Certi sabati pomeriggi che sono in casa, già lo so che se esco di casa troverò per strada le orde di shoppinganti che entrano ed escono dai negozi del centro. Già lo so che vedrò per strada certi personaggini vestiti con giacche da lord inglesi e le sciarpettine annodate attorno al collo con perfezione geometrica e le scarpettine lucide e squadrate sul davanti. Già lo so.
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Allora cosa faccio.
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Allora prima di uscire indosso il mio giubbottino celestino da pusher, vecchio forse di vent’ anni ma comprato usato l’anno scorso in Montagnola, e vado pure io in giro in centro, e mi guardo attorno con occhi da delinquente, e questo solo perché mi piace recitare, alle volte. Entro in farmacia che devo comprare una aspirina, e la farmacista al bancone si mette paura, e la vedo che già si prepara a prendere le siringhe da insulina, quelle che usano i tossici, e invece io le dico, senza smettere di fare gli occhi da delinquente: un’ aspirina effervescente, per favore! E lei: Si, Si. E corre via allo scaffale per prendere l’aspirina.
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Il mio giubottino celestino da pusher lo abbino spesso alla felpa verde col cappuccio che esce di fuori, e le Adidas rosse ai piedi, col risultato che alla fine sembro un po’ pusher e un po’ la Strega dai Mille Colori. Con occhio arruffato da delinquente entro nei negozi del centro e le commesse si danno di gomito per dirsi: Segui quello lì che non mi piace per niente!, che poi io lo faccio apposta ed entro con lo zaino che crea sospetti. Le commesse, poverette, sono convinte che io voglia davvero intascarmi qualcosa e mi spiano da dietro l’angolo, e quando sono certo di essere osservato mi giro di scatto verso di loro e le guardo in faccia, e quelle (poverette) non sanno cosa fare. Con le cuffie alle orecchie non sento quello che mi dicono, per esempio mi dicono “Posso aiutarla?” ma io non rispondo, ché le cuffie le ho messe apposta per non sentirle cinguettare, le poverette. Poi ci sono i giorni che mi va di fare la star, e arrivo alla cassa del negozio di abbigliamento con due o tre cose che fanno un totale di duecento euri, e tiro fuori le carte di credito per pagare, e quelle da impaurite che erano diventano subito dolcissime, mi chiedono tutte sbrillucicanti se voglio il sacchetto, mi dicono che ho scelto proprio il colore giusto eccetera eccetera, ma io rispondo solo con i grugniti da pusher celestino del sabato pomeriggio, e vado via senza rispondere ai loro “grassie e buona serata”.
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Perché sono uno studente universitario mantenuto, e c’ho questa peculiarità del tenore di vita double face. Questo vuol dire che – a causa dei miei sensi di colpa lancinanti di mantenuto – decido autonomamente di fare la vita del pezzente, e di comprare cose orribili da mangiare e bere l’acqua del rubinetto calcarea dell’acquedotto di Bologna, ma se poi mi girano le palle, allora tiro fuori le carte di credito dove ho accumulato negli anni i soldoni delle borse di studio. Perché, da bravo secchione quale sono, con i trenta e lode tutti messi in fila il benemerito Ateneo ha dovuto sganciarmi qualche migliaio di euro che poi distruggo in piccole rate di assurdità, quando mi viene la voglia di fare il cretino. Per il resto continuo a fare il pezzente, e questo perché (aperta parentesi paternalistica ) tutti dovrebbero, almeno per qualche anno, provare cosa significa vivere da pezzenti, perché non aver mai vissuto da pezzente vuol dire comprendere solo la metà di tutto quello che c’è da capire ( chiusa parentesi paternalistica ).
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L’unico che non mi rompeva le palle – nei negozi di abbigliamento – era il commesso gay della Stefanel di via Rizzoli. Lui aveva capito che facevo per finta, a fare il delinquente del sabato pomeriggio, e non mi rompeva mai le palle con “posso aiutarti?” o con “stai cercando qualcosa di particolare?”. Il commesso gay della Stefanel di via Rizzoli adesso, purtroppo, non lavora più lì.
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Ecco, non mi ricordo più dov’è che volevo arrivare, scrivendo ste cose, di cos’è che volevo parlare. Non me lo ricordo più. Ho perso il filo del discorso, porcaccia la miseria.
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E allora faccio basta.
Arrivo a te attraverso attraverso Chatouche, ho letto tutto il tuo blogghe in 4giorni filati (una full immersion da panico nella tua vita!!), ho letto anke il tuo romanzino … e riesci sempre o quasi (eh! siamo tutti umani!!) a darmi un po’ di buon umore … mi diverte quello ke scrivi e mi piace veramente molto come lo scrivi!!
Laura (da Roma)
oh ciao Faffael!
Non sei credibile.
Neanche il pusher più fatto oserebbe mettere quei tre colori tutti insieme.
Good morning Faffael, sono andata in pausa a Dublin col qualche stampa del tuo blogghino e quasi quasi mi sembrava di essere a casa!
Arrotauz
Ho anni il doppio dei tuoi, ho carta di credito, non ho addosso giubbotti da pusher ma robe qualsiasi di poco valore – vestirmi è pura necessità- ancora succede che le cinquettanti fanciulle dei negozi del centro non salutino ma seguano con gli occhi i movimenti delle mie mani.
Anch’io a volte fingo, e mi dirigo spedito verso l’uscita con una maglia in mano, per poi dire alla commessa che scatta e mi blocca il passaggio “signorina, volevo solo vedere il colore alla luce del sole”.
Alla fine torno a casa con libri e cd, perchè non dappertutto mi fanno sentire pezzente e al commesso spesso gli si illuminano gli occhi quando mi sente chiedere certi libri o pezzi di musica, tanto che poi magari ci si ferma a parlare un pò.
E lì mi sento ricco ma proprio sfondato e al diavolo gli stracci griffati e chi li usa come vessillo del loro nulla.
Tieniti caro quel giubbottino celestino.
Mario
oh fafffael (ribattezzato d’ora in poi non ti passa piu’).. pensa che io abito davanti all holiday inn di Angel dall’altra parte della citta’ ma se passo da vittoria nun te preoccupa’ (non e’ che hai lasciato debiti o cose del genere e quelli mi spaccano le ossa pensado che poi ti restituisco le mazzate???)
ciri…
LEETAH:
non la conosci la Strega dei Mille Colori?
ARRO:
ma lo vuoi o no il cuggino rasta a Dublin? In questi giorni poi c’è pure il mio fratello “il Piccolo” che pure quello, te lo raccomando.
MARIO:
cose belle ma brutte da leggere, ma come te lo spiego, facciamo che non te lo spiego.
URIGAMI:
rubai uno di quei cosi che si usa per scaldare l’acqua, ma non credo se ne siano accorti, e comunque dopo 5 anni sono sempre pronto a restituirlo.
Io quel tempo là per andare in giro a recitare non ce l’ho mica. già mi tocca di farlo, in molte occasioni, mentre sto al travaglio, figuriamoci. poi a milano nei negozi manco ti cagano.
complimenti per il curriculum universitario. il mio è già fottuto.
‘a quai!
Nascondo la testa tra le spalle. Cammino cosi per tutto il marciapiede. […]Io sono uno che sembra gobbo e che, col giubottino celeste con cerniera, sembra ancora più gobbo e come gobbo mi sento, un gobbo. Un gobbo.
“Cronache da chissà dove”. Marco Drago
Ecco…mi hai fatto venire in mente lui…
quando facevo la studentessa fuori sede ad imperia (fino a 2 mesi fa!!) avevo un rapporto speciale con l’erborista svampita di via cascione…adesso l’erboristeria ha chiuso!
secondo me lo fanno apposta…
ma allora faffael tu sei un vizioso! c’hai questi vizi pericolosi e disturbanti. TU SEI UN PERICOLO PER LA SOCIETA’!
quelli a cui l’ho potuto dire direttamente già lo sanno,
per gli altri, che invece ancora non lo sanno, e che passano da ste parti questa sera, ebbene, le porte di casa mia sono aperte, sto allestendo una camera ardente nella mia camera da letto, e tutti quelli che vorranno salutarmi in vista della mia prossima partenza (di-partita) potranno farlo di persona, io mi stendo sul letto come un moribondo e voi piangete per me, e poi io vi somministro qualche benedizione e qualche litro di sangria, e poi vi fumate una sigaretta sul balcone della mia stanza, e così un giorno potrete dire ai nipoti: Io c’ero, quel giorno sul balcone della stanza di Rafeli, poco prima che se ne andasse ” a quel paese”.
Venite a mandarmi a quel paese, che vi aspetto.
ma te soffri di sindrome di doppia personalità! o tripla, o quadrupla!pure io a volte tento di non sembrare la classica brava ragazza ma mi sa che non ce la faccio.
come hai ragione, Faffael.
bisogna provarla, la pezzenteria, per poi denigrare con “pezzente!” detto dall’alto del conto in banca.
forse volevi dire che ti manca il commesso gay?
Aahuuhauha
Ma certo che li voglio!
Ci troviamo a bere una guiness venerdì sera all’O’ Raylli in George’s Quay Plaza e poi me li porto a casa, entrambi ahahahha!
Segni di riconoscimento?
Offrono loro vero? ahahah
Daidai passagli il messaggio!!
Arro
è vero. i pusher amano gli abbinamenti strani. forse perchè sotto effetto di qualche sostanza. è come uno spot: “vuoi sapere cosa vendo? osserva come cazzo mi sono vestito.”
nel tuo caso penso sia proprio la terrificante acqua dell’acquedotto felsineo… come cazzo fai…