Metti il telefono davanti alla bocca di tua figlia per capire cosa dice – ti racconta robe di scuola mixando tre lingue e allora hai chiesto aiuto a Google Translate – parla piano senno’ non capisce, le spiego. Ah parlavate dei vigili del fuoco? La polizia e’ venuta a scuola? Si? No, ho capito male? Il telefono ha capito male? Boh.
Piu’ tardi ordini un libro sulla disintossicazione dopaminica, e siccome uno dei concetti fondamentali e’ quello di autoflagellarsi per poi godere meglio nel resto della vita in cui non ti autoflagelli, tu acquisti la versione copertina rigida inutilmente costosa. Vai a capire.
La quotidianita’ attuale prende forme inaspettate – almeno nella tua capacita’ di prevedere il futuro. Ti sei ripromesso di prenderne nota, almeno su queste pagine bistrattrate, per poi rileggerne quando tra non molti anni sarai vecchio decrepito.
Quindi dopodomani, in pratica.
Per esempio quando suona la sveglia la mattina tu da anni sei gia’ sveglio da almeno un’ora: pero’ non ti alzi dal letto, fai alzare prima lei che si prende cura di tua figlia a velocita’ per te irraggiungibili, se ne prende cura lei in base al principio generale definito anni fa ok va bene facciamo un figlio ma non saro’ capace di dividermi i compiti a meta’, al quale lei rispose Va Bene.
La figlia del Va Bene sorride scaraventando bellezza imprevedibile sul mondo, a proposito di bellezze imprevedibili.
Tu la accompagnerai a scuola spesso in bicicletta, percorrendo un chilometro di quello che adesso consideri un angolo bellissimo di mondo – ma te li ricordi gli anni di sofferenze architettoniche e meteorologiche? Poi torni a casa e vai a liberare le galline in giardino. Bevi caffe’ tiepido, perche’ pure il caffe’ lo fa lei.
Eh ma prendi nota: devi cominciare ad autoflagellarti e quindi perche’ non preparare il caffe’ ogni mattina e magari rifare subito il letto e magari anche…vediamo, Si. Ma per esempio da settimane ho eliminato il gelato: chi puo’ dire altrettanto in questo triste mondo dopaminico? Ho pure disinstallato i videogiochi maledetti dal telefono. Lo hai fatto dopo aver prestato attenzione ai versi di una canzone che nel frattempo hai dimenticato. Ma l’aver disinstallato i videogiochi cosi’ abruptly e’ roba di cui non ti sei fregiato abbastanza davanti agli altri. Lo farai. Ma e’ un piacere farlo! Allora non lo farai.
Hai bisogno di tempo: soprattutto per scrivere, e in tutti i casi non si tratta di queste bistrattate pagine. Dovresti tradurre un’opera teatrale degli anni trenta, almeno il primo atto cribbio, e poi lo speech per un congresso, cosa dire e come dirlo, simulare o dissimulare sicurezza? Fare i simpatici? Improvvisare sul momento? Hai notato che da un po’ di tempo sali sui palchi e non ti si secca la bocca oppure non avverti piu’ tachicardia? Sara’ certamente la vecchiaia ma pure le benzodiazepine che di tanto in tanto ti concedi la notte prima di un evento importante per dormire bene almeno quella volta.
Quei giorni dopo la pasticchina benzodiazepina ti sembrano giorni di una versione piu’ bella della vita. A volte ti chiedi: e’ cosi’ che si sente la gente normale tutti i giorni? E’ per questo motivo – per il fatto di sentirsi cosi’ – che hanno sempre voglia di interagire con tutti, e tu invece No?
Avresti mai pensato che nel tuo futuro uno dei pesi maggiori del lavoro non sarebbe stata la complicanza del lavorare, le lunghe ore seduto ma piuttosto l’impossibilita’ di esercitare del sano sarcasmo ogni volta che ti veniva lo sghiribizzo? E che te lo devi spesso ingoiare perche’ vai a capire il motivo ma non e’ cosa buona e giusta, anzi, in determinati ambienti quando fanno la lista dei motivi dell’essere unfit, ci mettono proprio il sarcasmo mescolato tra altre abominevoli caratteristiche? E tu seduto a braccia incrociate consideri sul Come Mai.
La gioia che ti procurano determinate canzoni tristi e’ dopaminica? Spero che nell libro che hai appena ordinato non se ne parli affatto per permetterti sto benedetto guilty pleasure ancora a lungo. Ci sono quelli che a fine anno pubblicano sui social il riassunto degli ascolti su Spotify: se lo facessi io sarebbe una spalata di merda in faccia auto-somministrata. Lasciamo perdere.
Tempo fa riflettevi sul fatto che amicizia vuol dire come minimo prendersi per il culo (si lo so pare ovvio ma vivendo in terra straniera non lo e’ affatto) ma oggi ti rendi conto di un altro requisito fondamentale: devono vivere in citta’. Adesso vai a capirne il perche’, ma tutti quelli che ad un certo punto si dicono Basta La Citta’ me ne vado a vivere nelle campagne lussuose a venti chilometri da qui, con tre parcheggi privati davanti a casa, con la staccionata fresca di vernice a delimitare il prato tagliato basso dal robottino discoidale, ecco quelli, non ci riesco. Mi ci posso sforzare ma non ci riesco.
Potrei continuare a scrivere ma spero il concetto sia chiaro: ho le cose da scrivere, e nella versione preferita che immagino di me stesso, avrei anche il tempo per scriverle, poi invece c’ho tre strati di vita che dividono le mie intenzioni, le mie dita e la tastiera.
Ma in poche parole: voglio bene a ste pagine.