La percezione delle cose impregnata di reminiscenze cinematografiche. Cosa voglio dire.
C’è questa a ore sei. Bellissima, altissima, sorride, capelli lunghi legati a coda. Forse troppo bella? Mi viene in mente una scena dell’ultimo film di Brad Pitt: il team di una squadra di baseball scarta un giocatore perché ha la ragazza troppo brutta. Mancanza di autostima, dicono, non può andare bene per noi.
Allora comincio a parlarci. Anzi è più facile, comincia lei. Ad un certo punto arriva un Lenny Kravitz ma più bello, si conoscono da tempo, si salutano, cominciano a parlare di cose che non so. Sguscio via. Più tardi sono occupato con altre persone che si discute del nulla, però con occhio laterale osservo lei, ingabbiata in un marcamento stretto da Lenny Kravitz Ma Più Bello, più altri due.
Ecco che lei scappa via e viene da me senza motivo – mentre sono occupato a discutere del nulla – mi dice sono tornata. Penso: sei scappata o sei tornata? Non lo chiedo. Mi viene in mente una scena di un film non bellissimo degli anni 80, Enrico Montesano che dice: bisogna lasciar perdere quelle belle. Se poi vanno via ti dici: ah com’era bella lei non troverò mai più nessuna. Meglio quelle così e così. Almeno se poi vanno via, non ti puoi disperare e dirti: ah com’era così e così lei non troverò mai più nessuna.
la mia percezione dell’uomo “per cui vale la pena” è impregnata di John Belushi, e del suo Ernie Soutchak di Continental Divide, e ho detto tutto