E quindi la domanda era:
Dovrei correre via e buttarmi a bocca aperta su di un prato? Addomesticare una zebra e girare i paesini suonando un campanaccio colorato di rosa? Scrivere poesie appoggiato sulle cassette della frutta con indosso un saio e una collana di cipolle? A questo punto mi rispondo di No.
E perché?
La risposta è troppo semplice: perché vivo in questo mondo. E in questo mondo dove vivo, la gente lavora più o meno ogni giorno. Non è conformismo. È per vivere in questo mondo. Lasciamo perdere per un momento che esiste il bisogno di farlo. La gente lavora, e respira i luoghi di lavoro, le metropolitane e gli aeroporti e i bar per prendere un panino e le storie dei colleghi che chissà da dove cazzo vengono. Ve la immaginate la solitudine del figlio del Sultano del Brunei? Non è bla bla bla, dico seriamente: ve la immaginate? Lui che si sveglia la mattina e c'è un mondo intorno a lui che lavora –insomma, la gente normale – e lui No. Ci sono i film, le canzoni e i libri che parlano di gente normale e lui No, non è normale. Lui è escluso dai suoi milioni.
Ah ma è facile dire che non vuoi essere il figlio del Sultano del Brunei, visto che non PUOI essere il figlio del sultano del Brunei. Si ok, ma ci sono tanti modi per escludersi dalla società. Per esempio una si può fare suora. O scegliere un lavoro di pochissima responsabilità. O fare l'eremita. O scegliere piccoli gruppi di opposizione sterile e autoreferenziale.
Ma è un mondo capitalista di merda!
Forse Sì. Non lo so. In ogni caso non ho vissuto in altri mondi per fare il confronto. In ogni caso, se quello che vedo non mi piace, posso cambiare i tre metri quadrati intorno a me. Li posso addolcire. Li posso avvicinare per quanto possibile alla mia idea di mondo non-di-merda. Se poi riesco a crescere – in questo ipotetico mondo capitalista di merda – i tre metri diventano dieci, e poi venti e poi eccetera. Tutto in funzione di quanto vale la mia voce. Se invece dico: questo è un mondo capitalista di merda, e mi rifiuto di scenderne a patti, ecco lui andrà avanti anche senza di te. Quindi – in ogni caso – sempre meglio essere dentro che essere fuori.
Non avessi sti tre decimi di febbre, giuro, mi spiegherei meglio.
Ti sei spiegato benissimo. E' un po' la storia di Jack che era uscito dal gruppo e poi è rientrato e di Martino che avevo scelto di uscire e di Alex che invece voleva provare a guerreggiare i suoi venti metri quadrati o forse no.
Laura
Laura:
radici culturali comuni. Hai ragione.
Hai per caso cambiato tastiera?
Chiara
no, secondo me ti sei spiegato benissimo. però credo che se nascessi figlio del sultano del brunei non sarei tanto dispiaciuta
chiara:
perché?
Perché adesso metti gli accenti invece degli apostrofi!
Chiara
chiara:
occhio vispo. E' che adesso non scrivo più dal lavoro.
me lo chiedo anche io, anche se penso che se fossi la figlia del sultano di Brunei di certo potrei fare tante cose fighe, coltiverei hobby e passioni e mi impegnerei per migliorare questo mondo, visto che non mi dovrei preoccupare dei soldi… ma poi chissà, l'hanno pensato tutti e invece va a finire che stai tutto il giorno a farti massaggiare mentre qualcuno ti versa lo champagne nella flute.