mantenere la concentrazione

Ho un nuovo paio di jeans che se mi metto le mani in tasca e spingo nelle tasche, mi si apre la cerniera sul davanti. Siccome se parlo o ascolto mi perdo in me stesso e non penso a quello che faccio, succede che invece di parlare e ascoltare sto attento a non spingere nelle tasche, così la cerniera non si apre ma intanto non ho capito nulla di quello che mi viene detto.  

Poi invece poco fa salgo in cucina, e come succede spesso in questa casa portodimare, incontro qualcuno che non conosco, e come ogni volta dico Ahi, oppure Ehi, e cominciamo a parlare. Stavolta dovevo lavare numero un piatto e numero una forchetta nel lavandino, ma nel frattempo parlavo con una ragazza mai vista prima, che parlava giuliva e mi spiegava della sua scivolata in bicicletta sul ghiaccio (siamo in Olanda, e fa freddo) e dei supermercati in Perù che non è come qui, lì sono aperti fino a tardi. Il collegamento fra scivolata e Perù l’ho perso a causa delle sue orecchie, due orecchie improponibili su di un ragazza in fondo anche carina. Due orecchie enormi e pendenti verso il basso. Non orecchie a sventola, che sarebbe troppo facile, ma qualcosa di espanso. Carne espansa nello spazio circostante. Mentre parlava la guardavo in faccia, in un punto preciso fra i due occhi, e mi sfrozavo di non guardarle le orecchie. È stato molto difficile. Ce l’ho fatta. Ma alla fine, anche in questo caso, cerniera oppure No (in questo caso No) non ci ho capito nulla. E comunque i supermercati in Perù – sennò chiudo un pezzo e non ho fornito nemmeno un messaggio che sia uno – chiudono tardi, più tardi che qui. E qui, invece, sappiatelo, in bicicletta di questi tempi sul ghiaccio, si scivola.

perchè uno pensa l'olanda, le biciclette

Perchè uno pensa l’Olanda, le biciclette. Fuori dalla bottega c’era scritto Biciclette QualcheCosa, perchè oggigiorno so come si dice Biciclette, ma ancora non mastico tutto il resto. C’era scritto Biciclette, ed avendo bisogno di un mezzo a due ruote, sono entrato nella bottega. Questo era un posto che già c’ero stato un paio di settimane fa, per chiedere informazioni sui mezzi a disposizione, tra i più sgarrupati  ed economici possibile. Di nuovo, sulla porta mi trovo di fronte ad un trans di due metri che scopro essere il titolare della bottega, con un sorrisone enorme e grosse manacce da fabbro.  

Perchè voglio dire, uno nasce innocente e poi si impegna a diventare progressista e tollerante. I passi sono questi. Prima credi che esista solo il maschietto e la femminuccia, poi scopri che ci sono le varianti. Nel tuo essere progressista e tollerante, accetti tutte le varianti possibili. Però ecco che dopo un po’ – strisciante – si fa strada la volontà di incasellare le categorie dentro recinti rassicuranti. Del tipo: esistono maschietti e femminucce e poi esistono quelli che vogliono essere l’opposto di quello che sono. E allora ti ritrovi spiazzato, di fronte a sto trans corpulento che ti sorride sulla porta di una bottega lercissima, con una gonna e un maglioncino dolce vita di taglio inequivocabilmente femminile, ma senza un filo di trucco e con le mani lercie di grasso nero di bicicletta, e il vocione rude. E con il cacciavite in mano. E la gonna. L’ho già detta, la gonna. Non lo so, senti che devi far spazio a nuove categorie. Senti che mica è finita qui, c’è ancora tanto tanto da imparare.

Per la cronaca la bici è stata acquistata in una botteghina poco distante gestita da un punkabbestia gentilissimo e la faccia martoriata da un tripudio di piercing. E un cagnone enorme che di continuo mi annusava l’inguine muovendo una coda proboscide. Una stanzina a ridosso del fiume centrale della città: praticamente ho testato le potenzialità del mio nuovo mezzo a trenta centimetri dall’acqua del fiume. Col cagnone sempre lì, attaccato a me, che ogni volta che sollevavo la gamba per salire sulla bici quello si prendeva un calcio involontario sul muso. Ma a vederlo sproboscidare con quella cosa pelosa connessa con il culo, lui sembrava contento uguale.