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Sabato mattina. Volevo uscire per correre nei prati qui vicino con la mia nuova micro palla da calcio, ma piove. Smette di piovere. Corro giù per strada e scappo fra le pozzanghere fino al campetto da calcio circondato dagli stagni. Il terreno è fangoso ma sono contento così. Arriva di corsa un dobermann senza guinzaglio seguito dal padrone. Il padrone lancia il frisbee e quello si precipita ad acchiapparlo al volo, come nelle pubblicità del mangime salutista per cani. Il dobermann scopre me e la mia palla e comincia ad ignorare il frisbee per correre dietro alla micro palla. La afferra in bocca e me la riporta, è tutto contento, ma non riesce a lasciarla andare perchè ha i canini infilzati dentro la palla. Il padrone che mi sembrava un uomo, quando si avvicina per togliere la palla di bocca al cane scopro che invece è una donna. Lancio il frisbee lontanissimo e torno a casa pieno di fango, contento delle mie scarpe sporche.    

Ci sono tre anatre che volano sempre qui attorno alla casa. Sono sempre le stesse tre che hanno deciso di mettere casa nel prato di narcisi. Le incontro fuori dalla porta del supermercato o le spio dalla mia finestra mentre attraversano la strada in fila indiana. Le tre anatre a volte rimangono in due, una di loro va in giro a fare chissà che. Le anatre del quartiere ieri hanno mangiato il pane dalle mie mani. Questo potrebbe essere un dettaglio da niente, ma per il sottoscritto – cresciuto fra le papere domestiche – questa cosa di averci le anatre libere svolazzanti attorno alla finestra, e poterle riconoscere mentre sono in volo, che poi si avvicinano e non hanno paura, è una cosa meravigliosa, e probabilmente se me lo avessero chiesto da bambino mi sarebbe piaciuto immaginarmi così.

perchè uno pensa l'olanda, le biciclette

Perchè uno pensa l’Olanda, le biciclette. Fuori dalla bottega c’era scritto Biciclette QualcheCosa, perchè oggigiorno so come si dice Biciclette, ma ancora non mastico tutto il resto. C’era scritto Biciclette, ed avendo bisogno di un mezzo a due ruote, sono entrato nella bottega. Questo era un posto che già c’ero stato un paio di settimane fa, per chiedere informazioni sui mezzi a disposizione, tra i più sgarrupati  ed economici possibile. Di nuovo, sulla porta mi trovo di fronte ad un trans di due metri che scopro essere il titolare della bottega, con un sorrisone enorme e grosse manacce da fabbro.  

Perchè voglio dire, uno nasce innocente e poi si impegna a diventare progressista e tollerante. I passi sono questi. Prima credi che esista solo il maschietto e la femminuccia, poi scopri che ci sono le varianti. Nel tuo essere progressista e tollerante, accetti tutte le varianti possibili. Però ecco che dopo un po’ – strisciante – si fa strada la volontà di incasellare le categorie dentro recinti rassicuranti. Del tipo: esistono maschietti e femminucce e poi esistono quelli che vogliono essere l’opposto di quello che sono. E allora ti ritrovi spiazzato, di fronte a sto trans corpulento che ti sorride sulla porta di una bottega lercissima, con una gonna e un maglioncino dolce vita di taglio inequivocabilmente femminile, ma senza un filo di trucco e con le mani lercie di grasso nero di bicicletta, e il vocione rude. E con il cacciavite in mano. E la gonna. L’ho già detta, la gonna. Non lo so, senti che devi far spazio a nuove categorie. Senti che mica è finita qui, c’è ancora tanto tanto da imparare.

Per la cronaca la bici è stata acquistata in una botteghina poco distante gestita da un punkabbestia gentilissimo e la faccia martoriata da un tripudio di piercing. E un cagnone enorme che di continuo mi annusava l’inguine muovendo una coda proboscide. Una stanzina a ridosso del fiume centrale della città: praticamente ho testato le potenzialità del mio nuovo mezzo a trenta centimetri dall’acqua del fiume. Col cagnone sempre lì, attaccato a me, che ogni volta che sollevavo la gamba per salire sulla bici quello si prendeva un calcio involontario sul muso. Ma a vederlo sproboscidare con quella cosa pelosa connessa con il culo, lui sembrava contento uguale.