Sono sul balcone a riflettere sul significato del mondo, circondato da tre sacchi di spazzatura e un floscio pungi ball rossonero. Forse anche qui ci sono i topi ma io non li ho mai visti. I pantaloni che indosso sono troppo leggeri per queste temperature. La strada è molto piú giú, dove macchine scorrono illuminate da una luce giallina. Un ragazzo corre al ciglio della strada, poi attraversa sballonzolando con lo zaino sulle spalle. Al centro della strada noto che due cose – dal mio balcone non capisco cosa siano, sembrano mutande – si staccano dal suo zaino. Lui non se ne accorge. Interrompo la mia riflessione sul senso del mondo e gli urlo: “ Tu! Tuuuuu! Hai perso qualcosa per strada!” Lui sente la mia voce, si gira per un attimo, non mi vede – potrebbe convincersi di essere in un Truman Show – rallenta il passo e si guarda attorno. Ma non torna indietro. Io urlo di nuovo – stavolta non mi vede nemmeno, è andato piú lontano. Non vuole saperne di tornare. Io mi dico che tanto non torna, ed entro in casa chiudendo la finestra.
Due considerazioni velocissime da ignorante quale sono sulla cattura dell “imprendibile cammorista:” di cui parlano oggi i giornali. Punto Uno: sto presunto successo non è il frutto dell’indagine della polizia, ma solo il risultato di una soffiata. Io dico: ma se qualcuno che lo conosce ti viene a dire a te, poliziotto, dove sta nascosto il camorrista, tu poi ci vai e lo trovi davvero lì, come cazzo ti viene, dopo, di festeggiare? Voglio dire: non ti senti un burattino? Ma proprio per niente? Se ti hanno fatto la soffiata, o poliziotto che ora festeggi (e ministro che ora ti complimenti) è evidente che volevano farlo fuori, no? è evidente che c’era il bisogno – da parte della camorra stessa – di farlo fuori, e tu poliziotto hai fatto solo la parte del burattino che esegue gli ordini della camorra. Lo avessi lasciato lì, si sarebbero scannati fra di loro. E invece tu fai pulizia per conto di qualcuno – quello che ti fa la soffiata anonima – che non sai nemmeno chi è. Dopodichè arriva il Punto Due, che sarebbe: ma è possibile, viene da chiedermi, che ogni volta che ne prendono uno devono farci vedere queste scenetta di macchine della polizia che arrivano strombazzando, parcheggiano concitate davanti alla questura e poi spintoni e urla ai giornalisti di farsi da parte, e nervosismi, e arrestati che vengono fatti uscire dalle auto fra spintoni e schiamazzi, e flash dei fotografi – e poliziotti che si incazzano coi fotografi e coi curiosi – e poliziotti che imbacuccano gli arrestati per non farli fotografare in faccia? Io dico: ma non è proprio possibile fare altrimenti? Non esiste un vialetto interno (o non si può predisporne uno) nelle questure e nei carceri, dove svolgere queste operazioni? Se non lo fate, o poliziotti, allora vuol dire che i fotografi e i giornalisti possono benissimo stare lì dove sono, e possono benissimo accalcarsi davanti agli arrestati, e tutto sta concitazione e ste urla mi paiono – a me che sono ignorante – una cosa tanto per fare, tanto per urlare, tanto per fare gli oranghi che si battono sul petto. E se uno pensa che tutto accade perchè qualcuno vi ha fatto la telefonata, allora mi viene da pensare che fareste meglio ad stare tranquilli, invece di…
Chiudo la finestra, la faccio scorrere fino all’ultimo – è una grossa lastra di vetro che va dal pavimento al soffitto – fino a che non sento il click. Per strada allora vedo lui, che finalmente ha deciso di tornare (perchè ci hai messo tanto?) e mi rendo conto che anche io, certe volte, capisco quello che mi è stato detto solo dopo un po’ di tempo. Come quelli che quando gli dici qualcosa, ti rispondono “Eh?” in modo preventivo, ma poi subito dopo rispondono per davvero. Che c’hanno bisogno di quel mezzo secondo per sistemarsi le parole in testa.
È inutile che insisto, le camicie non mi stanno mai bene. Porta nuvole fino a mercoledì . La valigia è tornata, poi.
ah!
ecco volevo chiederti proprio della valigia persa.
è stata recapitata, bene 😀
ma sai che è vero? io dico sempre “eh?”. a volte mi sento un’idiota, ma sono giunta alla conclusione che lo faccio per guadagnare tempo.