Per aggiungere l’ennesimo capitolo alla lista dei segni che ti fanno riconoscere i gruppi di italiani in vacanza all’estero, devi metterci pure che in un gruppo di italiani, se ti concentri ad osservare solo le donne del gruppo, intuirai che quelle stesse donne, una volta rimossi tutti gli orpelli, e in particolare pesanti tinture dei capelli, trucco robusto, complicate e griffate montature degli occhiali, al netto di tutto questo e di altri artifici variabili, potrebbero essere molto diverse da come appaiono. E’ la tua esperienza che te lo suggerisce. Questo tipo di bluff estetico non risalta in Italia quanto invece all’estero, dove sullo sfondo ci sono le mitteleuropee con un acqua e sapone talebano che pure quello può – spesso – avere degli effetti positivi ma pure – a volte – diventare orgogliosa sciatteria. In questo sfondo di acqua e sapone talebano, la ragazza italiana ti fa riconoscere immediatamente il gruppo di italiani in vacanza; o meglio, è il tuo occhio esperto che lo fa, intuendo lo spread che esiste tra quello che vedi e quello che realmente potrebbe essere.
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qualcuno deve avere la forza di ammettere

Qualcuno deve aver la forza di ammettere che oggi, nel nominare un ministro, a parità di competenze e capacità, si preferisce la donna & giovane.
Qualcuno deve pure avere la forza di ammettere che oggi, nel nominare un ministro, anche in caso di minori competenze e capacità, si preferisce la donna & giovane.
(ah, sia chiaro: se non si ammettono i due punti di cui sopra, rovescio il tavolo e faccio a botte)
Detto questo, si deve anche ammettere che questo preferire non è segno di modernità o di parità dei sessi, ma tutto il contrario. E’ la nuova forma della discriminazione. In passato si discriminava escludendo, adesso si discrimina includendo.
Fossi stato Renzi, avrei fatto parlare Grillo senza sosta per quaranta minuti, senza interromperlo mai. Parla parla. Come? Vuoi una risposta? No bello mio non ti rispondo. Perché se ti rispondessi mi interromperesti subito. Allora parla pure. E alla fine avrei ondeggiato la mano come per dire vai vai, vai via. Ondeggiato la mano come per dire, c’è un po’ di puzza in questa stanza, per favore aprite le finestre. E poi, prima che quello sparisse, avrei giocato con il telefono, coi lacci delle scarpe, con il tappo della penna.
perché Renzi
Perché Renzi governando potrebbe bruciarsi? Perché quando uno governa, se poi si ripresenta alle elezioni, gli italiani a prescindere non lo votano. Votano sempre gli altri, quelli che fino a quel momento non governavano. Fanno sempre così, indipendentemente da destra e sinistra. Gli italiani hanno questo tic da vent’anni e non può cambiare adesso. Quindi, Renzi si può bruciare.
E se è vero che si può bruciare: perché sarebbe un problema se Renzi si bruciasse?
Perché è riuscito a farsi conoscere dalla casalinga di Pizzighettone tanto quanto abberlusconi, pur in fondo non essendo abberlusconi. Mi fanno ridere quelli che “sarebbe meglio Civati”: la casalinga di Pizzighettone Civati non lo ha mai sentito nominare. In generale mi fanno ridere quelli che si scelgono il candidato che più corrisponde al proprio ideale, fregandosene delle reali possibilità di vittoria. Se Renzi è riuscito a bucare il velo di indifferenza e superficialità (ovvero a bucare il velo che racchiude la maggioranza degli elettori) allora è un patrimonio di tutti, allora è forse una delle rare possibilità di trascinare questi elettori inebetiti da telenovelas e playstation verso qualcosa. Voglio dire: non mi interessa essere d’accordo sul 100% di quello che dice Renzi, mi interessa piuttosto la sua capacità di essere pifferaio magico e trascinare i topi verso nuovi lidi, diversi da quelli che hanno frequentato fino ad ora.
Vedi, collega che vieni da Paese Mai In Recessione, e che quindi da quando hai terminato gli studi saltelli da un lavoro gratificante all’altro, ti puoi anche lamentare delle tasse alte di questo posto belgico in cui ora viviamo, e c’hai pure ragione, e ti puoi pure lamentare che a parità di ore in un altro luogo forse verresti pagato di più – e fino ad un certo punto c’hai pure ragione – ma io non proverò mai empatia per te. A differenza di te, vengo da un luogo con poche o nessuna speranza, e tutto va bene. Mi rendo conto che non vale come discorso (perché c’è sempre qualcuno che sta peggio) ma aver vissuto anni nella melma dell’incertezza e nelle zero aspettative di un futuro concreto, qualche vantaggio deve pure averlo oggi, o no? Sai qual è il vantaggio? Che posso ascoltarti mentre ti lamenti e pensare chissenefrega, non condividere le tue frustrazioni, vedere le stesse cose che vedi tu, solo che tu le valuti come insufficienze, io le valuto come fortune. Sai qual è il vantaggio? Sono gli occhi diversi che oggi ho, e che tu non avrai mai.
Per scrivere di più e in modo più incisivo, avrei bisogno soprattutto di qualche insoddisfazione o dolore, che al momento non ho. Eh, quanto ispirano le insoddisfazioni e i dolori. Oppure al contrario di gioie insopportabili, che al momento – se pure arrivassero – schiverei con cura. E’ questa dunque la saggezza? Essere capace di restare impassibile agli eventi ma più o meno soddisfatto? Come una linea continua orizzontale? Come un semaforo inceppato sull’arancione?
Un po’ mi indispettiscono i fiorentini, per quel modo che hanno di calcare l’accento, e ancora di più per quella presunzione che frasi ordinarie, pronunciate con un marcato accento toscano, storpiate in dialetto toscano, debbano per forza far ridere. Quando invece No.
Adesso che ho avuto tempo di scoprirla per bene, Firenze, i fiorentini mi indispettiscono per la quantità di bellezza alla quale possono attingere ogni giorno. Per fortuna negli angoli più belli della città – a causa del turismo massivo – pare di stare in Corea. E per provare meno gelosia mi piace immaginare – anche se poi non e’ vero – che l’unica vita possibile da quelle parti sarebbe in periferia (e le periferie un po’ si assomigliano tutte) oppure invasi dalla Corea.
La Delicatesse
La Delicatesse è un film francese con una Audrey Tatou molto francese e più adulta che però non è uscito in Italia. Ho già spiegato – credo – che se mentre guardo un film so già come va a finire, litigo intimamente con lo sceneggiatore, mi offendo, e guardo il film fino alla fine offeso, di cattivo umore.
Questo non succede con La Delicatesse. I dialoghi non sono mai banali così come l’idea dei personaggi, ed in particolare lo svedesone trapiantato a Parigi (interpretato da un salamone nato a pochi passi da casa mia). E’ un film sul ricominciare, e sulle strade imprevedibili che portano a farlo. Sulle consonanze, e di come certe siano inevitabili.
Con Francois il tempo vola via rapidissimo, come se saltassero certi giorni.
Come se ci fossero settimane senza giovedì.
E’ questa la felicità? Quando non ci sono i giovedì?
Consigliato. E se uno volesse, pure sottotitolato.
indovinello
Chi è il tipo che canta in un bugigattolo di Brussélle e che (aiutino) più tardi avrebbe detto presentandomi agli amici “e questo qui, anche se parla inglese, è dei nostri“?
Quando e’ venuta fuori la campagna di #CoglioneNo mi sono ammanettato e legato al termosifone per non scriverne.
Ho trascorso il tempo abusando del primo album de I Cani (a proposito, grazie G.: toh, ti faccio pure pubblicità). Poi scopro che la mente de I Cani Niccolo’ Contessa ha scritto un articolo a proposito che condivido con quello spirito con cui con una mano stringi la mano dell’altro, con l’altra gli scuoti la spalla.
Citando a caso:
Gli intellettuali italiani hanno per anni gridato allo scandalo delle giovani generazioni “che sognano di diventare calciatori o veline” (più recentemente, concorrenti di reality e talent), denunciandone l’appiattimento su modelli di vita difficilmente sostenibili, e sottintendendo che l’adesione a tali modelli era la conseguenza di un deficit educativo in cui la televisione aveva occupato interamente il campo degli orizzonti culturali. A me sembra che internet abbia interpretato esattamente lo stesso ruolo della televisione per i “giovani creativi” della mia generazione (che pure, per provenienza sociale e titoli di studio, dovrebbero in molti casi essere in possesso di strumenti culturali ben più avanzati), pronti a puntare su progetti professionali difficilmente realizzabili: alla ricerca, più che di un’effettiva realizzazione personale, di un certo “stile di vita creativo” osservato più su Instagram e Tumblr che su Canale 5 e Italia 1: stile di vita che, ironia della sorte, è molto difficile da realizzare quando non si ha un soldo in tasca.
Le giornate si allungano e stranamente il sole illumina Brussélle. Subito voglia di estate.
Ma non una voglia generica: ho desideri e immagini precise.
L’immagine pensata stamattina era il mio braccio abbronzato che teneva una Heineken mezza vuota, in una piazza di un centro storico meridionale, ad ascoltare Giuliano Palma che canta queste son situazioni di contrabbando/meglio star qui seduto/guardare il cielo davanti a me.
In questa scena, molto probabilmente sarei stanco a causa del sole, probabilmente durante il concerto incrocerei lo sguardo con qualcuno che conosco ma non tanto bene – non ricordo il nome – e che comunque saluterei sollevando il mento.
cose che non riesco a fare #2
Acquistare magari legalmente il primo album de I Cani con un Itunes belgico.
cose che non riesco a fare #1
Ciao Prefettura di Parigi che mi informi del ritrovamento, chissà in quali condizioni, della borsa trafugata di cui parlavo qui.
(ah, a proposito, ciao ladro dimmerda che non intuisci che la mia stilosissima borsa vale molti più soldi che ci hai trovato dentro e la abbandoni per strada).
Comunque dicevo, ciao Prefettura che mi spieghi dove andare a ritirare la borsa, quello che c’é rimasto dentro, e in quali orari. Ciao Prefettura, ho notato che quelli sono giorni e orari lavorativi. Che società è questa, che quando ti serve un disoccupato – in questo caso uno parigino e disposto ad andare per me al 15e arrondisement di Parigi entro fine Febbraio – non lo trovi.
Ma solo a me le facce speranzose e impegnate dei palestranti di Gennaio – quelli che spariscono a Febbraio ma ricompariranno al Gennaio successivo – un po’ fanno sorridere ma soprattutto fanno diminuire la fiducia nel genere umano e quindi di conseguenza – per associazione, per esagerazione – pure nella democrazia? Solo a me viene in mente il delirio divertentissimo di togliere il diritto di voto ai palestranti di Gennaio?
ma quindi perché di certe persone
Ma quindi perché di certe persone ne vuoi godere e basta, mentre di altre vorresti prendertene cura? E sai che ti farebbe bene farlo? E sai che ne saresti contento? Perché alcune persone le vuoi consumare mentre ad altre vorresti dire siediti qui che ci penso io, e vorresti farlo proprio nei giorni che ci sarebbe bisogno, di qualcuno che ti dice siediti qua che ci penso io?
E perché ti imbarazzi mentre ti racconto ste cose? Sì che sto parlando di te. Va bene la smetto. Epperò tu non considerare questa stradina con le lucine al posto giusto, deserta al punto giusto che pare un set cinematografico. Ignorala. E’ solo un caso – estremamente fortunato ma soltanto un caso – quindi a questa bellezza per favore non ti ci abituare. Promesso? Non ti ci abituare. Non credo di poter garantire tanta bellezza e perfezione abbastanza spesso come vorrei. Non ti ci abituare.
Ma quindi mi chiedevo: perché alcune persone Sì ed altre invece No? Quali sono le caratteristiche che innescano questa voglia? Va bene non rispondere, però la domanda me la devo fare ugualmente, almeno per rendermi conto che mi sto ponendo il problema. Perché comunque da qualche parte nella mia testa ero convinto di non pormi più di questi problemi. L’unico rischio che sento veramente/ è quello di non riuscire più a sentire niente.
Ma pure questo tramonto che arriva al momento giusto al porto mentre il mare sbuffa nervoso, e questi ristoranti vuoti e perfetti come se uno spaccone avesse prenotato tutti i posti per fare lo splendido, non ti ci abituare. Cosa c’è di più snob di un jazz bar? Andare in un jazz bar ma non seguire il concerto, e invece sedere nella stanza appena di fianco a parlare di altro. E cosa c’è di hollywoodiano in un jazzbar in un centro storico salentino? Sedere nella stanza di fianco e ascoltare il sassofonista chiedere se può lasciare un momento lo strumento lì al tavolo mentre beve una cosa al bancone. Sarà bello ma non ti ci abituare.
Il 2013
Nel 2013 credi di aver compreso che la vita si manifesta in tante forme, alcune pure terribili. Che tutto è vita. Nel tuo essere in fondo pop, ti senti vicino a Ricky Fitts di American Beauty che filma un piccione morto perché lo trova bellissimo.
Nel 2013 hai apprezzato ancora di più le famose piccole cose. Non sei contento solo per questo: ti senti pure fortunato perché attorno noti tanta gente che non ci riesce, che arranca cercando continuamente l’incercabile. Sei contento di come stai invecchiando. Hai poco da rimproverarti.
Di molte cose che ti sono successe non hai scritto niente.
Hai viaggiato soprattutto per lavoro. Oltre ad un mese di mare diviso in tre parti, hai preso circa 25 voli e sei stato, anche più volte, a Londra, Roma, in Normandia, a Parigi, Utrecht, Berlino, Lisbona e poi a fare la trottola negli USA. Hai avuto 17 libri per le mani. Ti sei stancato tantissime volte. Se ci fosse un form da compilare, alla domanda “è questa classificabile come vita?” metteresti tranquillamente una crocetta sul Sì.
I più letti tra i post scritti nel 2013:
1. La vicenda di Oscar Giannino, 20 Febbraio
2. Ciao aspirante studente universitario, 20 Settembre.
3. Se mi offrissero, 5 Maggio.
4. Alt, Prnt, Scrn, 6 Febbraio.
Stamina
Per quanto riguarda la figura-di-merda-Stamina, andrebbe precisata una cosa piccola piccola. Ovvero che le famigerate “lobby farmaceutiche” o la famigerata “Big Pharma” non avrebbero nessun motivo di ostacolare una terapia efficace contro malattie ereditarie così gravi.
C’è gente in giro che crede che le “lobby farmaceutiche” vogliano vendere i loro farmaci e avrebbero paura di una terapia a base di cellule staminali capaci di curare le stesse patologie. Questo non ha senso perché una terapia cellulare che abbia “caratteristiche di originalità” può essere tranquillamente brevettata e, se si dimostra efficace, può essere commercializzata come un farmaco qualsiasi (Reg 1394/2007 EC) venendo classificata come terapia “avanzata” di tipo cellulare. Il fatto che diventi farmaco commercializzabile non vuole dire (solo) profitto per l’industria farmaceutica ma anche possibilità per i malati di accedere alla terapia senza costi, perché poi verrebbe rimborsata dallo Stato o dalle assicurazioni sanitarie.
Provo fastidio a scrivere cose che hanno a che fare con il mio lavoro, ma in questo caso ancora più fastidio per i giornalisti che non sanno fare il loro lavoro presentando la storia da una prospettiva completamente illogica.
e poi finalmente sud
And so this is Chicago
Colleziono figure di merda.
Leggo il numero della camera, 2862. Penso: secondo piano.
Poi penso: ma io sono già al secondo piano. Eppure non trovo la stanza. Torno dall’omone che mi ha fatto il check-in e chiedo, mostrando la tessera della stanza: secondo piano? Scuote la testa. Ma come, dico io, è 2862! Lui mi fa: indovina. Sono sfracicato dalla stanchezza, da un treno notturno e dalla neve. Non indovino, dico io.
Ventottesimo, mi sibila.
So this is Michigan
Meno quindici quando ci arrivi.
L’auto del tuo collega è scuffundata sotto la neve (ti piace rimuginare parole dialettali mentre ti ubriachi di novità). Sei consapevole che ormai cominci a sperare che nel corridoio del nuovo albergo ci sia un distributore che includa anche cioccocose al burro di arachidi. La faccia delle signorine quando fai colazione sono paralizzate in un sorriso eccessivo e falso e cinguettante mentre ti chiedono se è tutto ok, se vuoi altro. La stessa espressione che notavi giusto ieri a tutt’altre latitudini. L’esagerazione lessicale è contagiosa. A che piano vai? mi chiede una specie di maggiordomo. Al sesto. Grazie, dico io (ché lo trovo normale). E’ un mio grande piacere, sir, risponde lui (ché evidentemente lo trova normale). Avete bisogno di qualche informazione? dice qualcuno nell’altoparlante. Well, se avete bisogno, allora andate lì e tizio “sarà più che felice di rispondervi”. Capito? Non felice: più che felice. Qualcosa che va proprio oltre. Talmente oltre che non esiste neanche un termine adatto per definirlo e si è costretti a descriverlo come in eccesso rispetto ad altro, che già sarebbe tanto.
Per sentirti americano giri per i corridoi con un caffè nel bicchiere di cartone in mano. Non sei americano per il bicchiere di cartone, non sei americano per il caffè (mezzo litro, e sarebbe quello “medio”) ma piuttosto sei americano per il modo di tenerlo in mano, ad altezza del petto. E per il fatto di portartelo appresso anche quando non ti va più. Sono cose queste che vedi spesso attorno a te a Brussèlle – ché con questa gente ci lavori, ne incontri spesso – però adesso sei tutto circondato.
Al quinto giorno cominci ad attenuare il tuo tono moderato da europeo e rispondi molto energicamente come piace a loro. Efficienti energici e risoluti, bisogna essere. Non ti stupisce quindi, nel posto in cui scrivi queste righe, mentre bevi birra michiganiana pubblicizzata in quanto “belgian style”, leggere sul menu che se a pranzo la tua ordinazione non arriva entro un quarto d’ora, allora sarà gratis. Alla fine di questo viaggio probabilmente vorrai un po’ più bene a questi personaggi. Solo che hai bisogno di analizzarli ossessivamente, dissezionare i comportamenti e quindi misurare le differenze, per avvicinarti – però molto molto lentamente – a loro.







