che poi diciamola tutta

Che poi diciamola tutta, l’integrazione fra culture diverse é una bella parola, ma poi in pratica anche un bel casino. Insomma, vada pure per le culture diverse, ma mentre faccio ticchi ticchi sulla tastiera qui fuori c’é un mondo che in teoria sarebbe multiculturale (no, davvero, tu guardi ste facce dai colori diversi e pensi: cacchio che multiculturalitá…);  un mondo in teoria di giovani multiculturali – non c’è bisogno di andare lontano, basta uscire da questa stanza e spiare nell’atrio di questa universitá – dove peró nella sostanza i pallidi gialli olandesi sono in gruppo coi pallidi gialli olandesi, gli abbronzati sono con gli abbronzati, cinesi coi cinesi eccetera eccetera. E stiamo parlando di ragazzi tutti nati qui, di seconda o di terza generazione. E d’altra parte non potrebbe essere altrimenti, ché se tu sei iraniana, di solito tracagnotta e c’hai il velo sul cranio – e spesso anche un lungo monociglio che ti taglia orizzontalmente la faccia – poi hai voglia a parlare di integrazione (che, come detto, é una bellissima parola) se poi ti ritrovi in mezzo a dieci coetanee tue peró gialle pallide alte due metri e con le guance rosee.

Te lo dicono alla scuola materna, che siamo tutti uguali, peró a parte le parole (bellissime, come detto), un ragazzino  di sangue nordafricano, anche se nato nel Paese Basso, o a Cernusco sul Naviglio, avrá sempre addosso quella inquietudine e scaltrezza e modo di guardarsi attorno come una volpe che attraversa la strada di notte – cosa ci vuoi fare? é nel sangue – e se lo metti in mezzo a quattro pari suoi con la faccia da Kings of Convenience, calmi e posati, tu vuoi che quello poi si senta a suo agio? Allora é pure comprensibile che vada a cercarsi altri quattro simili di seconda o terza generazione per formare il gruppetto di scugnizzi con cui andare a farsi i giretti in centro (come infatti fanno, e poi li trovi nell’autobus che parlano perfettamente la lingua del posto, ma che lo stesso di autoghettizzano in gruppetti pseudopatriottici). Il fatto é che certe volte le differenze esteriori sono eccessive, ed il massimo che si riesce ad ottenere é il rispetto della multiculturalitá, la pacifica convivenza, ma quanto a mescolare le persone, quello pare molto piú difficile, perché ci sono monocigli e ricciolini corvini che hanno potenza di gran lunga superiore a tante altre belle parole (che restano comunque bellissime, sia chiaro).

6 pensieri su “che poi diciamola tutta

  1. Hai perfettamente ragione…lo vivo ogni giorno qui a lavoro (pensa, nel bucodiculoleccese!!!), si parla di cultura mediterranea e si accolgono persone provenienti dal mondo arabo, si lavora insieme a chi è velata e a chi non mangia il maiale e a chi è vegetariano in quanto radical chic leccese, si fanno riunioni e si condividono attività, si sta bene e si apprezza la grande preparazione e competenza linguistica di molti, ma ritrovarsi ad uscire tutti insieme in modalità leisure, è veramente molto difficile e necessita di organizzazione ad hoc.
    Matrilinearesloggatapersempre

  2. hai inquadrato a perfezione la stessa impressione che ho avuto io all’estero.
    all’estero, perchè in Italia diciamo che abbiamo ancora passi da fare in merito al rispetto basico, per cui non parlerei di mescolanza, è un gradino avanti.

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