Il sito Dont’ Judge My Hair. La versione in english del mai troppo abusato concetto "come cazzo porti quei capelli".
via riverblog. Clicca sull’immagine per vedere il resto.
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Però volevasi segnalare soltanto la numero 53 (occhio multimediale) la 62 (via Dave: “te possino”), la 83 (la schifata), la 28 (non ci vedo mica bene) e poi ultima, ovvero l’importante è partecipare.
Mi era successo di vederlo tante volte alla tivvù e perciò era come esserci stato, ma invece non c’ero mai stato. Così ieri per la prima volta quasi per caso mi sono trovato nel mezzo del gaypride di Amsterdam. Le ballerine con i tutù fucsia si agitavano a bordo delle barche, e la musica era quella che ti aspetti da un gaypride. Le ballerine e i travestiti muscolosi sfilavano sfoggiando i colori dell’arcobaleno, mentre tra la folla – mano nella mano – si aggiravano tante discrete coppie gay, molto meno colorate e molto più silenziose. Ho visto passare una coppia di lesbiche tabagiste coi capelli ingelatinati, e poco dietro una madre e un padre fricchetoni che ballavano sguaiati di fronte alla carrozzina della loro figlioletta.
Mi è sembrato di capire – ma non ne sono sicuro – che i coloratissimi ballerini e le ballerine della parata non sono tutti gay, o almeno una buona parte non lo sono affatto. Soprattutto le ballerine. Il gaypride dovrebbe essere – ma non ne sono sicuro – una festa che lambisce soltanto il tema dell’omosessualità, per essere piuttosto una celebrazione dell’estremo, che però si annulla immediatamente in quanto di estremo c’è davvero poco – se non qualche culo e qualche mammella – perchè la manifestazione è circoscritta sia per spazio (da qui a qui passando da lì e lì) e tempo (il tale giorno alla tale ora) e condizione (tutti assieme vestiti tutti uguali). Se ci togli la trasgressione, se minimizzi quello dell’omosessualità, resta qualcosa che ieri pomeriggio, sotto una pioggerellina di agosto, inciampando fra le bottiglie di spumante lasciate sull’asfalto, non sono sicuro di aver capito.
Perchè uno pensa l’Olanda, le biciclette. Fuori dalla bottega c’era scritto Biciclette QualcheCosa, perchè oggigiorno so come si dice Biciclette, ma ancora non mastico tutto il resto. C’era scritto Biciclette, ed avendo bisogno di un mezzo a due ruote, sono entrato nella bottega. Questo era un posto che già c’ero stato un paio di settimane fa, per chiedere informazioni sui mezzi a disposizione, tra i più sgarrupati ed economici possibile. Di nuovo, sulla porta mi trovo di fronte ad un trans di due metri che scopro essere il titolare della bottega, con un sorrisone enorme e grosse manacce da fabbro.
Perchè voglio dire, uno nasce innocente e poi si impegna a diventare progressista e tollerante. I passi sono questi. Prima credi che esista solo il maschietto e la femminuccia, poi scopri che ci sono le varianti. Nel tuo essere progressista e tollerante, accetti tutte le varianti possibili. Però ecco che dopo un po’ – strisciante – si fa strada la volontà di incasellare le categorie dentro recinti rassicuranti. Del tipo: esistono maschietti e femminucce e poi esistono quelli che vogliono essere l’opposto di quello che sono. E allora ti ritrovi spiazzato, di fronte a sto trans corpulento che ti sorride sulla porta di una bottega lercissima, con una gonna e un maglioncino dolce vita di taglio inequivocabilmente femminile, ma senza un filo di trucco e con le mani lercie di grasso nero di bicicletta, e il vocione rude. E con il cacciavite in mano. E la gonna. L’ho già detta, la gonna. Non lo so, senti che devi far spazio a nuove categorie. Senti che mica è finita qui, c’è ancora tanto tanto da imparare.
Per la cronaca la bici è stata acquistata in una botteghina poco distante gestita da un punkabbestia gentilissimo e la faccia martoriata da un tripudio di piercing. E un cagnone enorme che di continuo mi annusava l’inguine muovendo una coda proboscide. Una stanzina a ridosso del fiume centrale della città: praticamente ho testato le potenzialità del mio nuovo mezzo a trenta centimetri dall’acqua del fiume. Col cagnone sempre lì, attaccato a me, che ogni volta che sollevavo la gamba per salire sulla bici quello si prendeva un calcio involontario sul muso. Ma a vederlo sproboscidare con quella cosa pelosa connessa con il culo, lui sembrava contento uguale.
La tristessa per l’evento politico freschissimo è tale che non c’avresti nemmeno le parole sulle dita per metterle sul blogghe, ma poi succede che scrivi lo stesso. La tristezza che poi non è solo tristezza, arrivati a questo punto diventa quasi Preoccupazione per tutti gli amici e i parenti che sono lì dove succedono tutte ste cose. Come venire a sapere di un terremoto che ha sgretolato le case di un paesello dove ci abitano persone a cui vuoi bene. Non è che puoi pensare Chissenefrega, io qui non c’ho Mastelli e Gasparri a cui dar retta. Non è che puoi pensare la monnezza è lontana, la puzza non arriva fino a qui. Anche da lontano ci sono pensieri amarognoli e previsioni catastrofiche con le quali scendere a patti.
E poi fatemi capire: quest’uomo ha solo 59 anni?