Io sono quello che non ce la faccio (cit) soprattutto quando arriva la pausa pranzo. Soprattutto trovandomi all’estero. La pausa pranzo trovandosi all’estero ed essendo italiano, finisce che quando gli altri non hanno argomenti di conversazione, ti raccontano che hanno visto/provato/letto/ascoltato qualcosa di italiano. Essere italiano, parlare di cose italiane, è l’ancora di salvezza di qualsiasi contesto dove le conversazioni languono, dove è necessario mantenersi nell’ambito del politically correct. Ti trascinano nel discorso e si aspettano che tu continui. Tu non vuoi continuare. All’inizio eri orgoglioso di queste attenzioni – meglio che essere svizzero e anonimo – ma adesso non ce la fai più perché tutto accade con una frequenza intollerabile. Tu alle volte esplodi e spieghi che non ti sei mai sentito così italiano come nelle pause pranzo da quando vivi all’estero. Ti pare di essere diventato l’ufficio informazioni del consolato. Ti senti costretto in conversazioni banali: ti raccontano “sai? questo weekend ci è venuto a trovare un amico della mia ragazza, che è di Rimini” (segue silenzio e sguardo fisso, in attesa speranzosa di una tua risposta). Cosa vuoi che dica? Ma porcamiseria cosa potrei aggiungere? Che Rimini è sul mare?
beh, ti saresti potuto dilungare sull’argomento “piadina”
Ellamadò, quanto sei insofferente. E comunque Rimini è bellina.
Beh avresti potuto aggiungere che Rimini è in Romagna, e spiegare la differenza tra la Romagna e l’Emilia. A me capita spesso anche nelle pause pranzo in Italia. 🙂
chicca aggiunta: stamattina io (che lavoro in Romagna ma che, essendo piemontese, non so fare la piadina e no, non la mangio a casa e no, non credo che la farò mai) sono stata fermata da una signora di lingua tedesca che, dopo avermi chiesto se sono italiana (sì, sono italiana) ha aggiunto in inglese pasticciato “do you… xxx xxx = dimmi come si fa la piadina, ingredienti e tutto”
ma scusa, se sei italiana…