Ci dipingevano il futuro come una realtà fatta di auto volanti e abbigliamenti metallici e alimenti liofilizzati.
Il futuro sono invece io – alle nove e mezza di sera – che piscio stimolato da due pinte di Kilkenny nel bagno di casa, mentre intanto nelle cuffie seguo una riunione di lavoro con tre continenti diversi, e le cuffie sono collegate al telefono cellulare.
E piscio.
Poi esco dal bagno, c’è lei mezza addormentata sul divano, sotto una coperta, lei che mi dice cose vietatissime del tipo mi piace questa coperta, ha il tuo odore. Io dovrei rispondere che i patti non erano questi, non era nei patti dirsi cose del genere. Ma invece mi volto verso il computer dove intanto va la presentazione coi tre continenti diversi in simultanea, premo un pulsante sul telefono e dico la mia – ma prima mi tolgo dalla bocca un chupa chups fragola e panna che avevo rubato un mese fa – e quelli dall’altra parte del filo (non c’è neanche il filo) addirittura ascoltano e rispondono pure.
Ci sono io, il giorno dopo mentre osservo lei che parla, penso senza impegni cose del tipo mi sa che hai una bellezza anni sessanta, mi piacerebbe uscire da questa stanza e comprarti una gonna o un paio di occhiali coerenti con questo essere involontariamente anni sessanta, ma mi piacerebbe “non un giorno di questi”, mi piacerebbe praticamente adesso, senza posticipare, si esce e si va, e se la taglia non è quella giusta pazienza. Però non era nei patti pensare cose del genere.
La leggerezza consiste nel fatto che potrei smettere pure adesso di pensare ste cose, e andrebbe bene uguale.
e va bene così.. no?
la realtà non è quello che pensi possa esser buono o meno;
ma quello che viene fuori a partire da A “non era nei patti” e B “questa coperta ha il tuo odore”. Qui siamo solo all’inizio del gioco, la partita è appena iniziata
(non fermarla prima con il pensiero)