oppure vecchietti in anticipo con le giacche Belstaff e la cintura, o ragazze vecchie in anticipo con il trucco pesante e le borsette firmate. Adesso c’hai tutto attorno la gioventú come te l’hanno fatta vedere sui giornali, ragazze che se fossero nate al tuo paesello adesso starebbero a tirarsela in un bar patinato esaminando in prospettiva le carriere dei possibili pretendenti, qui te le ritrovi col berretto di lana che scappano in bicicletta bagnate di pioggia e con gli orli dei pantaloni sporchi di grasso.  

Ma dicevo, tutta sta facilita’, poi finisce che ti fai delle domande. 

Perchè sei cresciuto in tutt’altro mondo, dove le cose sono aspre e l’erba è secca. E cosa succede a buttare un pesce di acqua salata in un laghetto di acqua dolce, tu ancora non lo sai. Le prospettive sono buone, ma ancora non lo sai. E allora finisce che ti fai delle domande. Perchè sei cresciuto nella melma con prospettive di melma, e tutta questa facilita’ non l’avevi messa in conto.

per esempio

Qui fuori un prato verde e morbido come un tappeto di lana. Posso lasciare la mia scrivania del lavoro e andarci quando voglio. Per esempio poco fa, volevo. Quando c’è il sole – e oggi c’è tanto sole – ti pare la temperature perfetta, progettata appositamente per l’essere umano in salute e in pace con se stesso e con il mondo. Un luogo che ti andrebbe bene sempre e comunque. I pavoni vengono a mangiare il pane dalle mani: visti da vicino ti paiono di plastica, con quel collo blu elettrico e la corona sulla testa. 

Il ricordo si costruisce sui particolari, riflettevo coi piedi nel prato morbido come un grosso tappeto di lana, sono i particolari che ti sono rimasti di tutto quello che hai fatto fino ad ora, e sono sempre i particolari che resteranno nei tempi avvenire. Questa massima di saggezza, se vogliamo applicarla alla condizione attuale, mi fa capire che un giorno quello che mi ricorderò saranno questi pavoni, sarà il prato con le colline che ho davanti agli occhi per otto ore al giorno, i coniglietti che zompettano sulle colline (i coniglietti, signorimei, pure i coniglietti, che nemmeno in una puntata dei teletubbies ci trovi tutte ste cosette carine assieme). E poi partite di calcetto che vengono improvvisate in ufficio e nei corridoi con un pallino giallo che per poco durante un calcio di rigore non frantumavo una delle finestre. La mia collega che tira certe bombe con i suoi stivali a punta che ti ha fatto goal facendoti passare la palla tra le gambe già più di una volta. 

Vado a farmi un caffè di quelli che pubblicizzava giorgio clooney e poi vado via, passo in piscina e mi chiedono solo due euri e cinquanta per un ingresso. Poi dal benzinaio un poliziotto nero si avvicina alla mia auto e mi chiede cosa significa la sigla della provincia sulla mia targa, io glielo spiego cosa significa quella “Le”, lui si fa una risata e mi augura solo buona serata. Un’altra volta un poliziotto mi ha fermato al centro di una piazza per dirmi che avevo lasciato la cerniera dello zaino aperta, e che così rischiavo di perdere le mie cose. E tutte ste cose, tutte ste facilità, tutto questo poter vivere facilmente, ti fanno venire in mente certi pensieri che rimando alla prossima puntata.

–continua–