il punto non è che mi fa schifo l'italia

Il punto non è che mi fa schifo l’Italia, che uno potrebbe pensare che schifo l’Italia ma anche FacciamociForza, NonPerdiamoLaSperanza, Costruiamo Insieme un Futuro Migliore. Il punto è che se fai il punto della situazione siamo tutti d’accordo che viviamo in un presente di Cacca, e su questo – come si dice – non ci piove. Quello che spaventa – e che ti fa perdere ogni speranza nel domani – è che ci sono tutte le premesse per un futuro altrettanto di Cacca. Ma cosa dico Altrettanto, molto peggio della Cacca del momento attuale.     

I sessantottini hanno sbraitato che volevano un mondo migliore, ma poveretti, loro erano i primi a sbraitare e non avevano alcuna esperienza e prospettiva storica, erano degli innocenti come può essere innocente il bambino che si getta dal balcone col costume di Batman perchè crede di poter volare.      

Noi invece siamo qua che un minimo di prospettiva storica dovremmo avercelo per forza, e la prima cosa che abbiamo imparato con la nostra prospettiva storica è che sbraitare per un mondo migliore non serve a molto. Ti può fornire la scusa per dormire una settimana nei sacchi a pelo del tuo liceo occupato ma poi finisce lì. Noi che viviamo nel 2007 sappiamo che le cose si fanno un poco per volta, costruendo consapevolezze e alimentando i sensi critici dei pargoli di oggi, perchè i pargoli di oggi – detto con tono grave e saggio – saranno gli uomini di domani.    

Ma i pargoli di oggi – porca miseria – te li trovi col naso davanti alla tivvù che guardano Maria De Filippi. Te li trovi col fibbione pesante sulla cintura che parcheggiano la Mini al centro commerciale. Poi, se sono dall’altra parte,te li trovi imbevuti di politicismi estremissimi che spaccano le vetrine del MacDonald. Se si stufano di tutto, li ritrovi a commentare BeppeGrillo, ponendosi automaticamente dalla parte dei buoni e giusti. Oppure, senza andare sul webbe, restano in poltrona a guardare qualche programma-denuncia alla tivvù. La tivvù è ormai piena di programmi denuncia, a tutte le ore, su tutti i canali così come le librerie (uno, due, tre, quattro, cinque, sei etc etc all’infinito) che se uno calcolasse come buoni e giusti tutti i telespettatori/lettori che si indignano davanti all’ennesimo sopruso documentato e filmato, e tutti quelli che commentano i forum e i blog di denuncia, allora questo sarebbe un paese stupendo e perfetto.      

Ma il Paese non è affatto stupendo e perfetto, resta un Paese di cacca. E tutte queste denunce e indignazioni non sono il segno che qualcosa sta cambiando. Ma proprio per niente.     

Bisogna rendersi conto che anche nel peggiore negozio di fregature, dove le fregature e i soprusi fanno parte del sistema quotidiano, ci sarà un Ufficio Lamentele che sarà perfettamente funzionale al resto. Un Benjamin Malaussene fa parte del sistema. A noi qui ci rinpinzano di Uffici Lamentele, e mentre ci lamentiamo/denunciamo/gridiamo allo scandalo facciamo crescere la convinzione che la colpa è sempre di qualcun’altro, del politico, del poliziotto, dell’ultrà, del medico, del notaio, dei petrolieri, delle poste, di quello e di quell’altro. Un paese che non si prende la responsabilità e non è capace di guardare la trave di Cacca nel proprio occhio ma solo le pagliuzze del prossimo, è un paese che affonda nella cacca e – qui viene il bello – non se ne accorge neanche.    

Il fatto è che qui stiamo affondando nella Cacca e continuiamo ad azzuffarci e a strapparci i capelli, facendo crescere i nostri pargoli in un mondo di MarieDeFilippi e Lapi Elkann e modelli di riferimento degni di un pedagogista satanico. Tu puoi anche pensare al futuro migliore in questo paese – puoi pure provarci – ma le migliaia di sbarbati che fanno la fila ai provini del Grande Fratello saranno gli adulti del domani, dove forse farai nascere tuo figlio. Saranno i genitori dei compagni di scuola di tuo figlio. I fighettini rampanti delle università più chic, venuti su con l’ideale supremo della Differenza, con il dogma del Privilegio, proprio quelli saranno i datori di lavoro di tuo figlio. Saranno loro a comandare e non sembra esserci motivo di pensare il contrario.   

E qua scusate ma c’era un certo bisogno di sfogarsi che fra poco si parte.

12 pensieri su “il punto non è che mi fa schifo l'italia

  1. Se vuoi trovare un perchè a migliaia di voci che sbraitano e a decine di programmi di denuncia, dovresti rivolgere l’attenzione al fulcro della cosa.
    Tutto quello che dicono sono in fondo parole. Semplici parole.
    E se la gente pensasse davvero di compiere qualcosa o di prendere veramente una posizione, aprendo la bocca, spesso a sproposito?
    Considera che i più si sentono arrivati, vedono la loro filosofia di vita e di pensiero giusta, assodata e così i loro ideali.
    La gran parte scappa dalla realtà quando questa giunge al momento in cui richiede azioni e responsabilità.
    Chi costruisce la sua vita su ideali senza capo nè coda, chi invece riempie ogni istante, con qualsiasi cosa gli capiti a tiro: illudendosi di riflettere, dedicandosi a passatempi deleteri e senza scopo, o semplicemente buttandosi in un “divertimento” che infine si riduce a feste, alcolici, droga, tempo sprecato con pseudoamici della stessa pasta. Tirando le somme resta solo un nulla di fatto, una gran tristezza per una vita vuota, con la costante sensazione di insoddisfazione.
    E’ tipico di queste persone illudersi che le cose siano semplici o che sia in loro potere cambiare il mondo a suon di buoni propositi.
    Si mettesse in pratica la metà delle cose che vengono dette, credendole e pensandole veramente, forse la merda sarebbe un po’ meno.
    Ma tutto si può dire, fuorchè la gente, generalmente, riesca a capire quanto è maggiore il valore di una azione, piuttosto che quello di cento parole alle quali si presta scarsa attenzione, e che entrano da un orecchio, per poi uscire dall’altro.
    L’agire è molto più duro e complicato, in quanti di quelli che là fuori urlano e sbraitano sono veramente disposti ad affrontare difficoltà e sudare per rendere reale ciò che pretendono sia giusto e necessario fare?
    Ovviamente, è senza senso discutere di queste cose, perchè saranno comunque loro che popoleranno il mondo, e saranno in maggioranza.
    Serve al massimo per prendere coscienza di quanto stiamo puntando ad un fondo che ancora non si vede “chiaramente”.
    Comunque perdona lunghezza del commento, però l’argomento meritava, e hai reso perfettamente l’idea.
    Complimenti per il blog, è davvero poco tempo che sono nella blogosfera, in passato mi sono dedicato ad altri campi informatici, però devo dire che il tuo è tra i migliori in cui sono incappato. Scrivi davvero bene, mi piacerebbe esserne altrettanto capace =
    Perdona l’intrusione =P

  2. Il fatto è che sembra tutta una catena, un vortice senza inizio e senza fine: io la vedo come in quelle didascalie con le frecce disposte in circolo per spiegare la catena alimentare o il ciclo dell’acqua sui sussidiari delle elementari (esisteranno ancora quei libri in cui c’era storia, geografia, matematica, scienze, tutto in uno?).
    Dicevo, è una catena: il mondo di Cacca (o italietta, poi non ho esperienza estera per sapere se e quanto anche oltralpe) ha fatto gli individui che lo popolano oggi, che renderanno di Cacca il mondo di domani, che sfornerà inesorabilmente altri tristi individui, all’infinito, per sempre: è il ciclo della Cacca.
    Quale è la via d’uscita? Serve un Guy Fawkes à la V che faccia collassare il tutto dall’interno?

    Però il lato positivo del mondo di Cacca è che ci si può anestetizzare con un Lumumba ospite di Mentana. O col delitto di domani. Wow!

  3. e qua ci sarebbe da parlare per ore.
    ed io non ne ho voglia perchè credo che a parlarne troppo poi va a finire che la si rende la questione più grande di quanto è. è solo e soltanto storia. e vico, di questo, ne parlava trecento anni fa.
    la nostra generazione è stata bistrattata come e più di questa forse. ma dopo tutto io la salverei. i nostri padri sono stati rinnegati dai loro per aver fatto il sessantotto. ma almeno in qualcosa, per un momento, anche solo un secondo, hanno creduto. certo, poi l’hanno dimenticato.
    credo, a guardarla da fuori, che l’italietta di cui ci riempiamo sempre la bocca sia ormai alla fine.
    e dopotutto,forse è un bene.
    solo se stai davvero bene o davvero male ricominci a combattere.
    e noi, nella nostra finta borghese sopravvivenza ci accontentiamo di poter comprare l’ultimo cellulare o il pantalone con la scritta sul culo. e questo ci basta.
    quando non potremo fare più neanche questo, forse, ci sveglieremo.
    e di mariadefilippi o di mentana io non mi preoccupo.
    è sempre meglio poter avere tutte le scelte possibili, anche la merda più nera.
    perchè c’è più gusto a scegliere altro…

  4. non so se all’estero sia tanto diverso. facevo conversazione con la mia prof di tedesco ed è venuto fuori l’argomento “veline”. lei mi ha detto che in Germania è uguale. il che mi ha comprensibilmente depressa

  5. Sono d’accordo con lise.charmel. Non è che all’estero sia tanto meglio. E ci vivo da 4 anni. Certo, forse in paesi civili come l’Olanda c’è prospettiva e futuro per i ggiovani, ma attento, le loro forme di bovineria rimangono, tradotte, declinate, coniugate diversamente, ma ci sono.

    Per mia esperienza, nei paesi nordici la massa è più massa (in senso dispregiativo) rispetto agli italiani. I tedeschi spesso mi ricordano le mandrie di bufali. Poi però c’è una ‘classe’ superiore nettamente superiore a quella italiana, per cultura, interessi, aspirazioni e soprattutto possibilità, grazie ad un sistema paese che le dà spazio e ne trae beneficio.

    Ad ogni modo fai bene ad andare via. Fa bene scoprire di amare il proprio paese, il proprio clima, la propria lingua e la maniera di vivere, fare amicizia, passare il tempo e mangiare in compagnia; e non c’è modo migliore che andarsene per scoprire quello che vale, tra quello che si lascia.

  6. noi viviamo in un paese isolato, da dove percepiamo una minima percentuale di notizie che arrivano dall’estero e che potrebbero davvero scuotere qualcuno.
    Il punto non è conquistare una vita di comodità, ma vivere una vita degna di essere vissuta. Fatta di valori ed unicità propri soltanto di una vita autenticamente vissuta.
    In questo paese non vi è nulla di tutto questo (e stanno finendo anche le comodità) è un paese da Reality Show, finto, fatto di persone finte che pensano soltanto a vivere una vita fatta di imitazione delle vite ostentate nei rotocalchi (e quindi altrettanto finte). Sui giornali campeggiano le notizie dell’ex del tronista di Maria De filippi che stava per morire per una liposuzione e cioè della nullità ex di altrettanta nullità espressione del nulla più totale. Una vita degna di essere vissuta abbisogna di persone E gli italiani non sono degni di essere definiti tali (i politici sono solo lo specchio della Nazione)
    Laura

  7. a volte mi dico che in olanda, in francia, in inghilterra deve esser così, come da noi, che siamo figli dello steso latte. poi guardo le mie amciche francesi, o vado a londra, e mi dico: proprio uguali uguali no.

  8. Io dico queste cose ormai da troppo tempo per pensare che parlare di queste cose possa servire a qualcosa in più che a sfogarsi.
    In realtà quando stai per lasciare un posto, spesso ti rendi conto di tante cose che prima non avevi la forza o forse anche la voglia di “vedere”.
    E mi duole dover prendere atto del fatto che, quando poi ti rendi conto che le cose ormai non si possono cambiare, forse puoi vivere più felice facendo finta di niente, cercando di sgomitare nella cacca, cercando di non sporcarti. Non si può eh? Vabbè, almeno uno ci prova, cos’altro dovrebbe fare?

  9. I format dei reality sono in genere importati dall’estero. Non credo, ma è solo la mia idea, che fuori dall’Italia esista il paradiso.
    E le nuove generazoni hanno sempre spaventato. Anche noi spaventavamo i 30enni degli anni 80, che a loro volta hanno spaventato i più “anziani”.
    Sono d’accordo con Dani quando dice che abbiamo una sopravvivenza borghese. Il popolo risponderà alla merda quando avrà fame, e siamo dulla buona strada.
    In tutte le epoche storiche il benessere diffuso portava a uomini “mollaccioni”, poi arrivava la fame e tutti a tirare fuori bandiere, ideologie, lotte per conquistare dei diritti.
    Oggi non abbiamo ancora fame e cosi non ce ne frega nulla dei pensieri che “disturbano la nostra quiete”, preferiamo cose semplici che non impegnino neanche un neurone (maria de filippi & C).
    Io ho fiducia che le cose cambieranno (forse fra 50 anni quando avrò un piede nella fossa) ma è naturale e matematico che succeda. Se l’essere umano non si è estinto finora (pur essendo cosi stupido) vuol dire che dopo fasi di “lobotomia” si sveglia, aggiusta, e poi si ri-appisola.
    Però capisco sia giusto criticare a morte ciò che si lascia. Essere indulgenti forse renderebbe il distacco più…faticoso.
    Perdona l’intrusione

  10. confermo il fatto che tutto cio’ e’ uguale dappertutto. Sono spagnola e in Spagna non ci manca niente: veline, grande fratello, isola qui, fattoria la…lo stesso schiffo. Vivo a Londra e ti assicuro, qui e’ peggio: stesse trasmissioni, stesso merchandising di riviste, magliette e quant’altro, stessa adorazione per calciatori analfabeti o veline senza cervello…
    Che poi se vuoi scappare dalla infernale tivu’ ti ritrovi in strade che potrebbero essere a Milano come a Londra o Berlino, solito H&M, Zara, MacDonald’s…
    Abbiamo venduto le nostre identita’…ho una figlia e mio marito e’ italiano. Quando ci dicono: “che bello, abitate a Londra, crescera’ con tre culture”…sorridiamo, ci fossero di tre culture!
    Bellissimo blog.

  11. [Scusate il riciclo e il ritardo della risposta, ma quando ho letto questo post ho pensato a quest’altro post, mio]

    Io voglio (vorrei) rimanere in Italia

    Way out, vieni via con me

    Io voglio rimanere in Italia perché qui l’estate cominci a sudartela ad aprile, perché gli aquiloni sono a forma di pipistrello come un sogno di una notte troppo breve che i bambini sperano fresca come un cuscino di lino della nonna.

    Io voglio rimanere in Italia perché qui gli amici sono facili, a volte ipocriti ma sempre fedeli, perché li ritrovi sotto l’albero di Natale con i loro inaspettati pacchiregalo che spuntano come funghi, perché si può andare a letto a mezzanotte e svegliarsi alle otto con la luce che ti scalda, perché puoi andare al confine e tutto è semplice e leggero come i prezzi delle sigarette slovene.

    Io voglio rimanere in Italia perché qui si vive in un’Italia un po’ altra – la chiamavano regione autonoma, ora è euroregione, di certo normale non è – dove puoi annusare il frizzante di montagne slovenaustriachefurlane e di lontano vedere un mare che in alcuni punti è un brodo ma che rimane pur sempre Mediterranée.

    Io voglio rimanere in Italia perché i treni sono vecchi e sanno di treno, anche adesso che c’è l’aria condizionata perfino sui regionali, e perché sono economici e ti danno libertà di viaggiare che in nessun altro posto al mondo – se non mi credete andate in Francia, o in Inghilterra. Perché il ricordo delle panche di legno negli accelerati è ancora vivo nella testa dei nostri genitori e a noi dà un’impressione un po’ rétro. Perché si riesce a dormire anche in mezzo alla calca più assoluta dei treni regionali Venezia Milano.

    Io voglio rimanere in Italia perché in estate qui c’è la Toscana, che rimane sempre un sogno borghese, ma di quelli raffinati, colti, per intenditori insomma, perchésopravvivono le comuni dove non si usa la luce elettrica e io da lì scriverò un blog in carta riciclata e al posto dell’inchiostro il sangue.

    Io voglio rimanere in Italia perché amo alla follia quest’abitudine di autoincensarsi per i meriti del passato e dei nostri avi, questo volersi ostinare a rimanere qui “perché c’è già così tanto da vedere che è inutile uscire di qui” che non è solo dei vecchi ma anche di nuovi, patriottici giovani polentoni e terroni.

    Io voglio rimanere in Italia perché se sei giovane vai a Lignano a ubriacarti di spriz e a limonare con il primo che capita e invece quando riacquisti la ragione te ne fuggi a Grado a mangiare polenta e luganeghe nelle spiagge bollenti d’agosto, o a sgranocchiare i calamari fritti per le strade di Caorle inseguito da uno stormo di bambini. E tutto questo è sooo typical direbbero lassù. Très typique. Very tipish drink dice qualche cameriere veneziano.

    Io voglio rimanere in Italia perché questo Paese sgangherato, falso, mafioso, raccomandato mi costringe a tenere gli occhi aperti e l’attitudine flessibile, come uno che è abituato a vivere dormendo tra un ostello e un ponte con solo lo spazzolino da denti e naviga nella precarietà, a sognare di un paese ordinato, a preferire diessere precario in un paese del nord piuttosto che introdotto e inquadrato in una città del sud.

    Io voglio rimanere in Italia perché ci sono mille Italie, e se uno impara a vivere qui può vivere in qualsiasi altro luogo. Perché voglio che al mio matrimonio alla fine di tutto ci siano gli amici di sempre, quelli che ho lasciato a casa durante i miei viaggi. Perché voglio che mia madre non si sposti per vedere i nipotini, perché non c’è aiuto alle giovani coppie e questo costringe i nonni ad aiutare i figlie i nipoti. E questo si chiama amore, prima che assenza di stato.

    Io vorrei rimanere, in Italia. Ma sarei sacrificata. Già lo so. Mi addentrerei a malapena nella storia, l’annuserei come una bambina che vuole cogliere un’ortica e poi fugge appena la sfiora, in questo paese bello e invivibile come un’ortica. E allora, invece di tentare di migliorare, scappo. Via via, vieni via con me.

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