Una delle caratteristiche dell’emigranza avanzata, come è quella che vivo, consiste nell’ignorare i tuoi connazionali che incontri per caso in terra straniera. L’emigrante immaturo invece si meraviglia nello scoprire che quello davanti a lui é italiano. Aaahh, italiano pure tu! ti dice. Aaahhh, e di dove? E cosa fai qui?!? E dimmi dimmi, e senti senti. E bla bla.
L’emigranza matura porta invece con sé il giudizio. Non c’é motivo di meravigliarsi degli italiani incontrati in giro. Anzi, ci si ignora tranquillamente. C’è per esempio questa pizzeria al taglio a due passi dall’università, gestita da italiani. Il titolare è un gradino sotto alla bonanima di Mino Reitano, quanto a italianità, e poi lui e i suoi compari lo fanno proprio apposta, sorridendo e ammicando, ciarlando a voce alta, con quegli “occhi allegri da italiano in gita”, con certi ricciolini in testa, certi nasi. Qui posso ordinare tranquillamente in italiano, e se ordino in italiano la risposta “tre euro e cinquanta” mi viene formulata in italiano. Ma loro sono abituati a queste schegge italiane di passaggio, e io pure mi sono abituato a fare la scheggia, dopo tutti sti anni, per cui non sci i dice nient’altro se non Ecco il Resto, e ognuno poi fa la sua strada, io con la pizza in bocca, loro a strofinarsi le mani sul grembiule.
Poi fra gli altri c’è questo pizzaiolo che non deve parlare con nessuno, lui fa solo le pizze. È più giovane degli altri, e lo hanno messo davanti al forno a fare le pizze. Da sempre considero il pizzaiolo – soprattutto quelli organizzatissimi, che devono solo strappare il biglietto e prendere manciate di mozzarella dalle coppe – una professione intellettuale. Non per la fabbricazione delle pizze in sé, ma per l’automaticità dei gesti, ché io ne sono certo, a fare tutto il giorno quei gesti sicuramente si finisce per pensare tanto, e chissà cosa, e chissà quali pensieri ti provoca il contatto quotidiano con le olive e le scatole da montare ogni volta con quei gesti sicuri. E comunque c’è questo pizzaiolo, che sta lì a fare la pizza, quelle poche volte che parla esibisce un accento siciliano intatto. E davanti al forno ha un’enorme vetrata che da’ su uno spiazzo dove passano tutti i giorni le studentesse bionde suine di questa università del Paese Basso. Lui le osserva, siciliano, e strozza l’impasto della pizza con le dita. Credo che sia ormai assuefatto a questa vista continua – ogni giorno si alza e ne vede passare a centinaia – e io lo guardo, e penso a quelle tigri degli zoo che dietro il vetro appena arrivate ruggiscono ai visitatori, poi ancora e ancora, e infine si abituano, e quando il millesimo visitatore urla con lo zucchero filato in mano, quelle al massimo tirano fuori la lingua per leccarsi il naso. E poi lo guardo, e così siciliano a pelle scura, mentre fuori ci sono le nuvole e i vichinghi a passeggio, e mi pare pure un orso polare che lo hanno portato in uno zoo dove non c’entra niente, lo hanno portato, chessò, a Cosenza.
Poi finisco la pizza – sempre di frettissima – infilo le cuffie anche quando so che non ascolterò nulla, e vado via.
Mmh pizza http://sickanswers.splinder.com/ dopo la pizza vai li è il digestivo^^
“Lui le osserva, siciliano, e strozza l’impasto della pizza con le dita. ”
anche questa è letteratura.
il tigre che fa la pizza…
la pizza vera è la cosa che più mi manca
anche a me
qui ho cominciato subito a ignorare gli italiani per strada, ce ne sono talmente tanti che la novità sarebbe non incontrarne..
Junonic:
incensamenti reciproci, eh?
ilanio:
in questo posto la pizza è buona. Eppoi in Italia, perlomeno a Bologna, la metà dei pizzaioli da asporto sono ormai pakistani.
IRI:
mai stato lì, però immagino sia come Londra.
eh ma se non lo pensavo mica lo dicevo 🙂 (anacoluto intenzionale, prima che qualcuno mi bacchetti)
in verità, in verità ti dico che (a mio modesto parere) ignorare i connazionali è sbagliato quanto frequentare solo italiani. io sono per il trattare gli italiani esattamente come gli altri, se è brava gente li si frequenta, se no alla larga.
detto questo, fatti sentire una volta che hai tempo, che ci si trova. a sto punto sono curioso.
puoi sempre dire che non sono italiano, tanto è una vita che devo convivere con l’equivoco storico che vuole che in trentino parliamo tedesco e non ci sentiamo italiani.
ho dimenticato la firma, sono l’evangelista dei poveri.