Francesco Piccolo ha vinto lo Strega con Il Desiderio di Essere Come Tutti.
Non si può evitare di celebrarlo, ché da queste parti si ha da anni Il desiderio di essere come Francesco Piccolo.
Da questa parte, dalla parte degli antiberlusconiani, si sono posizionati “tutti gli altri”. E siamo tanti. Con pensieri molto diversi, ma costretti a stare tutti insieme. Stiamo tra di noi, comunichiamo tra di noi. Ci confermiamo le nostre ragioni, ci rassicuriamo su un assunto fondamentale su cui abbiamo molto bisogno di essere rassicurati: che il mondo miglio re è il nostro, assomiglia a noi e alla vita che viviamo, alle scelte che facciamo riguardo non soltanto a regole e leggi, ma anche a salute, cibo, educazione, linguaggio, libri, film, viaggi. Abbiamo pensatori di grande fama e carisma che stanno insieme a noi, ci rassicurano, dicono che siamo giusti e facciamo cose giuste; anche se il mondo sta andando da un’altra parte, anche se la gente in maggioranza vo ta da un’altra parte non ci dobbiamo preoccupare: stanno sbagliando e un giorno si ravvederanno, comprenderanno e torneranno. Abbiamo creato giornali su misura per noi, scrittori su misura per noi, film su misura per noi, eventi su misura per noi, e tutti ci comunicano compiaciuti che non stiamo sbagliando, che stiamo facendo tutto bene, che dobbiamo continuare cosí. Mai nessuno che metta in dubbio le nostre idee, si chieda se c’è qualcosa che non funziona, si chieda perché gli altri riescono a penetrare i desideri di una quantità di gente superiore alla nostra. Mai che andiamo a curiosare chi sono, cosa fanno, quali debolezze hanno, se nascondono una virtú che non riconosciamo. Siamo assolutamente sicuri che il mondo è diviso in due, quelli che stanno sbagliando tutto e quelli che stanno facendo tutto bene, e per una coincidenza infelice la maggioranza continua a essere cieca e a guardare a quelli che sbagliano. Ma presto, molto presto, si ravvederanno.
(…)
Ho capito all’improvviso che assomigliavamo a quel gruppo di ciclisti che incontro ogni tanto per la città. che occupano tutta la strada procedendo con lentezza studiata, perché il loro obiettivo non è andare in bicicletta, ma punire coloro che sono in auto e sulle moto. Non sono usciti per andare da qualche parte, ma per bloccare il traffico. Appunto, per punire. Quando mi è capitato di trovarmi in mezzo a loro, intrappolato con il mio scooter, ho provato a infilarmi in uno spazio, a passare, e si sono incazzati. Mi hanno intrappolato e insultato, chiedendomi se ci provo gusto a inquinare la città o se mi piace morire di cancro. Non solo mi impedivano di passare, ma cercavano di piantare nella mia testa sensi di colpa e pensieri bui che mi sarei ritrovato di notte, nell’insonnia. Sono violenti, arroganti e inclini al sopruso, semplicemente perché stanno facendo una cosa più giusta della tua, semplicemente perché tu dovresti fare come loro.
Ogni volta che li incontro, nonostante pensi che abbiano ragione, che il traffico e lo smog sono insopportabili, la mia sensazione è precisa: sono contento di non far parte del loro gruppo, ma di stare insieme agli altri, agli automobilisti e ai motociclisti.(…)
Quindi, con grande sorpresa, la sensazione che sento arrivarmi addosso, appena dopo essermi liberato della purezza, è soltanto un senso di sollievo. Nient’altro.