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Studio e lavoro in inglese, eppure non ho ancora capito come cavolo si pronuncia la parola “literature”. Siccome non lo so – perchè magari lo so eppoi lo dimentico – allora vado sui dizionari online che ti dovrebbero schiarire le idee. Secondo questo sito, per fare un esempio, la giusta pronuncia inglese sarebbe Li-ccia-ccià, mentre quella americana (si deve cliccare sull’iconcina con la bandiera, per ascoltarla) sarebbe addirittura Bli-dar-Ciàr, che somiglia di molto al ruttino post prandiale.  

Ora.

I topi non sono stati sconfitti, per la cronaca. Ogni notte consumano dosi massiccie di veleno. Allora delle due l’una: o il veleno non funziona, o nelle fessure della casa si nascondono migliaia di topi. Da capirsi.  

Qualcuno fra i commenti chiede del Cuggino Rasta. Posso solo dire che quello che non doveva succedere, è successo. Per il resto, le conseguenze sono state talmente deleterie che per motivi umanitari preferisco evitare di scriverne.  

L’ultima baggianata dei giornalisti italiani è quella di condire notizie da nulla con l’esclamativo di Facebook. Del tipo: questa cosa fa discutere molto «se ne discute su Facebook » oppure (peggio) il gruppo a sostegno di Pinco Pallino su Facebook «ha raggiunto i totmila iscritti». Utilizzando questo metodo precisissimo, questi alchimisti dell’informazione si sono scervellati a lungo, hanno analizzato tabulati complicatissimi, interpretato grafici intricaterrimi, e infine sono giunti alla conclusione che le tette grosse fanno audience

Il mio coinquilino biondo dagli occhi azzurri sembra tirare su con il naso mentre si fa il tè. Ha gli occhi rossi. Forse è raffreddato, forse è altro. È altro? mi interrogo. Se non glielo chiedo, allora sono io ad essermi «raffreddato». Infatti poi non glielo chiedo, non trovandomi d’accordo con me stesso.

ho preso una penna

Ho preso una penna – fossile fra i regali di Laurea – ed esattamente sulla natica settentrionale, alla Meisje, le ho scritto YesWeCan, non come motto d’incitamento, ma solo per avere una natica al passo coi tempi. È la frase dell’anno, si dice in giro.

Abbiamo i topi in casa. Ma come, è del tutto normale in Paese Basso: non lo sapevi? Non lo sapevo, e comunque sono riuscito a scovare un topino minuscolo infilato all’interno di una busta della pasta. Volevo rinchiuderlo lì dentro usando la piastra per capelli della Meisje, ma lei ha detto No. Lo fracasso di mazzate, allora, ho proposto, e lei di nuovo ha detto No, mi dispiace. La colpa di tutto questo ovviamente è sua. D’altra parte, quando lei il giorno dopo ha scoperto di avere l’intero ripiano cucina, pentole e cassetti scacazzati da un orda di topini incontinenti, ha deciso che Va bene, si poteva anche passare alla guerra chimica. Adesso però si è scoperto nel battiscopa un buchino ad arco tale e quale a quello dove si nascondeva Jerry di Tom e Jerry. Allora lei dice che abbiamo ammazzato Jerry.  

Essere in Paese Basso significa anche uscire a correre la domenica mattina che c’è meno cinque, e appena fuori in strada, siccome qui la strada costeggia il fiume, spaventare le coppie di cormorani che riposano sulle barche, e che vedendomi arrivare – è mattina presto, e sono vestito malissimo per questo freddo – scappano via svolazzando sguaiati e inciampando nell’acqua come anziane signore nelle buste della spesa.