Cara Rossella Urru che si spera sei stata liberata per davvero,
hai una faccia sorridente in tutte le foto: ti immagino simpatica e gentile, ma pure cazzuta a sufficienza per fare quello che fai. Siccome ti immagino simpatica e gentile, causa ancora piu’ fastidio pensare alla dose di sofferenza causata da tanti giorni da ostaggio in luoghi ostili, in preda a persone certamente meno simpatiche e gentili di te (ma altrettanto cazzute, se non di piu’).
Possiamo festeggiare e basta, oppure guardare quello che e’ successo da un punto di vista piu’ alto e generale. Cosa voglio dire, mi spiego.
Se guardo al dettaglio, vedo te che lavori con passione nei campi profughi e aiuti gente che e’ vittima spesso di guerre o di sistemi autoritari. Se scendo ancora di piu’ con lo zoom, vedo te che accarezzi la testa di un bambino con la mosca sul naso. Se guardo al dettaglio, percepisco il vantaggio netto di avere al mondo una persona come te: le persone aiutate non possiamo contarle, ma certamente ci sono.
Questo se guardo al dettaglio specifico e mi fermo li’.
Ma se vado oltre, da un punto di vista piu’ alto e generale, devo pure pensare pure ai dieci milioni pagati – si dice – per il tuo rilascio. Che non sono stati dati ai profughi, ma ad un oscuro personaggio che tanto per generalizzare brutalmente possiamo immaginare responsabile di guerre o di altre azioni che possono portare ad altre ingiustizie, e di conseguenza ad altri profughi. Ora lui ha dieci milioni in tasca in piu’ per fare quello che vuole.
E non finisce qua: ha dieci milioni e sa che ne potra’ avere altri attraverso lo stesso sistema. Quindi fai tu una cifra: venti milioni, trenta? Fai tu.
Ovviamente non ti si puo’ dare colpa del pagamento, e non possiamo darla a nessuno: in questi casi e’ quasi impossibile capire quale sia il gesto giusto.
Ma adesso come minimo dobbiamo riconsiderare le tue scelte, e anche quelle di altri che verranno dopo te: non ci si puo’ fermare al bambino che hai salvato, ma nella somma totale dobbiamo mettere pure le conseguenze future di quei milioni. Fai la somma totale e guarda il risultato finale. Dimmi se nel risultato finale ci vedi un piu’ oppure un meno. Cosa ti senti di consigliare a quelli che vorranno fare come te?
Io sono codardo e non riuscirei a fare quello che facevi tu. In realta’ credo che nessuno sia capace di farlo per davvero. Perche’ farlo per davvero significa essere pronti alle probabili conseguenze. Oggi sappiamo che il Governo italiano prima o poi, paga sempre i rapitori. E che difficilmente gli ostaggi italiani vengono rilasciati senza pagamento di riscatto, e che questo riscatto finisce sempre nelle mani dei terroristi.
Quindi sei io oggi fossi nelle mani dei rapitori, saprei che avrei davanti due possibilita’: morire o sperare nel pagamento di un riscatto. Non potrei far finta di non sapere. La seconda opzione (sperare nel riscatto) significa pero’ anche rinnegare gli obiettivi delle mie missioni umanitarie (pensando al risultato finale di cui prima). Ogni giorno che mi terrei in vita ad attendere il riscatto, starei rinnegando tutte le buone azioni che ho compiuto fino a quel momento. Non sto dicendo che avresti dovuto impiccarti, ma pensa a questo.
Due opzioni quindi.
Una terza, di cui non si e’ parlato, era restare a casa.
Esiste però anche l’opzione ‘silenzio stampa’ su queste cose. E’ dalla notte dei tempi che per il rilascio degli ostaggi si patteggia, sempre. La differenza la facevano i media: meno gente è a conoscenza dei soldi elargiti in cambio degli ostaggi e meglio sarebbe per tutti. Non dico che sia giusto pagare, ma credo non ci siano altre opzioni ad un certo punto, a meno che non si voglia lasciar morire gli ostaggi del caso, e non mi pare proprio sia una strada percorribile. Certo che se tutti sanno quanto vale un ostaggio occidentale, è finita per tutti, meglio davvero non partire come dici tu. Però io non ci sto, stare a casa è peggio che pagare, è darla vinta. Scusa se la metto su questo piano, ma ho studiato cooperazione, sono partita (e tornata) e ripartirei anche domani. E la mia scelta è sempre andata a prescindere da eventuali rapimenti. E’ quel ‘si dice’ che fa la differenza. Non si dovrebbe dire.
ciao
Ste
Non si puo’ fare finta che i tempi non siano cambiati, che i media non siano sfrenati, e che da qualunque posto nel mondo puoi avere accesso a tutte le fonti che vuoi. Oggi anche il piccolo terrorista sfigato hai il suo smartphone. Se parti per queste mete, lo sai, non puoi dire che non lo sapevi.
La mia non vuole (e spero non appaia come) la posizione del ‘solo i cooperanti salveranno il mondo’. E sono consapevole che gli smartphones sono dappertutto. Ma sono altrettanto consapevole che ci sono tante cose che succedono a livelli alti nella distribuzione del potere e della ricchezza che noi non sappiamo. E credo che il pagamento o meno dei riscatti debba rientrare tra queste cose. Non so, magari appaio estremista, ma per me “non partire” non è una opzione accettabile.
Ci ho pensato molto anche io.
La conclusione (personale) a cui sono giunta è che per fare del bene non serve andarsene. C’è bisogno di persone così anche qui. Forse soprattutto qui.
Caro Rafeli, ti leggo sempre e mi sei molto simpatico, soprattutto quando provochi e fai pensare, anche quando non sono d’accordo con te. Oggi, però, mi pare che manchi il centro del problema. La questione non mi pare sia “partire o restarsene a casa”, e nemmeno “si può fare molto anche e soprattutto qui”. La questione, sul caso Urru, mi pare sia: perché esiste quell’immenso campo profughi a Tindouf (e gli altri del Sahara occidentale) abitato da centinaia di migliaia di persone? Perché ad una risoluzione ONU del 1975 per la realizzazione di un referendum per l’indipendenza di quel territorio/popolo non si da’ seguito? E’ chiaro che se la comunità internazionale accetta – anzi meglio: prevede – che centinaia di migliaia di persone vivano per decenni in campi profughi nei quali tutto (a partire dall’acqua e dal cibo) arriva con il canale dell’aiuto umanitario, ci vuole poi qualcuno che questo aiuto umanitario lo distribuisca sul terreno etc etc. E quindi non siamo (solo) davanti alla scelta di un singolo che “vuole fare del bene al bambino con la mosca sul naso”, ma si tratta di una scelta pensata e strutturata dei governi dei paesi membri dell’UE, in primis, di gestire come “emergenza umanitaria” una situazione che emergente non è e che, anzi, è molto antica e si poteva e doveva risolvere in altro modo. Quel tuo “allargare la lente e il punto d’osservazione” manca di prospettiva, secondo me. Mi pare – e chiudo – che la questione sia un pochino più complessa e abbracci scelte politiche che vanno molto al di là della decisione dei singoli di “partire o non partire” per fare cooperazione, emergenza, sviluppo….
Scusa lo sbrodolo, ma leggerti così “fuori fuoco” mi ha fatto l’effetto che aveva fatto a te la vicenda della vivisezione di qualche settimana fa…
L.
Mi sembra ragionevole e “a fuoco” quello che dici. Devi leggere quello che ho scritto come rivolto alla Urru che e’ dentro ognuno di noi, non a lei in particolare. Che’ il sottoscritto, sulle risoluzioni Onu, e’ abbastanza ignorante.