volevo una vita come quella dei film?

Mi sveglio all’alba con tre lunghi capelli in bocca. Una corta giornata di lavoro macchiata dalla stanchezza insopportabile. Poi correre e fare fatica fisica. Un quindicenne osserva timoroso il me stesso sudato e braccia nude e si sposta per farmi passare – chissà quale immagine offro al mondo, chissà se può mai immaginare quali prodigiose mollezze ho invece nelle cuffie.

Dopo due ore di sonno chimico faccio una doccia in piena notte, poi sono a camminare svelto nel centro – c’ho adesso questa cosa secondo me borghese e maratoneta  di acquistare bottiglie d’acqua lungo il percorso, berne metà e buttarle via. Mi ritrovo in un locale e siamo molto packed l’uno sull’altro. Conosco molta gente, so molto poco di quasi tutti.

Alla seconda Chimay Blue mi sovviene Freud  e la storia che l’uomo ha bisogno di degradare un poco l’oggetto sessuale per ottenere un vero appagamento, anche se poi la società attorno ti fotte e te lo rende complicato. Intanto siamo nel tardo 2012, e le ragazze arrivano proprio a toccare senza chiedere, forse ci stiamo degradando tutti, lentamente, anche se certamente non con obbiettivi e substrati psicoanalitici.  Intanto siamo nel tardo 2012 e vanno di moda certe montature molto larghe degli occhiali che non so come si chiamano, ma vanno di moda, e se l’avessi intuito prima che andavano di moda non avrei macinato considerazioni su quante montature strane e early 80s avevi notato in giro ultimamente. Quindi nella penombra mi ritrovo ad accarezzare ciocche di capelli e mi viene detto ad un orecchio “non è giusto” ma non come fosse divieto, piuttosto come una supplica, e poi ancora mi viene detto “se mi avvicino di più potrei ferire molta gente“. C’è un fascino perverso nel far finta di comprendere il filo del discorso quando invece No: è l’azzardo del rischio e la consapevolezza che si può anche rispondere in modo illogico, ma se lo fai con stile, verrà ritenuta comunque una battuta da persona interessante. Le apparenze sono un gioco bellissimo, non appena hai potato un poco i tuoi ideali come cespugli che erano cresciuti troppo al ciglio della strada.

Mi ritrovo sul ciglio della strada, appunto, e seguo il festeggiato – era una festa di compleanno – mentre si infila in un’automobile. Alla guida c’è una che non conosco, dietro di me, oltre al compleannato c’è un’altra che non conosco. La conversazione procede in inglese francese italiano e un’altra lingua indoeuropea a me ignota. Ma non dobbiamo parlare, c’è solo da trovare la strada per non so dove, mentre compitamente tengo una borsetta sulle gambe. La conversazione crea un incidente diplomatico nella traduzione incrociata da una lingua all’altra. Quella alla guida si offende e ci lascia in questo nonsodove che poi infine abbiamo trovato. Ci resto venti minuti e subito esco. Prendo un taxi che ha la sirena dell’antifurto inceppata, e suona continuamente, il tassista dice Merde e preme il pulsantino, la sirena si spegne, la sirena dopo due secondi riparte. Merde. Sono le cinque. Non ho scelto quasi nulla in tutta questa sequenza di eventi partendo dalla mattina fino alla mattina.

Nel pomeriggio del giorno dopo la prof di francese mi chiede Alors, q’est-ce que tu as fait hier?
Spetta che ti racconto.

a proposito

A proposito di Steve Jobs e del mettersi a fare le cose che ti piacciono, si potrebbe fare – come ad esempio hanno fatto questi miei amici sparsi in giro per l’Europa – aprire dal nulla una radio online con tanto di palinsesto sette giorni su sette. Se Livio è in ascolto potrebbe riconoscere uno dei personaggi del promo. Ricordo ancora quella sera che con una birra davanti parlavo con Ari, seduto in quel posto al Pratello di Bologna dove lei faceva benissimo la locandiera, e ci si perdeva ad immaginare di fare proprio questo, e di come farlo, e poi aspetta cspetta hce prendo un’altra birra che ne parliamo ancora. Poi come al solito bla bla bla e non se ne fa niente, mentre invece tanto di cappello a loro che hanno cavalcato il guizzo e ci si sono infilati per davvero, in una cosa del genere.

lipdub

No so cosa dire, sta cosa mi fa impazzire. E’ meravigliosa. Voglio essere assieme a loro. Voglio abbracciarli e cantare e zompare con la cravatta storta. Voglio fare una festa e invitarli tutti. Magari lo propongo ai miei amichetti del lavoro. Io voglio fare la parte di quello con la maglietta blu che striscia sul pavimento. Potremmo far partecipare anche i pavoni, no? Che ne so, potremmo sfruttare il loro miagolìo su un pezzo adatto. Qualcosa si trova.