si fossi tumblr

Proprio di recente è stato ritrovato un biglietto di Pertini alla moglie Carla Voltolina, in cui il presidente la rassicurava che non sarebbe rimasta per un altro lungo periodo al Quirinale. Già sette anni, scriveva Pertini, sono un periodo “notevole”. E dopo aver ricordato che mai nessun presidente era stato riconfermato, concludeva: “Non esiste quindi una mia candidatura per il prossimo settennato”. Aggiungendo un ‘post scriptum’ firmato “Sandricco”, che mostra come Pertini fosse un marito innamorato: “Ti voglio tanto bene, Carla, anche perché senti come sento io”.

via ansa

la pausa pranzo, all’estero

Io sono quello che non ce la faccio (cit) soprattutto quando arriva la pausa pranzo. Soprattutto trovandomi all’estero. La pausa pranzo trovandosi all’estero ed essendo italiano, finisce che quando gli altri non hanno argomenti di conversazione, ti raccontano che hanno visto/provato/letto/ascoltato qualcosa di italiano. Essere italiano, parlare di cose italiane, è l’ancora di salvezza di qualsiasi contesto dove le conversazioni languono, dove è necessario mantenersi nell’ambito del politically correct. Ti trascinano nel discorso e si aspettano che tu continui. Tu non vuoi continuare. All’inizio eri orgoglioso di queste attenzioni – meglio che essere svizzero e anonimo – ma adesso non ce la fai più perché tutto accade con una frequenza intollerabile. Tu alle volte esplodi e spieghi che non ti sei mai sentito così italiano come nelle pause pranzo da quando vivi all’estero. Ti pare di essere diventato l’ufficio informazioni del consolato. Ti senti costretto in conversazioni banali: ti raccontano “sai? questo weekend ci è venuto a trovare un amico della mia ragazza, che è di Rimini” (segue silenzio e sguardo fisso, in attesa speranzosa di una tua risposta). Cosa vuoi che dica? Ma porcamiseria cosa potrei aggiungere? Che Rimini è sul mare?

Dice che vogliono tutti Rodotà presidente. Per carità, ci sta bene Rodotà (rima), ma fermiamoci un attimo e ragioniamo su un’ipotesi. Ipotizziamo che le elezioni non le avesse vinte il PD per un pelo piccolo piccolo, ma invece le avesse vinte abberlusconi. Ora ipotizziamo che abberlusconi avesse la maggioranza relativa (anche se piccola piccola) e dopo un presidente della repubblica di origine comunista dicesse: non me ne frega della larga condivisione, io voglio presidente della repubblica chi piace a me e al mio elettorato, fanculo tutti gli altri. Verrebbe eletto Giorgio Mastrota o Gerry Scotti, ma il problema non è quello, il problema è che verrebbe compiuta un’azione di strappo verso un terzo degli italiani. Quelli che oggi dicono che Marini non va bene, c’hanno ragione pure loro, ma resta il fatto che desiderano sfanculare un terzo degli italiani, e sono gli stessi che se oggi toccasse a loro, di essere sfanculati così, farebbero la rivoluzione.

La scelta grillina della Gabanelli come Presidente della Repubblica e’ un’altra prova schiacciante della vittoria di abberlusconi, del suo essere riuscito a modificare completamente l’ordine dei valori e delle percezioni di un intero popolo, una vittoria larga perché coinvolge i suoi sostenitori quanto gli oppositori, una vittoria a lunghissimo termine perché  quelli che oggi credono di combatterlo con questi modi non si accorgono nemmeno che gli stanno offrendo una prova ulteriore della sua vittoria.

Chi non ha la malattia della radio come il sottoscritto, non ha ascoltato Rocco Tanica degli Elii di notte scimmiottare i gruppi che suonano al concertone del Primo Maggio. Allora quando dovevo spiegare la mia opinione sull’ennesimo gruppo-da-primo-maggio che mi veniva proposto, alla domanda “ti piace questo nuovo-gruppo-da-primo-maggio?” in preda alla presunzione credevo che tutti conoscessero l’opinione degli Elii sull’argomento, e allora citavo quella (sono famosi gli Elii, giusto?) per poi rendermi conto immediatamente che era una citazione azzardata e che non veniva compresa: allora a quel punto rispondevo vago, cambiavo argomento.
Finalmente adesso ho la soluzione.

(ah, e sono 6 anni che non affrontavo l’argomento)

piccolo mondo

Mi trovavo a margine di questo congresso in Baviera, a mangiucchiare i biscotti al cioccolato rimasti, ad attendere che smettesse di piovere per passeggiare in quella Leopoldstrasse conosciuta così bene. Siccome piove resto a parlare con le persone rimaste. In questi contesti devi esercitarti a raccontare chi sei cosa fai cosa hai fatto e poi – magari, se ne sei capace – a riuscire pure brillante, per fissare l’immagine di te nel cervello degli altri all’interno del cassetto cerebrale dei ricordi positivi.

Questa ragazza magra e sorridente mi dice – mentre mangio biscotti al cioccolato – che è serba e che però da qualche anno vive in Paese Basso. Smetto di masticare. La guardo meglio. Osservo le gocce di pioggia dentro un laghetto artificiale fuori dalla finestra. Osservo la statua di bronzo di un pavone. La osservo meglio.

Ora, i lettori di medio termine sapranno dei miei troppi traslochi in Paese Basso, delle troppe case che ho cambiato, e di quanti colloqui ho dovuto sostenere ogni volta per essere accettato in una nuova casa, di quante cazzate ho raccontato, e di conseguenza, di quante persone ho incontrato. 

“La tua camera a Utrecht non era molto grande.” le dico “La finestra era molto piccola. E vivevi con un’altra ragazza.”
“…”
“E dalla cucina si arrivava ad una terrazzina lunga e stretta”
“Come fai a saperlo?”

Lei sorride ma è nervosa. Le spiego cosa è successo, perché ci conosciamo già, come mai ci siamo già incontrati in una vita precedente – ed io che appena qualche giorno fa parlavo di perdite della memoria.

uno degli effetti

Uno degli effetti dei picchi di stress e della privazione di sonno e’ il mio dimenticare – talvolta – i nomi delle persone. Di amici, colleghi o personaggi pubblici. Soltanto i nomi dimentico: per il resto ricordo perfettamente il viso, gli eventi, i tic, le imperfezioni epidermiche e le macchie sui denti, ricordo i dettagli più’ insignificanti, ma dimentico il nome.

Dovevo prendere un bus che mi avrebbe portato in aeroporto, oggi, e improvvisamente mentre chiudevo la valigia mi e’ venuta in mente la faccia di Calderoli, ma senza ricordare il nome Calderoli. Non mi sono chiesto il motivo di tale immagine mefistofelica in una situazione del genere, del me stesso che chiude una valigia mentre  Brusselle fuori finalmente splende di sole. Ho una passione per il nonsense, e ste cose le accolgo come un regalo.

Mi sono detto, fin quando non mi verrà  in mente il nome Calderoli – cioè fino a quando non mi verrà’ in mente il nome di quello li’ – non uscirò a prendere il bus, e rischierò  di perdere il mio aereo. Il nome poi e’ arrivato – del resto sono quello che ricorda senza motivo i nomi del’intero cast di Beverly Hills 90210 – e mi trovo adesso a Monaco di Baviera, un luogo dove la voce della signorina della metro e’ rimasta uguale a quella che ascoltavo ai tempi dell’Erasmus, e che per connessioni neurologiche imperscrutabili resta collegata all’odore di una crema giallina che usavano nella mensa universitaria, cosi’ che l’odore mi tornava al naso ad ogni Bitte Zuruck Bleiben ascoltato nella U-Bahn.

Ora, se uno fosse come me e ricordasse chi era Ian Ziering, rimarrebbe stupito dal sapere che l’anno prossimo quello compirà  cinquant’anni.

(e googlare non vale)

volevasi segnalare

Quelli di Eurobubble sono una cricca di amici che si divertono a raccontare cos’è l’Eurobolla di Brussèlle, e cioè questo macroghetto di uomini e donne iperqualificate occupati all’interno delle istituzioni europee o di lobbying, in professioni dai nomi complicati anche se poi nella sostanza banali (a volte).

Dentro la bolla per fortuna io non ci sono – visto che con buona approssimazione posso dirmi di far parte del mondo normale (ehm) –  però la bolla la tocco tangenzialmente, per le persone che conosco, per la vicinanza geografica, per il traffico che incontro tornando a casa se la Merkel decide di venire da ste parti.

Quelli di Eurobubble hanno deciso – questo è il punto interessante – di raccontare la bolla tramite video prodotti mediante crowdfounding, che ovviamente sapete cos’è e dunque non vi metto il link. Il primo episodio di Eurobubble, è online. Chi mi conosce sa quanto apprezzo queste cose, e dunque Grandi Pacche Sulle Spalle a chi decide di spendere il tempo libero in questo modo. Appena mi si libera un buco nella settimana, mi faccio assumere come microfonista (non sto scherzando).

Quando sto per salire sull’aereo per tornare a Brussèlle – uno dei tanti ritorni dal paesello verso le città dove ho vissuto in questi anni – poco prima di passare il gate, i pensieri si attorcigliano sempre sugli stessi argomenti conosciuti solo da chi vive questo tipo di vita.

Allora sparo la musica alta in cuffia, così che all’improvviso non sia più musica ma colonna sonora, e quello che vivo non sia più vita ma film, e quello che parte non più io ma un attore, il quale, diciamolo, sa fare benissimo la parte.

cose che molto mi piacciono in questo periodo

Mi piace ascoltare le playlist nei siti di musica in streaming, per esempio 8tracks, mentre nel frattempo faccio altro: scrivo al computer, sistemo le magliette nei cassetti, lavoro, do l’acqua alle piante. Mentre nel frattempo faccio altro, se all’improvviso mi innamoro di un pezzo, mi piace andare su Itunes a scoprire tutto l’album, e aggiungere alla wishlist tutti i pezzi che mi piacciono. Come un pescatore, attendo che i pesci restino incagliati nelle reti. Poi ad un certo punto, mi piace acquistare tutti i pezzi accumulati nella lista, e averci la mia nuova playlist di istantanei innamoramenti.

ad un certo punto avevo un asciugamano

Ad un certo punto avevo un asciugamano che mi calava sulla testa, come un turbante. Nella vasca da bagno l’acqua faceva rumore a causa dei getti laterali troppo potenti, regolabili con dei pulsantini difficilmente decifrabili. Una piccola placca di ottone riportava le istruzioni: “non usare troppo bagnoschiuma mentre sono in azione i getti di acqua, perché l’intero bagno potrebbe riempirsi di bolle“.  Mentre io ero disteso tra i getti e le bolle, D. era invece in piedi nella vasca, i capelli bagnati anche se non avrebbe dovuto, anche se a Londra l’altro ieri faceva un cazzo di freddo –  ero di nuovo da quelle parti – e lei il giorno dopo avrebbe dovuto difendere una madre di cinque figli in tribunale per una storia di violenze domestiche che non avevo compreso nei dettagli. In piedi, con l’acqua agli stinchi, si è portata alla bocca un pezzo di cioccolata ripiena di peanut butter. Dopo aver finito di masticare mi ha guardato e mi ha detto, seria:

Comunque la Smirnoff è da quindicenni

Allora ho posato la bottiglia sul pavimento, ma la bottiglia è caduta lateralmente. Ho ripensato a come avevo trascorso la mattina e il pomeriggio, a come (solo due piani più in giù nello stesso hotel) mi ero sistemato dritto sulla sedia per esprimere concetti brillanti rivolto ad un professore in cravatta rossa che aveva scovato il segreto dell’eterna giovinezza, e cioè la passione infinita per studi intricatissimi. E poi ho messo insieme l’immagine dell’asciugamano sulla testa, della cioccolata, del tatuaggio a forma di stella di D., la facciata del Victoria and Albert Museum appena fuori dalla porta, insomma tutto, e come alle volte mi succede avrei voluto averci una registrazione, di questo tutto.

“Bella battuta” le ho risposto  “no davvero, se un film cominciasse con una scena del genere, vorrei sapere come va a finire”
“Devi trovare un regista disposto ad ascoltarti”

Mi piace chiedermi se certe cose possano avere un significato e poi trovare la risposta subito dopo, nel modo più inaspettato possibile. Non avevo neanche cominciato a rimuginare nella testa l’appriopriatezza delle mie azioni, che avevo una testa piangente sulla pancia. Forse lo stereo mandava Edith Piaf, e nel frattempo mi venivano raccontate storie di malattie incurabili di parenti prossimi, e della tristezza e frustrazione che ne deriva. Ecco la risposta – mi dicevo – ecco che trovavo una connessione fra leggerezza e sofferenza potenziale. Niente di particolare, del resto è sempre la solita filosofia da quattro soldi: vivere il momento sapendo che tutto potrebbe finire da un giorno all’altro. E viverlo con stile – verrebbe pure da aggiungere. Niente di particolare, la cosa che mi divertiva era soltanto la velocità con cui trovavo risposta ad un interrogativo di pochi minuti prima.

Non mi piacciono le camere d’albergo dove non puoi aprire la finestra. Oltre al problema di non poter cambiare aria, hai il sospetto che vogliano evitare che qualcuno si lanci di sotto. Mi piacciono le omelette british con i funghi. Mi piace addormentarmi in treno per venti minuti dopo anni che non succedeva.

Mi piace l’ultimo pezzo di Neffa in cui pare di risentire Battiato in summer on a solitary beach, un pezzo che consiglio di ascoltare in cuffia senza guardare il video – che potrebbe distrarre dall’arrangiamento – e che ascolto di continuo da un paio di giorni perché ho arbitrariamente assegnato dei significati tutti miei alle strofe.

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Quando il cameriere viene a portare altro vino bianco smettiamo per un momento di parlare. Lei ha molti anni meno di me e quasi non la conosco. Viene dalle coste del Mar Nero, studia cose che hanno a che fare coi soldi e quindi in pratica vuol dire che viene da un mondo diverso. Eppure la conversazione procede liscia. Siamo andati a finire sull’essere o meno analitici o osservatori. Ha cominciato lei ed io la seguo. Mi aspetto però che non dica la verità: si è vestita troppo bene – è evidente che vuole fare bella figura, e se vuoi fare bella figura l’onestà è spesso soltanto un’eventualità.  Ad un certo punto divento anziano.

“Anni fa ero orgoglioso come te di scovare i dettagli, di riuscire spontaneamente ad analizzare minuziosamente le persone e le situazioni. Oggi penso che sia allo stesso tempo un vantaggio ed uno svantaggio. Quando i dettagli ti saltano agli occhi più facilmente che agli altri, quando anche non volendolo analizzi la realtà più a fondo rispetto agli altri, succede pure che giungi a conclusioni molto più velocemente degli altri, e a quelle conclusioni gli altri – a volte – non ci arrivano per niente. A quel punto ti puoi fermare e fare notare agli altri tutte le cose che non hanno visto, e quindi farli arrivare alle tue stesse conclusioni. Una volta fatto questo gli altri saranno d’accordo con te e forse ti osserveranno con occhio ammirato.  Ma prima, ecco, prima di questo sforzo, tu sei da solo. Questo talento che hai ti trascina continuamente alla solitudine.”

come qualcuno ha fatto notare

Come qualcuno ha fatto notare, la storia dei marò prigionieri in India che vengono fatti tornare per Natale sotto cauzione, con la promessa di tornare dopo le feste, e loro che dicono “torneremo, perché abbiamo una parola sola ed è parola di Italiani” e loro che poi effettivamente tornano, e loro stessi che poi vengono fatti tornare in Italia ancora una volta per le elezioni (ma stavolta senza cauzione) e il colpo di scena del Governo che decide che invece non tornano più in India, e chi se ne fotte delle promesse fatte, tutta questa storia insomma, tutta questa storia dall’inizio fino alla fine, a noi che siamo all’estero sempre a contatto con stranieri non ci aiuta per niente, anzi, peggiora ancora di un poco la nostra reputazione, e aggiunge una piccola bandierina su quel mappamondo ipotetico dove a noi italiani ci considerano pulcinelle.

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Eri nella hall dell’albergo e hai notato questa ragazza tagliare la stanza da parte a parte, in quel modo che hanno le ragazze di muoversi ben sapendo di essere osservate, e quindi con occhio nervoso passo svelto e dita che vanno a sistemare ciocche di capelli che non ne avrebbero bisogno. Hai osservato il passo deciso e la giacca di pelle e le caviglie perfette. Hai pensato che stai muovendoti verso una fase della tua vita in cui non puoi tollerare la mancanza di eleganza, nelle movenze e nelle proporzioni. Ti trovi spesso in disaccordo con te stesso su questo punto, sai che non dovresti essere così, ti rendi conto che l’estetica è solo estetica, ma poi ti arrendi e pensi che non puoi farci nulla, se sei così è molto meglio accettarlo che nasconderlo, è molto più conveniente vivere il fastidio piuttosto che fingersi diversi, e vivere la frustrazione che ne consegue.

Molto meglio.

Causa nebbia il battello che doveva accompagnarti dall’altra parte del Thames – eri a Londra, difatti – non è partito, e quindi per la fretta hai saltato la colazione e ti sei infilato in un bus prenotato da una collega. Hai poi fatto colazione da Starbucks ricordando il grembiule verde che per anni è stato utilizzato nella tua casa bolognese, residuo bellico di un estate dei primi anno zero, rubato non ti ricordi bene da chi. Il grembiule verde di Starbucks – mancando Starbucks a Bologna – appeso  nello stesso angolo per tanti anni, è stato sempre collegato nella tua testa ai pomeriggi mogi di vita casalinga bolognese, piuttosto che alla vita da metropoli, come invece dovrebbe essere.

Più tardi eri seduto in questa sala conferenze, e in un momento di estrema noia hai preso le cuffie posate sul tavolo, quelle che a volte utilizzano per inviare le traduzioni simultanee ai delegati, hai staccato lo spinotto e lo hai infilato nel tuo lettore mp3. E mentre sul tuo monitor passavano le slides di una presentazione e tu annuivi convinto, nelle orecchie avevi i The Killers.

Mi rendo conto che uno degli obiettivi della vita è raggiunto: indossare la cravatta così raramente che tra una volta e l’altra non ricordo più come si fa il nodo.

Questo è un argomento che se davvero ci tenessi all’audience e alla benevolenza di chi legge non dovrei toccare più. Qualche giorno fa si scriveva della scoperta di questa cantante Annalisa “occhi dispettosi” Scarrone, che come è stato fatto notare è pure laureata in Fisica, e dunque la inseriamo arbitrariamente in quella categoria di esseri superiori dove troviamo pure la quasi neuroscienziata e poliglotta Natalie Portman. Si diceva pure che le hanno scritto canzoni mediocri. Riformulo: non tutte mediocri, alcune sono accettabili. Ma di nuovo, a conferma di quanto si era scritto a proposito della produzione di musica struggente, quasi tutti i pezzi sono scritti da uomini, e sicuramente lo sono tutti i migliori, come per esempio.
Uccidetemi.