il 2014

Il 2014 è stato un anno in cui ho scritto poco, ho scritto in ritardo (come questo post), in cui ho letto poco e male. Continuo ad odiare i capodanni. Le celebrazioni, i regali. E quindi pure i bilanci di fine anno, che perciò posticipo. Insomma continuo ad odiare quelle cose che dopo l’antagonismo adolescenziale la gente poi comincia ad apprezzare, e a dirsi che bisogna rilassarsi, che in fondo cosa te ne frega.

Per me non vale.

Un anno in cui ho capito che la stabilità può essere perfino un problema. Ovvero che mi è più facile vivere la precarietà delle persone, dei luoghi, dei lavori. Piuttosto che la consapevolezza che una persona, un luogo, un lavoro, potrebbero durare tantissimo. Le domande che si generano davanti a quell’ipotetico tantissimo sono ossessive e dilanianti. Certi giorni si potrebbe dire che essenzialmente lavoro, mangio dormo e poi – in tutti gli interstizi di tempo rimasti – mi pongo domande sulla stabilità.

Un anno in cui sono rimasto in panne con l’auto una volta, di notte (e non ne scrissi, ecco, appunto), in cui ho speso una cifra abnorme in ristoranti. Un anno che ho ascoltato molta musica online e comprato pochi dischi. Che ho passato più di un mese al mare. Un anno che mi sono detto basta, adesso non stiro più le camicie, ma poi ho ricominciato. Che ho giocato ai videogiochi sul telefonino – non si dovrebbe, lo faccio lo stesso. Che non ho visitato posti nuovi e non me ne dispiace; il piacere di ripassare dagli stessi luoghi è molto sottovalutato. Ho anche fatto tanti chilometri a piedi, ho fatto due spettacoli teatrali, ho riso sinceramente, ho lavorato molto, ho finito una mezza maratona. Un anno in cui non sono riuscito a cambiare casa, in cui ho tagliato via persone inutili. Un anno in cui mi sono sforzato di tenerne altre vicino perché speciali.

Un anno in cui sono diventato geloso di chi riesce a farsi riempire tanto da una sola conquista: un lavoro, un figlio, un partner. Si riempiono e gli basta. Gli esseri viventi – si legge sui libri di biologia – nascono, crescono, si riproducono e muoiono. Chi grazie a questo riesce a sentirsi riempito possiede una fortuna che non immagina neanche, perché poi ci sono altri esseri viventi più sfortunati che nascono, crescono e si pongono domande.

Un anno che però mi piace ancora bere il caffè di fronte ad un computer e elaborare informazioni complesse.  Un anno che in certi momenti mi piacerebbe essere in campagna a spostare zolle di cacca di mucca da una stalla all’altra.

I più letti tra i post del 2014:

Tutta l’infelicità dell’uomo (31 Marzo)
Senza titolo (31 Luglio)
Ma quindi perché di certe persone (7 Gennaio)

4 pensieri su “il 2014

  1. per fortuna, anche se poco, hai continuato a scrivere nel 2014, così ho potuto scoprirti. Che sia un nuovo anno pieno di parole scritte, di domande e precarietà 😉

  2. Se uno e’ pieno e’ morto. Un po’ di vuoto ci vuole sempre per creare la giusta tensione ed evitare che cervello ed organi sensoriali ammuffiscano. Che poi, che ne sai se gli altri sono pieni o fanno finta e si autoconvincono.

  3. Cambiare è conoscere e riconoscersi, è il nutrimento degli animi vitali, inquieti, alla ricerca.
    (un figlio credimi è una montagna di cambiamento che ti passa sopra, pensa solam alle facce stravolte di certi genitori. Altro che Nachtgalerie ).
    Allo stesso modo ripetere ritornare va incontro a quel bisogno religioso di ciascuno ch’è il chiudere cerchi.
    Però non si tratta di smettere di conquistare, si può continuare, il fatto piuttosto è che “le radici sono importanti”.
    Ad ogni caso solo in piccola parte – io credo – possiamo decidere che cosa siamo.
    Fare in modo che la tensione l’inquietudine la fiammella che sta dentro non si spenga, continuare ad alimentarla, questo si che si può fare. Lavoro vecchio o lavoro nuovo, famiglia o non famiglia … sono solo epifenomeni.
    Bello che tu abbia fatto teatro!

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